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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

 

OROSCOPO PER LA SCUOLA DELL’INFANZIA

Legge di riforma, anticipo…e dintorni
di Giancarlo Cerini

 

La legge di riforma della scuola (legge n. 53 del 28-3-2003) delinea le caratteristiche fondamentali della scuola dell’infanzia, mutuandole in gran parte dalla precedente legge di riordino dei cicli (lgge n. 30 del 10-2-2000), con l’innesto della tematica dell’anticipo, ma con alcune variazioni significative. Si percepisce, ad esempio, una pressante accentuazione delle tematiche valoriali (con l’inserimento delle dimensioni morali e religiose tra le finalità) e ritorna un leit-motiv “polemico” che sembrava ormai superato: quello del ruolo educativo primario dei genitori.

Vediamo, innanzi tutto, alcuni dettagli della legge di riforma.

All’art. 2:

e) la scuola dell'infanzia, di durata triennale, concorre all'educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare un'effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto della primaria responsabilità educativa dei genitori, essa contribuisce alla formazione integrale delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza la continuità educativa con il complesso dei servizi all'infanzia e con la scuola primaria. È assicurata la generalizzazione dell'offerta formativa e la possibilità di frequenza della scuola dell'infanzia; alla scuola dell'infanzia possono essere iscritti secondo criteri di gradualità e in forma di sperimentazione le bambine e i bambini che compiono i 3 anni di età entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento, anche in rapporto all'introduzione di nuove professionalità e modalità organizzative;

e ancora, allo stesso art. 2:

è previsto che alla scuola primaria si iscrivano le bambine e i bambini che compiono i sei anni di età entro il 31 agosto; possono iscriversi anche le bambine e i bambini che li compiono entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento;

in via transitoria viene stabilito che:

4. Per gli anni scolastici 2003-2004, 2004-2005 e 2005-2006 possono iscriversi, secondo criteri di gradualità e in forma di sperimentazione, compatibilmente con la disponibilità dei posti e delle risorse finanziarie dei comuni, secondo gli obblighi conferiti dall'ordinamento e nel rispetto dei limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità, al primo anno della scuola dell'infanzia i bambini e le bambine che compiono i tre anni di età entro il 28 febbraio 2004, ovvero entro date ulteriormente anticipate, fino alla data del 30 aprile di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e). Per l'anno scolastico 2003-2004 possono iscriversi al primo anno della scuola primaria, nei limiti delle risorse finanziarie di cui al comma 5, i bambini e le bambine che compiono i sei anni di età entro il 28 febbraio 2004.

Sulla controversa questione dell’anticipo dell’età di accesso alla scuola elementare (a 5 anni e 4 mesi) ci piace qui riportare una scheda di sintesi elaborata dagli insegnanti del Cidi di Forlì e pubblicata sul giornale dell’associaizoneScuolinfanzia/Cidi”, nella quale vengono riportate, con approccio controversistico, le principali tesi a favore e contro la scelta dell’anticipo, sotto forma di promemoria utile per impostare un confronto aperto con i genitori potenzialmente interessati.

 

Un commento a due voci

Motivi a favore

 

Motivi a sfavore

Oggi i bambini di 5 anni vivono in un ambiente assai più stimolante del passato e sono più precoci nello sviluppo dell'intelligenza e nelle possibilità di apprendimento

Proprio perché vivono in un ambiente molto ricco di stimoli (televisione, esperienze sociali, incontri con molte figure di adulti) i bambini avrebbero bisogno di tempi più sereni e "lenti" per il loro sviluppo

E' un peccato non sfruttare le potenzialità dei bambini di 5 anni, (e poi, i più svelti sanno già leggere prima di arrivare alla scuola elementare)

Per un bambino di 5 anni non è importante solo il precoce apprendimento della lettura e della scrittura (occorre farlo con tutto il tempo necessario: oggi si va troppo in fretta); è più utile sviluppare tutte le forme di intelligenza (motoria, musicale, espressiva, percettiva, visiva, ecc.) che possono aiutare un bambino a crescere e questo lo sa far meglio una "buona" scuola dell'infanzia

I bambini di 5 anni sono molto attivi e curiosi, possono fare molto di più di quello che normalmente si crede: spesso nell'ultimo anno della scuola materna si annoiano

E' vero, però hanno anche bisogno di diventare autonomi sul piano dei comportamenti, delle relazioni tra compagni e con gli adulti, di avere fiducia nei propri mezzi, di concentrarsi progressivamente su un compito e di portarlo a termine. Se "imparano" tutto questo, poi faranno un'ottima scuola elementare

E' giusto che i genitori possano scegliere l'età più adatta per far iniziare la scuola elementare ai loro figli. Perché conoscono meglio e più da vicino le loro esigenze. E poi è un segno di libertà delle famiglie.

