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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

POTERI, DIRITTI E DOVERI DEGLI INSEGNANTI NELLA SCUOLA AUTONOMA

Il tema della partecipazione democratica al governo della scuola ha un rilievo strategico, in quanto la persona è essere originale unico e irripetibile, essenzialmente relazionale, e non individuo isolato; l’educazione impegno serio, che non s’improvvisa e può autenticamente attuarsi solo in un contesto relazionale e comunitario; la scuola è ambiente di apprendimento, comunità educante per la persona e le persone e si pone accanto alla famiglia, come spazio educativo comunitario, organico e intenzionale e ne sostiene l’impegno educativo, secondo la logica della sussidiarietà.

Tuttavia l’esperienza degli organi collegiali dal 1975 a oggi mostra quanto sia difficile dare concreta attuazione a questi principi.

Il complesso delle riforme attuate negli ultimi 10 anni nel sistema scolastico italiano avevano due linee guida fondamentali:

  1. Il trasferimento di poteri dal centro (MPI) verso la periferia (le scuole);
  2. Il trasferimento di competenze dalla filiera ministeriale a quella degli EE.LL. e delle Regioni.

Le norme fondamentali relative al primo punto sono l’autonomia scolastica e la riforma del MPI con la creazione delle Direzioni scolastiche regionali e la trasformazione dei Provveditorati in USP; quelle relative al secondo punto sono il dlgs 112/98 e la modifica al Titolo V della Costituzione avvenuta nel 2001.

Con un quadro così modificato, gli organismi collegiali, che avevano aperto a metà degli anni settanta la scuola al territorio e alle componenti interne (alunni, genitori e personale), apparivano superati  e pertanto da modificare.

Il fatto che le due legislature precedenti non siano mai riuscite a portare ad approvazione le due riforme, degli organi interni e degli organi territoriali, indica l’ effettiva difficoltà di assegnare a questi organi un compito utile e significativo, che non sia sovrapposto  alle due linee fondamentali di azione delle scuole autonome e degli EE.LL.

Gli OO.CC. territoriali

I vecchi organi erano:

  • il Consiglio nazionale della P.I.
  • i Consigli scolastici provinciali;
  • i Distretti scolastici.

Gran parte delle competenze di questi organismi sono passate alle Regioni e agli EE.LL., per cui, pur non essendo stati aboliti formalmente, questi organismi non sono più stati rinnovati e sono decaduti di fatto, senza che ciò abbia prodotto effetti negativi particolari sul sistema scolastico.

Le due proposte di legge delle precedenti legislature, mai approvate, prevedevano i seguenti organi collegiali:

  • a livello centrale, il Consiglio superiore della pubblica istruzione;
  • a livello regionale, i Consigli regionali dell'istruzione;
  • a livello locale, i Consigli scolastici locali.

I poteri affidati a questi organismi erano fondamentalmente consultivi e il loro funzionamento era tutto nelle mani degli organi politico-amministrativi, che potevano anche non consultarli mai.

Il Regolamento sull’autonomia prevede, già all’art. 7, forme organizzative territoriali delle scuole che sono le reti nelle diverse forme, comprese quelle interistituzionali.

La soluzione migliore sarebbe di stabilire apposite iniziative o periodici incontri nell’ambito della Conferenza allargata Stato-Regioni, ANCI, UPI, che verifichino il funzionamento e generalizzino le migliori e più significative esperienze di rapporto tra autonomie locali e reti di scuole,  tra quelle che liberamente si sviluppano nei diversi territori, per incoraggiare il diffondersi delle buone pratiche.

Gli organi delle istituzioni scolastiche

Assai diversa è la situazione degli OO.CC. interni all’istituzione scolastica.

I vecchi organismi hanno continuato a funzionare tutti, dimostrando di essere essenziali ancorché da riformare.

I nuovi organismi proposti sono:

a) il dirigente scolastico; 
b) il consiglio della scuola; 
c) il collegio dei docenti; 
d) gli organi di valutazione collegiale degli alunni; 
e) il nucleo di valutazione del funzionamento dell'istituto.

