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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

PICCHIANO L’ALUNNO DISABILE? OCCORRONO PIU’ INSEGNANTI DI SOSTEGNO!

            In questi giorni i giornali e le TV    sono pieni di cronache, interviste, discussioni sul caso eclatante dell’alunno con disabilità, picchiato a scuola da alcuni compagni che lo hanno pure ripreso con telecamera ed hanno caricato su internet le immagini fra i “ video più divertenti”.

            Tante sono le   cose strane in questa  incredibile vicenda: l’episodio vergognoso è avvenuto a Giugno scorso, ma se ne è avuta notizia solo ora, dopo che l’Associazione Vivi-Down di Milano , viste le ributtanti immagini su internet ha sporto denuncia per diffamazione;  trattandosi di una denuncia di un’associazione Down tutti hanno subito pensato che la vittima fosse un ragazzo Down ed, invece, grande meraviglia quando si è saputo che trattatasi di un ragazzino con altra disabilità intellettiva, come se vi debba essere una rigida suddivisione per categorie, mentre al contrario ad es. l’ AIPD, Associazione Italiana Persone Down e l’ANFFAS hanno rispettivamente costituito un osservatorio nazionale sull’integrazione         scolastica, con relativo sito web, coi quali affrontano i problemi  didattici relativi a tutte le tipologie di minorazioni ; il maltrattamento è avvenuto  in classe, nella quale pur se quattro “bulletti di buona famiglia” hanno compiuto le loro “gesta eroiche”, il resto dei compagni è rimasto totalmente indifferente,al punto che uno  della “ banda dei quattro” poteva tranquillamente scrivere alla lavagna frasi di stampo nazzista   ed un altro della stessa “banda” poteva comoda,mente filmare quanto stavano facendo i  due “ picchiatori” che completavano il  gruppo dei “ magnifici quattro.  Sorgono spontanee alcune domande:                                            Per fare  tutto questo occorrono alcuni minuti; ma i docenti, dove si trovavano? Si deve ritenere per certo che non fossero in classe, perché, diversamente come si dovrebbero qualificare? Ma il primo docente che è entrato in classedopo l’accaduto, non si è reso conto del clima eccitato che doveva serpeggiare fra i ragazzi? E’ possibile che un episodio di questa portata possa avvenire in una classe di almeno 25 alunni, senza che nessuno se ne renda conto o si  muova per  fermarlo, denunciarlo o per indagare?

            Su “ La Repubblica” del 15 Novembre scorso si legge che alcuni docenti della scuola superiore, teatro dell’accaduto, pspiegano il fatto con l’insufficiente numero di insegnanti di sostegno assegnati alla scuola.E’ possibile che la perversa logica della “ delega dell’integrazione scolastica  ai soli insegnanti di sostegno” deresponsabilizzi fino a tal punto i docenti curricolari? Sino ad oggi avevamo sentito dire, con nostro disappunto,  che, se mancava l’insegnante di sostegno , l’alunno con disabilità dovesse uscire dalla classe  o, addirittura, dovesse andarsene a casa; ma ancora nessuno si era spinto tanto avanti ( o in basso?!) da delegare agli insegnanti di sostegno anche la cultura dell’accoglienza degli alunni con disabilità, anzi la loro incolumità fisica, o di più, il rispetto della loro dignità e del livello di civiltà che la nostra società sostiene di possedere in misura superiore ad altre!

            Ma che scuola è quella nella quale si delega  solo ad alcune ore  di presenza di un docente l’educazione di tutti gli alunni? Si , perché qui, oltre agli aspetti penali sui quali giustamente sta indagando la magistratura ordinaria e minorile, il fatto più eclatante è la mancanza di educazione  al rispetto delle persone, specie più deboli,  che in questa vicenda emerge in tutta la sua devastante laidezza.

            Chi scrive, indignato, queste righe, è un docente pensionato, che, da ragazzo minorato della vista, praticò  positivamente l’integrazione scolastica  a Gela, nel profondo Sud negli anni Cinquanta, quando ancora neppure si  sapeva cosa fosse l’integrazione scolastica  e gli insegnanti “ di sostegno” non erano ancora stati inventati  né utilizzati come comodo scaricabarile per  giustificare la delega di qualunque responsabilità a loro da parte di molti docenti curricolari. In questa vicenda ha un peso la norma del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto-scuola, secondo cui l’aggiornamento dei docenti ( anche sull’integrazione scolastica) non è un dovere dei docenti, ma solo un loro diritto discrezionalmente  esercitabile? Io credo in parte di sì. Infatti la  citazione di “ La repubblica” è la riprova più evidente.

