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Gli assegni di cura in Italia

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Negli ultimi anni con sempre maggior frequenza si sente parlare dei cosiddetti "assegni di cura"; il contributo che segue ha per obiettivo di presentare le principali caratteristiche di questo intervento e la diffusione nel contesto italiano

Cristiano Gori, Istituto per la ricerca sociale (IRS), Milano

 

A partire dalla seconda metà degli anni ’90, gli assegni di cura hanno conosciuto una forte diffusione nel nostro paese. Si tratta di un processo attualmente in atto ed è ragionevole attendersi che la diffusione continui anche nei prossimi anni. Per "assegno di cura" si intende in questo scritto un contributo economico fornito agli utenti (o ai loro familiari) per finanziarne l’assistenza. Tale contributo è erogato dai Comuni o dalle ASL in alternativa ai servizi alla persona, domiciliari o residenziali, e viene passato ai caregiver oppure utilizzato per acquistare assistenza privata.

Il presente contributo ha l’obiettivo di presentare le caratteristiche della misura ed il suo processo di diffusione. A tal fine lo si articolerà in diverse parti. Nella prima si illustreranno le tre tipologie di prestazioni che si possono individuare nell’odierno sistema italiano di welfare locale mentre nella seconda si illustrerà la diffusione degli assegni di cura nel nostro paese. Successivamente si porterà l’attenzione verso diverse specifiche esperienze per poi concludere con alcune ipotesi sui motivi all’origine della notevole diffusione che gli assegni stanno avendo in Italia. In questo scritto si considerano esclusivamente gli interventi rivolti agli anziani non autosufficienti.

 

Diverse tipologie di prestazioni

 

Gli anni recenti hanno visto l’introduzione e la sperimentazioni di nuove tipologie di prestazioni nei servizi sociali e sociosanitari. Le più importanti sono un contributo economico (l’assegno di cura) fornito a famiglie impegnate ad assistere una persona non autosufficiente ed un buono assegnato agli utenti affinché scelgano da quale dei diversi erogatori accreditati, tra loro in concorrenza, ricevere le prestazioni. Motivi diversi - tra loro non sempre coerenti - hanno portato alla loro introduzione. Nell’attuale contesto del welfare locale italiano è pertanto possibile individuare tre diverse tipologie di prestazioni:

 

- servizi alla persona: si tratta delle tradizionali prestazioni, le cui modalità di erogazione sono decise dall’ente pubblico e dai suoi operatori. Loro valutano se una persona deve ricevere i servizi sociali e (nell’eventualità affermativa) decidono quali prestazioni fornire, con che modalità e da quale erogatore. Tali prestazioni possono essere fornite direttamente da Comuni ed ASL oppure (come accade prevalentemente) attraverso accordi con fornitori privati.

 

- voucher (o buoni-servizio): questi sono forniti dall’ente pubblico ed attribuiscono il diritto a determinati servizi. Il beneficiario li utilizza per "acquistare" tali servizi da uno degli erogatori (pubblici o privati), autorizzati (accreditati) dall’ente pubblico, che operano in concorrenza tra loro.

 

- gli assegni di cura: si tratta un contributo economico fornito agli anziani (o ai loro familiari) per finanziarne l’assistenza. Tale contributo è erogato dai Comuni o dalle ASL in alternativa ai servizi alla persona, domiciliari o residenziali, e viene passato ai caregiver oppure utilizzato per acquistare assistenza privata.

 

Per tutte le prestazioni considerate, l’ente pubblico riconosce la presenza di un bisogno di cui intende (almeno parzialmente) farsi carico. La fase iniziale del percorso assistenziale è sostanzialmente simile, comprendendo la valutazione dell’individuo e la decisione in merito alla sua presa in carico. Le differenze riguardano le modalità con cui si assiste l’utente. Nei tradizionali servizi alla persona, l’ente pubblico decide le prestazioni che egli deve ricevere, come devono essere fornite e da quale erogatore (Gori, 2000).

