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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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ITINERARI DI APPRENDIMENTO

Umberto Tenuta

 

L’insegnamento è strettamente correlato all’apprendimento: si insegna perché gli alunni apprendano; il docente che fa lezione si aspetta che gli alunni acquisiscano le conoscenze che egli espone.

Nel passato, si riteneva addirittura che le conoscenze venissero trasmesse dal docente all’alunno, nel senso che andassero ad imprimersi nella mente dell’alunno. In tal senso, si utilizzavano le espressioni “trasmettere” [1] , “inculcare” [2] , “imprimere nella mente [3] .

Oggi questa concezione viene ritenuta superata e si è consapevoli che l’acquisizione delle conoscenze è un processo che richiede l’attività del soggetto, sia quando si tratta di associare  un nome ad un oggetto (“Questo frutto si chiama ananas”: l’alunno deve operare il collegamento del nome all’oggetto mostrato, come si fa quando agli oggetti si appongono i cartellini coi nomi), sia quando si tratta di costruire un concetto, quale ad esempio quello di “Paralelogramma” (A livello di operazioni concrete, iconiche o simboliche, gli alunni debbono individuare nell’insieme dei quadrilateri il sottoinsieme dei “quadrilateri che hanno i lati paralleli a due a due”).

È l’alunno che deve effettuare le operazioni.

Ancora di più si richiede l’attività dell’alunno, quando si tratta di risolvere situazioni problematiche, come si verifica, ad esempio, quando gli alunni debbono risolvere problemi di aritmetica: qui non ci sono schemi operativi che possano essere appresi ed utilizzati meccanicamente.

In effetti, l’attività dell’alunno si richiede ancora di più quando egli deve acquisire delle capacità, come quelle del saltare, del nuotare, dello scrivere ecc. , che si acquisiscono attraverso le esercitazioni, cioè le attività dell’alunno. Così come il bambino impara a camminare camminando, a saltare saltando, a nuotare nuotando, a scrivere scrivendo, egli acquisisce  qualsiasi capacità motoria, sociale, cognitiva, linguistica, matematica ecc. mediante le relative attività.

Non si può concepire, quindi, l’alunno come passivo destinatario dell’azione didattica del docente, ma si deve pensare ad un alunno attivo, protagonista della propria istruzione  (attività di acquisizione  delle conoscenze) e della propria formazione (attività di acquisizione di capacità e di atteggiamenti).

In tale prospettiva, il compito dei docenti non è più tanto quello di fare lezione, di spiegare come si scrive, che cosa è il trapezio, come si risolvono i problemi ecc., quanto di creare situazioni che consentano agli alunni di operare  a livello fisico e psichico. Occorre creare situazioni di apprendimento, contesti formativi, percorsi apprenditivi, itinerari di apprendimento.

Pertanto, l’impegno predominante se non fondamentale dei docenti è quello di individuare e delineare  attraverso quali attività, quali operazioni e sequenze di operazioni gli alunni possano pervenire all’acquisizione delle conoscenze e delle capacità.

Attraverso quali attività gli alunni possono pervenire all’acquisizione dei concetti di poligoni e di ellissi?

Anziché partire dalle definizione dei poligoni (<<ogni figura piana chiusa, limitata da segmenti di retta>>) e delle ellissi (<<luogo dei punti del piano le cui distanze da due punti fissi, detti fuochi, hanno somma costante>>(Dizionario Garzanti)) che da sole non bastano a far comprendere tali concetti, perché i concetti sono i risultati di un’attività del soggetto, di un processo di costruzione, di classificazione o categorizzazione  che il soggetto deve comunque effettuare, il docente progetta queste attività, organizzando situazioni nelle quali gli alunni possano effettuare le operazioni di classificazione, categorizzazione, astrazione, generalizzazione ecc.

Il compito dei docenti non è tanto di  esporre, presentare, descrivere i concetti, quanto di creare le situazioni che possano consentire agli alunni di costruirli.

