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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

AIUTATECI A CRESCERE CON SAPIENZA

Attività di gruppo della classe della IV ^ B del Liceo Socio – Psico -Pedagogico A. Racchetti di Cremona.

Proff. sse Fioretta Menta e Angela Recenti 

 

viandante, non ci sono vie, la strada si fa camminando”. (Antonio Machado

 

Presentiamo il nostro percorso e modello di pensiero.


 

 

Primo Gruppo

Dopo aver letto e studiato per un anno,attraverso gli scritti di Morin,Ceruti e Cacciari,il tema della complessità proviamo ad esporre il nostro punto di vista sicuramente incompleto rispetto alle competenze del dirigente tecnico.In realtà il tema della complessità ci ha intrigato per la feritoia aperta nella costruzione del nostro pensiero,nel senso che stiamo affrontando la fatica del perdersi nel sapere per ritrorsi.E’ proprio la consapevolezza dell’esistenza dell’incertezza e dell’errore come stile di vita oltre che di studio a darci la possibilità di possedere un metodo che ci aiuti a pensare da soli e che ci aiuti a navigare in mezzo alle contraddizioni dei saperi.Questo metodo ci ha incitato a tentare quotidianamente di rinnovare le nostre concezioni di vita,ad arricchire e rendere complessa la nostra visione della razionalità.Siamo convinte che la vera posta in gioco della nostra modernità e di ogni riforma del pensiero è quella di raccogliere la sfida della complessità superando le specificità e le segmentazioni.La classe si divide in gruppi prendendo in esame il periodo che,a nostro parere,sembra essere il più carico di emozioni intellettuali.Partendo quindi dalla piccola parte cerchiamo di agganciare il complesso integrato.Ci pare opportuno di sottolineare la mancanza di 2 elementi fondamentali nella formulazione data dal tecnico che è quella di pathos ed ethos nel senso di interrogare costantemente,senza mai arrestarsi nella comprensione del pensiero e delle vita.Pur non esaurendo tutti i temi della complessità allarghiamo la visuale teorica,secondo quanto imparato da Morin a 3 concetti fondamentali:

1-l’errore,l’incertezza,l’imprevisto;

2-che cos’è la conoscenza;

3-educare gli educatori;

4-antropologia per insegnare.

Ogni gruppo esamina i problemi scegliendo come tema fondante l’incertezza.

"Il richiamo della fraternità

non è confinato in una razza,

in una classe, in una élite,

in una nazione.

Viene da coloro che, ovunque siano,

lo sentono in se stessi,

e si indirizza a tutti e a ciascuno.

Ovunque in tutte le classi,

in tutte le nazioni,

ci sono degli esseri di " buona volontà"

per i quali il suo messaggio

è il loro messaggio.

Forse sono più numerosi fra gli inquieti,

i curiosi, gli aperti,

i teneri, i meticci, i bastardi

e altri incroci."

Edgar Morin

 

Siamo BIANCA,JENNIE,SARA,EDVIGE,ERIKA.

Dopo aver letto e analizzato l’ articolo di Mario Maviglia pubblicato sul newsletter n° 161, ci siamo rese conto che il contenuto non soddisfa pienamente le nostre aspettative.

L’articolo tratta la riforma nella scuola dell’ infanzia, ma non fornisce un’ analisi globale di tutti gli aspetti che la caratterizzano, soltanto un’ accurata selezione.

Ragionando in termini paradigmatici, veniamo immediatamente a contatto con la complessità e le sue varie sfaccettature che fanno comprendere quanto il mondo dell’ infanzia, apparentemente semplice, sia in realtà profondamente complesso e le teorie su di essa sono molteplici.

Proponiamo, quindi, alcuni temi di approfondimento: l’infanzia nello spazio sociale, il tempo e l’ infanzia, il gioco come cultura dell’ infanzia, una o molte infanzie, l’infanzia come concetto unitario, l’infanzia come e nella struttura sociale, il corpo e l’ infanzia, i nuovi studi sociali sull’ infanzia, per una teorizzazione dell’ infanzia.

Noi consideriamo che la frase di Mario Maviglia, la quale coniuga logos ed eros, sia incompleta perché manca il concetto di pathos ed ethos, che noi ritroviamo nei miti di Platone e che risultano molto importanti per insegnare.