Nel caso dei voucher (o "titoli"), all’utente è assegnato un buono per acquistare le prestazioni da un erogatore di sua scelta tra quelli accreditati. Si viene così a costituire un meccanismo di "quasi-mercato" (Le Grand e Bartlett (a cura di), 1993), dove diversi erogatori competono per attrarre l’utente nell’ambito di un sistema a (parziale) finanziamento pubblico. Gli utenti possono compiere la scelta d’acquisto autonomamente oppure con la collaborazione di operatori pubblici che offrono le informazioni e la consulenza necessari. In Inghilterra, ad esempio, la scelta tra gli erogatori è compiuta principalmente dai case-manager (operatori responsabili del caso), pure nell’ambito di un dialogo con gli utenti. Nel caso degli assegni di cura, al riconoscimento del bisogno assistenziale da parte dell’attore pubblico segue l’erogazione di una somma di denaro all’utente o ai suoi familiari. Il contributo economico può rimanere ai familiari oppure essere utilizzato per impiegare personale a pagamento, usualmente nel "mercato nero" e al di fuori di ogni regolamentazione e controllo. Il nostro contributo si dedicherà a quest’ultima tipologia.

 

Gli assegni di cura in Italia

 

Un’importante novità che ha caratterizzato il welfare italiano nell’ultimo decennio concerne la diffusione degli assegni di cura introdotti a livello regionale e comunale. Tali assegni vengono forniti a livello regionale o municipale e la loro peculiarità risiede nell’essere erogati da Comuni o Aziende Sanitarie Locali in sostituzione di servizi alla persona, domiciliari o residenziali. Per soddisfare il bisogno di assistenziale di un anziano, Comuni e ASL possono offrire a lui o a chi gli sta vicino un contributo economico, mentre sino a pochi anni fornivano esclusivamente servizi alla persona. Il cash al posto del care quindi, questo l’aspetto rivoluzionario degli assegni. Nel corso degli anni ‘90 numerosi Comuni e Regioni italiani hanno introdotto nella propria normativa gli assegni di cura. Le precise caratteristiche e l’ampiezza di tale diffusione, tuttavia, non sono state sino ad oggi delineate con chiarezza poiché non sono state compiute raccolte sistematiche di informazioni in merito. Per contribuire al superamento di tale carenza è stato condotto un rilevamento a campione in 43 Comuni, rappresentativo delle municipalità italiane con più di 50.000 abitanti. Si tratta, a nostra conoscenza, della prima rilevazione compiuta su scala nazionale per comprendere l’effettiva diffusione degli assegni di cura in Italia (2).

La tabella 1 descrive la presenza degli assegni di cura nei Comuni. Il dato aggregato mostra che gli assegni sono erogati nel 30% dei Comuni ma costituisce la sintesi di realtà assai differenziate. Infatti, mentre la percentuale di Comuni del centro/nord che fornisce l’assegno è pari al 42%, nelle municipalità meridionali essa scende al 12%. Questi primi risultati evidenziano una caratteristica fondamentale della diffusione degli assegni di cura in Italia: si tratta di un fenomeno fortemente localizzato nel centro-nord del paese. La tabella successiva esamina la diffusione degli assegni nelle Aziende Sanitarie Locali cui appartengono i Comuni studiati. Il quesito sulla presenza di questa misura nelle ASL è stato posto poiché, nel welfare italiano, gli assegni possono essere erogati sia dai servizi sociali sia da quelli sanitari ed essere finanziati dalle ASL (Regioni) come dai Comuni. La tabella 2 indica una maggiore diffusione degli assegni nei Comuni rispetto alle ASL: questi sono forniti dal 30% dei primi e dal 24% delle seconde. Esiste dunque un diverso grado di diffusione, anche se con differenze piuttosto contenute. I dati sulle ASL enfatizzano ulteriormente il gap tra centro/nord e sud del paese: in quest’ultima area nessuna delle Aziende considerate offre l’assegno. Per comprendere la diffusione degli assegni di cura, la tabella 3 è quella di maggiore interesse e costituisce l’indicatore più significativo sull’effettivo grado di penetrazione di questa misura in Italia. È qui presentata la percentuale di realtà in cui almeno uno tra Comune e ASL eroga assegni di cura: si tratta del 42%.

 

(2) L’obiettivo della rilevazione consisteva esclusivamente nella mappatura dell’offerta di assegni di cura e voucher. Non era previsto alcun quesito finalizzato ad esaminare le specifiche caratteristiche che tali misure assumono nei diversi contesti locali.

 

Dividendo il paese per aree geografiche, emerge più distintamente il profilo della misura. Essa è molto diffusa nel centro-nord, dove il Comune e/o la ASL la forniscono nel 64%, mentre è quasi assente nel meridione, dove tale percentuale si ferma al 12%. Nella parte centro-settentrionale del paese si tratta dunque di una misura assai presente nel territorio, la quale viene offerta nella maggior parte delle aree considerate. La principale ragione della ridottissima presenza degli assegni nel centro-sud deve essere individuata - come detto - nell’utilizzo improprio fatto in tale area dell’indennità di accompagnamento, qui sovente adoperata come politica "nascosta" di mantenimento del reddito e comunque per obiettivi diversi da quelli stabiliti .