In tale prospettiva, si pongono alcune esigenze.

Innanzitutto, il docente deve muovere dalle conoscenze e dalle competenze già possedute, perché se gli alunni non possiedono, ad esempio,  i concetti di poligono e di parallelismo, non possono comprendere il concetto di “quadrilateri con i lati paralleli a due a due”.

Inoltre, il docente deve conoscere quali sono le strategie che i singoli alunni utilizzano: per associazione, per tentativi ed errori (trials and errors), per insight ecc.

Ancora, il docente deve conoscere i livelli di sviluppo dei singoli alunni, al fine di individuare se le attività vanno proposte a livello operatorio concreto, a livello  iconico oppure a livello  simbolico.

Dopodiché, il docente ipotizza un itinerario di apprendimento, un’attività che dovrebbe portare gli alunni alla scoperta/costruzione/invenzione dei concetti.

In tale lavoro, egli può avvalersi di tutte le esperienze già realizzate, prendendo conoscenza degli itinerari che altri docenti hanno sperimentato e prendendo atto dei risultati conseguiti, delle difficoltà incontrate, delle cause degli insuccessi, delle modifiche apportate ecc.

Solo così il docente  può progettare gli itinerari di apprendimento.

Al riguardo, è opportuno precisare che l’itinerario di apprendimento costituisce solo un’ipotesi, un progetto, una proposta da verificare.

Sta in questo la differenza dell’itinerario di apprendimento da un pacchetto di Istruzione Programmata, che invece presume di descrivere analiticamente il percorso che gli alunni debbono seguire.

Un itinerario di apprendimento è soltanto una traccia, uno schema operativo, una linea d’azione che può subire tutte le modifiche che si rendano opportune a  mano a mano che viene attuato.

Però rappresenta una linea d’azione, un orientamento, che evita di andare a casaccio, improvvisando nel nome di un’astratta spontaneità da rispettare in colui che apprende.

Il docente trova la sua ragione di essere nella necessità che l’apprendimento dell’alunno sia guidato, orientato, sostenuto, in quanto diversamente risulta dispersivo e anche inconcludente, e come tale frustrante anche per l’alunno.

Una cosa è l’improvvisazione, un’altra è l’orientamento, la guida, seppure discreta.

In tal senso, gli itinerari di apprendimento non vengono imposti agli alunni, ma vanno motivati: occorre creare negli alunni una motivazione, un interesse, un bisogno che li spinga a svolgere quella determinata attività, ad impegnarsi ad apprendere, a costruire i concetti.

Pertanto, gli itinerari di apprendimento debbono comprendere anche l’indicazione delle strategie per motivare gli alunni.

Ma debbono comprendere soprattutto la delineazione del percorso, del cammino, della strada da percorrere, come peraltro indica il termine metodo. Il metodo (méthodos), dal greco meta (lungo) e hodós (strada), cioè “strada che si percor­re, indica il cammino da percorrere per raggiungere una meta. Scrive il Vergnano che il metodo <<è l'insieme di principi, regole, operazioni, pratiche che si adottano e seguono consapevolmente in vista del consegui­mento di un fine>> [4] .

Gli itinerari di apprendimento delineano l’itinerario, il cammino, il percorso e quindi le attività da effettuare, anche mediante l’utilizzo di determinati strumenti. Gli itinerari di apprendimento indicano anche quali strumenti didattici utilizzare per costruire i concetti. Pertanto, i docenti debbono conoscere quali sono gli strumenti più adeguati, scegliendoli tra quelli concreti, iconici e simbolici, a seconda dei livelli di sviluppo degli alunni.

In tal senso, si richiede ai docenti approfondita conoscenza anche delle tecnologie educative, perché possano fare ricorso a quelle più adeguate ai singoli apprendimenti.

