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A PROPOSITO DI ESAMI DI STATO...

di Davide Leccese

Abbiamo atteso la fine delle vacanze estive per fare il punto sugli Esami di Stato, edizione Moratti.

Non basta sicuramente un articolo per racchiudere tutte le posizioni – pro e contro – ma alcune conclusioni, a bocce ferme, le possiamo trarre:

  1. La concessione di svolgimento di esame in sede, sia pure con commissione mista, riservata alle scuole private (paritarie) ha generato – a parere di molti -  una “scappatoia” per alcuni soggetti che defluiscono dalla scuola pubblica a quella privata con grave danno sia d’immagine che di credibilità del sistema formativo. Naturalmente le scuole private contestano questa condanna in blocco e sostengono che anche alcune scuole pubbliche presentano grossi vuoti di qualità.
  2. La gran parte dei docenti ha espresso parere negativo sulla tipologia di quest’esame e ha lamentato incongruenze gravi tra le finalità istituzionali delle prove e il sistema organizzativo e giuridico delle stesse:

IL TITOLO DI STUDIO:

·        Molti non vedono possibile che il riconoscimento di un titolo di studio, valido a tutti gli effetti di legge, sia consacrato da chi (docenti della classe) si trova nella condizione di chi ha prodotto l’azione didattica da sottoporre a giudizio (controllori/controllati); perché il candidato/alunno viene “presentato” dalla scuola che dichiara la proponibilità, ai fini della verifica d’esame, del candidato. Si risponde, a questi critici che il sistema italiano, in sede d’esame, non vuole giudicare l’insegnamento ma si limita a valutare l’apprendimento, a differenza di quanto avviene in altri Paesi. Né il Presidente (unico componente esterno) ha la funzione di emettere giudizi in tal senso o il tempo/modo di farlo.

·        Molti vedono, nel sistema adottato, una sorta di anticamera dell’abolizione del valore legale del titolo di studio e, quindi, del declassamento delle prove d’esame a pura conclusione formale del ciclo di studi.

·        Mentre alcuni temono, altri finiscono – a queste condizioni – per proporre proprio l’abolizione dell’Esame di Stato, sostituito da prove finali – riservate alla scuola – e forte incidenza dei giudizi della scuola stessa sull’attestato di frequenza.

LA COMMISSIONE

·        Quasi tutti concordano sulla necessità di una Commissione che, dall’esterno, obiettivamente valuti non solo la preparazione dell’alunno ma anche il quadro complessivo della didattica della classe, evitando l’autoreferenzialità; (anche se alcuni avevano – in precedenza – lamentato tale “controllo” da parte delle Commissioni esaminatrici!)

·        Non ritengono facilmente applicabile una sorta di “sdoppiamento di personalità”: prima emettono giudizi di merito sulla preparazione degli alunni e poi sono chiamati a verificarli, con la possibilità – tutta teorica – di modificarli integralmente.

·        Dubbi sulla legittimità di autocomposizione delle Commissioni da parte della scuola: in alcune Commissioni l’assenza o la presenza di alcune materie ha diversamente condizionato l’esame e il conseguente risultato, con una votazione finale che – comunque – ha validità erga omnes e per sempre. Facciamo qualche esempio: un conto è essere esaminati in Educazione Fisica e un conto è essere esaminato in Filosofia!

·        I docenti di Italiano hanno lamentato che saranno comunque “costretti” ad essere sempre impegnati, a differenza di altri che potranno fare una sorta di rotazione.

·        Alcuni docenti, presenti in più scuole, sono stati costretti ad un pendolarismo impossibile, anche con distanze notevoli tra scuola e scuola.

·        Si sono verificate – in casi isolati – assenze tali da determinare, di fatto, una Commissione “estranea” alla classe.

L’ESAME

·        Sono state espresse molte lamentele, anche da parte dei genitori e degli studenti, sull’attribuzione del credito scolastico e sui punteggi delle prove. Un sistema sicuramente tutto da rivedere perché – a quanto pare – non funziona.

·        Molti studenti e genitori hanno lamentato che gli alunni sono sottoposti a prove che non trovano rispondenza né nei contenuti dei programmi – effettivamente svolti – né nei “modi” applicati dalle scuole, soprattutto per quanto riguarda la Terza prova. La lamentela sovente si è sostanziata in un’accusa pesante: la scuola non prepara alle prove d’esame che rimangono “avulse” dal sistema didattico ordinario e restano un rito esterno.

·        Perplessità significative sono state espresse sull’attribuzione del “bonus” e sul valore assegnato ai lavori individuali degli alunni, all’inizio del colloquio. Stentano a morire le tesine, così come molti alunni continuano a produrre percorsi personali senza che la scuola se ne assuma la responsabilità.

IL PRESIDENTE UNICO

·        Non vedono possibile e praticabile il ruolo del “presidente unico”, per tutta una scuola; si riduce a controllore di carte e di procedure e non è in grado di svolgere il ruolo di “esaminatore” che successivamente decide, in collegialità, non solo sulla forma ma anche sulla sostanza dell’esame.

·        Mentre alcuni hanno lamentato l’assenza di fatto del Presidente, dalle fasi significative dell’esame, altri hanno lamentato un eccessivo protagonismo, costruito sugli ampi poteri assegnati dalla norma al suo ruolo (forse male interpretato)

LA RETRIBUZIONE

·        Critiche feroci sono giunte non solo per la scarsa retribuzione ma anche per i criteri di attribuzione della retribuzione stessa: periodi di esame più lunghi retribuiti meno di esami brevi; presidenti con una sola classe, ma a qualche chilometro più distante di altri, retribuiti con parcelle più elevate di chi aveva molte classi, magari nella stessa sede di servizio (come se il viaggio contasse più del lavoro!).

·       Si sono lamentati anche i dipendenti delle scuole appartenenti al personale amministrativo o collaboratori scolastici: nessun indennizzo per il superlavoro.


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