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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

 

COORDINAMENTO NAZIONALE DEI PRESIDENTI
DEI CONSIGLI SCOLASTICI DISTRETTUALI

 

CONVEGNO NAZIONALE

 

GLI ORGANI COLLEGIALI TERRITORIALI

PER LA SCUOLA:

L’ESPERIENZA – LA TRANSIZIONE – LA RIFORMA

 

 

 

 

RELAZIONI E DOCUMENTO CONCLUSIVO

 

 

 

 

 

VILLA VALMARANA MOROSINI DI ALTAVILLA VICENTINA

Fondazione Centro Universitario di Organizzazione Aziendale

27 – 28  GIUGNO  2003

 

 

 

 

 

RELAZIONE DI ANGELO CERVATI

COORDINATORE NAZIONALE

PRESIDENTE DEL DISTRETTO SCOLASTICO N. 43 DI VEROLANUOVA

 

 

 

-         Saluti, ringraziamenti e note organizzative: OMISSIS

 

 

Nel merito e brevemente

 

Alcune mie considerazioni.

Tutti parlano di famiglia, di territorio, di responsabilità, di partecipazione e tutti sono convinti che il loro modo di concepire la famiglia, il territorio, le responsabilità e la partecipazione sia chiaro e condiviso da tutti. Vi è un grande sforzo di ribadire questi valori ed assistiamo quasi ad una gara tra chi ritiene di meglio rappresentarli.

Ma, molto di frequente, abbiamo occasione di verificare che vi sono alcuni che nella sostanza pronunciano solo vuote parole e non fanno seguire all'enunciato atti e azioni concrete.

Mi metto in gioco. Non mi voglio sottrarre a questo esercizio. Per me:

la famiglia è basata sul matrimonio, sui figli che la provvidenza concede, sul mutuo sostegno nella solidarietà e nell’educazione e sulla continuità culturale tra generazioni. E’ la base della nostra società.

Il territorio non è una realtà basata sulla somma di più comunità ma, è il complesso delle tradizioni, delle etnie, delle culture, delle economie che ne fanno e ne cementano le radici, non è una enclave chiusa ma, dinamica e aperta alla accoglienza nel reciproco rispetto delle diversità.

La responsabilità è l’assunzione certa, visibile e personale che anche nelle difficoltà si esercita davanti al mondo e che si afferma con atti concreti.

La partecipazione non è l’attestazione di essere solo e comunque presente ma, il contare, costruire, lavorare per un fine, per uno scopo non solo a difesa di una parte ma essere disponibili e pronti a operare con equità e onestà al servizio per un “qualche cosa” che meriti e conceda rispetto.

Cercare di tradurre questa visione in atti concreti mi sembra un utile esercizio sul quale vale la pena di spenderci.

Quando è nato il primo embrione del Coordinamento, eravamo a Orvieto e già un mese dopo avevamo organizzato a Desenzano del Garda il primo Convegno di rilancio e di proposta. Presente all’incontro avevamo il neo eletto Ministro D’Onofrio e l’allora reduce da una esperienza diretta negli organi collegiali, l’attuale Sottosegretario Valentina Aprea.

In quella sede oltre a precisare tempi e modi organizzativi avevamo ribadito che i Distretti Scolastici dovevano essere riformati perché pletorici, con poche o nulle risorse, con scarsi compiti salvo l’orientamento (successivamente da più parti sottratto non a caso è diventato un business) ma nessuno aveva messo in discussione i concetti base della famiglia, del territorio, della responsabilità e soprattutto la riaffermazione di una partecipazione, scusate la ripetizione, responsabile.

Avevamo gettato le basi di un “piccolo miracolo”, che si è consolidato negli anni successivi, eravamo riusciti ad essere concordi e solidali dal Nord al Sud, dalla Destra alla Sinistra comprese le frange più estreme. Eravamo tutti convinti e più che disponibili (lo attestano tutti i documenti da allora proposti seguendo con serietà, coerenza e competenza il divenire delle novità quindi l’autonomia, il decentramento – Bassanini – fino ad arrivare ai giorni nostri alla proposta di legge La Loggia) a rivedere questi organismi sia nell’ampliamento territoriale e quindi nel ridimensionamento del loro numero ma, anche di uno snellimento di tali strutture ma per valorizzarli nei contenuti, soprattutto di servizio. In una parola valeva la pena di operare.