Al riguardo, è appena il caso di evidenziare che occorre tenere presenti le tre forme di rappresentazione di cui parlano, in particolare, Piaget e Bruner [5] , rappresentazioni che debbono essere accompagnate sempre dal linguaggio verbale, come precisa il Mialaret che così descrive il processo di rappresentazione [6] :

Occorre muovere  dalle esperienze concrete utilizzando materiali comuni e strutturati, tenendo presente che le operazioni a livello iconico hanno significato solo se si sono già effettuate le esperienze concrete e che dalle esperienze concrete ed iconiche occorre pervenire alle rappresentazioni simboliche. Le esperienze concrete ed iconiche costituiscono la base dei processi di astrazione e di simbolizzazione, ai quali necessariamente, anche se con opportuna gradualità, occorre pervenire.

Pertanto, il problema dei “segni”, dei materiali didattici, delle tecnologie educative che gli alunni debbono utilizzare è un problema essenziale, fondamentale, decisivo, ai fini dell’efficacia degli itinerari di apprendimento.

Al riguardo, è opportuno tenere presente che oggi esiste una rappresentazione che si pone tra la rappresentazione concreta e la rappresentazione iconica: la rappresentazione virtuale.

Il PC consente di creare oggetti virtuali, anche tridimensionali, che possono essere manipolati come gli oggetti reali, ma che sono flessibili come le immagini, e  come tali possono essere adattati  alle specifiche esigenze personali dei singoli alunni

L’attività didattica non può non avvalersi di tali strumenti estremamente accessibili e flessibili. A differenza degli oggetti concreti, le tecnologie didattiche virtuali sono facilmente accessibili nei CD-ROM, nei DVD ed in Internet [7] .

I laboratori didattici delle scuole si arricchiscono di questi strumenti virtuali che possono essere reperiti anche in Internet.

Sarebbe estremamente utile costituire una banca  di tali materiali, da mettere a disposizione dei docenti e degli alunni  di tutte le scuole, così come si sta facendo in Inghilterra.

Pur non sostituendo le tecnologie didattiche concrete, sempre necessarie, indispensabili, prioritarie, tuttavia le tecnologie didattiche virtuali risultano estremamente utili.

Nel delineare gli itinerari di apprendimento, occorre prevedere anche se gli alunni procedono individualmente o in gruppo. Oggi si ritiene che il lavoro di gruppo offra enormi vantaggi sia sul piano cognitivo che sul piano emotivo-affettivo, sociale, morale ecc., per cui si ritiene che vada privilegiato. Occorre privilegiare gli itinerari di apprendimento di gruppo anziché quelli individuali, anche se non possono essere trascurate le situazione in cui è opportuno, anzi necessario, fare ricorso a questi ultimi.

 

L’ASPETTO ESSENZIALE DEGLI ITINERARI DI APPRENDIMENTO

Anche se  gli itinerari di apprendimento debbono muovere dall’analisi delle situazioni e debbono contenere, assieme alle indicazioni relative ai processi di coinvolgimento degli alunni nell’attività di progettazione e di realizzazione delle attività, anche le indicazioni relative alle modalità  del lavoro, alle tecnologie educative, ai criteri di verifica ecc., tuttavia l’aspetto più significativo, essenziale, caratterizzante e fondante degli itinerari di apprendimento è costituito dalle sequenze di attività che gli alunni debbono effettuare.

Nella lezione il docente segue una linea espositiva, un ordine di presentazione dei concetti e delle idee che è strettamente correlato alla loro sistemazione scientifica. In tal senso, la lezione segue spesso lo stesso ordine del trattato.

Invece, negli itinerari di apprendimento, pur tenendo presenti le definizioni scientifiche dei concetti, il docente deve indicare le attività che gli alunni debbono effettuare per pervenire alla scoperta/costruzione/invenzione dei concetti.

Come scrive S.Tommaso d’Aquino: <<vi è un doppio modo di acquistare la scienza: uno quando la ragione naturale da se stessa giunge alla conoscenza di cose ignote ¾e questo modo si chiama invenzione;

<<l’altro quando la ragione naturale viene aiutata da qualcuno dall’esterno ¾ e questa maniera si chiama dottrina (insegnamento).