            L’integrazione scolastica , come cominciammo a praticarla dalla fine degli anni Sessanta era frutto della presa in carico del progetto da parte di tutti i docenti della classe che educavano gli alunni ad accogliere il compagno con disabilità, con ciò stesso realizzando l’integrazione.

            Con l’andar del tempo e con  l’istituzione dei “posti  di sostegno” quell’iniziale spinta propulsiva all’integrazione come processo corale è venuta sempre più affievolendosi e gli alunni con disabilità, specie nelle scuole medie e e soprattutto superiori sono sempre più lasciati soli dai docenti curricolari e dai compagni, sempre meno educati alla cultura ed alla prassi dell’integrazione. Così continuando, nella maggioranza dei casi ci vorrà un insegnante “ di sostegno” per  ciascuno dei circa centosettantamila alunni  con disabilità, frequentanti le scuole pubbliche comuni  e per tutta la durata delle lezioni, come cominciano a stabilire  ormai alcune centinaia di sentenze dei Tribunali italiani.

            Ma se questo “ andazzo” si affermasse, non sarebbe la fine dell’integrazione scolastica?

            Il  nuovo Ministro della pubblica Istruzione si sta rendendo conto di come stiamo rischiando di tornare paurosamente indietro? Egli, è vero, ( occorre dargliene pubblicamente atto), appena nominato, si è recato alla “Marcia di Barbiana”  all’annuale  pellegrinaggio  sulla tomba di don Milani ed ha immediatamente dopo riconvocato e rivitalizzato l’Osservatorio ministeriale sull’integrazione scolastica, che languiva da tempo sotto il precedente Governo. Però a questo punto, come diciamo a Roma “ deve darsi ‘na mossa”. Fa bene ad avviare ispezioni sul grave fatto accaduto ed aprendere, ove necessario, misure disciplinari verso dirigenti, docenti ed alunni colpevoli di fatti commessi o di omissioni.

            Ma il provvedimento più urgente che, a mio sommesso avviso, dovrebbe egli assumere   dovrebbe essere la convocazione immediata dei Sindacati della scuola per modificare la normativa contrattuale  sul “ non dovere “ di fomazione ed aggiornamento dei docenti, specie in materia di integrazione scolastica degli alunni con disabilità.Anzi  l’iniziativa dovrebbe essere presa dai Sindacati che negli anni Sessanta furono i più convinti sostenitori dell’importanza dell’integrazione operata da tutti i docenti di classe.

            Il Ministro Moratti, poco tempo prima dell’abbandono del Ministero, emanò le Linee-guida per la corretta accoglienza degli aluni stranieri.  Non sarebbe urgente che il Ministro Fioroni emanasse delle “ Linee-guida “ per il rilancio dei valori dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, stigmatizzandone le cattive prassi ed evidenziando quelle positive di qualità, che pur si realizzano? Se questo innominabile episodio di teppismo fisico e mediatico producesse  almeno questo effetto , potremmo sentirci meno frustrati.

            Roma 16 Novembre 2006-11-16

                                   Salvatore Nocera 


da "Conquiste del Lavoro"
22 novembre 2006

Ci siamo fermati anche noi, sgomenti, allibiti.

