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A Nuoro, un dirigente postale si è visto rifiutare la richiesta di trasferimento ad una sede di lavoro più vicina a casa per poter assistere la madre anziana e disabile. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, sottolineando come in certi casi lo spostamento può ledere gli interesse del datore di lavoro. Neanche la legge 104 del '92 è bastata a garantire il diritto del signor Giovannico.

(30 agosto 2002)

ROMA -Il datore di lavoro può disporre il trasferimento lontano da casa o, al contrario, rifiutare la richiesta di avvicinamento, di un proprio dipendente anche se questi deve accudire un familiare disabile. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che, con la sentenza numero 12692, ha respinto il ricorso di Giovannico F., un impiegato di un ufficio postale di Nuoro, con la qualifica di dirigente principale, che aveva chiesto il trasferimento in una sede più vicina a casa per poter accudire la madre anziana e disabile.

Ebbene, dopo due ricorsi andati a vuoto, la Corte di Cassazione ha deciso di far prevalere gli interessi generali dell'azienda che, in caso contrario, avrebbe rischiato di vedere lese le 'esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro, in quanto ciò può tradursi in un danno per la collettività'. Eppure, dalla parte del signor Giovannico c'era la legge 104 del '92 che prevede che 'il genitore o familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso in un'altra sede'.

 Ma per la Sezione Lavoro della Cassazione che ha bocciato il ricorso di Giovannico F., questo diritto 'che trova la sua ratio nell'esigenza di evitare l'interruzione dell'effettiva ed attuale convivenza, che potrebbe avere negative ricadute sullo stato fisico e psichico dell'handicappato, non risulta illimitato'. Secondo i giudici della Suprema Corte, infatti, 'il diritto del genitore o del familiare lavoratore del disabile di scegliere la sede più vicina al domicilio presuppone la compatibilità con l'interesse comune'.

Insomma, secondo la Cassazione il dirigente postale di Nuoro non può far valere la propria richiesta e dovrà star lontano dalla madre ammalata.

 

Ma le Poste sono Solidali?

Franco Bomprezzi
direttore editoriale SuperAbile.it

La sentenza della Cassazione in conflitto con la legge 104 rivela un comportamento stridente delle Poste rispetto alla funzione pubblica dell'Azienda

Le Poste Italiane hanno di recente molto ammodernato i loro servizi, avvicinandosi alle esigenze dei cittadini, e in questi giorni stanno dando prova di alto senso civico fornendo 'kit' e anche informazioni in una operazione di grande delicatezza come quella della regolarizzazione delle colf e delle badanti. Non solo: le Poste hanno anche attivato un programma di grande rilevanza sociale, che si chiama 'Poste solidali' e che dovrebbe contribuire non poco al finanziamento mirato di attività non profit di rilevanza sociale e umanitaria nel nostro Paese.

Questa premessa è assolutamente doverosa, ma rende ancora più stridente l'impatto della notizia che diamo in queste ore relativa alla sentenza della Cassazione che di fatto nega a un dipendente delle Poste di ottenere un diritto sancito dalla legge quadro per le persone handicappate, la legge 104 del '92, che prevede appunto la possibilità, per assistere figli o genitori disabili, di avvicinare il posto di lavoro alla propria abitazione abituale.

Il fatto che la Cassazione abbia sentenziato in materia deriva evidentemente dalla premessa ovvia che le Poste hanno fatto ricorso fino all'ultimo grado della giustizia, non contente di aver perso in giudizio nei due gradi precedenti. E' questo accanimento che ci sconcerta non poco. Non siamo in condizione, per ora, di entrare nel merito giuridico della sentenza, anche se le perplessità sono fortissime, ma è sorprendente l'atteggiamento a doppia facciata di un Ente, che, sia pur privatizzato, svolge un servizio pubblico di enorme rilevanza sociale.

Quel dipendente, oltretutto con la qualifica di dirigente, chiede di essere vicino alla madre gravemente disabile e anziana, in una regione, come la Sardegna, dove le distanze non sono certo piccole fra un centro abitato e l'altro. Noi siamo certi che questo dirigente deve essere una specie di esempio di abnegazione e di bravura sul lavoro, se le Poste non possono neppure prendere in considerazione la sua richiesta di avvicinamento a casa. E' praticamente insostituibile. Vorremmo conoscere da vicino in che cosa consista l'unicità del suo lavoro alle Poste, e quale sarebbe 'l'interesse comune' violato dal suo spostamento in altra sede.

Lavoratore modello e figlio esemplare. Al danno si aggiunge la beffa. Ma è anche un brutto segnale per questo Paese nel quale la retorica spesso prende il sopravvento e si confonde solidarietà con giustizia. Le Poste Solidali, secondo noi, dovrebbero intervenire subito, e dire alle altre Poste, quelle 'meno Solidali', di non tenere conto della sentenza della Cassazione, e di accontentare ugualmente, solo per spirito di giustizia e di umanità, il dirigente scornato dalla Corte, avvicinandolo a casa, restituendolo alla madre malata.

Attendiamo fiduciosi, su questo portale, o altrove, un segnale in tal senso. Altrimenti, almeno per quest'anno, chiediamo alle Poste Solidali di sospendere i programmi in corso. Tanto più che, nel frattempo, non mancherebbe davvero il lavoro 'socialmente utile' per abbattere un po' di barriere architettoniche negli uffici postali di mezza Italia. Ma questo è un altro discorso.


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