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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Venerdì di Pasqua

 

 

Ti ho riconosciuto: eri Tu!

Come la prima volta,

eri solo davanti ai tuoi nemici.

Tutti ti avevano abbandonato:

anch’io.

Venne la polizia a prenderti,

e, come un comune delinquente,

ti portò via.

Io mi limitai a seguirti in lontananza.

Non finsi neppure di difenderti:

eri solo davanti alla Tua morte,

come un uomo nella notte.

Non una lacrima segnò il Tuo viso,

eppure anch’io ti rinnegai tre volte come Pietro;

ma, quando fui solo con la mia vigliaccheria,

ebbi paura

e profanai il Tuo nome.

Come quella sera di venti secoli fa,

non dicesti una parola in Tua difesa;

ma, come allora,

i Tuoi occhi nascondevano una muta domanda:

- Perché interroghi me? -

E così lasciasti

che ti ingiuriassero,

che ti sputassero,

che ti umiliassero

ed io ricordai le Tue parole:

- Se ho parlato male, mostrami dov’è il male;

e se bene, perché mi percuoti? -

e immaginai

il Tuo volto,

il Tuo sorriso,

i Tuoi occhi straordinari.

Nessuno testimoniò in Tuo favore;

ma, come allora,

nessun Pilato

trovò in Te colpa che ti condannasse.

Più volte ti domandarono:

- Che hai fatto? –

E Tu, come quella sera, rispondesti:

- Il mio regno non è di questo mondo; se fosse

di questo mondo il mio regno, la mia gente avrebbe

combattuto affinché non fossi dato nelle mani

dei Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù. -

E così ti condannarono.

Non ci furono

domande di grazia,

indulti

e donne in lacrime.

Non ci furono Veroniche

ad asciugarti il volto insanguinato

o nuovi Simoni

disposti  a portare

il peso della Tua Croce.

Nessun Giuseppe

seppellì il Tuo corpo,

nessun Giovanni

consolò Tua madre;

solo qualche figlio di cane

ti trafisse il costato.

E, come allora,

invocasti il Padre inutilmente:

- Eloì, Eloì, lamà sabactanì -

(Di mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?)

e all’ora nona,

dopo aver emesso un alto grido,

rendesti lo spirito.

Signore,

ancora una volta.

sei morto inutilmente.

Hai voluto sacrificarti,

salire il Golgota

ed amarmi ancora.

Tu sarai sempre disposto

a ricominciare

e a dire sulla Croce:

- Padre perdona loro

perché non sanno quello che fanno -

Io ti vedrò morire ogni giorno.

Ogni istante,

vedrò le Tue mani

aperte dai chiodi,

il Tuo capo coronato di spine,

il Tuo corpo scavato dal sangue;

ma i Tuoi occhi

mi cercheranno ancora

e le Tue labbra,

umide di aceto,

non si stancheranno di farmi sempre la stessa promessa:

- Chi mangia la mia carne e beve il  mio sangue

avrà la vita eterna

ed io lo resusciterò nell’ultimo giorno -

Ma, io ti rinnegherò Signore,

e la mia lancia raggiungerà il Tuo costato

                                 e le mie mani si macchieranno del Tuo sangue

Io non sentirò la Tua voce,

non vedrò il Tuo volto,

non fisserò i miei occhi nei Tuoi:

ti crocifiggerò

per continuare a morire facilmente.

Venerdì di Pasqua:

oggi,

ancora una volta,

Signore,

hai scelto la strada

che porta alla Croce.

 

 

 

 

Giù la maschera

 

Il volontariato

è

amore

remunerato?

 

Quanto costa

 una missione di pace,

il silenzio di chi soffre

e quello di chi tace?

 

Dite la cifra

ai disoccupati e agli emarginati,

ai bambini maltrattati

 e a quelli istituzionalizzati.

 

Il volontariato

è

precariato

sottomesso e sfruttato?

 

Chiedete

al diseredato,

al diplomato

e al neolaureato.

 

Stabilite

il prezzo

della vergogna:

uno qualunque;

 

tanto,

comunque,

i cittadini

pagheranno,

 

al mille,

gabelle e

donazioni

alle nuove generazioni,

 

il costo

di politiche sociali

inadeguate 

e fallimentari.

 


Maria Angela Zecca vive a Lecce ed è un’assistente sociale specialista, membro dello staff di comunicazione dell’Ordine Professionale degli Assistenti Sociali della Regione Puglia.

 

Dal 1995 si è occupata, in particolar modo, di Rom sedentarizzati, in collegamento con associazioni nazionali. Nel 2003 e nel 2008 ha ricevuto, a Lanciano, il premio internazionale “Amico Rom”.

 

Attualmente,tiene un ciclo di lezioni presso il corso di Sociologia dell’immigrazione dell’Università di Lecce e si occupa dei Rom non italiani del campo Masseria Panareo di Lecce. Sta elaborando un programma finalizzato a stabilire regole minime di accoglienza e di rispetto della dignità umana in tutti i campi nomadi.

 

Il 27-28-29 marzo u.s. ha accompagnato a Roma la squadra di calcetto  del campo Panareo, classificatasi seconda a livello nazionale   nel torneo ministeriale sull’integrazione (per il quale ha collaborato): vedere articolo allegato, pubblicato sulla stampa salentina.

 

Utilizza spesso i versi per trasmettere ed universalizzare i propri sentimenti e le proprie emozioni.

 

PROGETTO INTEGRAZIONE: I ROM DELLA PANAREO

 SI  DISTINGUONO A ROMA

 

Il 27, 28 e 29 Marzo si è conclusa a Roma, presso il Centro Olimpico di Acqua Acetosa, la Campagna per l’Integrazione promossa dal “Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali” e dalla “Lega Nazionale Calcio UISP”.

 

Otto Città e quattordici Nazionalità, organizzate in formazioni calcistiche di italiani e stranieri, hanno veicolato il messaggio istituzionale di un calcio-strumento d’incontro e di aggregazione sociale; le otto vincitrici locali si sono, poi, sfidate a Roma nel torneo finale.

 

La squadra di Calcio a 5  dei Rom del Montenegro del Campo “Masseria Panareo” di Lecce ha conquistato il 2° posto nella Classifica Nazionale.

 

La formazione era composta dagli atleti  Hetem Ramanaj, Antonio Alimovic, Ibrahim Saljaj, Albir Murati, Sadilj Muratovic, Suad Saljaj, Bajram Mederizi e Senad Saljaj, Francesco Palumbo, guidati dall’allenatore Marco Sansò e accompagnati da Franco De Luca, responsabile UISP, dal prof. Salvatore Conte e dall’assistente sociale Maria Angela Zecca, autrice del manifesto “Arcobaleni di pace” con l’intervento grafico artistico di Daniel Leo.

 

Lealtà e impegno, agilità e talento straordinario hanno contraddistinto in campo l’azione dei giovani calciatori Rom: un volo di leggerezza segnato, però, dalla determinazione di chi vuol realizzare un sogno, che richiede opportunità e condivisione istituzionale e sociale, nel rispetto della dignità della persona umana.

 

     

                                                                                              Maria Angela Zecca

 


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