Le prime notizie di stampa e le poche immagini riportate dai giornali erano sufficienti per passare dall'angoscia allo sdegno, alla ribellione. No, non può accadere che un disabile venga offeso e aggredito; da suoi compagni poi, e a scuola. Ci siamo fermati a pensare, a interrogare, a interrogarci. Abbiamo evitato di fare subito, a caldo, dichiarazioni di prammatica e scontate.
Non volevamo accontentarci di semplici esecrazioni usa e getta, né esercitarci in facili e troppo diffusi giudizi mordi e fuggi. Il fatto era troppo grave, ci interrogava sulla società, sulla scuola, su noi.
Ci chiedeva e ci chiede quali impegni assumere.
Per giorni, come era giusto, i giornali stavano sulla notizia e sul fatto; e altri fatti, in parte simili o comunque accomunati a quello, si venivano scoprendo e veniva reso di pubblico dominio quel malessere profondo dei giovani che noi già sapevamo ma che ora assumeva pubblicamente i toni drammatici della violenza e della crudeltà gratuita.
Per giorni, fortunatamente, i giornali affidavano ai loro migliori collaboratori il compito di scavare sotto la notizia e cercare le cause di mali così incomprensibili e scuri. Abbiamo apprezzato e condiviso molti commenti: il grido accorato di Galimberti, le amare considerazioni di Marco Lodoli, le sagge e puntuali osservazioni di Michele Serra e di Claudio Magris, gli interventi di altri, fortunatamente tanti altri uomini di cultura e di anima. Abbiamo apprezzato anche l'immediato intervento del Ministro Fioroni, la sua presa di posizione, le sue dichiarazioni.
Dunque ci siamo interrogati come chiedeva a tutti e fin dall'inizio Umberto Galimberti e accogliamo la sua indicazione quando dice che "la scuola, prima delle discipline che è incaricata di insegnare, prima dell'educazione civica impartita per avviare all'osservanza delle leggi, dovrebbe cominciare a indagare se i fondamentali della natura umana sono ancora presenti e attivi nei ragazzi".
Dunque, ora, interveniamo anche noi avviando una riflessione seria, un discorso che, superata l'emotività e la reattività del momento, cerchi di dare onda lunga a pensieri concreti che portino alle cose da fare.
Occorre intanto distinguere, non fare confusione, non mescolare tutto.
Non mettere insieme maleducazione diffusa, aggressività mal controllata, bullismo, violenza imperdonabile come quella esercitata contro dei disabili.
Certo, il comune terreno di coltura e di sviluppo di tutti questi fenomeni è o può essere lo stesso, ma è necessario distinguerli perché alle diverse forme in cui si esprimono si devono dare risposte diverse.
Sappiamo la crisi della scuola, lo sappiamo per primi, e sappiamo, più in generale la crisi dell'educazione.
Già nel nostro Convegno di maggio sul "La Buona Scuola" abbiamo cercato di rilanciare la parola Educazione, una parola quasi dimessa dalla società e per troppo tempo spinta anche fuori dalle aule, sull'invito a inseguire più moderne e fascinose sirene: inglese, internet, impresa, solo per fare un esempio.
Ritornare ai fondamentali e all'essenziale è necessario, sapevamo e sappiamo che la buona scuola è anche questo; molte nostre prese di posizione contro improvvisate e farraginose proposte di riforma, per cui siamo stati accusati spesso di corporativismo e conservatorismo, nascevano da lì. Ma qui, ora, vogliamo restare sul fatto di Torino, sulla violenza contro quel ragazzo disabile, e vogliamo puntare l'attenzione su come viene affrontato e seguito il problema della disabilità dentro e fuori la scuola.
Il prossimo anno ricorre un anniversario importante e da ricordare: i trent'anni della legge 517.
Dentro quella legge che allora ci portava e ancora ci tiene ai vertici dei confronti internazionali per civiltà educativa, c'era un punto importante: l'inserimento e l'integrazione nelle classi comuni dei ragazzi disabili.
Una conquista da non perdere, da non compromettere, da realizzare pienamente, da migliorare. La nostra ferma mobilitazione contro ogni attacco e ogni restrizione di quei principi e delle necessarie condizioni di esercizio di quella norma, hanno caratterizzato e caratterizzeranno uno dei tratti fondamentali della nostra identità di CISL Scuola.
Le istituzioni, e la scuola in particolare, da allora, si sono mosse sulla strada giusta, ma la società è andata nella stessa direzione?
I ragazzi di quella scuola torinese sembrano essere avulsi dalla cultura della scuola, dal suo impegno, dalla sua testimonianza. Ma questi ragazzi saranno pure frutto di qualcuno e di qualche cosa.
Il grido di Umberto Galimberti: "scuola, scuola, scuola", è anche il nostro grido ed è la nostra quotidiana preoccupazione.
Ha però ragione Marco Lodoli quando ammonisce: "Non gettiamo sulle spalle curve della scuola anche questa colpa", e lo stesso Galimberti annota: "So che i compiti che oggi vengono affidati agli insegnanti sono molti".
Già intervenendo, poco tempo fa, sui problemi di Napoli, ma anche di tante altre zone del paese, e sul ruolo della scuola per sviluppare cittadinanza e vita civile, noi avevamo scritto che gli insegnanti costruiscono ogni giorno percorsi di speranza e progetti che sfidavano la durezza e la paura dei tempi.
A mani nude e a voce sola - osservavamo - gli insegnanti, ricchi solo di passione e di buona volontà, combattono contro logiche, modelli e comportamenti che indicano ben diversi percorsi di autorealizzazione e di successo.
L'invito, allora come ora, è quello di fare intesa e condivisione fra quanti hanno a cuore il futuro; occorre stringersi intorno alla scuola, riconoscendo e sostenendo il suo ruolo e il suo compito.
Anche il compito, delicato e importante, di dare accoglienza e rispetto alle fragilità dei più deboli. Il tema del prendersi cura della fragilità ci è caro e l'abbiamo trattato, in particolare, guardando l'infanzia.
Ne diamo testimonianza e visibilità anche con l'ultima pubblicazione che stiamo inviando alle nostre strutture: "Non tradire l'infanzia", dove un prezioso contributo di Ivo Zizzola ci richiama alla centralità di questo tema.
Sulla questione dell'handicap, poi, abbiamo sostenuto e vogliamo contribuire a diffondere un volume di Igor Salomone, pubblicato da Città Aperta, dove il dramma e la difficoltà di questa situazione vengono viste "Con occhi di padre" che sono, nel caso specifico, anche occhi di uno che all'educazione dedica tutto il suo impegno accademico e professionale.
Fra le iniziative che mettiamo in cantiere per l'anno che fra poco inizia, un posto di rilievo avrà proprio la questione dell'integrazione. Il nostro impegno sarà alto e sarà continuo.
Ancora un modo per interrogarci e cercare risposte anche ai fatti di Torino dove si sono incontrate e scontrate due diverse fragilità: quella di un ragazzo disabile e quella dei suoi compagni aguzzini.
Due fragilità certo incomparabili, estranee, opposte; ma fragilità tutte e due, fragilità che entrambe ci chiedono aiuto, quell'aiuto che ogni giorno, nonostante tutto e, a volte, contro tutti, la scuola continua a dare.
La scuola non può essere misurata e giudicata sui fatti di Torino o su altre patologie che esplodono in varie parti del paese; patologie che non annullano o sminuiscono il valore quotidiano e nascosto di tanti insegnanti e operatori scolastici.
Ma certo questo pensiero non ci consola ora, davanti a quel ragazzo deriso e umiliato, che segna un fallimento sociale da cui non ci estraniamo.