<<In ciò in vero che viene prodotto dalla natura e dall’arte, l’arte procede allo stesso modo e con gli stessi mezzi che la natura. Come infatti la natura guarirebbe riscaldando chi soffre di frigidezza, così fa pure il medico; per cui si dice che l’arte imita la natura.

<<Il simile accade anche nell’acquisto della scienza: il docente cioè conduce altri alla scienza di cose ignote allo stesso modo che uno, scoprendo, conduce se stesso alla conoscenza di ciò che ignora>> [8] .

Occorre creare situazioni analoghe a quelle che hanno portato alla scoperta dei concetti.

A volte gli itinerari di apprendimento ripercorrono i processi che l’uomo ha seguito nella loro scoperta, ma ciò non è sempre necessario, perché quello che importa è che gli alunni siano messi nella condizione di poter riscoprire i concetti.

Evidentemente, quella degli alunni costituisce una situazione artificiale, perché il docente organizza le situazioni di apprendimento nel migliore dei modi, selezionando le esperienze che gli alunni debbono effettuare, evitando le esperienze inutili e dispersive.

Come scrive il Bruner, <<la scuola è l'ingresso nella vita della ra­gione. È, certamente, vita essa stessa, e non mera preparazione alla vi­ta; tutta­via è uno speciale tipo di vita, accu­ratamente program­mato al fine di sfruttare al massimo quegli anni ricchi di possibilità for­mative che carat­terizzano lo svi­luppo dell'homo sapiens e che di­stinguono la specie umana dalle altre>> [9] .

Tuttavia, occorre evitare i rischi dell’Istruzione Programmata (IP) che prescrive itinerari rigidi, che tali restano anche quando presentano delle alternative, come avviene nell’IP ramificata. Nell’IP tutto è previsto, anche le alternative possono essere scelte solo tra quelle previste. L’IP ramificata costituisce certamente un miglioramento dell’IP lineare, ma non offre agli alunni ampi margini di flessibilità che, seppure non coincidenti con quelli delle esperienze spontanee, debbono però consentire agli alunni ampi spazi di autonomia, perché egli possa mettere in azione le sue capacità inventive, creative, formulando ipotesi e verificandole, procedendo per tentativi ed errori, ma anche per intuizioni improvvise ecc.

In tale prospettiva, gli itinerari di apprendimento si debbono presentare come delle situazioni problematiche che gli alunni affrontano avendo a disposizione determinati strumenti.

L’idea direttiva, la linea del percorso da seguire è suggerita dal problema, dall’obiettivo  da perseguire.

Ad esempio, nel caso dell’area del rettangolo, il problema  non è tanto il calcolo quanto l’esigenza di individuare una procedura rapida ed economica che porti al risultato.

È l’obiettivo, anzi l’esigenza di perseguire l’obiettivo che governa il percorso, che dà ad esso una direzione, che ne indica una linea di svolgimento.

In tal senso, la Montessori utilizzava il materiale strutturato, il quale rappresentava la concretizzazione dei concetti e andava utilizzato in un determinato modo per pervenire alla scoperta dei concetti.

Forse nella scuola non si fa adeguato uso dei materiali strutturati, che bisogna incrementare. Tuttavia, occorre dare pari importanza anche ai materiali comuni, non strutturati, perché la guida che  gli alunni debbono seguire  è costituita soprattutto dalla meta, a condizione però che essi avvertano l’esigenza di perseguirla, sappiano verso dove muovere, dove desiderano arrivare.

È per questo che gli alunni debbono sempre conoscere, avere presente la meta e sentire forte il bisogno di perseguirla.

L’itinerario esprime l’idea di un percorso, ma il percorso si snoda sempre da un punto di partenza ad una meta. C’è un punto di partenza e c’è una meta alla quale pervenire. Diversamente non si è in presenza di un itinerario, ma si va a zonzo.

