ED ORA CHE COSA CAMBIA?

Umberto Tenuta

 

È questa la domanda del giorno!

Ma si tratta di una domanda alla quale è difficile rispondere: una domanda alla quale forse nemmeno la nuova compagine governativa oggi è nella condizione di dare una risposta esauriente, perché in effetti il "cambiamento" non sarà nemmeno quello che essa vorrebbe che fosse, in quanto dovrà essere mediato, non solo e non tanto con le altre componenti politiche, quanto e soprattutto con gli operatori scolastici.

Tuttavia, a prescindere da ogni considerazione sui possibili risultati di questa mediazione, sembrano profilarsi come essenziali prospettive di cambiamento un maggiore spazio all’educazione, una più consistente affermazione del principio dell’efficienza e della parità scolastica, una valutazione più adeguata.

EDUCAZIONE

Da trent’anni nella scuola prevarica il "cognitivo", l’enciclopedismo illuministico, seppure con qualche generosa concessione alle "competenze", a condizione che restino nell’aureo recinto del cognitivo e non invadano i territori proibiti dell’educativo, dell’educazione morale soprattutto.

Le espressioni più significative di tale orientamento sono state quella del "bambino della ragione" dei Programmi didattici del 1985 (1) e il Documento dei Saggi sui "Saperi essenziali", che poi non erano i saperi, al plurale ("saper essere", "saper fare", "sapere"), ma il sapere, al singolare: le conoscenze essenziali, i nuclei concettuali fondanti delle singole discipline di studio.

Per bandire dalla scuola l’indottrinamento politico, morale, religioso ecc. non si è saputa trovare altra strada che espellere dalla scuola l’educazione tout court: la scuola istruisce, non educa!

Ma quando la società ha fatto sentire le sue insopprimibili esigenze de e si sono denunciate le responsabilità che la scuola, con il suo disimpegno educativo, si stava assumendo, non si è trovata altra strada che prevedere, contraddittoriamente, i Progetti educativi ministeriali: l’educazione, non più compito istituzionale della scuola, diventa un compito accessorio, integrativo, opzionale.

Eppure i 44 Progetti educativi ministeriali stanno a denunciare l’incongruenza di una scuola che non si assume l’educazione come suo compito precipuo.

Con il Regolamento dell’autonomia scolastica di cui al D.P.R. 275/1998 si è cominciata a intravedere una prospettiva di cambiamento, ma la bozza dei Nuovi Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo) non ha avuto il coraggio di assumere esplicitamente l’educazione come compito essenziale della scuola.

Nel Progetto di legge n. 3414 presentato da Forza Italia nella passata Legislatura compare esplicitamente l’educativo (<<sistema pubblico educativo>>).

C’è da augurarsi che la riforma delle riforma riguardi soprattutto il riconoscimento alla scuola del compito di offrire il suo qualificato contributo, non solo all’istruzione, ma anche e soprattutto alla educazione dei giovani, dando finalmente attuazione al dettato costituzionale del <<pieno sviluppo della persona umana>> , che non può non essere inteso come piena formazione della persona umana.

La scuola è effettivamente democratica solo se non si limita a prendere atto della formazione dei giovani, quale si attua spontaneamente nei contesti di vita, impegnandosi a fornire soltanto il sapere, seppure quello delle conoscenze essenziali, ma quando si configura come sistema educativo, che offre il suo contributo intenzionale e sistematico alla formazione dei giovani, promovendo l’acquisizione, non solo delle conoscenze essenziali, ma anche delle capacità e degli atteggiamenti (2) che attengono alla formazione integrale della personalità (formazione motoria, formazione affettiva, formazione sociale, formazione morale, formazione cognitiva, formazione linguistica, formazione estetica ecc.).

La scuola è educativa, non quando indottrina ma, quando promuove la formazione delle capacità e degli atteggiamenti che consentano alle persone di essere autonome, libere, capaci di progettare e di gestire il loro futuro di uomini, di cittadini e di lavoratori.

È questo il significato autentico del successo formativo che costituisce l’obiettivo fondamentale della scuola dell’autonomia: una scuola che assicura a tutti gli alunni la piena formazione della loro personalità nel rispetto delle loro identità, le quali però debbono essere identità personali prima che identità sociali, culturali e professionali (3).

Al riguardo è opportuno affermare con forza che occorre garantire il primato della persona umana sulle esigenze del contesto socioculturale, che un certo sociologismo pedagogico ha enfatizzato, a tutto danno del valore della persona umana.

EFFICIENZA

Ma il successo formativo può essere assicurato solo da una scuola che operi all’insegna della qualità: la scuola deve effettivamente farsi carico della formazione dei giovani, deve effettivamente assicurare la piena formazione ad ogni alunno.