Ma già ad Orvieto, badate bene, non erano presenti rappresentanti politici ma un funzionario e un sindacalista che ci dissero papale papale “siete morti”. Ci dicevano, nei fatti, il nuovo siamo noi.

Sono passati quasi dieci anni, i miei capelli e la barba sono più bianchi, il peso è più o meno lo stesso, si sono succeduti Governi, personalità varie sono state da noi coinvolte in tante sedi e convegni, ci hanno sempre dato la possibilità di esprimerci (fino ad arrivare con l’allora Sottosegretario Delfino ad un’intesa precisa ma subito caduta per la crisi di quel Governo) ma, dalla volontà propositiva alla prova dei fatti possiamo a ragion veduta affermare “Tutte Balle” il disegno iniziale non è cambiato, la 233 ne è stata una prima conferma, ed ora? Non si sa! Con amarezza ma con lucida chiarezza si deve constatare che chi determina le scelte sono realtà o entità non elette, sono loro che , nella pratica, contano.

E permettetemelo, da vecchio sindacalista, fa male dover constatare che l’interesse di bottega è più importante del bene comune.

Salvo poi per quanto riguarda il personale assegnato ai Distretti (sempre o quasi in modo precario lasciatemelo dire a volte avventuroso per non usare altri termini) non tener conto delle continue sollecitazioni e proposte di valorizzare quelle professionalità (ne sono un bel esempio la lettera aperta del personale del Piemonte ma anche di altre realtà come Livorno nonché della mia diretta esperienza che comunque, con continuità in tante realtà, si sono espresse, diventando per molti versi i primi collaboratori seri in quei Distretti dove gli organi avevano voglia e capacità di lavorare) riconoscendo anche contrattualmente tali prerogative acquisite. Ma quello che fa più male è il constatare il danno che il sistematico impoverimento di questo organismo ha prodotto. Si sono manifestati anche tra colleghi ma anche nella dirigenza a vari livelli, atteggiamenti negativi e ha fatto si che non li si guardasse con rispetto e la considerazione dovuta ma sempre più di frequente, con una punta di tolleranza, che rasentava in alcuni casi avversità e superiorità. Questo, se mi è concesso dirlo, non è un bell’esempio di solidarietà e di serietà.

Vi è un capitolo che è giusto affrontare. Il clima di incertezza ha gettato le basi per una disastrata e scorretta transizione dal vecchio al nuovo. Mi limito a questa considerazione: l’Italia è tanto lunga colma di cultura ed è in grado di dare e produrre vera qualità in tutti i campi in cui ha la possibilità di esprimersi; il Coordinamento ha sempre valorizzato questo aspetto, tante sono le riprove in questi anni portate a testimonianza e molto raramente vi sono state necessità di piccole correzioni di rotta. Ultimamente però, è giusto far presente, che vi sono delle “voci più alte” che pensano di emergere dal coro. Se questo serve a esaltare e stimolare un insieme e a migliorarne l’armonia ben vengano ma se si pensa di giocare ai primi attori si abbia almeno l’accortezza di “giocare bene” ma soprattutto di non danneggiare gli altri. Dividere non serve a nessuno, vantaggi non ci sono neanche per i pochi che si assumono tale veste; chi vince è chi della realtà odierna può far strame per la propria stalla.

Concludendo

Sul piano personale forse potevo fare di più, dare di più ma finiti i soldi e usati anche i miei è difficile, credetemi, coordinare, dovevo essere più attento e determinato, non lo so!

E’ certo che comunque spesso ho frenato la mia natura estremamente pratica e, se volete, anche aggressiva rispettando fino in fondo l’impegno a suo tempo assunto, quello di lavorare con e per tutti.