La diffusa presenza degli assegni di cura nel centro-nord del paese costituisce un fenomeno assai recente. Nell’ambito della nostra indagine è stato chiesto l’anno di introduzione della misura. In tutti i casi considerati - tranne uno - l’assegno è stato introdotto nel corso degli anni ’90. Bisogna in particolare sottolineare che nella quasi totalità dei casi gli assegni sono stati introdotti a partire dal 1995. Inoltre, all’interno del nostro campione, il periodo di maggiore diffusione è quello che si estende dal 1997 ad oggi. Le informazioni sull’anno di introduzione della misura evidenziano il carattere di novità che questa rappresenta nel welfare italiano. La sua recente introduzione e l’accelerazione degli ultimissimi anni fanno ritenere che il processo di diffusione sia ancora lontano dalla propria conclusione. Se nell’immediato futuro l’assegno continuerà a diffondersi con lo stesso ritmo del più recente passato, il rilievo di questa misura nel welfare locale italiano aumenterà rapidamente.

 

Tabella 1

Il vostro Comune eroga assegni di cura? Percentuale

 

No

Totale

Centro/Nord

42

58

100

Sud

12

88

100

       

Totale

30

70

100

(N= 43)

 

Tabella 2

La ASL cui appartiene il vostro Comune eroga assegni di cura? Percentuale

 

No

Totale

Centro/Nord

41

59

100

Sud

0

100

100

       

Totale

24

76

100

(N= 43)

 

Tabella 3

Nella città considerata il Comune e/o la ASL eroga assegni di cura? Percentuale

 

No

Totale

Centro/Nord

64

36

100

Sud

12

88

100

       

Totale

42

58

100

(N= 43)

Nel nostro paese gli assegni di cura sono molto più diffusi dei voucher. La nostra indagine si è anche dedicata - come detto - a rilevare la presenza di questi ultimi nel welfare locale italiano. È stato chiesto se nei Comuni sono stati introdotti sistemi in cui è l’utente a scegliere direttamente il fornitore di un servizio (finanziato parzialmente o totalmente dall’assessorato). Ciò accade solo nell’12% dei casi (tab 4), mentre per gli assegni di cura tale percentuale sale al 30% dei Comuni. I rari casi di voucher individuati - inoltre - sono tutte sperimentazioni, mentre per gli assegni si tratta in larga prevalenza di misure regime. Questa evidenza empirica contrasta con lo sviluppo del dibattito, il quale negli anni più recenti ha dedicato maggiore attenzione ai voucher rispetto agli assegni (si veda oltre). Si può dunque affermare che esista una certa distanza tra l’effettivo sviluppo dei servizi nel territorio e quello del dibattito sulle diverse tipologie di prestazioni.

 

Tabella 4

Nel vostro Comune sono presenti sistemi di voucher? Percentuale

 

12

No

88

   

Totale

100

(N= 39)

 

I risultati della rilevazione possono essere così sintetizzati:

- gli assegni di cura sono assai diffusi nel centro-nord del paese (64% delle aree) mentre nel meridione sono quasi assenti (presenti solo nel 12% delle aree). La loro presenza nel centro-nord è dunque molto estesa;

- la diffusione degli assegni è assai recente, poiché nella quasi totalità dei casi sono stati introdotti dal 1995 ad oggi (con una accelerazione negli ultimissimi anni). Se la diffusione manterrà questo ritmo, gli assegni acquisteranno rapidamente un ruolo di ancora maggiore rilievo;

- gli assegni di cura sono nel nostro paese molto più diffusi dei voucher (presenti solo nel 12% dei Comuni e sempre in forma sperimentale), che ottengono invece maggiore attenzione nel dibattito e nella riflessione.