Nella scuola la centralità deve essere riconosciuta all’alunno, al suo diritto di apprendere e di formarsi. Ogni giovane deve essere messo nella condizione di avere successo nei processi apprenditivi e formativi.

Il successo formativo dei giovani è strettamente correlato al miglioramento dei processi di insegnamento e di apprendimento.

In tale prospettiva, il problema essenziale, fondamentale, decisivo della scuola non è costituito tanto dalle riforme di struttura quanto dal miglioramento dei processi di insegnamento e di apprendimento.

Occorre perciò impegnarsi soprattutto a promuovere l’innovazione dei processi di insegnamento e di apprendimento che ogni giorno si attuano nelle aule (4).

Da trent’anni l’attenzione viene rivolta agli aspetti organizzativi della scuola (programmazione educativa, documenti di valutazione, moduli didattici, istituti comprensivi, riforma dei cicli ecc.) ed i docenti sono abbandonati a se stessi nel loro quotidiano impegno di assicurare che i loro alunni maturino le competenze matematiche, scientifiche, linguistiche ecc.

La riforma di cui la scuola ha veramente bisogno è soprattutto quella che attiene al miglioramento dei processi di insegnamento e di apprendimento, come peraltro afferma l’art. 1 del Regolamento dell’autonomia scolastica (<<esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>>).

La scuola cambia, non con le riforme di struttura, ma con le innovazioni sul piano dell’attività educativa e didattica che si svolge dentro le aule. La scuola cambia se i docenti sono messi nella condizione di migliorare la loro azione educativa e didattica.

Tanto per esemplificare, non si tratta solo di fornire le scuole di tecnologie multimediali, quanto di assicurare ai docenti le competenze necessarie a creare le condizioni perché gli alunni possano utilizzarle nei loro processi di riscoperta/ricostruzione dei concetti matematici, storici, linguistici ecc, attraverso i quali, non solo acquisiscono le conoscenze, ma maturano le capacità e gli atteggiamenti che attengono a tutte le dimensioni delle loro personalità.

Evidentemente, per migliorare la qualità dei processi didattici, occorre puntare soprattutto su una diversa impostazione della formazione iniziale e soprattutto della formazione in servizio dei docenti.

Se, per il lungo periodo, occorre puntare su una rinnovata formazione iniziale, nel breve e medio periodo occorre puntare sulla formazione in servizio, che purtroppo da venticinque anni viene gestita burocraticamente, con scarsissima ricaduta sulla prassi educativa e didattica.

Occorre che l’aggiornamento sia gestito dai docenti, i quali debbono essere messi nella condizione di individuare le loro specifiche esigenze formative, di promuovere le iniziative può adeguate, di individuare le risorse materiali e professionali che garantiscano l’effettivo innalzamento delle loro competenze disciplinari, didattiche, relazionali e organizzative.

Le soluzioni più adeguate, peraltro già in via di sperimentazione, appaiono quelle delle reti di scuole, le quali si ripartiscono le aree tematiche dell’aggiornamento e si attrezzano per dare risposte concrete alle esigenze di formazione matematica, di formazione linguistica, di formazione musicale ecc. che i docenti delle singole scuole in rete manifestano (5).

Appare infatti evidente che, non solo l’Amministrazione scolastica, ma nemmeno le singole istituzioni scolastiche possono da sole assicurare l’aggiornamento dei docenti di lingua, dei docenti di storia, dei docenti di educazione motoria ecc. se si organizza l’aggiornamento relativo all’educazione linguistica, si trascurano quelli relativi all’educazione matematica, all’educazione scientifica, all’educazione musicale ecc.

Tuttavia, in tale prospettiva, il problema cruciale è rappresentato dal reperimento degli esperti da utilizzare nei corsi di aggiornamento, problema che non si può assolutamente risolvere con la burocratica costituzione di albi, con il centralistico accreditamento di enti ed associazioni ecc., ma che va risolto promovendo la libera individuazione da parte dei destinatari dell’aggiornamento degli esperti della didattica delle singole discipline o delle altre tematiche oggetto dell’aggiornamento: debbono essere i Dirigenti scolastici a individuare gli esperti del loro aggiornamento; debbono essere i docenti ad individuare gli esperti del loro aggiornamento; debbono essere le ATA ad individuare gli esperti del loro aggiornamento.

Anche, e forse soprattutto in questo campo, occorre rispettare l’autonomia delle scuole, che è autonomia dei singoli operatori scolastici di organizzare, non solo la loro attività educativa e didattica, ma anche la loro formazione in servizio.

VERIFICA

Altro problema cruciale di una scuola autonoma, non burocraticamente gestita, è indubbiamente quello della verifica dei risultati educativi.

Al riguardo, occorre separare la problematica della verifica interna, cioè dei processi apprenditivi e formativi, dalla problematica della verifica dei risultati delle singole scuole.

