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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Magris sempre diviso

di Antonio Stanca

Ad ottobre del 2010 è comparso il volume “Magris Claudio – teatro” per conto della casa editrice Garzanti di Milano (pp.241, € 14,00). La prefazione è di Guido Davico Bonino e l’opera contiene i cinque testi teatrali che il settantaduenne scrittore triestino Claudio Magris aveva pubblicato da soli negli anni precedenti. Magris è nato a Trieste nel 1939, si è laureato a Torino e qui è stato docente universitario di Lingua e Letteratura Tedesca dal 1970 al 1978. In seguito ha svolto questo lavoro nell’Università di Trieste e intanto si faceva conoscere anche come scrittore, drammaturgo, critico letterario, saggista oltre che come traduttore degli autori più rappresentativi della moderna letteratura europea. Collabora col “Corriere della Sera”, nel 1997 ha vinto il premio Strega col romanzo “Microcosmi” e numerosi altri riconoscimenti ha ottenuto nel corso degli anni. Studia da molto tempo la cultura mitteleuropea e la letteratura del “mito asburgico”. Con alcune sue opere ha contribuito a farle conoscere in Italia e all’estero. La città di Trieste, che per la sua posizione ha visto incrociarsi culture e correnti artistiche diverse, ha attirato l’attenzione dello studioso ed è stata tra i motivi ispiratori del narratore. Molto ha scritto Magris ché diversi sono stati gli ambiti nei quali si è impegnato e come altre volte aveva raccolto lavori dello stesso genere in un volume unico così adesso ha fatto per il teatro. La recente pubblicazione presso Garzanti contiene “Stadelmann”, “Le voci”, “Essere già stati”, “La mostra”, “Lei dunque capirà”: sono opere teatrali già pubblicate, alcune a più voci, altre semplici monologhi. Tutte, però, dicono di problemi interiori, di pene dell’anima, di disagi dello spirito, tutte muovono da una situazione particolare, da una vicenda veramente successa, da persone effettivamente esistite e cercano riferimenti che superino la realtà dell’accaduto, colgano valori che vadano oltre il dramma vissuto. Ma non li trovano ché finita è ogni trascendenza con i tempi moderni e questo aggrava lo stato di chi soffre dal momento che lo fa sentire confuso, smarrito. Alla crisi, al crollo di quei principi, di quegli ideali che erano sempre stati dell’uomo fa assistere il Magris del teatro, alla fine di quel tempo dove il male poteva essere vinto dal bene, da un bene che valeva per tutti, era per tutti uguale poiché era soprattutto idea. In quell’idea era possibile ritrovarsi sempre e ovunque essendo esteso il suo significato, senza limiti la sua azione. Invece nel limitato, nel finito ci si è ridotti ora, in tante parti si è frammentata quella concezione, quell’universalità. Dall’idea unica si è passati alla realtà plurima, dal luogo, dal tempo di tutti al luogo, al tempo di ognuno. Da qui la pena, il dramma nel teatro di Magris. Soli sono rimasti i suoi personaggi a soffrire in un mondo dove a nessuno, a niente possono rivolgersi.

Anche nel teatro Magris continua con i temi propri della sua intera produzione, quelli della crisi dei valori ideali, morali che i tempi moderni hanno provocato, della fine dello spirito che tanta umanità ha formato. I nuovi tempi, i nuovi valori, la nuova vita sono della realtà, dei suoi bisogni, delle sue regole. L’idea ha perso la sua posizione primaria, “Clarisse” ha sfilato “l’anello” dal dito, ha lasciato che cadesse, che tanti altri elementi venissero a confondere, disperdere quella centralità che esso aveva rappresentato.

Tra idea e realtà, spirito e materia, passato e presente rimane  diviso Magris e capace si mostra  di dare forma, espressione diversa a questo suo problema, di farne motivo di romanzo, di saggio, di teatro, di trattarlo come studioso e come autore. Una figura importante è la sua nel contesto culturale, letterario, artistico dei nostri giorni poiché è una figura ricca, complessa, impegnata in molte direzioni e in ognuna sempre riuscita.

 


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