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Lingua e storia

di Antonio Stanca

Leggendo il recente, breve volume “La favola dell’indoeuropeo” (ed. B. Mondadori) del filologo Giovanni Semerano, allievo dell’ellenista Ettore Bignone presso l’Università di Firenze, di Giacomo Devoto e Bruno Migliorini, ci si sente iniziati a dei segreti, collegati con tempi e luoghi lontanissimi, coinvolti fin dalle prime pagine. Che effetti simili siano prodotti da uno studio di linguistica è fenomeno ben raro ed il merito è soltanto del suo autore che riesce a mostrare in sintesi e con l’agilità di un esperto narratore quanto da lui scoperto e sostenuto da tempo in opere più ampie e sistematiche. Stavolta niente appesantisce l’esposizione che si compone di parti propriamente tecniche ma soprattutto di rapide e chiare enunciazioni, di una serie di  comunicazioni. Sono i risultati degli studi del Semerano a trovare espressione, svelta e a volte divertente, in quest’opera. Essa sembra concepita per diffondere su più larga scala quanto dall’autore maturato in anni di applicazione, per farlo giungere ad un pubblico più vasto di quello specialistico. Semerano vuol dire a tutti che l’indoeuropeo, comunemente inteso come un gruppo di lingue europee ed asiatiche con caratteri comuni e risalente ad un’antica lingua unitaria, non è mai esistito, è soltanto “una favola” costruita da studiosi pur eminenti e della quale ancora oggi alcuni sono convinti nonostante le scoperte sue e di altri linguisti italiani e stranieri. Basterebbe non affidarsi alle impressioni, dichiara il Semerano, sarebbe sufficiente riferirsi alla storia, alla sua verità incontestabile, voler essere esatti e non vaghi, veri e non inventati per convincersi che linguisticamente l’Occidente europeo è derivato dall’Oriente e precisamente da quella sua parte detta Mesopotamia dove si verificarono le splendide, avanzate civiltà di Sumer, Akkad e Babilonia. “Le culture” di queste, “le scienze, le arti, il diritto” giunsero in Occidente grazie alle conquiste di Sargon il Grande che, nel III millennio a.C., fondò la città e la dinastia di Akkad. Da qui il nome della lingua, accadica, che insieme ad altre del gruppo semitico sono state all’origine delle lingue europee. Infiniti diventano nel libro, una volta chiarito l’evento, i richiami tra le due aree linguistiche. Sono queste derivazioni che si trasformano, per il lettore, in una serie di rivelazioni, gli mostrano l’ambito linguistico nel quale da secoli è inserito, lo fanno sentire partecipe di situazioni remote. Sapere delle origini della propria lingua è come essere chiamati a riconoscere le proprie e quanto più lontane sono tanto più attraggono. Semerano c’informa, con documenti, che per noi italiani la lingua è di origine semitica ed in particolare accadica dal momento che tremila anni prima di Cristo Sargon estese nel Mediterraneo, tramite azioni di conquista, la sfera e l’influenza della dinastia da lui fondata. Il fenomeno vale anche per il francese, il tedesco e le altre lingue del continente europeo come dimostrato dallo studioso nel suo lavoro. In questo egli dice pure che non si sente rammaricato di ritrovarsi ancora oggi tra i pochi sostenitori di tale teoria ma privilegiato giacché soltanto essa è provata dalla storia e stupito come altri studiosi non tengano conto che l’unica verità possibile, in certi casi, è quella storica.


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