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Mo Yan, l’arte della storia
(Dalla Cina un messaggio)

di Antonio Stanca

Scritto dal cinquantenne cinese Mo Yan alcuni anni fa, “Il supplizio del legno di sandalo”, è stato tradotto per la prima volta da Einaudi ed ora pubblicato. Di Mo Yan la casa editrice torinese aveva pubblicato, in precedenza, opere quali “L’uomo che allevava i gatti”, “Grande seno, fianchi larghi” e “Sorgo rosso”, il romanzo che ha fatto conoscere lo scrittore in ambito internazionale e gli ha procurato traduzioni in molte lingue. Lo Yan è considerato il maggiore scrittore cinese vivente. Ha scritto anche per il cinema ma il suo successo è legato alle narrazioni. Questa de “Il supplizio del legno di sandalo” è una delle più articolate e complete. Si compone di cinquecento pagine e vuole essere, come altre volte in Yan, non solo un romanzo ma anche un documento storico, una testimonianza di quanto succedeva nella vecchia Cina, degli usi, costumi, lingua, cultura, tradizioni della gente vissuta e della quale i tempi nuovi vorrebbero cancellare ogni traccia. Lo scrittore, invece, tende a recuperare, nei suoi lavori, quel che sta scomparendo, la vita e la storia passate, ed in quest’opera concentra la sua attenzione nella provincia di Shandong, Nordest cinese, dove egli è nato nel 1955 in un’umile famiglia, ed in particolare nel paese di Gaomi, che della provincia fa parte. I tempi della narrazione sono quelli degli inizi del secolo ventesimo, 1900, le persone quelle conosciute da Yan piccolo o delle quali gli è stato detto o narrato o si è documentato. Con i suoi pensieri e sentimenti di “popolano” vanno collegati i motivi ispiratori delle sue opere, con gli affetti, gli amori, le passioni che generalmente essi comportano, col bisogno di salvarli dall’attuale invasione di valori materiali, contingenti che anche in Cina si sta verificando. Yan, tramite la scrittura, muove alla ricerca, alla riscoperta delle proprie idealità e fa delle persone che ne sono state depositarie i personaggi, i protagonisti delle sue opere.

Ne “Il supplizio del legno di sandalo” sarà il contadino Sun Bing l’interprete di tanta spiritualità, il simbolo del bene, l’eroe positivo. Egli è il cantore del gruppo musicale “l’opera dei gatti”, di antica tradizione cinese, il suo è l’animo dell’artista che vive per la musica e il canto e crede che siano superiori a tutto, che possano risolvere ogni problema. Anche quando si troverà a guidare una rivolta contadina, accanto a quella dei Boxers, contro l’influenza e il potere che in Cina andavano assumendo le potenze occidentali e contro il sistema burocratico del posto che le favoriva, lo farà per salvare i valori dello spirito. Ed ancora convinto di essi, della loro forza, della loro capacità di emergere in ogni circostanza, si mostrerà in carcere, sul patibolo e di fronte alla morte. L’accetterà, la chiederà ma non rinuncerà a nessuna delle sue fedi come solo un artista poteva fare. Sarà questa forza ad impressionare il lettore, questo messaggio a giungergli dal libro e rivelargli quanta fiducia ha riposto in esso l’autore. Soprattutto nell’epilogo si chiarisce tale messaggio e lo rende simile a quello di un’antica tragedia greca dove si finisce tra la solennità di semplici, essenziali enunciazioni dopo un percorso lungo e difficile. Come i tragici greci anche Yan, nel suo libro, ha lavorato molto prima di rivelarci le vere finalità. Di tutto quanto avveniva nella Cina del primo ‘900 ha detto, della vita che si svolgeva nei centri e di quella delle periferie, delle crudeltà, degli orrori commessi con naturalezza,  dell’ufficialità e della clandestinità, dei feudatari, dei burocrati, degli stranieri e dei lavoratori, dei ricchi e dei poveri, dell’Impero e dei sudditi ed in una scrittura sempre aderente alle varie, infinite situazioni che un’opera tanto vasta poteva contenere. Sempre vero, reale è riuscito, in tal modo, ma anche sempre attento all’ interiorità dei  personaggi, al suo interminabile movimento, è stato Yan. Tra  realtà e idea, azione e pensiero,  storia ed arte  ha proceduto in questa come nelle altre sue opere, ha detto della vita ma anche dell’anima, ha rappresentato violenze, aberrazioni ma anche sentimenti, affetti, ha parlato di una Cina sospesa tra vecchio e nuovo, passato e presente, spirito e materia e si è mostrato sicuro solo dello spirito e del passato che ne è stato la migliore espressione.


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