Da trent’anni non si attua né l’una né l’altra. Nessuno conosce, se non qualche organismo internazionale, quali siano effettivamente i risultati che si conseguono nelle nostre scuole.

Il proliferare a dismisura dei monitoraggi ha solo favorito la creazione di un’imponente impalcatura burocratica che poco rileva e poco incide sul miglioramento della qualità della scuola. Si pensi soltanto alla recente valutazione dei Dirigenti scolastici che ha mortificato Presidi e Direttori didattici, sia quelli valutati al massimo, sia quelli valutati al minimo.

In tale prospettiva appare degna di attenzione una riconsiderazione del servizio ispettivo, opportunamente riqualificato.

Tuttavia, occorre anche riconoscere un maggiore peso alla valutazione degli utenti del servizio scolastico, che potrà essere assicurato, sia attraverso la possibilità di scegliere liberamente le istituzioni scolastiche, sia attraverso il coinvolgimento degli utenti (studenti e genitori) nei processi di valutazione.

Al riguardo, appare quanto mai valida l’indicazione di cui all’art. 1 della Legge 30/2000 (<<nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori>>).

La scuola deve configurarsi come un servizio, perché il diritto all’educazione ed all’istruzione appartiene prioritariamente agli alunni e, in loro vece, ai genitori. Nessuno, nemmeno lo Stato, può accaparrarsi il diritto di educare i giovani. Allo Stato spetta il compito di assicurare che i giovani si educhino, si formino, si istruiscano. Ma lo Stato non può assumersi l’esclusiva dell’educazione.

Occorre riconoscere concretamente la partecipazione dei genitori e degli studenti alla gestione della scuola nei suoi vari aspetti.

Evidentemente, non basta la verifica sociale dei risultati. È necessaria anche una verifica tecnica, che solo apposite istituzioni possono assicurare.

Al riguardo, però, occorre avere l’accortezza di non cedere alle tentazioni nozionistiche delle prove oggettive (quiz, tests…), ma occorre fare largo spazio anche alla valutazione intuitiva.

In parte, questo obiettivo può essere perseguito anche attraverso un’opportuna utilizzazione di un corpo ispettivo riqualificato e rivalutato nelle competenze disciplinari, didattiche, relazionali, organizzative.

PARITA'

può darsi che il miglioramento della qualità dell’insegnamento si avvantaggi anche della competizione fra una pluralità di scuole.

In tal senso, si pone l’offerta del "buono" scuola .

Ma una tale prospettiva deve completarsi con l’abolizione del valore legale dei titoli di studio. Diversamente, c’è il rischio che genitori e studenti scelgano le scuole, non in base alla validità dei risultati formativi, ma in base alla facilità del conseguimento dei titoli di studio.

Nel momento in cui ciò che conta non è il titolo di studio ma la competenza acquisita, le scelte saranno effettuate sulla base della qualità dell’offerta formativa, dei risultati.

CICLI

Se si condivide la logica del discorso che è stato appena abbozzato, appare evidente che la questione della riforma dei cicli appare meno rilevante di quanto la si è voluta rappresentare.

Ciò che importa non sono tanto le aritmetiche del 5+3+5, del 7+5, dell’8+4 ecc. quanto gli obiettivi formativi che nella scuola vengono effettivamente perseguiti e conseguiti dai singoli alunni.

Occorre ritornare a guardare all’essenziale, al successo formativo, che, effettivamente inteso come piena formazione nel rispetto delle identità, costituisce la condizione ineludibile del benessere personale, sociale ed economico.

Il resto, tutto il resto, è soltanto funzionale, strumentale, importante, ma secondario, rispetto all’inalienabile e ineludibile diritto dei giovani a realizzare la loro piena formazione, la loro umanizzazione, la loro autorealizzazione.

Diritto dei giovani, ma anche interesse della società tutta.

Il leopardiano venditore di almanacchi promette che l’anno nuovo sarà migliore di quello precedente.

Forse conviene credergli.

E soprattutto impegnarsi a che la profezia si avveri!


Note

1 In merito cfr. UMBERTO TENUTA, L'attività educativa e didattica nella scuola elementare-Come organizzare l'ambiente educativo e di apprendimento, La Scuola, Brescia, 1989, ill., pp. 256

2 In merito cfr. UMBERTO TENUTA, I contenuti essenziali per la formazione di base: homo patiens, habilis, sapiens, in RIVISTA DELL’ISTRUZIONE, MAGGIOLI, RIMINI, 1998, N. 5.

3 In merito cfr. UMBERTO TENUTA, Il Piano dell’offerta formativa - Moduli e unità didattiche - La programmazione nella scuola dell’autonomia, ANICIA, ROMA, 2001, con CD-ROM

4 In merito vd. in DIDATTICA@EDSCUOLA.COM

5 In merito cfr. SARETE www.provveditorato.starnet.it