 

Alcune esperienze

 

Dopo aver presentato diversi dati sulla diffusione degli assegni di cura in Italia, pare necessario integrare il quadro quantitativo con un profilo qualitativo, illustrando le caratteristiche della misura in quattro realtà italiane, rappresentative di diverse configurazioni istituzionali: due Regioni (Emilia Romagna e Veneto), una Provincia autonoma (Trento) ed un Comune (Milano). Il profilo dell’assegno in queste realtà può essere riassunto come segue:

 

- Emilia Romagna: introdotto nel 1994 sperimentalmente e poi gradualmente messo a regime, l’assegno è fornito ad un familiare o ad una persona legata da un rapporto consolidato e verificabile con l’anziano. La misura viene erogata se il reddito del nucleo familiare (comprendente l’anziano) è inferiore ad una certa soglia, si accerta la non autosufficienza dell’anziano e l’adeguatezza della rete familiare che si farebbe garante dell’assistenza. Le Unità di Valutazione Geriatrica Territoriali valutano il bisogno assistenziale ed elaborano un progetto assistenziale personalizzato, d’intesa con anziano e caregiver. Il responsabile del caso (assistente sociale) avalla il piano e ne segue l’andamento nel tempo predisponendo supporti adeguati all’assistenza (compreso l’accesso alla rete dei servizi sociosanitari integrati presenti sul territorio). Per quanto riguarda le modalità di utilizzo previste, il familiare dell’anziano - formalmente responsabile del piano di assistenza - può garantire direttamente le prestazioni di assistenza, oppure avvalersi di persone non appartenenti al nucleo familiare

 

- Veneto: l’assegno è stato introdotto sperimentalmente nel 1991 e portato a regime in tutta la Regione nel 1995. Può essere fornito a minori, adulti ed anziani non autosufficienti ed è soggetto ad un doppio criterio di eleggibilità: Il reddito complessivo del nucleo familiare del richiedente non deve superare una certa soglia ed il punteggio, risultato della valutazione del bisogno assistenziale del soggetto e del care che già riceve, non deve essere inferiore ad una certa soglia. La valutazione iniziale del richiedente è responsabilità di assistente sociale e medico di base, i quali trasmettono le informazioni raccolte al livello regionale. Qui si attribuisce un punteggio ai singoli casi e si costruisce una graduatoria su base regionale, per poi attribuire ai Comuni le quote di finanziamento corrispondenti. Se la persona diventa beneficiario dell’assegno vengono compiute verifiche successive sulle sue condizioni da parte del personale sociale. I beneficiari del contributo possono scegliere come utilizzarlo: non preclude l’accesso a servizi di assistenza domiciliare sociale attivi a livello comunale, del volontariato sociale o di altre forme di assistenza pubblica o privata.

 

- Trento: i familiari di minori, adulti, anziani non autosufficienti ricevono questa misura, avviata sperimentalmente nel 1998 ed introdotta a regime nel 2000. L’assegno viene erogato dopo che siano state verificati: il carattere permanente nel bisogno assistenziale, la compatibilità delle prestazioni assicurate in ambito familiare con tale bisogno e la condizione economica del nucleo familiare di riferimento non superiore a limiti stabiliti. Il processo di attribuzione dell’assegno si articola in una valutazione dei requisiti, dell’assistenza fornita in ambito familiare e della compatibilità tra quest’ultimo ed i bisogni assistenziali. Se la persona è presa in carico, si effettuano verifiche trimestrali sulle condizioni generali dell’assistito e sull’assistenza familiare ed una verifica annuale dei requisiti che danno diritto al contributo. Per quanto riguarda le modalità di erogazione, i beneficiari dell’assegno si impegnano a fornire almeno il 50% dell’assistenza e possano avvalersi del contributo di persone esterne alla famiglia.

 

- Milano: l’assegno viene erogato dal 1992 (prima sperimentalmente e dal 1993 a regime) ed è fornito ad anziani non autosufficienti. Lo possono ricevere anziani non autosufficienti il cui reddito e patrimonio (così come quello degli obbligati per legge) sia inferiore ad una certa soglia. L’erogazione viene iniziata a seguito della verifica dei requisiti d’accesso e della valutazione - da parte dell’assistente sociale - delle condizioni che permettono all’anziano di rimanere a domicilio. Successivamente sono effettuate - da parte del personale sociale - verifiche sull’utilizzo dell’assegno e sulle condizioni dell’anziano. La normativa prevede tre diverse modalità d’utilizzo: l’assistenza è garantita da membri del nucleo familiare, le prestazioni sono erogate da persone esterne al nucleo familiare assunte con contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) o le prestazioni sono erogate da persone esterne alla famiglia non assunte con CCNL.

