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I "pericoli" del ritratto
(In tempo d’immagine)

di Antonio Stanca

A Milano, presso lo Spazio Oberdan, dal 27 Maggio è iniziata la mostra dal titolo "Otto scrittori" costituita dai disegni con i quali Tullio Pericoli ha creduto d’interpretare le figure di Beckett, Calvino, Kafka, Montale, Borges, Proust, Joyce e dell’amato Stevenson. Con lo stesso titolo la casa editrice Adelphi ha recentemente pubblicato un volume del Pericoli contenente i lavori esposti nella mostra.

Non è la prima volta che il disegnatore ascolano, oggi sessantasettenne, presenta una produzione di ritratti elaborata nel suo studio milanese e, tuttavia, la notizia ha già suscitato notevole interesse essendo divenuto il Pericoli un autore di successo. Questo si spiega con le sue qualità e capacità perfezionate al punto da permettergli di esprimere, tramite tratti di linea o punti di colore, i segreti di un’anima, di uno spirito, i movimenti di un pensiero, l’interiorità di un personaggio della storia, dell’arte, della scienza. Più e meglio della scrittura i suoi disegni ed acquerelli sono divenuti, col tempo, specchi dell’anima visto che il genere preferito è quello del ritratto. E’ un modo originalissimo per manifestare la propria opinione, un modo che con Pericoli è passato dai primi schizzi satirici, dalle vignette caricaturali ad immagini, figure così complete da essere considerate sostitutive della scrittura critica, storica, letteraria. Il suo successo non ha soltanto queste spiegazioni perché l’inclinazione dell’autore a ridurre a segno, colore, immagine un personaggio o evento o fenomeno, a sintetizzarlo senza omettere la sua interezza, a volersi breve ed anche totale, questa personale tendenza è rinvenibile pure nel processo attualmente attraversato dai mezzi di comunicazione di massa. Il segno che significa, l’immagine che dice, la figura che rappresenta si avviano a divenire i modi più efficaci perché molta comunicazione avvenga. La linea, il colore, la lettera, il numero sono fondamentali in tanto linguaggio dei nostri giorni, arriveranno a costituire un alfabeto nuovo, più ampio di quello tradizionale perché non limitato all’ambito nazionale ma esteso oltre. Si vuol dire del linguaggio telematico ma anche di forme espressive usate oggi da tanta televisione, tanto cinema, tanta stampa e che hanno permesso di recuperare alla conoscenza o almeno all’informazione quelle vaste fasce di pubblico che la mancata moderna istruzione avrebbe destinato ad uno stato di esclusione.

In tale contesto l’attenzione per i disegni ed acquerelli del Pericoli non sorprende ma conferma l’esistenza e la vastità di un fenomeno e fa di lui uno dei precorritori. Illusoria, tuttavia, si rivela tanta positività al pensiero di una continuazione ed intensificazione del sistema, di un’umanità che sacrifica la propria voce ad un cifrario elaborato dagli addetti ai lavori, di un ambiente futuro composto da immense moltitudini di ascoltatori e pochi specialisti impegnati a costruire e diffondere, tramite mezzi tecnici, la lingua che serve o che si ritiene adatta. Sarebbe la fine di quanto d’individuale ed umano ancora vale per il singolo e la collettività. E non si tratta di una semplice previsione ma di una realtà allarmante, possibile e vicina in tempi di globalizzazione, di unificazione monetaria o d’altro genere come i nostri. Pertanto se apprezzando Pericoli si apprezza la sintesi anche perché tutto oggi conduce verso di essa, non si trascuri il valore, la funzione dell’analisi non solo per quanto è valsa ma anche per quel che può ancora valere.


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