Come dice Morin: "…la missione è una missione dei Lumi, non esattamente quelli del XVIII secolo, ma un nuovo tipo di Lumi, portatori di un sapere che aiuti a comprendere e ad abbracciare la complessità del reale. Mi piace utilizzare la parola abbracciare, dal momento che nel termine latino complexere che vuol dire abbracciare esiste già il termine complesso. Questo sapere che abbraccia deve far rinascere una cultura che non sia puramente e semplicemente la copia della vecchia,ma che rappresenti l’integrazione di questa cultura all’interno di una connessione tra la cultura umanistica e quella proveniente dalla scienze.In effetti,è assolutamente penoso che la cultura umanistica,soprattutto la filosofia,abbia spesso le porte chiuse alla scienza e,inversamente,che il mondo della scienza sia chiuso alla filosofia.(…)

Quindi,la rinascita di una missione è anche la rinascita di una fede nelle cultura e nello spirito umano ed è questo ciò che riproduce quello che Platone aveva dichiarato essre fondamentale per l’educatore:per essere un educatore bisogna avere Eros,ovvero avere amore.Non si tratta di pedofilia,l’amore al quale pensava Platone era l’amore per la materia che si insegna e per le persone a cui la si insegna.Occorre risvegliare questo Eros. E io ci credo che è questa triplice rinascita,dell’amore,della missione e della fede,che si potrà tentare di formare i cittadini del terzo millennio."

In particolar modo ci ha interessato il tema dell’ethos.

Per evitare che la cultura si delinei da informazioni e si polverizzi in dati organizzativi riteniamo importante apprendere ad apprendere,consultare anziché studiare,a riflettere anziché accumulare finendo con l’appiattire in un unicum indifferenziato tutti i linguaggi,tutte le forme espressive,tutti gli stili di pensiero,tutte le modalità dell’argomentazione .In questo nuovo millennio di caduta di antiche certezze pensiamo vi sia un nuovo principio professionale che può e deve sollecitare la cultura dell’insegnante:la convinzione che tutti i ragazzi possano imparare.La scommessa di un’autentica promozione per tutti non è stata ancora assunta dalla maggioranza degli insegnanti come sfida.Contro questo hanno sicuramente giocato la pretesa demagogica di percorsi uguali per tutti,dall’ampliamento indiscriminato delle discipline,un’organizzazione estremamente rigida e la persistente autoreferenzialità dellìistruzione.Ci piace pensare come studentesse di un istituto socio-psico-pedegogico che la scuola del successo formativo,da scenario altamente improbabile,diventi quotidiana normalità.

Fondamentale diventa quindi il discorso sull’etica professionale in quanto l’insegnamento è una professione impegnativa che viene sempre ridotta,anche dai tecnici,secondo schemi semplicistici i riduttivi (la teoria della complessità infatti ci ha insegnato non a ricavare il problema,ma a trovare l’elemento che pare invisibile per problematizzare e cercare più soluzioni),ciò significa che il cambiamento non si rivolge ad una serie di atteggiamenti o organizzazioni passive ma a riconquistare terreni nuovi.

Siamo convinte che è difficile far marciare insieme riforma organizzativa e culturale,ma siamo convinte che nessuna riorganizzazione riuscirà a produrre un’evoluzione positiva del sistema se non sarà sostenuta da un’evoluzione culturale dentro e fuori la scuola.Pensiamo che la struttura organizzativa possa bloccare,ma altresì facilitare lo sviluppo di una comunità di apprendimento,ma è la tensione culturale il volano di questo processo. L’etica professionale docente è il vero oggetto di questa analisi,non tanto da un punto di vista storico,quanto dell’esigenza di indicare quali trasformazioni essa subisce nel quadro della società che caratterizza i paesi avanzati degli ultimi 20-30 anni del secolo.

Si considera che in queste società la conoscenza scientifico-tecnica investe direttamente il mondo della produzione industriale,diviene anzi un mezzo di produzione;l’assetto dei valori si complica per la presenza di molteplici e differenti forme culturali,in genere di carattere evolutivo;si dà una nuova risposta al problema del"senso",riconoscendo ad ogni individuo il diritto di determinare autonomamente la direzione della propria vita,senza più dipendere da fonti esterna di autorità religiosa o politica;l’inserimento sociale diventa più difficile perché le vecchie forme del lavoro vengono sostituite da forme professionali richiedenti una lunga preparazione e una pratica sufficiente a garantire le effettive abilità. L‘abbandono della mentalità burocratica costituisce pertanto un fattore fondamentale di un codice etico moderno degli insegnanti e anche del rapporto tra colleghi nell’insegnamento.Essere professionisti significa scegliere i criteri delle competenza,dell’autoformazione,della responsabilità,del merito e dell’autonomia.Quindi costruire un ambiente culturale idoneo allo sviluppo intellettuale,morale e sociale di un nuovo cittadino è dunque nelle possibilità di una scuola laica e virtuosa.Siamo convinte che esista "un’isola delle scelte condivise"nella quale questo ambiente può essere costruito senza conflitti.