Non voglio entrare nel merito e naturalmente non voglio togliere spazio alla relazione di Giovanni, lui le cose le sa dire e fare meglio di me ed è a lui, in principal modo, che va ascritta la professionalità con cui fino ad ora il Coordinamento si è potuto muovere e proporre.

A me però preme dire, a tutti, che noi siamo ancora qui, pesti e con affanno ma non domati e ancora disponibili a cercare e favorire soluzioni serie.

Mi consola il fatto che sono un libero cittadino, che vivo in un paese che la democrazia se l’è sudata e cementata col sangue. Sono un cittadino votante che saprà scegliere, con coerenza, tra il fumo e la sostanza, tra i proclami e la realtà.

Permettetemi un’ultima nota, ho lavorato e vorrei continuare a lavorare con tante vere persone ricche di capacità, sensibilità e disponibilità, a queste va il mio grazie e sono onorato d’averli avuti vicini in questa esperienza. Porto via e me lo tengo caro un valore essenziale che non è facile trovare tra gli uomini e, per dirla col sommo poeta, Dante, “non potranno aver perfetta vita senza amici”.

 

 

 

 

 

 

 

 

RELAZIONE DI GIOVANNI BISSON

DEL COORDINAMENTO NAZIONALE

PRESIDENTE DEL DISTRETTO SCOLASTICO N. 49 DI NOVENTA VICENTINA

 

 

 

    E’ meglio accendere una candela

che imprecare contro il buio

 

 

Possono essere diversi gli stati d’animo con cui affrontare il tema di questo Convegno, almeno da parte di quei Presidenti e Collaboratori Amministrativi che sono riusciti a trovare il modo di essere qui presenti. Potremmo, ad esempio, cominciare proprio da questa malinconica e significativa considerazione: e cioè dalle adesioni virtuali a questo incontro - più numerose di quelle reali - da parte di quei Distretti che non hanno potuto disporre nemmeno dei mezzi per consentire la spesa di chi voleva giungere fino ad Altavilla a rappresentarli. Se, realisti, dovessimo limitarci ad una tale constatazione, per Organi così mal ridotti a causa di una infinita (ormai decennale) stagione di incertezza, con lo stato d’animo della delusione potremmo già concludere di chiuderla qui la nostra esperienza: così è inutile andare avanti.

 

Assumendo, invece, lo stato d’animo degli agnostici potremmo cavarcela con la pur motivata retorica degli scarica barile: abbiamo resistito fino ad ora tra distrazioni surgelanti; dimostriamo di chi è la responsabilità; consegnamola agli atti; e liberiamoci finalmente da ogni responsabilità esercitata, non dimentichiamolo, volontaristicamente. Da noi non si può volere di più.

 

Avremmo anche molti motivi per fare i giacobini. E con lo stato d’animo dei faziosi limitarci ad una denuncia motivata contro le inadempienze di chi, nei nostri confronti, non ha rispettato e non rispetta nemmeno le leggi; e contro chi, approfittando di una confusa stratificazione delle norme, trova il modo – come certe Autorità periferiche dell’amministrazione scolastica – di imporre proprie discriminazioni ed autonome previsioni sul destino degli Organi Collegiali Territoriali. Avessimo la voglia e i mezzi per farla, sarebbe una bella causa quella dei Distretti Scolastici contro il comportamento di certe Autorità.

