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PER UNA MERIDIONALITA’ ITALIANA
(TRA PASSATO E PRESENTE)

 

E’ appena stato pubblicato, dall’Editore Avagliano, il libretto "E’ tornato Garibaldi" (90 pagine, 12.000 lire) dello scrittore, giornalista e studioso dei problemi del Meridione italiano Giovanni Russo. L’opera è corredata da numerose illustrazioni che si riferiscono a personaggi, episodi, momenti significativi del tema centrale, la famosa impresa dei Mille compiuta da Garibaldi e le sue camicie rosse tra il maggio e l’ottobre del 1860. Come si sa la spedizione era iniziata nel porticciolo ligure di Quarto con i due piroscafi "Piemonte" e "Lombardo" e si era conclusa in Campania dopo la vittoriosa battaglia del Volturno contro le truppe borboniche e la consegna a Vittorio Emanuele II del Regno d’Italia conquistato ed unificato dai garibaldini senza altra pretesa che lottare per la libertà di un popolo oppresso.

Propositi dichiarati dal Russo, già nella prefazione del libro, sono quelli di dimostrare che l’operazione garibaldina incontrò il favore di tutte le popolazioni, ligure, siciliana, calabrese, campana, con le quali venne a contatto, che le file dei Mille risultarono sempre più ingrossate dalle adesioni di giovani volontari provenienti dai luoghi che furono il teatro della vicenda, che è assurdo proporre oggi, da parte di alcuni nostri uomini o partiti politici, l'idea di un’Italia divisa in leghe, distinta tra Nord e Sud senza tener conto che dal Sud,, con l’avventura garibaldina, "è cominciata l’unità della penisola" e che lo spirito unitario dei volontari che allora seguirono Garibaldi è sempre vivo presso i meridionali nonostante molti e gravi siano ancora i loro problemi.

Il Russo, nel libro, mostra di aver rifatto il viaggio dei Mille in compagnia di noti studiosi o esperti conoscitori dell’avvenimento. Questi lo illuminano in continuazione, gli chiariscono certi aspetti di esso rimasti ancora oscuri. Altro contributo gli giunge dai numerosi e vari cimeli o monumenti che lungo il tragitto ricordano il fatto e fungono quasi da guida per il viaggiatore, dalla conoscenza diretta di documenti autografi, immagini dipinte, oggetti appartenuti o usati da Garibaldi, ambienti esterni o interni da lui frequentati ed ogni altro elemento utile a rendere quanto più possibile concrete, autentiche la sua figura ed opera. Non una fredda ricostruzione ma un’animata rappresentazione, un racconto di vita è, quindi, questo del Russo giacché le tante testimonianze addotte riducono, nei vari argomenti, quella dimensione unica, eroica che generalmente viene loro attribuita e li riportano ad una misura umana. Gli eventi memorabili, i grandi personaggi, le parole famose, le decisioni determinanti non hanno più quel valore eccezionale, quel significato definitivo come in tanti libri di storia ma si verificano con una naturalità simile a quella di ogni evenienza quotidiana. Più che leggere sembra di assistere ad un interminabile movimento di persone, pensieri, azioni, ad una continua oscillazione tra quanto accaduto allora e quanto testimoniato ora per via scritta, orale, figurativa od altra, tra i fatti ed i loro echi non ancora spenti, tra passato e presente, tra vecchi e nuovi problemi. Da un quadro così variegato, da quanto saputo, visto, udito dal Russo nel suo viaggio di rivisitazione dei luoghi garibaldini emerge, prepotente, l’immagine di un popolo, quello meridionale, che, da Garibaldi ai giorni nostri non ha mai smesso di ritenersi parte integrante di una sola nazione, di sentirsi italiano. Allora, nel 1860, "l’eroe dei due mondi" era stato accolto e sostenuto dai meridionali poiché identificato con le loro speranze di riscatto e liberazione dal dominio straniero, di miglioramento di quelle condizioni di povertà che sembravano ormai costituire il loro irreversibile destino, di congiungimento con il resto del paese. In seguito, col sorgere e consolidarsi della questione meridionale, erano sopravvenute amarezze e delusioni per quanto di quelle speranze era rimasto inattuato, per come "l’Italia reale" avesse tradito quegli ideali e, tuttavia, si era continuato a credere, da parte dei meridionali, in uno stato unico, a riferirsi a questo per la soluzione dei nuovi problemi, a sentirsi animati dall’idea di un’italianità estesa fino ai più lontani e remoti luoghi della penisola ed a rifiutare la meridionalità quale segno distintivo di una particolare condizione di vita e di pensiero.

Antonio Stanca

Roma – 28 Dicembre 2000


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