L’etica si impone come correttivo alla visione frammentata,divisa della scuola che paga il prezzo di una maggiore conoscenza settoriale,con la perdita di unità e di integrazione:condizioni imprescindibili in vista di uno sviluppo delle conoscenze in ordine al senso e al valore della vita;dall’altro punto di vista l’etica mette in luce l’esigenza di affiancare all’azione tecnica,inevitabile nella nostra società e nella nostra cultura,anche l’azione morale;accanto al comportamento strumentale,anche il comportamento libero.E’ il tentativo di conservare all’agire umano quel significato polisemico di cui già si era accorto Aristotele, trattando la praxis in maniera diversa dalla poiesis L’etica non diventa alternativa alla tecnica,ma un suo completamento.Fornirebbe quel paradigma di azione più ampio,più comprensivo,più esaustivo delle possibilità sul piano della prassi. L’etica professionale oggi,particolarmente l’etica insegnante,sullo sfondo della richiamata riflessione,solleva due questioni.La prima riguarda il superamento della divisione moderna degli ambiti vitali,a favore di una distinzione,che non significa separazione:il privato non è il pubblico,ma esso non è senza legami con la comunità;quest’ultima a sua volta comprende la sfera dell’economico,del politico,che non sono tra loro indipendenti,e nemmeno rispetto al privato.Solamente attraverso una visione analitica,ma anche unitario-scientifica delle cose si può coltivare quell’interdipendenza indispensabile ad una qualche dimensione di senso. L’etica è insieme teleologismo e deontologismo,sul piano individuale non meno che su quello sociale.Significa che nella sua dimensione sociale, a livello di ethos e costume.deve conservare una propria aspirazione al bene,non comprimibile entro le grate della regola.La tensione proiettiva dell’etica sociale,nelle necessità di considerare l’attività all’interno di un settore sociale non come irrelata rispetto a quanto può accadere in un altro,solo perché entrambi perseguono obiettivi e fini specifici.Si tratta di una visione che oggi si impone con crescente cogenza rispetto a processi complessi che attraggono molti settori sociali in concomitanza con l’estendersi del processo di globalizzazione dall’economico al sociale al culturale.La seconda conseguenza è il recupero del fondamento antropologico,alla base del processo e del sistema,a dispetto della loro complessità e dei loro intrecci sempre più intensivi ed estensivi. Complessità,interdipendenza,globalizzazione,proprio perché sinonimi di instabilità e cambiamento,possono essere governati all’insegna della flessibilità piuttosto che alla rigidità Conseguenza importante:assistiamo alla riscoperta dell’unica risorsa in questa direzione,quella umana,dell’uomo,cioè,e della sua capacità di agire,come riserva di creatività e novità. L’attenzione si sposta in tal modo dal processo all’azione,dai dinamismi impersonali alle dinamiche personali e comunicative.Solo per questa via si può attingere alla vera fonte del cambiamento,fonte inesauribile,giacchè l’uomo con la sua azione si qualifica come "iniziatore".Attraverso l’azione umana i processi possono essere interrotti,modificati,riattivati,perché l’azione è espressione di libertà oltre il condizionamento. E allora, mettere nel conto tutto ciò significa palare di un’etica delle professioni incontrando anche per questa via l’esigenza di andare oltre la morale della regola,oltre la deontologia professionale,per riscoprire,all’interno dei diversi codici professionali,che pure non vanno sottaciuti,il significato più autentico dell’etica.Significa che,più di un’etica professionale genericamente riferita a professioni sedicenti libere,vi è l’esigenza di affermare un’etica del lavoro che riguarda ogni chi ed ogni dove lavorativo,con maggior o minor estensione a seconda del grado di discrezionalità presupposto dalla propria occupazione.Parlare di un’etica professionale alla stregua di un’etica del lavoro appare scelta più adeguata anche rispetto alla realtà delle professioni odierne.In questa sorta di circolarità tra etica ed etica professionale,tra teologia e deontologia,il volano e la virtù,che va dalla sua riscoperta etica della sua acquisizione di habitus professionali .E’ infatti attraverso la virtù che l’etica professionale investe il soggetto,il singolo professionista. L’agire competente non è più garantito dalle norme;essa conta anche la motivazione personale,l’atteggiamento etico personale,il modo in cui si vive il senso dell’impegno e si sviluppa la propria attività lavorativa.Particolarmente significativo sul piano dell’etica professionale diventa l’"obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi".Questo passo della Bassanini,che riprende con forza principi codificati nei Decreti Delegati del 1974,dove l’introduzione della sperimentazione prevedeva l’obbligo di valutazione da parte del Collegio dei docenti,può rappresentare una vera chiave di volta del lavoro dell’insegnante nel senso pieno della professionalità responsabile.Il professionista infatti nell’immaginario collettivo è colui che elabora un progetto,ne prevede il percorso e ne anticipa i risultati in termini precisi,fornendo gli strumenti o indicatori per la sua valutazione.La scuola per ora è stata poco incline alla progettazione.Infatti l’introduzione delle sperimentazioni è stata per lo più limitata alla tipologia strutturale per garantire soprattutto agli addetti,i docenti,non per fornire un vero prodotto diverso e innovativo e qualitativamente superiore,eccetto le primissime fasi di avvio.Ma ancora più seria è stata ed è la questione della verifica dei risultati,pur tenendo anche in conto la particolarità e complessità delle variabili in gioco.Non di rado è stata più comoda per l’istruzione una chiusura difensiva che non mettesse in gioco vecchi e consolidati equilibri interni.Nella prospettiva dell’autonomia,che punta alla valorizzazione delle "scuola del progetto",il momento valutativo diventa centrale e con esso si dovrà imporre una nuova professionalità docente,che avrà come immediato corollario una più forte sensibilità etica direttamente collegata alla responsabilità.