 

Le quattro realtà esaminate in questo scritto presentano molteplici elementi di similitudine, che sono condivisi dalla maggior parte delle esperienze di introduzione dell’assegno di cura locale. Anche se le informazioni disponibili su questa misura sono ancora scarse, gli elementi di somiglianza esistenti inducono a suggerire l’esistenza di un "modello italiano" di assegno di cura, caratterizzato da una propria fisionomia. Le similitudini esistenti tra le diverse esperienze italiane emergono chiaramente sin dagli obiettivi dell’assegno. Esso ha quasi ovunque il fine di evitare o ritardare l’entrata dell’anziano in strutture residenziali. Si tratta di una misura con cui i decisori cercano di far "quadrare il cerchio" tra la crescente domanda di servizi pubblici, in particolare residenziali, e la scarsità delle risorse disponibili. Con una formulazione un po’ brutale, si potrebbe affermare che l’assegno di cura è stato introdotto poiché ritenuto l’intervento più efficace e meno costoso per governare la crescente domanda di istituzionalizzazione degli anziani. Tale obiettivo si riflette nel target di beneficiari, persone con grave non autosufficienza e forte bisogno assistenziale. Oltre alla presenza di un bisogno assistenziale rilevante, l’erogazione dell’assegno è soggetta ad una seconda condizione: il reddito del nucleo familiare dell’anziano deve collocarsi sotto una certa soglia. Il criterio di eleggibilità è dunque duplice: forte bisogno assistenziale e ridotta disponibilità economica.

Per quanto riguarda il destinatario ultimo dell’assegno, molto spesso si tratta di un familiare dell’anziano. In una certa misura l’assegno viene anche utilizzato per acquistare assistenza privata. In alcune aree esiste invece l’opportunità di erogare – insieme all’assegno - servizi domiciliari pubblici, ma pare realizzarsi di rado. L’ultima peculiarità del "modello italiano" concerne le modalità di erogazione dell’assegno, caratterizzate sovente dalla stesura di un piano assistenziale e dalla previsione di un’attività di verifica nel corso del tempo. L’erogazione dell’assegno viene in molti casi collocata nell’ambito di un piano assistenziale concordato tra servizi pubblici, anziano e caregiver che lo assiste. Si prevede, inoltre, che i servizi pubblici compiano in seguito verifiche in merito al care erogato ed all’impatto sull’anziano, anche se nella pratica risulta abbastanza difficile svolgere tali funzioni.

 

Perché vengono introdotti gli assegni di cura?

 

I motivi della diffusione degli assegni affondano le proprie radici nella tradizione del welfare pubblico italiano e nel ruolo svolto dalla famiglia nella nostra realtà. La riflessione parte dal notevole incremento che la popolazione anziana sta sperimentando in Italia. Nel 1999 le persone con 65 anni o più d’età costituivano il 17,7% dell’intera popolazione e si prevede che tale percentuale raggiungerà il 25,7% nel 2024. Ancor più impressionante è la crescita del gruppo di chi ha 75 anni o più: si prevede che aumenteranno dall’attuale 7,5% (dato 1999) al 13,2% nel 2024 (CNR-IRP, 1998). Tale incremento - in particolare quello degli ultrasettantacinquenni - incrementa fortemente il bisogno di assistenza. L’offerta di servizi sociali e sanitari per gli anziani è però assai ridotta e le risorse pubbliche ad essi destinati - seppure crescenti - risultano inadeguate. In tale contesto molti decisori giudicano gli assegni di cura l’unica modalità utilizzabile per allargare la platea di beneficiari dell’intervento pubblico a costi relativamente contenuti. Si deve inoltre considerare che in Italia la maggioranza degli assegni è fornita ad anziani ad alto rischio di istituzionalizzazione. I contributi monetari sono dunque erogati come alternativa alla struttura residenziale, rispetto alla quale sono considerati assai più economici. L’aspetto dell’economicità è cruciale per comprendere perché in Italia gli assegni di cura attraggono così tanto i decisori.

