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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Alla ricerca del passato

di Antonio Stanca

 

Dall’otto al trentuno Marzo  del 2008 a Cosenza, presso la Biblioteca Nazionale, ha avuto luogo una mostra curata da Paolo Ricca, Presidente dell’Associazione Culturale “Il Salotto Verde”, finanziata dalla Fondazione Carical ed impegnata nel tema “la   donna nei giornali satirici ed umoristici del Novecento” con particolare riferimento a quelli dei vent’anni del regime fascista. I giornali satirici, che di quell’epoca sono stati recuperati ed esposti, erano usciti soprattutto a Milano e nella Lombardia,  “Guerin Meschino”, “L’Asino”, “Bertoldo”, “Ecco Settebello”, ma non sono mancati altri di Firenze e Roma. La mostra è stata accompagnata da un Catalogo, edito da Barbieri e intitolato “Giuseppa, Genoveffa e le altre…(Donne nell’occhio della satira durante gli anni del fascismo - 1923-1944). Questo, insieme alle vignette dei giornali, contiene saggi di noti studiosi che si sono soffermati sul fenomeno arricchendolo di precisazioni, collegamenti, commenti e procurandogli un rilievo maggiore rispetto a quello finora avuto. Il Catalogo è stato curato da Rossella Coarelli, Bibliotecaria della Biblioteca Braidense di Milano, e Anna Maria Imperioso della “Libera Università delle donne”. Gli interventi sono stati di Fulvio De Giorgi, dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che ha introdotto l’argomento, Michela Valotti, dell’Università del Sacro Cuore di Milano, le suddette Rossella Coarelli e Anna Maria Imperioso, Carlo Carotti, della Biblioteca Braidense di Milano, e Luigi Marrella della Società Dante Alighieri di Casarano (Lecce). Pur se uniti nell’impegno di trattare della donna nella satira dei giornali del primo Novecento, i saggisti si sono soffermati ognuno su un aspetto particolare dell’evento.

I loro scritti  dicono che erano i tempi nei quali l’emancipazione femminile continuava il suo processo iniziato negli anni precedenti. Oltre al diritto di voto la donna italiana ambiva ad altro, voleva essere “nuova”, liberarsi da quella sola funzione domestica alla quale da sempre e fino ad allora s’era vista ridotta, accedere alle professioni riservate all’uomo, inserirsi nella vita pubblica, nel mondo dello spettacolo, della scrittura, partecipare di ognuna delle attività maschili. Questo stava avvenendo in maniera sempre più evidente ma contrastava con una concezione della vita tipicamente maschilista e con il contemporaneo sistema politico fascista che mentre propagandava l’azione in ogni senso non accettava una figura femminile diversa da quella dell’ “angelo del focolare”. Da qui la satira, l’umorismo di quei giornali, le tante vignette che facevano della donna un motivo di beffa, di derisione, la mostravano impacciata, ridicola, incapace nei ruoli ai quali stava accedendo, la accusavano di ricorrere a cattivi costumi per riuscire nei suoi intenti. Da esse emerge il contrasto tra i due diversi, opposti modi di pensare, il femminile e il maschile, tra quanto e come la donna voleva e perché l’uomo non voleva, tra chi tendeva a cambiare e chi aveva paura di farlo sentendosi minacciato nella sua consolidata posizione di predominio. In verità erano la vita, la società, la storia a cambiare in Italia come in altri paesi, erano le donne a voler uscire dalla tradizionale condizione di sottomissione, silenzio, assenza, a volersi vicine, uguali all’uomo. In Italia più che altrove il fenomeno incontrava resistenza poiché avveniva nel periodo fascista quando più convinto era divenuto il maschilismo. Di un simile problema non mancavano i riflessi nella produzione scritta, orale, figurativa del tempo ma lontani dal vasto pubblico rimanevano mentre la satira li faceva giungere ad esso, li inseriva nell’opinione pubblica, li diffondeva. Pertanto recuperando e commentando le forme di quella satira come hanno fatto gli autori della Mostra e dei saggi del Catalogo si è ricostruito un momento del costume italiano finora rimasto in penombra, lo si è portato alla luce. La storia e la cultura di allora sono risultate più ampie e come in altre circostanze  è  da apprezzare  il lavoro svolto poiché è servito a completare il quadro di un’epoca.


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