Senza presunzione possono parere utopiche le nostre idee relative alla scuola, quella ibridazione culturale che da giovani studenti cerchiamo per dare vita ad una società che ricerchi spazi di comunicazione sempre NUOVI, PRONTI A SUPERARE I LIMITI E I CONDIZIONAMENTI DELLE LORO STESSE INTERPRETAZIONI DELLA REALTA’, chiediamo gentilmente collaborazione su temi che non sono sicuramente rappresentati da viali ordinati ed ortogonali sui quali dispiegare il sapere e verità (come nell’articolo letto) bensì da una sovrapposizione di strati di informazioni che, più che un ordito di lana, ricordano il tessuto pressato di un feltro.

Vogliamo trovare attraverso di voi esperti la possibilità di un patto, di una negoziazione per partecipare a costruire tutti insieme il PEZZO DI SOCIALITA’ OGGI POSSIBILE.

Abbiamo intenzione di assumerci (ognuno) la responsabilità di partecipare, per quanto si sa e si può, ad una vita sociale non più data una volta per tutte, ma inventata mille volte, giorno dopo giorno: un viaggio come filosofia di vita, senza la scarsa routine di interpretazioni sempre limitate e/o ideologiche.

 

 

 

 

 

Secondo gruppo

Siamo ELISA, ANGELA, MARTA, VALENTINA, VICTORIA e SILVIA.

Ci stiamo rivolgendo non agli insegnanti o agli educatori, nel senso etimologico del termine, ma alle persone che si prendono cura di integrare la vita con la scuola per l’importanza di crescere individui complessi che non significa complicati.

 Riconoscendo la complessità della realtà umana e di ogni altra realtà, Morin avvia la ricerca di un metodo che consenta di dominare e di interconnettere le varie forme di conoscenza senza mutilarle.

Nasce cosi il metodo (conoscenza della conoscenza, le idee: habitat, vita, organizzazione, usi e costumi).

Fondamentale nel suo pensiero è la consapevolezza che la complessità si presenta come difficoltà e incertezza, come ostacolo e sfida.

Il pensiero complesso abbandona il mito della chiarificazione totale dell’universo attraverso le leggi del riduzionismo, per cimentarsi nell’avventura della conoscenza.