Francesco Scrima,
Segretario Generale CISL Scuola


da Superando
http://superando.eosservice.com/content/view/1561/116/

(di Salvatore Nocera*)

Dalla vicenda venuta alla luce in questi giorni, delle violenze subite da un ragazzo con disabilità in un istituto scolastico di Torino, si traggano almeno preziosi insegnamenti sulla situazione dell'integrazione scolastica nel nostro Paese: delegare tutto all'insegnamento di sostegno rischia - secondo Salvatore Nocera - di far perdere tanti anni di lavoro
In questi giorni i giornali e le TV sono pieni di cronache, interviste, discussioni sul caso eclatante dell’alunno con disabilità picchiato a scuola da alcuni compagni che l’hanno pure ripreso con la telecamera e hanno caricato su internet le immagini fra i “video più divertenti”.
*Tante sono le cose strane *in questa incredibile vicenda: l’episodio vergognoso è avvenuto nel giugno scorso, ma *se n’è avuta notizia solo ora*, dopo che l’Associazione Vivi Down <http://www.vividown.org/> di Milano, viste le ributtanti immagini su internet, ha sporto denuncia per diffamazione.

Trattandosi poi della denuncia di un’associazione che si occupa di persone con sindrome di Down, tutti hanno subito pensato *che la vittima fosse tale* e invece grande meraviglia quando si è saputo che si trattava di un ragazzino con un’altra disabilità intellettiva, *come se vi debba essere una rigida suddivisione per categorie*, mentre al contrario, ad esempio, l’AIPD <http://www.aipd.it/> (Associazione Italiana Persone Down) e l’ANFFAS <http://www.anffas.net/> (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettivi e/o Relazionali) hanno rispettivamente costituito un osservatorio nazionale sull’integrazione scolastica, con relativo sito web, con i quali affrontano i problemi didattici relativi a *tutte le tipologie di minorazioni*.
E ancora, il maltrattamento è avvenuto in classe, nella quale, pur se quattro “bulletti di buona famiglia” hanno compiuto le loro “gesta eroiche”, *il resto dei compagni è rimasto totalmente indifferente*, al punto che uno della “banda dei quattro” poteva tranquillamente scrivere alla lavagna frasi di stampo nazista e un altro della stessa banda poteva comodamente filmare quanto stavano facendo i due picchiatori che completavano il gruppo.

Sorgono spontanee alcune domande: per fare tutto questo occorrono alcuni minuti; ma *i docenti dove si trovavano?* Si deve ritenere per certo che non fossero in classe perché, diversamente, come si dovrebbero qualificare? Il primo docente che è entrato in classe dopo l’accaduto non si è reso conto del clima eccitato che doveva serpeggiare fra i ragazzi? È possibile che un episodio di questa portata *possa avvenire in una classe di almeno venticinque alunni*, senza che nessuno se ne renda conto o si muova per fermarlo, denunciarlo o per indagare?