E molto spesso a scuola si va a zonzo. Non che non siano importanti le cose che a scuola si fanno e si apprendono, ma molto spesso si fanno cose estremamente eterogenee. Basti pensare alla estrema diversità delle conoscenze che gli alunni acquisiscono, alla varietà delle discipline che studiano, alle diverse attività  che svolgono.

Qual è la logica che le lega? Che relazione esiste tra la Rivoluzione francese, il Teorema di Pitagora, gli Invertebrati, il Sabato del villaggio ecc. ecc. ?

Gli itinerari di apprendimento sono dei percorsi che si caratterizzano per il fatto che ciascuno di essi ha una meta, un obiettivo da perseguire.

Occorre avere l’accortezza di fare in modo che ogni itinerario di apprendimento  si caratterizzi sempre per la meta da perseguire, ma è estremamente necessario che le mete dei diversi itinerari di apprendimento siano coerenti, se non convergenti, abbiano come punto di riferimento la piena formazione della persona umana (<<pieno sviluppo della persona umana>>).

Ogni itinerario di apprendimento consente agli alunni di perseguire una conoscenza, una capacità, un atteggiamento che contribuisce alla piena formazione della sua personalità.

In tal senso, gli itinerari di apprendimento si configurano come itinerari formativi.

Ma questo è altro discorso, importante, da approfondire.

Per ora, diciamo in sintesi che gli itinerari di apprendimento delineano il flessibile itinerario tra i punti di partenza, diversi da alunno ad alunno, e gli obiettivi formativi che gli alunni debbono perseguire, anche se a diversi livelli di conseguimento. Sono diversi i punti di partenza, perché ogni alunno si presenta con diversi livelli di sviluppo e di apprendimento, e sono conseguentemente diversi i punti di arrivo.

Ma sono diversi  anche i percorsi apprenditivi, gli itinerari di apprendimento, perché ogni alunno procede secondo i suoi ritmi ed i suoi stili di apprendimento.

Spetta ai docenti delineare itinerari di apprendimento flessibili, che consentano a ciascun alunno  di utilizzare le strategie apprenditive e gli strumenti didattici meglio rispondenti ai suoi stili ed ai suoi  ritmi di apprendimento.

Peraltro, gli itinerari di apprendimento debbono essere flessibili anche per gli alunni che si presentano con gli stessi stili e ritmi di apprendimento, non solo perché in effetti non esistono stili e ritmi perfettamente uguali, ma  anche e soprattutto perché gli itinerari non possono essere tracciati in astratto, ma si mettono a punto, si definiscono, si precisano durante il loro svolgimento, continuamente, sempre, inevitabilmente.

Nessuno sa, nessuno può prevedere e programmare in via definitiva rigidi itinerari di apprendimento per tutti gli alunni di una classe e per i singoli alunni.

I docenti possono solo delineare, ipotizzare, prospettare gli itinerari di apprendimento, ma lasciandoli aperti ad ogni opportuna modifica.

È questo, in fondo, il significato che assume il discorso intorno alla creatività didattica e anche il rifiuto alla programmazione didattica rigida ed uniforme.

Tuttavia, forse anche per questo, gli itinerari di apprendimento vanno delineati, ipotizzati, prospettati con estrema cura, impegnandosi a ricercare, individuare, mettere a punto le strategie e le tecnologie più adeguate ai singoli alunni. I docenti debbono impegnarsi a individuare attraverso quali attività i singoli alunni possano pervenire alla scoperta/costruzione/invenzione dei concetti.

Mentre nella lezione espositiva il docente si limita ad esporre i concetti senza eccessivamente  preoccuparsi delle attività che contemporaneamente gli alunni debbono effettuare  per comprenderli ed apprenderli, nelle attività di ricerca/riscoperta/reinvenzione/ricostruzione (problem solving) il docente si preoccupa soprattutto di individuare attraverso quali percorsi , attraverso quali attività, gli alunni possano arrivare a scoprire/costruire/inventare i concetti utilizzando gli strumenti didattici più adeguati ai loro livelli di apprendimento, ai loro ritmi ed ai loro stili apprenditivi.