Tutti i bambini oggi frequentano la scuola dell'infanzia e i loro insegnanti conoscono molto bene le caratteristiche, i punti forti e i punti deboli dei bambini, i loro interessi, le loro preferenze. Sarebbe bene coinvolgere nella scelta anche gli insegnanti della scuola dell'infanzia, sentire il loro parere. Chiediamoci: perché quasi tutti gli "addetti ai lavori" sono contrari all'anticipo scolastico ?

La scuola elementare di oggi non è più quella di trent'anni fa; anche nella scuola elementare si fanno psicomotricità, laboratori espressivi, danza, musica, ecc. Perché avere timore che non siano in grado di accogliere bene bambini di 5 anni e mezzo di età ?

Sì, la scuola elementare è cambiata molto dopo la riforma del 1990 (ci sono, ad esempio, più insegnanti che organizzano la giornata scolastica curando i diversi aspetti dei programmi didattici). Però, l'obiettivo specifico  della prima elementare rimane l'apprendimento della lettura e della scrittura e rischia di far dimenticare tutte le attività necessarie per accompagnare lo sviluppo di un bambino di 5 anni.

Gli insegnanti elementari saranno preparati a questa novità, ci saranno dei corsi di aggiornamento, si miglioreranno gli ambienti e le strutture, ci saranno programmi didattici più aggiornati (ad esempio, si potrà cominciare in prima elementare l'insegnamento della lingua inglese)

Per introdurre una novità così importante è necessario preparare bene la scuola, gli insegnanti, introdurre dei cambiamenti nell'organizzazione della scuola. Oggi tutto questo non è stato ancora predisposto, sembra quindi troppo improvvisato partire con questa novità fin dal prossimo mese di settembre. Quando si dovrebbero riaprire le iscrizioni per i genitori ? e formare le nuove classi ? assumere gli insegnanti necessari ?

Rendendo flessibile l'età di ingresso nella scuola elementare, potremo finalmente considerare non l'età cronologica dei bambini, ma la loro "vera" età, il loro reale livello di sviluppo e di crescita. Avremo una scuola su misura, personalizzata in base all'esigenza dei bambini. E' previsto anche il pos-ticipo all'anno successivo per i bambini che compiono i sei anni tra il 1° settembre ed il 31 dicembre di ogni anno

 

Il rischio è di trovare nella stessa classe prima elementare bambini di età assai diversa, dai 5 anni appena compiuti ai 7 anni, con difficoltà ad attuare un buon programma didattico. Non è previsto l'abbassamento del numero dei bambini per classe. Anzi. Risulta, nel prospetto finanziario della legge-delega, che si intende aumentare il numero dei bambini di 2 unità per ogni classe. Ma già oggi, le classi sono troppo numerose.

Come sempre, quando si decide di introdurre una riforma nella scuola, gli insegnanti sono "tiepidi" o decisamente contrari. Lo sono stati con Berlinguer e De Mauro, lo sono ora con la Moratti. Non stanno forse esagerando ?

Le "buone" riforme della scuola devono essere condivise e accettate dal mondo della scuola e dagli insegnanti in primo luogo, perché sono loro a doverle attuare. In questo momento mancano il tempo e le condizioni di dialogo per costruire una buona riforma. E' necessario aprire una consultazione nella scuola per "capire" più a fondo le ragioni della riforma e condividerle. In gioco non c'è solo l'anticipo dell'iscrizione alla scuola elementare, ma anche alla materna (a due anni e mezzo), la scelta precoce a 14 anni tra scuola e formazione professionale, la possibile riduzione dell'orario scolastico obbligatorio ed altre novità che richiederebbero un maggiore approfondimento.