Su «la Repubblica» del 15 novembre scorso si legge che alcuni docenti della scuola superiore, teatro dell’accaduto, spiegano il fatto con l’*insufficiente numero di insegnanti di sostegno *assegnati alla scuola. È possibile che la perversa logica della «delega dell’integrazione scolastica ai soli insegnanti di sostegno» *deresponsabilizzi fino a tal punto i docenti curricolari?
*Sino ad oggi avevamo sentito dire, con nostro disappunto, che se mancava l’insegnante di sostegno, l’alunno con disabilità doveva uscire dalla classe o, addirittura, andarsene a casa; ma ancora nessuno si era spinto tanto avanti (o in basso?) da delegare agli insegnanti di sostegno anche *la cultura dell’accoglienza degli alunni con disabilità*, anzi la loro incolumità fisica o, di più, il rispetto della loro dignità e del livello di civiltà che la nostra società sostiene di possedere in misura superiore ad altre!

Ma che scuola è quella nella quale si delega solo ad alcune ore di presenza di un docente *l’educazione di tutti gli alunni?* Sì, perché qui, oltre agli aspetti penali sui quali giustamente sta indagando la magistratura ordinaria e minorile, il fatto più eclatante è *la mancanza di educazione al rispetto delle persone*, specie quelle più deboli, che in questa vicenda emerge in tutta la sua devastante laidezza.

Chi scrive, indignato, queste righe, è un docente pensionato che - da ragazzo minorato della vista - praticò positivamente l’integrazione scolastica a *Gela*, nel profondo sud degli anni Cinquanta, quando ancora neppure si sapeva cosa fosse l’integrazione scolastica e gli insegnanti “di sostegno” *non erano ancora stati inventati *né utilizzati come *comodo scaricabarile* per giustificare la delega di qualunque responsabilità a loro da parte di molti docenti curricolari.
Che in questa vicenda abbia un peso anche la norma del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto-scuola, secondo cui l’aggiornamento dei docenti (anche sull’integrazione scolastica) non è un loro dovere, ma *solo un diritto discrezionalmente esercitabile?* Io credo in parte di sì. Infatti, la citazione di «Repubblica» ne è la riprova più evidente.

L’integrazione scolastica, come cominciammo a praticarla dalla fine degli anni Sessanta, era frutto della presa in carico del progetto *da parte di tutti i docenti della classe* che educavano gli alunni ad accogliere il compagno con disabilità, con ciò stesso realizzando l’integrazione.
Con l’andar del tempo e con l’istituzione dei “posti di sostegno”, quell’iniziale spinta propulsiva all’integrazione come processo corale è venuta *sempre più affievolendosi* e gli alunni con disabilità - specie nelle scuole medie e soprattutto in quelle superiori - sono *sempre più lasciati soli dai docenti curricolari e dai compagni*, sempre meno educati alla cultura e alla prassi dell’integrazione.
Così continuando, nella maggioranza dei casi ci vorrà un insegnante “di sostegno” per ciascuno dei circa 170.000 alunni con disabilità frequentanti le scuole pubbliche comuni e per tutta la durata delle lezioni, come cominciano a stabilire ormai alcune centinaia di sentenze dei tribunali italiani.

Ma se questo “ andazzo” si affermasse, *non sarebbe la fine dell’integrazione scolastica? *Si sta rendendo conto il nuovo ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni di come stiamo rischiando di tornare paurosamente indietro? Ministro che - occorre dargliene pubblicamente atto - appena nominato si è recato alla *"Marcia di Barbiana"*,* *annuale pellegrinaggio sulla tomba di don Milani e ha immediatamente dopo riconvocato e rivitalizzato l’Osservatorio Ministeriale sull’Integrazione Scolastica che *languiva da tempo sotto il precedente Governo*.
Però a questo punto, come diciamo a Roma, «deve darsi 'na mossa». Fa bene cioè ad avviare ispezioni sul grave fatto accaduto e a prendere, ove necessario, misure disciplinari verso dirigenti, docenti e alunni colpevoli di fatti commessi o di omissioni. Ma il provvedimento più urgente che a mio sommesso avviso egli dovrebbe assumere sarebbe la convocazione immediata dei sindacati della scuola *per modificare la normativa contrattuale sul "non dovere" di fomazione e aggiornamento dei docenti*, specie in materia di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Anzi, l’iniziativa dovrebbe essere presa dai sindacati che negli anni Sessanta furono i più convinti sostenitori dell’importanza dell’integrazione operata da tutti i docenti di classe.