Scrive il Delessert a proposito dell’insegnamento della Matematica, ma il discorso vale in generale, che l’insegnante <<avrà soprattutto il coraggio di non dire ¾e questo è il punto più difficile¾ tutto ciò che sa sulle questioni trattate>> [10] .

Vorremmo concludere con un paradosso: gli itinerari di apprendimento sono le sequenze di attività che gli alunni vengono motivati e guidati a svolgere quando il docente ha <<il coraggio di non dire>>, quando il docente riesce a resistere alla tentazione di esporre i concetti prima che gli alunni li abbiano scoperti.

Forse l’indicazione del Delessert  può essere  assunta come canone didattico del docente che, proponendosi di tacere o di parlare  quanto meno possibile, mette a punto le proposte delle attività che gli alunni debbono svolgere utilizzando adeguati materiali didattici.

Evidentemente, negli itinerari di apprendimento assumono grandissima rilevanza i materiali didattici.

Mentre nella lezione espositiva il docente  può limitarsi ad utilizzare pochissimi strumenti didattici (in genere, la parola, i gesti, la mimica, il disegno alla lavagna, i cartelloni ed oggi anche le tecnologie multimediali), negli itinerari di apprendimento gli strumenti didattici acquistano un ruolo primario, essenziale, fondamentale, perché è attraverso il loro impiego che gli alunni  possono pervenire alla scoperta dei concetti.

A mo’ di sintesi, si offre la seguente rappresentazione iconica per descrivere gli itinerari di apprendimento:



[1] <<La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità>>(Art. 395, T.U. 297/1994).

[2] <<Imprimere nella mente o nell'animo di qualcuno con assidui ammaestramenti>>(Dizionario Garzanti) (Da calcare, imprimere, lasciare l’impronta).

[3] <<Il maestro>>, si diceva nei Programmi didattici del 1867, <<si astenga dal dare dimostrazioni che in quella tenera età non sarebbero intese. Si limiti ad imprimer bene nelle menti degli scolari le definizioni e le regole…>>(LOMBARDI F.M., I Programmi per la scuola elementare dal 1850 al 1985, La Scuola, Brescia, 1987, pp. 49-50).

[4] VERGNANO I., Il problema della società educativa, Paravia, 1975, 92.1.

[5] <<L'intelligenza è un sistema di operazioni... L'operazione non è altro che azione: un'azione reale, ma interiorizzata, divenuta reversibile. Perché il bambino giunga a combinare delle opera­zioni, si tratti di operazioni numeriche o di operazioni spaziali, è ne­ces­sario che abbia manipolato, è necessario che abbia agito, sperimentato non solo su disegni ma su un materiale reale, su oggetti fisici...>>( PIAGET J., Avviamento al calcolo, la Nuova Italia, Firenze, 1956, p. 31).<<Se è vero che l'abituale decorso dello sviluppo íntellettuale procede dalla  rappresentazione attiva, attraverso quella iconica, alla rappresentazione simbolica della realtà, è probabile che la migliore progressione possibile seguirà la stessa direzione>> (BRUNER J.S., Verso una teoria dell'ístruzione, Annando, Roma, 1967, p. 85)

[6]   MIALARET G., L'apprendimento della matematica, Armando, Roma, 1969, pp. 46-47.

[7] A titolo meramente esemplificativo vedi TECNOLOGIE EDUCATIVE VIRTUALI in DIDATTICA@EDSCUOLA.COM

[8] S. TOMMASO D’AQUINO (a cura di M. Casotti), De magistro, La scuola, Brescia, 1957, p 28.

[9] BRUNER J. S., Dopo Dewey, Armando, Roma, 1964, p. 17.

[10] DELESSERT A., Alcuni problemi che interessano la formazione degli insegnanti di matematica, in SITIA C., La didattica della matematica oggi ¾Problemi, ricerche, orientamenti, Pitagora, Bologna, 1979, p. 367.


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