 

NELL’AGENDA DELLA SCUOLA DELL’INFANZIA

L’attuazione della legge di riforma (53/2003) si connette con l’esigenza, affermata in numerosi documenti ufficiali, di favorire una più ampia e qualificata presenza della scuola dell’infanzia nelle politiche di innovazione della scuola. Non c’è solo la questione dell’anticipo, che sembra catalizzare viceversa l’attenzione prevalente dei mass-media e dell’opinione pubblica. La connessione tra nuovi ordinamenti, sviluppo dell’autonomia organizzativa e didattica, elaborazione di nuove indicazioni curricolari nazionali, nonché l’applicazione della legge di parità (62/2000), configurano una vera e propria Agenda per la scuola dell’infanzia, con numerosi impegni di natura legislativa, amministrativa e professionale.

 

ASPETTI CULTURALI

L’identità pedagogica e culturale della scuola dell’infanzia delineata nel testo di riforma risulta “appesantita” da richiami valoriali che sembrano incrinare l’aperto pluralismo ideale e pedagogico che caratterizzava gli Orientamenti educativi del 1991. Sappiamo che nella scuola materna esiste tuttora una diffusa condivisione dei principi che stavano alla base del testo programmatico del 1991, come è stato dimostrato dalla ampia Consultazione sulle linee di sviluppo svoltasi nel 1998-1999. La repentina revisione degli Orientamenti, avvenuta nell’estate del 2002 senza un’adeguata partecipazione del mondo della scuola e della ricerca) è apparsa a molti una vera e propria forzatura delle “regole” che sono sempre stati alla base dei cambiamenti nei programmi.

·        Si pone il problema di un effettivo monitoraggio dello stato di attuazione degli  Orientamenti educativi nella scuola dell’infanzia italiana, nei diversi territori, con la ricerca dei fattori di qualità da generalizzare e delle innovazioni da apportare.

La questione “impropria” dell’anticipo accentua l’esigenza di un legame più esplicito con la scuola primaria e con il complesso dei servizi educativi all’infanzia.

·        E’ auspicabile avviare un piano di ricerca e di sperimentazione “guidata” sullo snodo biennale che coinvolga bambini di 5-6 anni, con scambi di esperienze e team integrati, là ove le condizioni strutturali lo consentono. Un particolare impegno dovrebbe essere orientato a sostenere la progettualità integrata “in verticale” negli istituti comprensivi.

La scuola dell’infanzia deve partecipare al processo di elaborazione delle nuove indicazioni curricolari per l’intero primo ciclo di istruzione.

·        E’ opportuno che le risorse professionali migliori (di ricerca ed operative) della scuola dell’infanzia possano partecipare ai momenti di ricerca, confronto e approfondimento –che non dovrebbero mancare- che consentono di delineare indicazioni curricolari coerenti, in un’ottica di continuità verticale, per ambiti disciplinari e per livelli di scuola. Va salvaguardata una specifica attenzione alle caratteristiche del curricolo dai 3 ai 6 anni (priorità delle dimensioni relazionali, aspetti di contesto, qualità delle situazioni di accoglienza e accompagnamento, ecc), senza scontate “omologazioni” di linguaggio, lessico, contenuti.

 

ASPETTI ISTITUZIONALI

La legge introduce il principio della frequenza generalizzata della scuola dell’infanzia da assicurare e garantire a tutti i bambini e le bambine dai 3 ai 6 anni.

·        L’obiettivo della generalizzazione richiede un preciso intervento delle istituzioni pubbliche, per una analisi approfondita delle situazioni ambientali, territoriali e culturali che determinano fenomeni di mancata scolarizzazione e per la messa a disposizione delle necessarie risorse finanziarie. Si suggerisce di inserire lo sviluppo della scuola dell’infanzia negli impegni prioritari da sottoscrivere nei patti educativi territoriali.

Le aree metropolitane meridionali rappresentano i punti di maggiore disagio nelle politiche di espansione della scolarizzazione per la scuola dell’infanzia.

·        E’ necessario un piano speciale per il Sud, a partire da un impegno da sottoscrivere nella Conferenza Stato-Regioni-Autonomie locali, per il riorientamento dei finanziamenti relativi al personale (organici), all’edilizia scolastica, ai servizi di supporto, alla promozione culturale.

L’espansione quantitativa del servizio educativo va accompagnata dalla diffusione di standard qualitativi, come presupposto ed incentivo alla integrazione dei servizi a diversa gestione.

·        Gli standard vanno intesi come criteri “pubblici” di qualità cui ispirare i comportamenti amministrativi, di gestione delle risorse, di investimento. Ciò richiede l’adozione di un provvedimento nazionale circa gli standard di qualità (che corrispondono ai livelli essenziali delle prestazioni in materia di diritti civili e sociali), da assicurare per tutte le scuole del sistema nazionale di istruzione.

