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Bari 2003: troppi passi indietro

 

Commenti sulla 'tre giorni' di Bari, e in particolare sulla seconda Conferenza sulla disabilità, dell'imprenditore Davide Cervellin, ex presidente della Commissione Handicap di Confindustria

Le tante persone disabili, le associazioni e le organizzazioni che si sono ritrovate a Bari il 14, 15 e il 16 febbraio, hanno vissuto, loro malgrado, una commedia del paradosso trovandosi così a recitare una trama quasi l'avesse scritta Samuel Beckett.

In un ambiente poco accogliente, certamente poco adatto a realizzare dibattito, ad ascoltare, dove per i più non era neppure possibile soddisfare i morsi della fame o bere un caffè, sono state presentate le tante istanze, i tanti problemi di quelle famiglie, di quelle persone disabili che non vedono ancora realizzato il loro diritto di cittadinanza e dall'altra parte i Ministri, i Sottosegretari, o a raccontare una realtà che, ahimè, non ci appartiene o a giustificare l'assenza di soluzioni con la mancanza di soldi.

Un filo conduttore mi pare si possa dire abbia caratterizzato questa conferenza dai toni della giornata di apertura alla scelta delle testimonianze esposte prima della tavolo rotonda di chiusura di domenica. Questo filo conduttore è l'approccio compassionevole e pietistico. Quell'approccio che noi avremmo voluto non caratterizzasse più il nostro paese, quell'approccio peraltro, che con forza e grande chiarezza era stato superato con il giubileo del disabile del 3 dicembre 2000, dove il Santo Padre con fermezza aveva parlato di diritto alla cittadinanza piena e di partecipazione attiva di tutte le persone disabili e dove erano state scelte ad esemplificazione di questo nuovo modo di concepire le politiche sociali a testimoniare quelle persone che pure colpite da una qualche disabilità risultavano essere e riuscivano ad esprimere la loro normalità di lavoratori, di genitori, ecc.
Ho provato proprio disgusto nella poca coerenza di alcuni uomini di Governo che quasi a giustificare la loro incapacità di fare, di avere un ruolo, di combattere per obiettivi alti, si sono giustificati con la poca chiarezza delle loro deleghe o mancanza di fondi da gestire o conflittualità di competenza tra Stato Regioni ed Enti locali.

Ma dico io, siamo forse noi persone disabili responsabili di questi conflitti di competenza? Siamo noi forse la causa di chi sceglie di destinare il pubblico denaro altrove? Siamo noi forse coloro che impediscono di dare loro un mandato politico ed operativo chiaro e definito? Credo che qualcuno di questi politici che proprio perché sulla propria pelle porta come noi i segni della diversità ben farebbe anziché a fare la bandierina di attenzione sociale ad un Governo distratto, a fare un gesto forte e coerente ed andarsene.

Ben farebbero gli altri nostri governanti a dire una volta per tutte che noi non siamo una priorità, così almeno disillusi tutti potremo trovare le forze per riprendere la lotta. D'altro canto leggendo i giornali in questi giorni nessuno spazio è stato dato a questa nostra Convention che si può ben dire di 'sfigati', mentre ad esempio, e questo è il termometro della nostra politica, si è ben raccontato di Miss Padania, coi suoi quattro Ministri presenti e lo stuolo di Sottosegretari e Parlamentari.

Peccato, cari governanti, che questo Paese invecchi sempre più e che anche le miss invecchieranno e che se non abbiamo l'udito, la vista, per sentire, vedere ed affrontare i problemi, ci troveremo sempre più a governare, anziché lo sviluppo, la distruzione.
Cari Ministri, noi persone disabili col nostro modo di vivere, con i servizi che ci offrite, siamo il termometro della civiltà del Paese, noi siamo quello che tutte le persone sane potrebbero essere dopo un incidente, una malattia o la vecchiaia. Ricordatevi che porre al centro delle politiche la soluzione dei nostri problemi non è un'azione buona, un atto compassionevole di cui ci si può ricordare ogni tanto, è ciò che serve per mantenere il nostro paese agganciato a quelli più sviluppati d'Europa e del mondo per dare un futuro di occupazione e di sviluppo economico e di qualità della vita per le generazioni che verranno. Spero che Bari sia stato, seppur grave, un incidente di percorso e da quella cenere, da quel rogo di illusioni e di speranze, possiamo risorgere per dirci ancora degni di vivere in questo Paese.


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