Il ministro Moratti, poco tempo prima dell’abbandono del Dicastero, emanò le Linee-Guida per la corretta accoglienza degli aluni stranieri. Non sarebbe allora urgente che il ministro Fioroni emanasse delle *"Linee-Guida" per il rilancio dei valori dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità*, stigmatizzandone le cattive prassi ed evidenziando quelle positive di qualità, che pur si realizzano?

Se questo innominabile episodio di teppismo fisico e mediatico producesse almeno questo effetto, potremmo sentirci tutti meno frustrati.

/*Vicepresidente nazionale *FISH* (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) e responsabile del settore giuridico dell’osservatorio *AIPD* sull’integrazione scolastica./



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Come un freak in gabbia http://superando.eosservice.com/content/view/1549/112/

 

Sembra di tornare indietro di cent'anni - secondo Pietro V. Barbieri, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) - quando i disabili venivano esposti in piazza, per il pubblico divertimento. È la sensazione suscitata dalla storia del ragazzo con sindrome di Down schernito e picchiato in un'aula scolastica, specie pensando al fatto che il filmato della vicenda ha ottenuto un discreto successo in internet, nella sessione "video divertenti"

Mani sulla faccia
Con uno sconcerto condiviso dalla maggior parte del Paese, anche la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) ha seguito in questi giorni la vicenda  - rilanciata da numerosi organi d'informazione nazionali - del ragazzo con sindrome di Down schernito e picchiato dai propri “compagni” all’interno dell'aula scolastica di un istituto superiore di Torino, identificato in questi giorni dalla polizia postale, dopo lunghe indagini.

«Un atto così violento - dichiara Pietro V. Barbieri, presidente della FISH - basterebbe di per sé, per il contesto in cui si è verificato, a richiamare l’attenzione sul rischio di discriminazione che interessa gli alunni con disabilità all’interno di uno dei sistemi scolastici tra i più inclusivi del mondo. Ma il fatto che i giovani aggressori abbiano ripreso le offese inferte e che il filmato abbia poi trovato spazio in internet, riscuotendo oltretutto un discreto successo, appare quasi più perverso e inaccettabile dello stesso becero atto di bullismo».

Proprio in quest'ultimo aspetto della triste vicenda Barbieri ritiene di poter individuare uno degli elementi che creano maggiore inquietudine: «Sembra quasi di tornare indietro di cent'anni, quando si pagava un obolo per vedere e deridere il "freak" esposto in gabbia per il pubblico divertimento. Un “video divertente”, appunto, come veniva definito sul motore di ricerca Google prima del sequestro, che pone interrogativi molto seri ai quali il ministro della Pubblica Istruzione Fioroni sta cercando di trovare risposte, per gli interventi di sua competenza».


Secondo quanto dichiarato dallo stesso responsabile del Dicastero, il Ministero della Pubblica Istruzione ha affermato di volersi costituire parte civile nei confronti dei responsabili e va anche segnalata - oltre alle indagini tuttora in corso per circoscrivere gli esatti contorni di quanto accaduto - l'attivazione di una serie di esperti per un'apposita commissione antibullismo di cui - è stato detto - faranno parte «tutte le istituzioni, dalle forze dell'ordine ai ministeri interessati, dai genitori agli studenti, dai docenti ai dirigenti scolastici, ma soprattutto esperti di centri universitari specializzati nel settore, che si avvalgono di ogni forma e sistema pedagogico per debellare rapidamente questo fenomeno dalle nostre scuole».

«Alla luce della chiara matrice discriminatoria di questo atto - annota ancora Barbieri - nella lista manca un riferimento alle associazioni dei genitori di alunni con disabilità che sicuramente potranno anche loro dare il proprio contributo per riuscire a debellare episodi così gravi da un luogo di socializzazione e crescita importante come la scuola».

(G.G. e S.B.)

Da Auschwitz allo Steiner a volte ritornano e sono sempre gli stessi

Dal giugno 1933 nei territori del Reich tedesco s’iniziò a praticare la sterilizzazione sistematica dei cosiddetti Erbkranke, ossia individui affetti da malattia di tipo ereditario.

Il passo successivo fu, nell’ottobre 1939, l’attivazione per ordine segreto del Fuhrer del “Programma eutanasia”, che prevedeva la soppressione dei malati psichici e dei disabili.

Migliaia di persone morirono così nelle camere a gas in nome della Sauberung des Volkserbugutes (epurazione del patrimonio ereditario nazionale). Solo la crescente opposizione interna convinse Hitler stesso dell’opportunità di sospendere il programma con un decreto del 24 agosto 1941. Questa decisione, tuttavia, non comportò un cambio di indirizzo, ma solo di strategia. I disabili e i malati psichici continuarono a cadere vittime della cosiddetta Wilde Eutanasie (eutanasia selvaggia) esercitata attraverso privazioni di ogni genere e la somministrazione di medicinali.