Ciò significa intraprendere un dialogo con l’universo attraverso un metodo che richiede di pensare senza mai chiudere i concetti, di spezzare le sfere chiuse, di ristabilire le articolazioni tra ciò che è disgiunto, di sforzarci di comprendere la multimedialità, di pensare con la singolarità, con la località, con la temporalità, di non dimenticare mai le totalità integratrici.

Prima di riformare l’Ordinamento Scolastico bisogna riformare il pensiero affinché educatori e insegnanti possano portare gli individui a divenire coscienti della loro complessità e a non ergere muri invalicabili tra le discipline ed i saperi sul mondo e sull’uomo, perché altrimenti la conoscenza sarebbe capitalizzata e rinchiusa nelle casseforti delle varie materie in cui essa è suddivisa.

Le riforme sinora proposte non hanno tenuto in considerazione tale riforma del pensiero:

la riforma del pensiero deve venire anche dagli insegnanti stessi, dal momento che non può arrivare dall’esterno.

Essa comunque può essere stimolata:” occorre che il corpo insegnante si porti nelle zone più avanzate del pericolo che costituisce l’incertezza permanente del mondo”, per esprimere ciò che abbiamo compreso in questa fine del XX secolo.

Il mondo non cammina su un percorso già tracciato, non è una locomotiva che viaggia sui binari;

l’avvenire è assolutamente incerto e quindi bisogna pensare con l’incertezza.

Con questo non ci riferiamo all’incertezza assoluta dal momento che navighiamo in un oceano di incertezze, attraverso un arcipelago di certezze locali.

La riforma dell’insegnamento e del pensiero rappresentano un’impresa storica. Si tratta di un lavoro che deve essere perseguito da tutti gli insegnanti e che richiede evidentemente la formazione dei formatori e l’auto-ri-educazione degli educatori. La nascita di una missione è la RINASCITA di una fede nella cultura e nello spirito umano,come dice Platone: ” per essere un educatore bisogna avere eros ,ovvero amore.

Guardando un bambino è necessario vedere in lui il futuro del genere umano, come disse Freud “ogni bambino è padre dell’adulto che sarà”.

Per il principio ologrammatico, volendo considerare le parti ed il tutto è indispensabile tener presenti le istanze celebrali, intelligenza, affettività, pulsione, che consentono agli individui di prendere in considerazione l’errore, il quale si può ricercare attraverso i processi di auto-critica, auto-etica, auto-esame.

Sono queste le fasi che invitano alla tolleranza della comprensione e spingono alla curiosità, alla serendipità, alla fruizione televisiva e alle varie interpretazioni della realtà, prerequisiti per un apprendimento ed un metodo all’insegna della complessità.

È, quindi, fondamentale che la preparazione degli insegnanti e degli educatori sia, non tanto ricca di nozioni, quanto intrisa di meccanismi di trasmissione culturale (antropologici) e del fare dell’identità e delle culture un incrocio tra locale e globale.

Per questo non critichiamo la riforma ma cerchiamo di riflettere sulle parole che questa propone.

Senza presunzione possono parere utopiche le nostre idee relative alla scuola, quella ibridazione culturale che da giovani studenti cerchiamo per dare vita ad una società che ricerchi spazi di comunicazione sempre NUOVI, PRONTI A SUPERARE I LIMITI E I CONDIZIONAMENTI DELLE LORO STESSE INTERPRETAZIONI DELLA REALTA’, chiediamo gentilmente collaborazione su temi che non sono sicuramente rappresentati da viali ordinati ed ortogonali sui quali dispiegare il sapere e verità (come nell’articolo letto) bensì da una sovrapposizione di strati di informazioni che, più che un ordito di lana, ricordano il tessuto pressato di un feltro.

Vogliamo trovare attraverso di voi esperti la possibilità di un patto, di una negoziazione per partecipare a costruire tutti insieme il PEZZO DI SOCIALITA’ OGGI POSSIBILE.

Abbiamo intenzione di assumerci (ognuno) la responsabilità di partecipare, per quanto si sa e si può, ad una vita sociale non più data una volta per tutte, ma inventata mille volte, giorno dopo giorno: un viaggio come filosofia di vita, senza la scarsa routine di interpretazioni sempre limitate e/o ideologiche.

 

 

 

 

 

Terzo Gruppo

Il nostro gruppo è formato da ALESSANDRA, ELISA, ELENA, PAMELA E PATRIZIA.

