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Fallaci e la lettura
(Nuove mode, vecchi problemi)

di Antonio Stanca

 

Da molte settimane il libro-saggio di Oriana Fallaci "La rabbia e l’orgoglio" (ed. Rizzoli) presiede la nostra graduatoria nazionale delle opere più vendute e la situazione sembra destinata a protrarsi. Il volume, anticipato da un lungo articolo dell’autrice comparso sul "Corriere della Sera" del 23 Settembre scorso, trae spunto dall’attentato dell’11 Settembre alle Twin Towers di New York e ripercorre, in chiave polemica, la storia dell’Occidente, dell’America, dell’Italia, i rapporti con l’Oriente, col mondo islamico muovendosi, in continuazione, tra passato e presente, vicino e lontano, assenso e dissenso, assoluzione e condanna, "rabbia ed orgoglio" circa quanto è avvenuto e avviene nel privato e nel pubblico del nostro e di altri popoli. Intanto da fonti d’informazione giungono dati che segnalano delle modifiche in atto presso il nostro pubblico di lettori, dei cambiamenti rispetto a quanto avveniva fino a poco tempo fa. E’ come se improvvisamente si stessero riscoprendo, in Italia, il bisogno, il piacere di leggere, di seguire un libro invece che un programma televisivo o un film o il computer. Dalle suddette statistiche emergono pure gli interessi dell’attuale pubblico di lettori italiani, le opere da questi preferite e si scopre che i più richiesti sono libri, testi che, come quello della Fallaci, si collegano con l’attentato dell’11 Settembre per estendersi ad altri argomenti o problemi oppure trattano della guerra in Afghanistan, dell’Islam, delle manovre segrete delle multinazionali farmaceutiche ("Giardiniere tenace" di John Le Carré), di aspetti del mondo contemporaneo, della sua società, delle sue strutture o sono opere passate come "Il signore degli anelli", "Harry Potter", dalle quali recentemente sono stati tratti kolossal cinematografici.

Si cercano, si acquistano, si leggono libri legati a circostanze immediate, ad eventi contingenti o da questi rivalutati, a quanto di spettacolare, grandioso o poco conosciuto, misterioso succede nel mondo. Tali letture procureranno la sensazione di partecipare a vicende distanti dal lettore, soddisferanno il suo bisogno di sapere di più circa situazioni mai completamente chiare. Così per le opere che hanno ispirato grossi lavori cinematografici: le si legge perché si è assistito al film, per adeguarsi ai tempi. Non è una riscoperta della lettura, del suo valore, della sua funzione ma semplicemente un fenomeno di moda come altre volte è successo e come altri destinato ad esaurirsi. Nonostante ciò esso fa riflettere perché si collega con un problema che da anni riguarda il nostro come altri paesi moderni e socialmente, tecnologicamente, economicamente avanzati. In questi la lettura è divenuta d’élite, un’attività praticata solo da chi non riesce ad evadere la conoscenza delle più moderne correnti di pensiero, letteratura, arte, delle opere dei loro autori poiché ha bisogno di ritrovarsi, corrispondere con situazioni, personaggi, linguaggi d’autore convinto che non potranno mai finire d’essere concepiti e prodotti. Ne è risultata una condizione di progressiva riduzione ed isolamento per questi autori e lettori perché mode come l’attuale, la diffusione di scritti d’ogni genere e gusto, la visione delle immagini offerte dalla televisione, dal cinema, da internet hanno finito col prevalere sulla produzione e sulla lettura impegnate.

Ora si sarebbe tornati a leggere e soprattutto libri che si rifanno a ciò che di clamoroso, d’eccezionale si vede o si cela nel mondo. Una scrittura, una letteratura, una lettura, s’è detto, di moda, di consumo, che si combina con la cronaca, si spiega con il momento ed a questo vorrebbe ridurre anche testi famosi, classici della modernità. Tutto ciò non incide sul clima generale, non lo modifica ma lo conferma nel senso che lascia inalterata la frattura esistente tra letteratura impegnata e pubblico, tra autori e lettori. Quelli continueranno a non essere letti da questi ed anzi si allontaneranno ancor più poiché le loro opere non obbediranno a circostanze ma svilupperanno pensieri, sentimenti, linguaggi che hanno un corso proprio, lontano da tempi e luoghi specifici, da eventi particolari. Da questi potranno risultare ispirate ma tenderanno sempre a significati, valori trascendenti, più estesi, propri dell’uomo, dell’infinità, eternità del suo spirito. Per autori simili ci vorranno lettori non omologati, non conformati, lettori che pensano, sentono come loro. Il problema, quindi, continuerà ad esistere e ad aggravarsi giacché in un pubblico come il contemporaneo così obbediente alle mode sempre minore sarà il numero dei lettori "diversi".


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