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Prospettive di dialogo, alternative a diktat e insulti

Luciano Corradini, docente di Pedagogia nella SSIS Lazio, presidente nazionale UCIIM

 

In un recente dibattito televisivo fra esponenti dei due poli, definibile come “dialogo tra sordi”, venne fuori la questione della riforma scolastica: citando le manifestazioni e i cortei di madri e bambini, che volevano cancellare la riforma e cacciare il Ministro per difendere il tempo pieno, uno sdegnato rappresentante della Casa delle Libertà disse che si trattava di una menzogna, perché il tempo pieno è assicurato, dopo la trattativa fra Governo ed enti locali.

In effetti il prossimo anno da questo punto di vista non cambierà niente, e anche negli anni successivi le 40 ore settimanali previste dal decreto relativo al primo ciclo sono assicurate. E’ però anche vero che, nonostante le pressioni dell’opposizione e  dello stesso on. Brocca, responsabile scuola di uno dei partiti della maggioranza, che elaborò un emendamento e poi non riuscì a farlo mettere in votazione, gli articoli del Testo Unico in vigore che prevedevano il tempo pieno sono stati aboliti.

 

Se la quantità ipotetica delle ore pagate dallo Stato è la medesima, la qualità è diversa, perché la somma delle 27 ordinarie più 3 opzionali e facoltative, più 10 di mensa, ove richieste, non equivalgono alle 40 ore di progettazione organica previste dall’abolita normativa sul tempo pieno.

Il nuovo sta nella possibilità della scelta, che si offre alle famiglie, circa questa o quella materia o attività o anche nessuna. Dunque un valore, sostengono gli uni, che citano in proposito i diritti costituzionali della famiglia e la recente sussidiarietà, pure costituzionalizzata. Dunque la mercatizzazione dell’educazione, sostengono gli altri, e lo sbriciolamento di quel tanto di unità pedagogica che si era riusciti ad introdurre nella legge e nella prassi più di trent’anni fa, e che ora si vuole smantellare, tornando indietro.

 

Ribattono gli uni che sono gli altri a non volere l’innovazione, a non capire che il mondo cambia e che un paese che offre duecento opzioni diverse all’acquirente di una macchina non può permettersi di “vendere la scuola a scatola chiusa”. S’infuriano gli altri: la scuola non è in vendita, e gli insegnanti non sono alla mercé dei capricci di genitori disinformati e ignari del vero bene dei figli.

Il dibattito si conclude con gli uni che danno dei comunisti agli altri, i quali danno dei liberisti selvaggi agli uni. E il discorso si ferma, mentre la lotta continua con armi più o meno improprie, in attesa della prossima campagna elettorale, che santifichi o scomunichi questi o quelli.

 

Torna alla mente la poesia di quel vietnamita che diceva: “Chiedo al Vietcong: perché uccidi il marine? Per la libertà, risponde il vietcong. Chiedo al marine: perché uccidi il vietcong? Per la libertà, risponde il marine”. Conclude lo sconsolato poeta: “Credevo che la libertà fosse vita”. Grazie a Dio, nella nostra rissosa democrazia solo minoranze stralunate pensano a bombe e pistole. Ma la logica dell’alternatività globale fra i due blocchi, in cui non si vuole riconoscere nulla all’avversario, per timore di legittimarlo globalmente e di perdere così l’intera posta del contendere, produce mezze riforme, sia sul versante normativo (norme più o meno “blindate”, frutto di decisioni più o meno “arroganti” o “disperate”), sia sul versante applicativo (persone che “remano contro”, in attesa che cambi la direzione del vento, o che sognano un po’ cinicamente di lasciar faticare gli altri). Ricordo che, quando furono varati i decreti delegati del ’74, proposi come modello di azione il metodo degli operai che, per sollevare un peso rilevante, si aspettano e si aiutano con la voce, per esprimere lo sforzo insieme, e non uno dopo l’altro: oohh, issa!

 

E’ questo, penso, lo spirito con cui è stato diffuso il “progetto buonsenso”, di cui ci siamo occupati in altra sede. Come però s’è notato, commentando questa iniziativa, neanche le buone intenzioni, espresse con sagge considerazioni generali, possono legittimare pienamente la disponibilità a sollevare quel peso, se l’ordine appare cervellotico, se il progetto è di dubbia legittimità costituzionale, se il finanziamento dell’opera non è assicurato, se gli animi si scaldano e le cose s’ingarbugliano. Per questo non ci scandalizziamo dei conflitti e non riteniamo corretto né opportuno demonizzare questi o quelli.

 

Non vorremmo però che si attendessero gli esiti di tutte le sedi arbitrali, da quelle giudiziali a quelle elettorali, per decidersi a leggere i testi, a partecipare ai dibattiti, a disporsi a concorrere a “sollevare”  il peso dell’innovazione scolastica, secondo le indicazioni che intanto vengono legittimamente dal MIUR. Nell’obbedire alla legge e nell’applicare quelle norme occorrerà, questa volta senza “distinguo”, molto buon senso, per non sacrificare i valori della razionalità pedagogica e dell’autonomia scolastica a quelli dell’obbedienza alle indicazioni ministeriali: i quali però non sono, comunque, solo opinioni di amici o avversari politici, anche quando non appaiano saggi e opportuni. E intanto affidiamo all’esperienza, dato che di sperimentazione non è il caso di parlare, la verifica circa la bontà o meno delle scelte ministeriali, alcune delle quali si dovranno molto probabilmente cambiare fra qualche anno. Circa il primo decreto relativo al primo ciclo, La Scuola e l’Uomo di marzo ne pubblica il testo, con un commento critico della collega Maria Teresa Moscato; sulla questione del secondo ciclo entra nel merito un articolo del collega Giancarlo Sacchi. Intanto da parte del Ministero si nota una sorta di disgelo.

 

Il Ministro Moratti ha firmato il 10 febbraio il decreto che istituisce il forum delle associazioni professionali di docenti, che le è stato richiesto con lettera del 12 marzo 2003 da 9 associazioni “generaliste”, come sanno i lettori di La Scuola e l’Uomo (n.3, 2003, p.60). In questo stesso febbraio il sottosegretario Valentina Aprea ha ricevuto i sindacati per illustrare loro le bozze di tre nuovi decreti relativi all’attuazione della legge 53. Si tratta dei decreti che riguardano il sistema di valutazione, l’alternanza scuola lavoro e l’obbligo formativo. Speriamo vivamente che non si tratti solo di informazione e che anche le associazioni possano svolgere una utile interlocuzione in proposito.


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