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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

SENZA PAROLE
Breve racconto semifilosofico senza pretese di morale

di Dario Cillo

 

Si narra che dio (o un qualche demiurgo) - dopo il tempo e lo spazio, la luce e le tenebre, lo spazio e l’universo, il cielo e la terra, la flora e la fauna, l’uomo e la donna – al settimo giorno, creò il letto (“potrebbe essere la mia migliore creazione” pensò) e su di esso, sfinito, si addormentò.

Svegliatosi solo nella tarda mattinata del giorno successivo, dio decise di temporeggiare sdraiato prima di rimettersi a lavorare (creando incidentalmente il piacevole ozio del risveglio).

Così, immerso nel bianco ed avvolgente tepore delle lenzuola, fra il sonno e la veglia, si accorse, con orrore, che qualcosa stonava nel perfetto ticchettio dell’armonia prestabilita che governava tutto l’universo.

Minerali, piante ed animali si accordavano con splendida precisione nella straordinaria sinfonia dei loro colori, odori, suoni e sapori.

In disparte, l’uomo e la donna, si spiavano l’un l’altra, muti, senza riuscire a comunicare.

Eppure (lo sentiva) le loro teste erano piene di sensazioni, idee ed emozioni, che turbinavano vorticosamente senza trovare una via di espressione.

Fu per questo che dio creò la parola.

Subito dalle labbra dei due, incontrollate, le parole cominciarono a sgorgare.

Prima prive di senso, poi sempre più significanti, esse si muovevano nell’aria, sfiorandosi, incrociandosi, precipitavano verso il basso per poi risalire come in un volo di rondini.

Erano tanto belle e suadenti che presto si cominciò a credere che in esse consistesse la verità e che, per loro tramite, l’uomo potesse essere la misura di tutto il creato.

Ed allora dio - allarmato dalla possibile perdita dei diritti d’autore – creò il Maestro (quello con la ‘M’ maiuscola, perché sapeva di non sapere) affinché insegnasse, con un sorriso, agli uomini che la verità era una ricerca, non una scoperta (pare che, proprio per questo, il Maestro ebbe vita breve…)

Ma le parole avevano un altro tragico difetto.

Si scioglievano nell’aria come la neve sotto i raggi del sole.

Gli uomini, lontani nel tempo o nello spazio (grande e variegato era l’universo delle cose cui volevano dare un nome), non potevano sentirsi ed imparare.

Ed ancora una volta dio intervenne e creò la scrittura.

Prima sotto forma di falsi dialoghi, poi con testi per soli iniziati, infine con l’assoluta precarietà dei quotidiani e dei bestsellers, complice la stampa (che dio aveva creato per potenziarla e diffonderla), la scrittura riempì di sé scaffali ed edicole.

Tale pericolosa commistione di utile ed inutile portò gli uomini, disorientati, a perdere la dolce abitudine della lettura (altra prodigiosa creazione di dio).

Il creatore comprese - sfiduciato – il desiderio degli uomini di vedersi ed ascoltarsi, oltre i limiti delle distanze che li separavano e, preso un fascio di bit ed un wafer di silicio, creò prima il computer ed il cellulare, ma poi, non soddisfatto, li fuse insieme per creare lo strumento ultimo del comunicare: il ‘quiedora’ (marchio depositato).

Previo appuntamento, chiunque poteva recarsi nell’antico Egitto, a fare quattro chiacchiere sugli aspidi con Cleopatra, o contattare Napoleone per fornire consigli (non richiesti) prima della battaglia di Waterloo.

Stranamente il ‘quiedora’ (marchio depositato) non risolveva i problemi della comunicazione.

Capitava infatti (e spesso) di avere maggiore confidenza con Cesare piuttosto che con il vicino di pianerottolo (tranne nei piacevoli momenti nei quali si condividevano con lui i pochi centimetri cubici di un ascensore).

Ed allora (ma solo allora) dio perse la pazienza.

Con uno schiocco di dita della sua mano più grande di una galassia azzerò tutto.

Sdraiato sul suo letto (“rimane la mia migliore creazione” pensò), riflettendo a lungo, ontologicamente, sulla sua presunta perfezione e sulla propria incapacità di avere un progetto (“potrei sempre dedicarmi alla costruzione di orologi”), dio scomparve definitivamente dalla vita degli uomini.

L’uomo e la donna ripresero a spiarsi l’un l’altro. Muti.

L’uomo guardò la donna dietro le lenti impenetrabili dei suoi occhiali da sole.

La donna - che in genere indossava grandi maglioni che le permettevano di sprofondare in essi la testa come in un accogliente carapace – guardò l’uomo dietro i capelli che le coprivano fronte ed occhi.

Con prudenza prima si sorrisero, poi inaspettatamente (insieme) piansero, ed ancora tornarono a sorridere.

Si racconta che così, camminando l’uno di fianco all’altra, senza mai perdersi di vista, entrarono nel fitto della vegetazione e che a lungo, senza mai stancarsi, proseguirono il loro silenzioso dialogo.

Post scriptum

Un’altra tradizione (ovviamente priva di qualsivoglia attendibilità) vuole che tutte le creazioni di dio siano invenzioni degli uomini e che le stesse altro non siano che ingegnosi strumenti realizzati per nascondere la triste verità che essi non avevano nulla da dirsi.

 


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