Oltre che a considerazioni di tipo economico, gli assegni di cura devono il loro sviluppo al ruolo che la famiglia occupa nel nostro paese. È noto, infatti, come nella cultura italiana il care degli anziani sia considerato un fatto privato e che tale deve rimanere (Taccani (a cura di), 1994). In un simile contesto l’assegno di cura è salutato con favore, poiché ritenuto un intervento che sostiene la famiglia nella sua funzione "naturale" di unico fornitore di assistenza all’anziano. L’erogazione dell’assegno non viene cioè considerata né la negazione dell’offerta di un servizio né una forzatura nei confronti delle donne, che le obbliga a rimanere in casa per prendersi cura dell’anziano. Inoltre - in un paese caratterizzato da un’offerta di servizi pubblici piuttosto ridotta - l’assegno è considerato un riconoscimento del quotidiano lavoro di assistenza svolto dai caregiver, altrimenti lasciati soli ad affrontare tale gravoso impegno (Taccani, 1999). Sembra importante sottolineare l’elevato gradimento che gli assegni di cura raccolgono tra i familiari impegnati nel care di anziani non autosufficienti. Si tratta di una costante, che si ritrova nella grande maggioranza dei casi e conferma un dato già riscontrato nell’esperienza internazionale (Weekers e Pijl, 2001). All’opposto il mondo della ricerca - in Italia come in altri paesi - tende a guardare con sospetto a tale misura. Le persone che se ne sono occupate sono il netta prevalenza studiose impegnate in ricerche su genere e politica sociale. Loro tendono a sottolineare le conseguenze negative che l’assegno di cura produce sul percorso di vita dei caregiver, solitamente donne, impegnate ad assistere l’anziano (si veda ad esempio Saraceno, 1995). Sottolineano infatti come il contributo economico costituisca un forte incentivo a "rimanere in casa", impegnandosi nel care invece di intraprendere un’attività nel mondo del lavoro retribuito. Una simile scelta può non rappresentare la preferenza delle donne coinvolte e - comunque - produce conseguenze negative sulle opportunità professionali che tali persone potranno avere in seguito. La fornitura di tale misura in alternativa ai servizi alla persona può incrementare il carico assistenziale per i caregiver, con effetti negativi per quanto concerne la loro qualità della vita. Sull’impatto degli assegni per i caregiver si tornerà in seguito, ma si vuole qui sottolineare il notevole gradimento verso questa misura solitamente espresso dai caregiver. Il gradimento per gli assegni di cura trova concordi caregiver ed anziani. L’insieme di motivazioni concernenti il ruolo della famiglia, infatti, ben si lega alla preferenza degli anziani stessi a rimanere nella propria casa il più a lungo possibile. In sintesi, l’ascesa degli assegni di cura affonda le proprie radici nell’intenzione di contenere i costi e nella centralità assegnata alla famiglia, una coppia di ragioni che spiegano molti fenomeni del welfare italiano. Altri motivi - che hanno fornito una spinta fondamentale per lo sviluppo degli assegni in Europa - non hanno invece avuto un ruolo importante nel nostro paese. In particolare, l’enfasi sulla maggiore libertà di scelta da fornire agli anziani ha costituito uno dei motivi principali per l’introduzione di tale misura in alcuni paesi europei, mentre non ha sino ad oggi avuto un ruolo rilevante in Italia.

Un aspetto che - pur presente anche in altri paesi - ha un rilievo particolare nello spiegare lo sviluppo degli assegni di cura in Italia concerne l’attuazione delle politiche pubbliche. Sono note le enormi difficoltà che si incontrano nel nostro paese quando si vuole implementare una politica sociale o sanitaria. Lo sviluppo dei servizi domiciliari - da lungo tempo auspicato da più parti ma che ha sempre enormemente faticato a trovare la sua concretizzazione - rappresenta un esempio emblematico di tali difficoltà. Fornire un contributo economico è per l’attore pubblico non solo meno costoso ma anche più semplice e rapido che erogare servizi alla persona, siano essi domiciliari o residenziali. Le minori difficoltà che si incontrano nella fase di implementazione sono molto importanti per spiegare la diffusione degli assegni di cura in Italia.

 

Bibliografia

CNR-IRP (1998), Previsioni sull’andamento demografico in Italia. Rome, CNR-IRP.

Gori, C, 2000, Le tipologie delle prestazioni, in "Prospettive sociali e sanitarie", pp 37-39.

Le Grand, J. e Bartlett, W. (a cura di), Quasi-markets and social policy, Londra: Macmillan, 1993.

Saraceno, C., 1995, Le politiche sociali alla luce delle nuove richieste di prestazione e di inclusione, in Mariani, G., e Tognetti Bordogna, M. (a cura di), "Politiche sociali tra mutamenti futuri e scenari normativi", Milano: Angeli, pp 23-38.

Taccani, P. (a cura di), 1994, Dentro la cura, Milano: Angeli

Taccani, P., 1999, Curare oggi, curare domani. Il care degli anziani, in "Prospettive Sociali e Sanitarie", 3, pp 1-4.

Weekers, S. e Pijl, M., 2001, La diffusione degli assegni di cura, in Gori, C (a cura di), "I servizi sociali in Europa", Roma: Carocci, pp 123-138


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