Come si vede l’unico organismo nuovo rispetto a quelli preesistenti è il nucleo di valutazione del funzionamento della scuola; gli altri sono quelli che già esistono, ai quali vengono affidati sostanzialmente i vecchi compiti della scuola non ancora autonoma, con in  più alcuni nuovi previsti dall’autonomia scolastica.

Il Dirigente scolastico ha modificato notevolmente le sue funzioni rispetto a quelle tradizionali dei Presidi o dei Direttori didattici. Questi cambiamenti sono già sanciti attraverso norme specifiche e il nuovo contratto di lavoro. Il problema è quello di regolare la responsabilità che l’autonomia scolastica attribuisce ai dirigenti scolastici e ai dirigenti amministrativi, e che dovrebbe esplicarsi, da un lato, in effettivi poteri di scelta e di indirizzo, dall’altra nella presenza di strumenti agibili di contrappeso e di controllo democratico.

Il Consiglio della scuola ha, secondo quanto previsto dalle proposte di legge, una differenza nella composizione, rispetto al vecchio Consiglio d’Istituto, in quanto prevede la presenza di un rappresentante dell’ente proprietario dell’edificio (Comune o Provincia). Per il resto svolge funzioni analoghe. E’ soprattutto rispetto a questo organismo che si pone il problema di come conciliare i due principi, che nell’esperienza trentennale degli organi collegiali si sono spesso rivelati contraddittori, quello della partecipazione, che nel caso degli studenti assume anche la valenza non trascurabile dell’educazione all’esercizio attivo della cittadinanza, e che si è in genere tradotto nell’estensione del numero dei rappresentanti; e quello dell’ efficacia e della capacità decisionale, che invece richiederebbe che gli organismi non fossero pletorici. La via da seguire potrebbe essere, da un lato, quella di definire regole precise che garantiscano un funzionamento efficace degli organi di partecipazione (ad esempio una precisa definizione dei poteri di richiesta e di proposta del comitato studentesco e del comitato dei genitori); dall’altro quella di arrivare a organismi di governo e di scelta amministrativa snelli, in grado di entrare davvero nel merito delle scelte dirigenziali, di assumersi responsabilità, di interloquire autorevolmente con gli organi di partecipazione.

Il Collegio dei Docenti e gli organi di valutazione collegiale degli studenti, non sembrano avere caratteristiche diverse, almeno nei testi di proposta di legge disponibili.

Per quanto riguarda il collegio dei docenti sono necessarie regole di funzionamento (dai poteri di convocazione alla possibilità di suddividersi per aree e commissioni), che ne valorizzino le capacità di progettazione e di programmazione didattica; parallelamente dovrà essere valorizzato il ruolo di contrattazione a livello decentrato delle RSU;

Il nucleo di valutazione del funzionamento dell'istituto è l’unico organismo veramente nuovo. La proposta di legge definisce così i suoi compiti: “valutazione dell'efficienza e dell'efficacia del servizio, che opera anche tenendo conto delle finalità fissate dall'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell'Istruzione in ordine alla qualità complessiva dell'offerta formativa. Il nucleo di valutazione, su indicazione del consiglio della scuola, si collega a rete con i nuclei di altri istituti. Il nucleo di valutazione è composto dal Garante dell'utenza di cui all'articolo 4, comma 4 nonché da un docente e da un soggetto esterno all'istituzione scolastica, nominato dal consiglio della scuola”.

Secondo la vecchia proposta del governo D’Alema questo organismo doveva esser formato da 5 componenti di cui due interni e due esterni alla scuola, più il Dirigente scolastico. La proposta del Ministro Moratti ne riduceva la composizione ad un esterno e uno interno. Questo organismo se funzionasse bene ed avesse tutto il supporto conoscitivo necessario, potrebbe essere veramente il motore del cambiamento complessivo di tutti gli organismi interni alla scuola e di quelli territoriali perché costringerebbe a concentrare gli sforzi e le risorse per migliorare il servizio non tanto su basi soggettive o convinzioni ideologiche, ma sulla base di dati oggettivi.


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