L’introduzione progressiva di standard qualitativi dovrà essere accompagnata dal monitoraggio delle azioni dei diversi soggetti: scuole, amministrazione scolastica, enti locali, enti gestori di scuole.

·        La costituzione di un Osservatorio nazionale per la qualità dei servizi educativi –un’authority di elevato profilo scientifico e con rappresentanze pluralistiche- può costituire una garanzia istituzionale per lo sviluppo della qualità nella scuola dell’infanzia. Tale struttura dovrebbe raccordarsi con l’Istituto Nazionale di Valutazione (ma essere funzionalmente distinta da esso).

L’integrazione del sistema formativo prescolastico va accompagnato da incentivi finanziari locali per progetti di sviluppo qualitativo integrato (formazione operatori; progetti innovativi; legami con il territorio; ecc.) che devono riguardare tutte le istituzioni scolastiche.

·        Le politiche locali di integrazione vanno accompagnate dalla costituzione di Osservatori locali –provinciali- per lo sviluppo del sistema integrato, in cui siano rappresentati lo Stato, gli enti locali, le scuole a diversa gestione, le competenze tecniche.

 

ASPETTI DI ORDINAMENTO

La legge di riforma invita a ridefinire gli assetti curricolari di ogni ordine e grado di istruzione. Tale delega, da esercitarsi con un più esplicito coinvolgimento della scuola e degli insegnanti (come è sempre avvenuto nelle precedenti occasioni), deve raccordarsi con quanto previsto dall’art.8 del Dpr 275/99 (Regolamento autonomia) sulle prerogative della scuola dell’autonomia e degli standard nazionali di riferimento.

·        Le regole di costruzione del curricolo della scuola (quota oraria obbligatoria, quota locale, quota facoltativa) vanno interpretate alla luce della peculiare configurazione della scuola dell’infanzia, che non presenta strutturazioni disciplinari e reclama una decisa attenzione ai fattori impliciti del curricolo ed alla qualità dei contesti educativi.

Nel caso di anticipo dell’età di iscrizione alla scuole elementare, sarebbe saggio “sperimentare” seriamente l’impatto di tale evento, attraverso progetti didattici che salvaguardino le peculiari caratteristiche di apprendimento e sviluppo dei bambini a questa età, qualificando di conseguenza l’organizzazione dell’ambiente didattico (spazi, tempi, materiali, competenze dei docenti, ecc.) e la definizione dei risultati formativi attesi.

  • Il piano si sperimentazione dell’anticipo (o di soluzioni ad asso alternative, come i bienni integrati tra scuola dell’infanzia e scuola elementare) dovrebbe riguardare un numero limitato di situazioni, a partire dagli istituti comprensivi. Va garantito un piano pluriennale di consulenza e assistenza, che offra le necessarie garanzie di scientificità e imparzialità.

La domanda sociale ed educativa dei genitori dei bambini tra i due e i tre anni dovrebbe essere affrontata con una variegata offerta di soluzioni (espansione degli asili nido, progetto integrati 0-6 anni, sperimentazione di sezioni “primavera” ad hoc per i bimbi di due anni), sapendo che il problema va affrontato con appropriati strumenti pedagogici e con adeguate risorse finanziarie.

  • I servizi educativi per i bambini dai due ai tre anni devono rispondere a criteri di qualità tipici della cultura del “nido”. Tali criteri sono previsti nelle leggi regionali sui “nidi” e nei documenti europei di riferimento. Una seria sperimentazione di soluzioni alternative all’anticipo (sezioni con piccoli gruppi, nuove figure professionali, raccordi con il nido, ambienti adeguati, ecc.) potrebbe coinvolgere anche la scuola materna statale, nel rispetto di rigorosi criteri pedagogici e professionali.

 

ASPETTI ORGANIZZATIVI

L’intreccio tra Riforma degli ordinamenti e Regolamento dell’autonomia (Dpr 275/99) implica una strutturazione più flessibile dei modelli organizzativi della scuola dell’infanzia, superando alcune rigidità tipiche dell’attuale funzionamento della scuola materna statale (determinazione degli organici, orari di funzionamento, ecc.)

·        Occorre procedere alla definizione di alcuni standard di funzionamento delle istituzioni scolastiche, con una più incisiva gestione dell’organico funzionale di istituto che tenga in maggiore considerazione i fattori di disagio (es. numero di alunni per sezione, ecc.), oltre che gli orari di funzionamento del servizio.

