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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Oltre ogni tempo

di Antonio Stanca

Più di duemila anni sono trascorsi tra la “Repubblica”, il “Fedro”, il “Teeteto” del greco Platone (427-347 a.C.) e “L’essenza della verità”, “Nietzsche” del tedesco Martin Heidegger (1889-1976) e suggestivo riesce scoprire, oggi, come tra le opere dei due pensatori ci siano stati dei richiami, come la filosofia di Platone abbia continuato a valere fino  ai tempi moderni dopo aver influenzato tanto pensiero occidentale. E’ un’altra prova che in filosofia, più che nell’arte, nella scienza, il rapporto di continuità è necessario perché si tratta di temi, problemi che si propongono sempre, di domande alle quali non si è ancora risposto e sorprendente può solo risultare che già prima di Cristo si era giunti a certe formulazioni.

A rilevare il fenomeno è stato, di recente, Luigi De Blasi, docente di Filosofia presso il Liceo Scientifico di Casarano, in provincia di Lecce. Lo ha fatto in un saggio intitolato “Platone tra verità e distorsione. Rivisitazione filosofica del Mito della Caverna” e pubblicato nel primo numero della quadrimestrale rivista milanese di cultura filosofica “Sophias”.

Nel settimo libro della “Repubblica”, nota il De Blasi, Platone, mediante il “Mito della Caverna”, fa un’allegoria del processo compiuto dall’uomo per giungere alla conoscenza della verità. Dice che sono quattro i gradi di tale processo, che consiste in  un movimento dal basso verso l’alto, dal buio, dall’ombra della “Caverna” fino alla luce del Sole, dalle catene verso la libertà, dalle cose verso le idee senza, però, risolversi in queste ma ripiegando indietro una volta raggiunte. Asceso al quarto grado inizia per l’uomo la discesa verso i gradi precedenti. Si sente più pieno, più ricco rispetto a prima ma la luce, la verità che ha conosciuto non sono complete, sono solo una parte di quella più vasta non-verità che ancora rimane intorno a lui e nella quale si trovano gli altri, la maggior parte.

Quest’ultimo argomento sarà meglio affrontato da Platone nel “Teeteto”, opera della vecchiaia, mentre i precedenti erano stati discussi nella “Repubblica” e nel “Fedro”, opere della maturità. E molto attento si mostra il De Blasi quando, nel suo studio, collega, anche tramite citazioni, queste di Platone con le suddette opere di Heidegger, quando prova che per certi temi sono vicine, che da Platone essi ed altri sono giunti ad Heidegger e da lui sono stati utilizzati e sviluppati. In uno stile chiaro, scorrevole, il saggista riesce a far partecipare il lettore di tale constatazione, gli indica i modi attraverso i quali sono valsi, pur in tempi moderni, pensieri e problemi concepiti, elaborati quattrocento anni prima di Cristo. Gli fa capire che essi saranno presenti anche nel futuro pensiero filosofico perché sono propri dell’uomo e in filosofia si dirà sempre di ciò che dell’uomo fa parte, di come egli è stato e di come sarà, cioè corpo ed anima, materia e spirito, azione e pensiero, individuo e società, arte e scienza, religione e storia, vita e morte.

Tra Platone e Heidegger c’è lo stesso tempo intercorso tra Callimaco ed Ungaretti, Eschilo e Pirandello, Fidia e Boccioni, ma solo tra i primi, tra le loro opere, è dato ritrovarsi con facilità!


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