In attesa di riforma e fino alla loro sostituzione, infatti, persistono ancora i Consigli Scolastici Distrettuali – istituiti a suo tempo (non se lo dimentichino) su proposta delle Regioni sentiti gli Enti Locali. E vige l’art. 12 del D.P.R. 416/74 per cui tali Consigli sono ancora attori “per tutto ciò che attiene alla istituzione, alla localizzazione e al potenziamento delle istituzioni scolastiche nonché all’organizzazione e allo sviluppo dei servizi e delle strutture relative, anche al fine di costituire unità scolastiche territorialmente integrate e assicurare, di regola, la presenza nel Distretto di scuole dello Stato di ogni ordine e grado”. Il capo 2° del medesimo articolo vuole ancora tali Consigli coinvolti nei programmi relativi  “ai servizi di orientamento scolastico e professionale”;  ruolo  che, con la soppressione dei Consorzi per l’istruzione tecnica, veniva ribadito e consolidato dall’art. 39 del D.P.R. 616/1977; e che, da ultimo, veniva ribadito dalla direttiva M.I.U.R. 487/1997 che impegna a promuovere, con il coinvolgimento dei Distretti Scolastici, gli osservatori d’area per i servizi territoriali di orientamento e negli interventi di sostegno.

In quante situazioni e da tempo tutto ciò viene disatteso? E, dunque, i motivi che potrebbero indurre ai predetti stati d’animo non sono pochi.

 

Invece i colleghi che sono qui presenti e quelli che non potendo esserlo ci hanno inviato i loro messaggi, sono disponibili ancora una volta alla proposta, su tesi localmente discusse in tanti incontri e con noi condivise.

Sono, siamo, dunque ancora vittime di alcune motivazioni: proprie di chi si è impegnato gratuitamente in un servizio ritenuto utile per la scuola; con radicate convinzioni; interpretate con passione. Ed allora eccoci qui ancora una volta: seguaci, la maggior parte di noi, di quel saggio che insegna che “è meglio accendere una candela, che imprecare contro il buio”; ma anche per verificare conclusivamente se c’è il lampionaio deciso a spegnerla.

 

 

Le carte in tavola

 

Credo che valga la pena di ricordare ai nostri interlocutori che mai, in questi ultimi dieci anni, ragionando sull’esperienza ormai trentennale dei Distretti Scolastici, abbiamo assunto posizioni barricadiere, in mera difesa dell’esistente. Per primi, con onestà culturale, abbiamo aperto la partita critica sulla nostra storia senza nascondere nessuna carta, razionalmente convinti della necessità di riformare l’ordinamento e la struttura degli organi collegiali territoriali. Chiedendo soltanto che il giudizio sull’esperienza sia storicamente e culturalmente corretto. Si vuole affermare che non è irreprensibile la conclusione “chiudiamoli perché ormai non funzionano più” senza valutarne le cause; si vuol dire che è epidermico l’assioma secondo il quale “la scarsa frequenza delle componenti ne dimostra l’inutilità”. Con tale superficialità non si vedono le vere cause che hanno portato al progressivo esautoramento dei Distretti Scolastici e non si traggono insegnamenti per il futuro.

 

Sono nati nel maggio del ’74 con un lungo elenco di compiti, ma scarsamente cogenti; sui quali, successivamente, si è consentita e finanziata ogni incursione da parte di altri soggetti; via via decurtando, per contro, le loro disponibilità d’investimento, rendendoli così nemmeno concorrenziali. Sono stati dotati di Consigli di Amministrazione elefantiaci in un tempo in cui si imponeva un indistinto assemblearisimo al posto di una qualificata partecipazione; e, tuttavia, perché meravigliarsi se – privi di una permanente struttura operativa (non hanno mai avuto un organico)

e finanziariamente immobilizzati – cinquanta componenti di ogni Consiglio Scolastico Distrettuale trovano una sostanziale perdita di tempo riunirsi per deliberare come gestire qualche milione di vecchie lire neppure sufficiente per gli obblighi burocratici?

 

Al di la tuttavia di quello che comunque hanno realizzato nel passato, ed hanno continuato a tentare di fare di recente, inventando modi e questuando mezzi in ogni direzione, resta il fatto che, per queste cause, oggi questi organi si ritrovano gradatamente ricacciati in spazi residui, in alcune attività diversificate, senza, dunque, nemmeno una visibilità omogenea e qualificante.

 

E va bene, mi si può dire. Ma pur così motivato uno stato di crisi  permane la domanda  d’oggi: quella distrettuale è una esperienza da chiudere o, al di la della situazione comatosa in cui è stato ridotto l’attuale Distretto esiste, persiste, una distrettualità come recapito di un particolare territorio, di una gente, di una cultura, come aggregato sociale, naturale e genuino; con il quale far rapportare una scuola che vi opera?

