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Cultura, costume, progresso

di  Antonio Stanca

Leggere un libro di narrativa o poesia, assistere ad una rappresentazione teatrale, ascoltare musica colta, soffermarsi sulla pittura o scultura, ha sempre significato impegnarsi a capire il messaggio contenuto, le verità, finalità, idealità perseguite dall’autore. Ha significato, per il lettore o spettatore, la volontà di sapere, imparare, partecipare di quanto espresso, sollevarsi al suo livello superando la propria condizione, migliorarsi. L’opera, scritta o rappresentata, musicata, raffigurata, ha svolto anche una funzione didattica, è servita a sensibilizzare gli animi, a farli pervenire a nuovi e più alti pensieri e sentimenti, è stato un modo per progredire, evolversi dal punto di vista morale oltre che culturale. Lo spirito dell’autore ha ripreso principi e valori che giungevano da lontano, li ha confermati, rinnovati, ne ha proposto altri nei modi che gli sono stati propri. La trasmissione e diffusione di essi hanno insegnato a  capire, pensare, hanno contribuito a formare l’uomo, la sua storia, non sono stati solo elementi di cultura ma anche di civiltà. La scuola ha rappresentato uno dei mezzi che più ha operato per estendere quanto contenuto nelle opere, per trasformarlo in motivo di educazione e formazione. Così anch’essa è rimasta più in alto rispetto a chi ne usufruiva, è stata una delle migliori possibilità di promozione umana e sociale.

Questo è avvenuto fin quando è esistita una distanza tra letteratura, teatro, musica, pittura, scultura e pubblico, tra chi produceva e chi vi assisteva, fin quando l’opera, l’arte sono state su un piano diverso rispetto a quanto accadeva nella realtà d’ogni giorno, fin quando pochi erano gli autori e molti i lettori o spettatori. Nei tempi moderni e soprattutto contemporanei è accaduto che quella distanza, rimasta per secoli , si sia ridotta al punto da scomparire, che l’espressione d’autore per giungere al pubblico abbia dovuto accettare di competere con le molte altre che sono sopravvenute soprattutto tramite i mass-media e con i modi da esse usati, più vicini e  più facilmente usufruibili, abbia dovuto adeguarsi, trascurare quanto di proprio,originale, unico la muoveva, e riconoscere di valere non tanto per sé quanto per gli altri, per le loro esigenze e curiosità. Ne è conseguito che illimitato sia diventato, oggi, il numero degli autori, infiniti i generi di produzione, che l’arte del singolo abbia ceduto alle richieste dei molti e si sia trasformata in una delle tante voci esistenti, abbia finito d’insegnare, istruire e accettato d’informare, distrarre se non divertire. Prima ci si voleva sollevare al livello di pochi ora anche quelli sono stati ridotti ai molti, alla massa, ai gusti, alle preferenze di questa, prima si voleva sapere, imparare per migliorare ora si vuole soprattutto vedere, ascoltare di là da qualsiasi motivazione interiore o che non rientri nel concreto, nell’immediato, nel contingente. Intanto, mentre si definiva questa cultura di massa, il sistema di vita, il costume del singolo e delle collettività scivolavano in basso, i valori dell’idea, dello spirito entravano in crisi, si procedeva verso una condizione di degrado. Da questa non sembra sia possibile uscire anche perché vi sono coinvolti organismi che dovrebbero attendere a correggerla quali la scuola. Anch’essa si è adeguata ai tempi, li ha accolti, è scesa al livello dei giovani che la frequentano e presso i quali più evidenti sono i segni della crisi.

E’ contraddittorio che insieme al sorprendente sviluppo tecnico-scientifico degli ultimi anni si sia costituito un ambiente così problematico e addirittura che questo in gran parte sia da attribuire a quello, che all’opposto di quanto è sempre avvenuto nella storia il progresso sia servito anche a guastare il costume, a produrre barbarie.


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