Il passaggio nei ruoli dello Stato del personale non docente già di competenza degli enti locali, determina l’esigenza di una riformulazione delle competenze professionali esigibili, del numero degli addetti, della loro qualificazione.

·        E’ necessario definire alcuni standard minimi nella presenza del personale ausiliario, per assicurare la funzionalità di servizi indispensabili per la fascia di età 3-6 anni, che non può essere equiparata agli altri livelli scolastici (si richiede dunque una più significativa presenza di personale, mirando all’obiettivo di una unità per ogni sezione funzionante a tempo pieno).

 

ASPETTI PROFESSIONALI

Il rafforzamento dell’identità culturale e progettuale della scuola dell’infanzia implica lo sviluppo di adeguate politiche per lo sviluppo della professionalità dei docenti.

·        Occorre abbandonare l’idea di  piani pluriennale eterodiretti (siano essi in presenza o a distanza), in favore della costruzione di  sistemi di opportunità formative personalizzate: periodi sabbatici brevi, borse di ricerca didattica, partecipazione a stage qualificati, scambi e gemellaggi tra istituzioni scolastiche, collaborazioni con sedi universitarie e istituti di ricerca, incentivazione nella fruizione di beni culturali e nuove tecnologie.

La percezione della professionalità docente nella scuola dell’infanzia è ancora debole e marginale. Occorre incentivare la permanenza degli insegnanti migliori nella scuola dell'infanzia, con opportunità di crescita professionale e di sviluppi di carriera.

·        Nella scelta delle funzioni obiettivo, nella costituzione di staff, ad esempio negli istituti verticali, vanno garantite presenze qualificate di operatori della scuola dell’infanzia.

Gli istituti comprensivi rappresentano, nel medio periodo, l’ambiente professionale in cui avviare ed approfondire la ricerca sui nuovi curricoli verticali.

·        Nell’istituto comprensivo va istituito uno staff pedagogico, in cui siano rappresentati gli operatori scolastici della scuola dell’infanzia. In tal senso vanno ridefinite i compiti degli insegnanti attualmente incaricati di “funzioni obiettivo”

 

LA FORMAZIONE INIZIALE DEI DOCENTI

Nella definizione dei nuovi modelli per la formazione universitaria dei docenti, occorre garantire la valorizzazione della professione di insegnante di scuola dell’infanzia.

·        Va riaffermata l’unitarietà della funzione docente a prescindere dal ciclo scolastico nel quale si insegna;

·        Va riconosciuta la specificità della funzione docente, che non può essere assicurata soltanto da una preparazione disciplinare di tipo specialistico;

·        Il curricolo di studi non deve essere pensato come giustapposizione di insegnamenti specialistico-disciplinari e insegnamenti relativi alle scienze dell’educazione;

·        Occorre evitare scelte rigide, attraverso un sistema di crediti formativi che consenta agli insegnanti di modificare anche in itinere la scelta iniziale o di integrare con più specializzazioni la formazione di base;

·        Va salvaguardata una equa proporzione tra crediti relativi all’area degli insegnamenti pedagogici, psicologici, didattici e l’area degli insegnamenti disciplinari, fermo restando il tempo da dedicare ai laboratori ed al tirocinio.

 

I VALORI IN GIOCO

 Vorremmo concludere questa riflessione sulla scuola dell’infanzia, con una nota di ottimismo e di speranza per il futuro.

    La scuola non dipende dalle stagioni politiche, ma può essere favorita o ostacolata dalla politica. Le scelte o le non-scelte politiche possono mortificare tante esperienze reali di innovazione e confinare i docenti in un clima di attesa e di demotivante sospensione. Si rischia di rallentare anche le prime forme di autonomia organizzativa e didattica e di bloccare l’indispensabile azione di ricerca sul curricolo.

    Ecco perché la scuola dell’infanzia ci aiuta a parlare di grandi valori, di società, di cultura, di educazione. Al di là delle ingegnerie organizzative, che possono cambiare a seconda delle riforme di volta in volta in discussione, la posta in gioco è assai più profonda. E’ la scuola che vuole darsi un progetto, un “pensiero”, un’autonomia culturale, come contributo alla costruzione di senso sul ruolo della formazione e dell’educazione nella società della conoscenza e dell’incontro tra generazioni e culture.


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