 

 

L’autonomia delle Scuole

è un’alternativa?

 

Credo che una tale persistenza non possa essere negata. Il problema, allora,  è quello di capire in che modo realizzare la correlazione tra le Istituzioni Scolastiche e il loro hinterland.

 

C’è ora l’autonomia di ogni scuola che può tentare di provvedervi. E possibile che possa farlo in modo sistematico, non occasionale?

 

Noi siamo stati, e siamo, convinti assertori di tale autonomia, dichiarandoci immediatamente al suo servizio perché una tale scommessa riesca. Ma una autonomia ad oltranza, “una autonomia – come qualcuno ha detto – senza paracadute”, senza un rapporto stabile con il suo hinterland, senza altre condivise interlocuzioni, rischia di essere l’esaltazione di quella autoreferenzialità che ogni recente indagine (del Censis, dell’Istat, di ‘Ascoltare Scuola’, del ‘Giudizio dei cittadini sulla scuola’, del MoniPof’, delle Associazioni dei genitori) denuncia come il limite che disaffeziona l’attenzione e la partecipazione per la scuola. E, in concreto,  un  tale  percorso,   di  ogni  singola  istituzione  scolastica   nei confronti dei suoi dintorni non comporterebbe garanzie di omogeneizzazione   o, almeno,  di una minima uniformità ed equità  per  il

‘sistema scuola’ in un dato territorio. Né dal punto di vista procedurale, né tanto meno da quello economico, è immaginabile che ciascuna scuola per suo conto possa organicamente dialogare con gli Enti locali, con l’imprenditorialità, con l’associazionismo. E si è visto, nelle recenti esperienze, che nemmeno l’attivazione di ‘reti’ fra scuole può corrispondere per tali finalità perché possono necessariamente incrociarsi per livelli, per preferenze, per argomenti, per dotazioni – ed è già positivo – ma non per generare un impianto di interelazioni, con le istituzioni e la società civile, compiuto e permanente.

 

Ed allora vedremo più avanti come, forse, ha ancora una permanente valenza la riorganizzazione, per una ‘scuola delle società’, dei ‘poli distrettuali infra-istituzionali’ con i quali ogni entità interessata alla vita di una scuola di qualità possa concorrere al suo successo.

 

Ma se ciò si vuole, come arrivarci in modo razionale?

 

 

Il governo della transizione

 

Nel 1999 abbiamo contrastato l’applicazione di un Decreto Legislativo di riforma degli Organi Collegiali Territoriali (il 233) perché tale provvedimento:

·        riportava, per i vari livelli degli organi previsti (il C.N. della P.I. – i nuovi Consigli Regionali dell’Istruzione e i Consigli Scolastici Locali) un impianto di partecipazione ancora complesso e parasindacale;

·        era incoerente con le nuove funzioni per la scuola già delegate o in via di trasferimento alle Regioni e agli Enti Locali,

·        escludeva dal livello regionale sia i genitori sia, addirittura, le Regioni;

·        rendeva confusa l’attivazione e il dimensionamento dei nuovi Consigli Scolastici locali al posto dei Distretti;

·        proponeva, per questi ultimi, compiti di mera consulenza (se richiesti) e di proposta  privata, però, dell’obbligo di un qualsiasi riscontro.

 

Ora, opportunamente superato tale decreto con una nuova delega al Governo perché lo corregga e/o lo modifichi, pare (ce lo auguriamo) che siamo nella imminente vigilia di un rielaborato riordino degli Organi di cui si tratta.

Se è comprensibile che il Governo tardi nel suo compito perché in attesa che si perfezioni l’iter parlamentare del Disegno di Legge La Loggia per avere  i riferimenti certi  della  ridistribuzione  dei  poteri  dallo  Stato  alle Regioni, risulta necessario che ci si ponga il problema di come affrontare la situazione che è in atto e che non sarà di breve durata.

