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Dio: perderlo o ritrovarlo?
(Religione oggi)

di Antonio Stanca

Nel recente “Dieu-com” (ed. Gallimard) la scrittrice e filosofa francese Danièle Sallenave, una volta amica di Jean-Paul Sartre, sostiene che sarebbe preferibile una società dove la religione avesse un posto, una funzione, un’importanza più ridotte rispetto a quelle attuali. Questo favorirebbe, secondo lei, un miglioramento delle generali condizioni di vita poiché riporterebbe all’uomo ciò che ancora viene attribuito alla divinità e gli farebbe assumere una posizione maggiormente critica. Si pensi, dice la Sallenave, che le moderne scoperte scientifiche vengono ancora considerate opera di Dio ed eventi quali la caduta del muro di Berlino come un segno dell’intervento divino nel mondo. Non si può pensare che l’uomo contemporaneo continui su questa via giacché significherebbe negare, nel XXI secolo, tanto progresso, tanta emancipazione, disconoscere di essere gli artefici, i protagonisti del proprio destino ed accettare l’idea di una vita,  una storia determinate, dirette da forze soprannaturali, divine. Una società civile, moderna non può essere che laica, atea, non può disconoscere quanto è servito, come si è lavorato, da parte dell’uomo, per giungere a certi livelli od ottenere certi risultati. Una nuova dimensione umana è, dunque, quella auspicata dalla filosofa, una nuova epoca nella quale non c’è più posto per il sacro, per il divino essendo divenuto impossibile pensare una vita senza l’uomo, la sua intelligenza, la sua opera, la sua mente. Impedimento crea la religione al processo di modernizzazione avviato nei paesi civili, lo rallenta con i pregiudizi, le paure, le esitazioni che provoca, e in quelli in via di sviluppo genera guerre, attentati, terrorismo.

Altro mondo, altro tempo deve essere considerato il nostro, finito, concluso è il mondo, il tempo della religione ed iniziato quello dell’uomo!

Più volte nella storia si è contrapposta l’opera dell’uomo a quella di Dio, ci si è mostrati convinti della forza della prima, della sua capacità di modificare la situazione vissuta e si è trattato di movimenti di pensiero estesi che, tuttavia, non sono riusciti a cambiare, se non nella mente degli intellettuali del momento o del periodo, quanto avveniva. Da parte sua l’opinione pubblica era rimasta sulla propria posizione, quella di una religiosità vissuta quasi passivamente come avviene per un’idea, un pensiero che faccia parte dell’atmosfera comune, dell’ambiente sociale, che si trasmetta naturalmente come altri elementi o aspetti della vita. Ancora adesso questa è la situazione collettiva e, pertanto, non si capisce come possa la Sallenave pensare di laicizzare un mondo nel quale quello religioso è uno degli elementi costitutivi fin dal più lontano passato, una delle parti che lo compongono e che come l’acqua, l’aria, la luce, sono giunte fino a noi per via naturale, senza che lo volessimo. Togliere, eliminare questo elemento, questa parte significa voler cambiare il mondo, la vita quali essi sono stati da sempre e questo non è possibile, significa voler ridurre l’uomo alla sola componente materiale, fisica o voler orientare quella morale, spirituale in altro senso e neanche questo si può giacché quello religioso è il senso che si scopre più facilmente perché spontaneamente. Perché non sia più così servirebbe una vasta, immensa operazione mirata a rimuovere quanto i tempi, gli usi, i costumi hanno stabilito e si tratterebbe d’iniziare un percorso nuovo, lunghissimo e dagli esiti incerti.

E se, invece, si pensasse di rafforzare presso l’opinione pubblica quel sentimento religioso che i tempi ed i problemi hanno indebolito? Più facile e più efficace potrebbe riuscire una simile azione giacché si tratterebbe di recuperare quanto, soprattutto presso i giovani, sta per perdersi: la religione come senso del dovere, rispetto della regola, disciplina dell’anima. Si potrebbe sperare, così, di eliminare o almeno ridurre i gravi fenomeni dei quali la cronaca quotidiana informa e che riguardano, in particolare, i giovani delle società moderne, civili. Anche per il fondamentalismo religioso che, nei paesi orientali, diventa violenza, terrore, morte, servirebbe un’azione volta a riportare la religione entro i propri termini liberandola da quanto intenzionalmente e falsamente le viene attribuito.

Non meno religione nel mondo, quindi, ma più religione o una religione maggiormente e giustamente sentita e vissuta. Potrebbe essere un motivo o il motivo di coesione, di riconoscimento in una situazione come la moderna che tende ad isolare, separare, dividere. Potrebbe coesistere, convivere con tutto, scienza compresa, ché anche questa è mossa da spirito anche se i risultati riguardano la materia. Potrebbe servire alla distensione, alla pace, al bene essendo questi  sentimenti possibili solo se si è religiosi.


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