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I casi della vita
(Tra realtà e fantasia)

di Antonio Stanca

Di Vincenzo Pardini la Pequod ha pubblicato “Lettera a Dio”, romanzo che viene dopo altri dello scrittore contemporaneo di un paese di Media Val di Serchio,  provincia di Lucca, e che conferma la sua tendenza a rappresentare casi umani difficili, situazioni complicate e ad ambientarle nei suoi luoghi d’origine. Anche nel linguaggio, che risente del dialetto del posto, il Pardini mostra, con quest’ultima opera, di continuare quella che ormai può essere detta la sua maniera. Stavolta si tratta della vicenda vissuta, intorno agli anni ’60, da un adolescente in età scolare che, a causa d’incontri e scambi casuali con un persona sospetta alle forze dell’ordine e giunta da poco in paese, si vede inquisito e poi costretto a fuggire, a nascondersi in continuazione. Diviene un ricercato, finisce in carcere da dove, abbandonato da chi avrebbe potuto aiutarlo e in attesa del processo, si rivolge a Dio. E per dire quanto è successo e proclamare la propria innocenza gli scrive una lettera che diverrà il contenuto del romanzo. Un’opera di ricostruzione del passato è, quindi, questo, un memoriale, un ricordo di fatti trascorsi che sono diventati unici, esclusivi nella vita di un uomo al punto da averla ridotta soltanto ad essi, da averne fatto il suo solo elemento.

Si ripercorrono, leggendo, tutte le vicende, i pensieri, le azioni del protagonista da quando aveva diciassette anni ad ora che si trova in prigione a ricordare e scrivere. Dal primo, formale interrogatorio compiuto dai carabinieri fino al carcere egli vivrà pensando soltanto al suo caso, si chiederà sempre perché doveva capitargli tale strano destino, essere accusato di colpe mai commesse e costretto a fare della sua vita un’interminabile fuga. In nessuno dei luoghi raggiunti si sentirà sicuro poiché sempre affioreranno i pensieri circa la strana, assurda condizione che sta subendo.

Non sono molti i personaggi dell’opera e tra questi si muove il protagonista sempre inseguito, tormentato da quanto d’ingiusto, d’inspiegabile si è abbattuto su di lui, sulla sua esistenza, su quella della sua famiglia. Per nascondersi dovrà lasciare la casa e gli affetti che più lo legano, quelli dei genitori e della compagna di scuola con la quale cominciava a frequentarsi. Altri luoghi, altre persone lo attendono: diverrà l’amante di una signora ma niente ridurrà il suo dramma che solo in carcere mostrerà di placarsi come se questo posto lo avesse indotto ad una definitiva accettazione del proprio stato, lo avesse fatto rassegnare al proprio destino.

E’ la storia di un’anima quella che il Pardini racconta in quest’ultima opera, che, pur se non sempre riuscita nella costruzione, nell’intreccio risultando alcune parti come forzate, vale, tuttavia, anche per l’ambientazione e per ciò che ne deriva. Essa mostra quanto di poco noto se non sconosciuto ci sia ancora nelle zone interne della nostra penisola, svela come si vive in quella Garfagnana, che già altre volte era stata il teatro delle vicende narrate dal Pardini, dice qual è il paesaggio, quali i costumi di tale zona d’Italia. Fa dell’ambiente un elemento attivo della narrazione, lo fa vivere insieme a certe situazioni da mistero e queste trasferiscono spesso l’opera su un piano fantastico, le procurano una dimensione irreale. Chi legge viene subito coinvolto perché non pensava che ancora oggi ci fossero luoghi dei quali, come nelle favole, non si finisce mai di scoprire o sapere.


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