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Letteratura e religione
(Una questione difficile)

di Antonio Stanca

Nei tre volumi intitolati “Volti di Gesù nella letteratura moderna” (ed. San Paolo) il padre gesuita Ferdinando Castelli, docente di Letteratura e Cristianesimo presso la pontificia Università Gregoriana, ha raccolto le lezioni qui tenute e volte a dimostrare come il pensiero di Dio sia rintracciabile in ogni autore contemporaneo, poeta, scrittore o drammaturgo, e come esso sia stato presente anche negli autori del passato più recente, i cosiddetti “decadenti”, generalmente ritenuti lontani da ogni forma di fede o religiosità. Nel libro il gesuita conduce una ricerca minuziosa sulla vita e le opere di tali autori onde ricavare il materiale necessario a comprovare la sua tesi. Si assiste, leggendo, ad una serie di scoperte, rivelazioni dal momento che per raggiungere lo scopo il Castelli si sofferma su avvenimenti,  circostanze, rapporti,  lettere, confidenze ed ogni particolare che la critica ufficiale ha generalmente trascurato o ignorato o inteso in altro modo. Dalle interpretazioni proposte circa certi frangenti o aspetti della vita o dell’opera di autori quali Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Mallarmé tra i “decadenti”, D’Annunzio, Wilde, Gide, Céline , Kafka, Gadda, Musil, Lawrence, Kerouac tra i moderni, Cioran, Malaparte, Tondelli, Borges, Eco, Pederiali, Piumini, Tamaro tra i contemporanei, risulta un quadro percorso in ogni suo elemento da umori, pensieri, fremiti di carattere religioso. Per i contemporanei il fenomeno sarebbe da ritenere totale e da spiegare con le ragioni del tempo: la  fine del secondo Millennio e  la primissima fase del terzo,  giunte dopo un’epoca che ha inneggiato ai valori e benefici della ragione, dovevano necessariamente, come altre volte nella storia, risultare percorse da un senso di sfiducia di fronte ad un mondo dalla ragione ridotto unicamente a materia ed impegnate a recuperare quella spiritualità e sentimentalità a loro tempo respinte. E’ un fenomeno indiscutibile ma ci sarebbe da precisare che è riscontrabile più a livello sociale, di massa che di personalità singole quali le artistiche e che le forme della spiritualità  cercata non sono sempre e soltanto di tipo religioso o cattolico-cristiano. Sbaglia, quindi, il Castelli  nell’accostare sia società ed artisti d’oggi sia autori lontani e vicini. Non si accorge, lo studioso, che la sua posizione, per essere così generalizzante, finisce col rientrare nel suddetto clima di recupero e col trasformarsi in una forzatura riguardo agli autori esaminati. Questi avranno avuto le loro perplessità e debolezze, i loro dubbi ed abbandoni come è naturale per sensibilità così complesse, avranno cercato riferimenti, sostegni che potevano avere anche aspetto religioso, alcuni saranno giunti a convertirsi in maniera chiara e definitiva ma ciò non autorizza ad estendere i pensieri sentiti o espressi da un artista in un’occasione particolare a tutta la sua vita ed opera, come vorrebbe il Castelli, né a fare della conversione di uno un approdo inevitabile per tutti.

Ogni autore ha costituito e costituisce un caso singolare da indagare in maniera autonoma ed a volte anche fuori dal contesto storico o sociale. Se questa regola metodologica è valsa per gli autori del passato più remoto ancor più dovrebbe valere per quelli della letteratura moderna e contemporanea essendo venuto meno, in queste, qualsiasi riferimento di carattere obiettivo, assoluto al quale fosse possibile ricondurre le diverse espressioni artistiche, che, pertanto, sono divenute così personali ed individuali da formare un ambiente quanto mai vario ed eterogeneo.

L’unico motivo ricorrente in tale vastità e disparità di autori ed opere, contenuti e forme, potrebbe essere segnalato nel rifiuto da parte dell’artista della realtà, del mondo, dell’esteriorità e nella conseguente ricerca della propria interiorità. E’ stata questa la nota distintiva dell’arte dagli inizi del secolo ai giorni nostri: persa la  funzione didattica che aveva avuto per secoli, esaurito ogni contatto con una società invasa da interessi completamente diversi, l’artista moderno e contemporaneo ha scelto di fuggire dalla vita, dalla storia dove non riusciva più a ritrovarsi e di cercare in sé tale possibilità. Ha rinunciato a tutto ciò che faceva parte della morale diffusa, dei valori di massa, ed ha fatto dell’arte l’unica possibilità di riscatto dalla terrestrità e quotidianità cui erano condannati gli altri, l’unico modo per sublimare le proprie qualità di spirito e genio, per attingere l’assoluto, l’universale, l’eterno, l’unica fede. Era lui il solo perché il diverso, era lui  Dio perché il puro, era la sua opera divina perché capace dell’inattingibile, dell’inesprimibile e di niente altro avevano bisogno tanta pienezza e completezza d’idee ed azioni. L’artista aveva negato la materia, compresa quella del proprio corpo, ed era diventato più puro, prezioso, raro, si era sostituito alla divinità e l’arte era divenuta una religione.

Tale posizione intransigente comincerà a vacillare col passare del tempo: un’arte che si alimentava unicamente di se stessa era destinata ad esaurirsi ed a cercare altre risorse. Queste, tuttavia, non nasconderanno di essere una necessità usata per l’occorrenza ed incapace di risolvere il problema. Ancora oggi esso permane e si assiste alla ricerca di un difficile se non impossibile equilibrio tra l’artista e gli altri,  l’opera e la vita, l’interno e l’esterno. Per ricostituire le passate certezze, per dissipare i propri dubbi l’arte contemporanea brancola da anni nel buio dei modi possibili.

Tra questi quelli religiosi hanno rappresentato solo alcuni tra i più facili perché i meno adeguati alle complesse esigenze di contenuto e forma che un secolo di nuova storia letteraria ha determinato in ambito artistico. Per gli autori d’oggi quello divino costituisce, contrariamente a quanto pensa il Castelli, un problema come altri più che una soluzione, un dubbio più che una convinzione, una domanda più che una risposta. Dall’arte contemporanea Dio viene cercato come un “varco” tra i tanti che finora non sono stati trovati poiché maggiori sono diventati, col tempo, i bisogni degli artisti e più difficile soddisfarli.


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