Ma l’azione contro i disabili e malati psichici andò ben oltre, se possibile, le atrocità consumate all’interno dei tanti stabilimenti di morte nei quali si procedeva alla sistematica eliminazione di queste persone: una martellante propaganda svolta nelle scuole e sul territorio sosteneva che quegli individui non erano che “vite senza valore” e di conseguenza un insostenibile ed ingiustificato aggravio per lo stato e la popolazione.

Ma… c’è qualcos’altro che va sottolineato e vorrei formularlo con una domanda. Perché di tutte le vittime di quella mostruosa carneficina, i malati psichici e i disabili sono stati gli ultimi ad essere sottratti all’ombra della nostra pietà? Come è stato possibile e quale insegnamento ne deriva per il futuro della nostra società e per noi stessi?

Sono trascorsi oltre sessant’anni, da quel triste periodo della storia dell’umanità…

I valori giuridici condivisi dagli stati democratici occidentali contemporanei si sono formati nella lotta degli "Alleati" contro il nazismo ed il fascismo. Il documento più importante che sintetizza, con maggior forza e completezza, lo spirito delle potenze vincitrici la seconda guerra mondiale è la "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo". Questa dichiarazione universale - e molte altre convenzioni internazionali - indicano chiaramente che i destinatari delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili dell'uomo sono indifferentemente tutti gli individui, al di là di qualsivoglia differenza di sesso, di religione, di razza, di condizioni personali e sociali. Pertanto, sono uomini anche coloro che, per le loro condizioni di salute, soffrono di menomazioni, disabilità ed handicap nell'espressione concreta dei loro diritti inviolabili e delle loro libertà fondamentali. Anzi, proprio di fronte a queste differenze, causate dalla sorte, gli ordinamenti democratici contemporanei possono dimostrare la loro capacità di tutelare i diritti e le libertà fondamentali di ogni essere umano. In tal modo, il concetto di uomo comune, che è patrimonio delle società contemporanee, si allarga ed estende a tutti gli individui, anche e, vorremmo dire, soprattutto, a coloro che, per il loro stato di salute, soffrono una condizione di minorazione.

Altro carattere che connota il mondo contemporaneo è la diplomazia multilaterale che opera per mezzo dell'ONU e degli altri organismi intemazionali regionali. L’ONU e gli altri organismi operano per mezzo di conferenze e convenzioni internazionali e si è in attesa di una carta internazionale sui diritti dei disabili. La creazione di convenzioni internazionali che, con legge di ratifica, divengono norme interne di diritto, è a tutti gli effetti un grande risultato raggiunto da questi organismi, volto ad uniformare i diversi ordinamenti giuridici statali, se non altro, su principi condivisi.

Questo patrimonio culturale porta alla definizione di uomo come un concetto universale che ricomprende tutti gli individui, al di là delle loro differenze. La soluzione adottata dai sistemi democratici occidentali ai problemi della disabilità, basata sull'uguaglianza, formale e sostanziale, di tutti gli individui, sull'applicazione dell'obbligo di solidarietà sociale, e sul diritto di cittadinanza per tutti, nasce storicamente dalla reazione a concezioni apologetiche della discriminazione sociale di categorie di individui che portano a soluzioni aberranti .

Ricordare quanto accaduto può essere un monito per tutti, affinché vengano isolati coloro che, attenti solo al costo economico della solidarietà sociale e della tutela dei diritti dell'uomo, tendono a cancellare, comprimere o a rendere inesigibile il diritto di cittadinanza e di uguaglianza sostanziale di tutti gli individui, compresi coloro che, per sorte e malattia, vedono ridotte le loro possibilità di sviluppo personale e sociale.


Sospesi fino a giugno, perdono l’anno scolastico i quattro ragazzi responsabili della vigliacca aggressione ad un giovane disabile filmata in un video approdato in rete. Sullo sfondo, la riflessione sull'integrazione dei "diversi" nella scuola italiana.