Analizzando il tema della complessità, abbiamo colto l’importanza dell’incertezza

 quale strumento per riuscire a problematizzare ogni aspetto della vita quotidiana.

Imparare a navigare in un mare di incertezza con solo qualche isola di certezza è il modo migliore  per affrontare le difficoltà di ogni giorno. E’, dunque, necessario giungere a comprendere l’importanza di mettere in discussione tutto ciò che ci circonda a partire da noi stessi: “… i progressi della ricerca scientifica comportano il progresso dell’incertezza.” (cit.: “Per uscire dal ventesimo secolo”, E. Morin); così facendo favoriamo un processo in gradi di alimentare in continuazione la nostra curiosità e spingerci verso l’incertezza, che a sua volta ci indirizza alla problematizzazione. Si sviluppa in tal modo una serie di eventi legati tra loro come anello di una catena. Tale processo è in grado di sottoporre ogni conoscenza al dubbio, la cui funzione chiarificatrice consente di concepire la natura evolutiva della conoscenza e la necessità della continuità come del cambiamento.

Tale esigenza si riscontra anche in ambito educativo, così l’idea attuale di una nuova riforma scolastica porta con sé l’idea di continuità radicale che allo stesso tempo comporta l’idea di trasformazione radicale.

La conoscenza, dunque, non è da considerarsi come assoluta, in quanto sottoposta al cambiamento e all’evoluzione del sapere.

Conoscere la realtà che ci circonda significa sentirsi parte del divenire ed esso porta con sé il passato, il presente e il futuro. Infatti, “ognuno di noi vive una pluralità di vite: la propria vita e quella della sua società, la vita dell’umanità, la vita della vita. Ognuno di noi vive per tenere in vita il passato, per vivere il presente, per dar vita al futuro e la nuova realtà è incerta e antagonista” (cit.: “Per uscire dal ventesimo secolo”, E. Morin).

E’ per questo che ci permettiamo di porre domande a chi  critica la riforma dell’insegnamento per mezzo di  certezze prese come verità, senza cercare di problematizzare i propri contenuti e porli nel dubbio.

A noi piace pensare alla conoscenza dell’infanzia come ad un percorso ad itineranza dove i problemi sono sempre aperti e non si risolvono nella critica della qualificazione oraria e dei turni degli insegnanti. Essi, oggi, devono cercare di abbandonare i rigidi schemi ai quali si conformano per avvicinarsi sempre più alla concezione di insegnante inteso come “BASTARDO CULTURALE”, ossia colui che andando e camminando si contamina di tante conoscenza per arricchire sé stesso e gli altri.

Riteniamo sia necessario scommettere sull’infanzia, in quanto formare un bambino significa formare l’uomo che verrà.

Tutti i discorsi quotidiani sull’infanzia cercano di spiegarne la verità rischiando, così, di giungere alla banalizzazione. In seguito a ciò, gli approcci teorici che ci proponiamo di presentare ci permettono di esplicare e decostruire  le posizioni che hanno stabilito una verità scontata sull’infanzia.

Con tali affermazioni non vogliamo mettere in discussione gli odierni studi sull’infanzia ma, in relazione all’ampio bagaglio di conoscenze attuale, cerchiamo di avere una visione più globale e complessiva del contesto in questione e di collocarvi i nuovi progressi dell’educazione.

Perché l’infanzia va, dunque, considerata oggetto di contestazione?

Gli studi ad essa inerenti incrementano e favoriscono gli studi del sociale, così, dal particolare giungiamo al generale, dal complesso al semplice, dal globale all’elementare.

Siamo sulla strada del terzo millennio. Stiamo errando, e da questa condizione non potremo uscire. Non diventeremo improvvisamente “saggi”. La conoscenza ha bisogno di entusiasmi a ripetizione, di prove/errori ininterrotti; conoscere significa, così, ricercare.

Gli sforzi instancabili di cui avevano bisogni le balene di Michelet per accoppiarsi si identificano con quelli dell’uomo per seminare la vita. Ma nello stesso tempo seminare può coincidere con amarsi, cioè con l’amore che trasfigura due esseri e che trova la sua finalità nella loro estasi di comunione.

Arriviamo, dunque, a ciò che tutte le conoscenza ci dicono di realizzare e di far fiorire: “seminare equivale ad amarsi, il che produce nella lingua francese un bellissimo anello: SEMER       S’AMER

 

Dicembre 2003

 


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