 

 

Quando uscirà (quando?) la proposta di Disegno di Legge del Governo dovrà andare per i pareri al C.N.P.I. e alle Commissioni Parlamentari competenti. Da quando uscirà il Decreto definitivo decorreranno i tempi per regolamentazioni e provvedimenti attuativi di Regioni ed Enti Locali.

E’ dunque doveroso porsi il problema di come governare tale non breve transizione.

 

 

 

(da questo punto in avanti la relazione

illustra i contenuti di una proposta di

documento conclusivo proposto alla

approvazione dei convegnisti, che si allega)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONVEGNO NAZIONALE

DEI PRESIDENTI DEI CONSIGLI

SCOLASTICI DISTRETTUALI

ALTAVILLA VICENTINA 27 – 28 GIUGNO 2003

 

 

documento conclusivo

 

 

 

I Presidenti dei Consigli Scolastici Distrettuali, riuniti a Convegno promosso dal loro Coordinamento Nazionale ad Altavilla Vicentina il 27 e 28 Giugno 2003, sul tema “Gli Organi Collegiali Territoriali per la Scuola”:

 

·        condivisa la relazione generale che si allega auspicandone l’accoglimento nelle sedi istituzionali di promozione ed attivazione della riforma degli Organi di cui si tratta;

·        tenuto conto della discussione e dei significativi contributi sul tema esaminato dei rappresentanti del M.I.U.R., del Parlamento, delle Regioni e degli Enti Locali, del C.N.P.I. e delle Istituzioni Scolastiche, dei Genitori e delle parti sociali ed economiche interessate;

 

>  con riferimento  allo stato attuale  dei Consigli Scolastici Distrettuali in attesa di riforma

    

    ricordano che, fino all’insediamento dei nuovi organi riformati, permane la vigenza del D.P.R. 416/1974 – riordinato con il D.L.vo 297/1994 – e che, dunque, risultano gravi le omissioni – constatate in diverse situazioni da parte dell’Autorità periferica dell’Amministrazione Scolastica, di Regioni ed Enti Locali - sul ruolo che norme in vigore ancora conferiscono ai Distretti Scolastici;

   chiedono, di conseguenza, che anche il M.I.U.R. provveda a risolvere tempestivamente gli effetti del comma IV° dell’art. 35 della L. 289/2002 che dispone la restituzione ai compiti di istituto  del personale amministrativo in servizio presso i Distretti Scolastici a partire dal Settembre 2003; ciò dal momento che alcune Direzioni Regionali della P.I. non hanno interpretato tale norma come la reiterazione della annuale consuetudine, ma anzi hanno imposto ai Distretti la predisposizione di Bilanci Preventivi 2003 limitati alla medesima data di tali rientri, con ulteriori decurtazioni del contributo finanziario. Senza contare che tale ultima prescrizione non tiene conto del fatto che in molte situazioni  i Distretti  sono impegnati  in progetti annuali finanziati

dalle Regioni od Enti Locali:  la conseguenza di quanto in atto  per effetto delle due richiamate incongruenze significherebbe la chiusura di fatto, extra-lege, dei Distretti Scolastici;

   propongono per contro – per contribuire al contenimento della spesa – che in attesa della riforma e in via sperimentale le Regioni, in accordo con gli Enti Locali e i Consigli Scolastici Distrettuali disponibili, si attivino , con riferimento all’art. 9 del D.P.R. 416/74, per unificare dei Distretti là dove ci sono delle condizioni già predisposte e condivise;

   ritengono, in ogni caso, irrazionale ed improduttivo che non si provveda a disposizioni che rendano possibile un funzionale governo della transizione dalla situazione esistente ai nuovi Organi ristrutturati.

 

> con riferimento ai contenuti della riforma

 

    ribadiscono il valore, al servizio di una Scuola autonoma, ma non autoreferenziale, di Organi Collegiali Territoriali Interistituzionali che –con riferimento agli articoli 3 (partecipazione: essenziale e non indistinta come l’attuale) e 5 (decentramento e autonomia) della Costituzione – operino come ‘organismi di servizio’ con la finalità di rendere sempre più proficuo il sistema formativo perchè vicino, secondo una distanza ottimale, ai destinatari e alla società civile;

   ritengono che il nuovo Organo Territoriale - coinvolgendo  l’utenza (i genitori in particolare)  e i rappresentanti dei dintorni sociali interessati alla Scuola, insieme con quelli delle Istituzioni civili e scolastiche – debba essere la sede dove si progettano e si attivano azioni condivise e concorrenti alla riuscita di un servizio scolastico secondo le esigenze di un particolare ambito funzionale; ciò per il tramite di conferenze annuali di servizio pilotate, dagli Enti Locali, dove – con ogni entità presente ed interessata alla Scuola (Istituzioni Scolastiche, Centri di Servizio, di Formazione, per gli Adulti, per l’Integrazione, ed Organo Territoriale) si produce il ‘Piano annuale di educazione e formazione territoriale’. Sarebbe la sede per il superamento di fatto della distribuzione delle medesime competenze che la stratificazione normativa ha distribuito a più referenti: con l’affidamento ai soggetti più idonei di progetti finalizzati e  con razionalizzazione delle risorse;

   auspicano che gli Organi riformati siano liberati da ogni funzione parasindacale e che quindi la delegazione scolastica nei Consigli d’Amministrazione  di quelli Locali sia equivalente all’insieme di quella degli altri partners e in rappresentanza delle Istituzioni Scolastiche e non delle varie categorie che vi operano; e non ritengono democraticamente ammissibile che alla rappresentanza  Scolastica, all’interno degli Organi Regionali e Locali, siano riservate posizioni preordinate di privilegio: si affermerebbe un incoerente principio di autoreferenzialità; l’Organo Collegiale Territoriale, per principio,  non deve essere della Scuola, ma per la Scuola: dopo di che nulla vieta che a presiederlo possa essere nominato democraticamente anche un operatore della Scuola, ma per libera scelta dei Consiglieri, nessuno dei quali può avere , per decreto, minore dignità di altri; chiedono che i compiti di pareri e proposte riservati ai futuri Consigli Scolastici Locali nei confronti dell’Amministrazione Scolastica Periferica, delle Istituzioni Scolastiche e degli Enti Locali di riferimento (in merito al consolidamento dell’autonomia scolastica, alle reti di scuole, alla distribuzione e al dimensionamento dell’offerta e delle sedi di istruzione e formazione, all’orientamento, all’educazione permanente, all’integrazione, alla attuazione del diritto allo studio e al diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, ai servizi per l’utenza) abbiano una riconosciuta cogenza, almeno con l’obbligo di riscontri motivati;

   chiedono, inoltre, che i futuri Consigli Scolastici Locali siano riconosciuti come osservatori d’area, di monitoraggio e di circolazione delle informazioni, di verifica della qualità del servizio formativo; e come supporto operativo per l’esercizio associato delle competenze per la Scuola trasferite agli Enti Locali, quando questi lo ritengano utile e funzionale, dal momento che la maggior parte delle Istituzioni Scolastiche non è più soltanto al servizio di una utenza comunale

  evidenziano la necessità che la composizione dei futuri Consigli Scolastici Locali abbia una composizione snella, presenti i livelli essenziali di partecipazione in misura equilibrata tra rappresentanza scolastica e sociale; e che tali nuovi Organi abbiano  una struttura operativa fissa qualificata, con il recupero privilegiato delle professionalità degli addetti che già hanno operato nei Distretti Scolastici; e con possibilità di integrazione periodica di collaboratori riferita alla capacità di programmazione e realizzazione di attività; e con finanziamenti determinati di funzionamento, ed altri, dal MIUR – Regioni ed Enti Locali, per progetti finalizzati approvati.

 

 

 

 

Ø     a conclusione del Convegno

                                                         il presente documento             

                                          è stato approvato all’unanimità.


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