Sospesi per un anno ed esclusi dallo scrutinio finale. Sorte meritata quella dei quattro ragazzi protagonisti del video girato in una scuola torinese che mostrava – disponibile su internet fino al sequestro disposto dalla magistratura – le umiliazioni e le vessazioni alle quali è stato sottoposto un ragazzo disabile (che, per inciso, non è un ragazzo con sindrome di down, come è stato detto fin dall’inizio, ma un adolescente con un’altra disabilità intellettiva: un /qui pro quo/ nato dal fatto che la prima denuncia è stata fatta dall’Associazione /Vividown/, e indice di una certa tendenza a considerare il mondo della disabilità come un territorio rigido e alieno a qualsiasi forma di interscambio e solidarietà). A decidere la punizione è stato il Consiglio d’Istituto della struttura frequentata dai ragazzi, che ha anche aperto una indagine disciplinare nei confronti del docente ripreso nel filmato: scelta più che dovuta, in attesa di quanto poi deciderà la magistratura, che prosegue nelle indagini e nella ricostruzione dei fatti.

La cosa che maggiormente colpisce del video non è tanto il disprezzo manifestato dai quattro sedicenni coinvolti nell’aggressione, quanto l’indifferenza di tutti gli altri. Una intera classe che non parla, che non si sente chiamata in causa, che volta le spalle. E’ questo un segnale evidente dell’assoluta mancanza di quella cultura dell’accoglienza dell'/altro/ che il mondo della scuola persegue, o dice di perseguire. Tutta questa vicenda ci dice che l’integrazione scolastica delle persone con disabilità continua ad essere, in molti casi, una pura illusione. E non si tratta di cosa di poco conto.

A ben vedere, infatti, si presentano dubbi e problematiche sulla modalità principale utilizzata nella scuola per aiutare i ragazzi

disabili: la presenza dell’insegnante di sostegno. E’ certamente una figura fondamentale, che serve e servirà ancora in futuro, e che problemi economici e di bilancio stanno mettendo in forse in tante realtà locali, con le associazioni a chiedere a gran voce al ministero dell’Istruzione di fare il possibile e l’impossibile pur di non tagliare i fondi, ma è non di meno anche qualcosa d'altro.

Rischia di essere il soggetto su cui il mondo della scuola scarica la completa responsabilità del ragazzo disabile, rischia di essere utilizzato, sfruttato e usato come principale motivazione per giustificare la mancata attenzione di tutti gli altri insegnanti, quelli curriculari, e di tutti gli altri studenti. Due mondi differenti, insomma, anche se all’interno della stessa classe. E invece l’integrazione scolastica è e deve essere un processo corale, che nelle scuole elementari, medie e superiori non può non essere a carico di tutti. Non solo degli insegnanti di sostegno. La vicenda di Torino getta dubbi atroci su questa capacità della nostra scuola. Per fugarli, occorrerà tempo.


Tristissime notizie…

        …dal mondo della scuola : ragazzo down preso a calci dai compagni ed insegnante sorpresa “in intimità”, a scuola,  con diversi allievi minorenni.

        Due fatti di gravità comparabile: il primo perché rivela che, dopo decenni di integrazione scolastica più o meno di qualità, c’è ancora moltissima strada da percorrere prima di pervenire alla piena accettazione della dignità sociale ed umana della persona con disabilità. E se un fatto del  genere accade nella scuola, cosa succede nel resto della società civile, in cui c’è certamente una minore attenzione e propensione per l’integrazione ?

         Sull’insegnante “hard” poco da dire: malattia mentale ? perversione ?

        Certo resta il danno alla psiche dei ragazzi, al mondo della scuola, alla dignità degli insegnanti tutti.

        A questi fatti, a parer nostro, è necessario rispondere con altri fatti, fatti positivi.

        Belle e necessarie le parole dei Ministri (quelle già dette e quelle che speriamo saranno dette presto da altri), ancor più belle le azioni concrete a salvaguardia di quei pochi valori rimasti e  tra questi dovrebbe esserci  il rispetto assoluto per la dignità della persona (con o senza disabilità), nel corpo e nella psiche.

        Un esempio ? Così come si è attuata  la “giornata del perdono” per risarcire simbolicamente le vittime di soprusi storici, ottima cosa sarebbe se un’iniziativa del genere venisse attuata per risarcire simbolicamente i mille soprusi patiti dalle persone con disabilità. Dentro la scuola (certo meno) e fuori di essa (molti di più!).

Giorgio Genta per ABC Federazione Italiana


Come hanno riportato di recente vari giornali, su Internet è stato scoperto dall'associazione «Vividown» un video - nel settore videoscherzi - nel quale un ragazzo down è malmenato e deriso da alcuni ragazzi. «Una volta - ci dice il prof. Renato Pigliacampo, docente di Psicopatologia del minorato sensoriale nel corso di specializzazione dell'Università di Macerata - chi possedeva un accidente sensoriale o fisico era riconosciuto con una terminologia nuda e cruda: il sordomuto, il cieco, lo storpio, il debole mentale eccetera. Oggi utilizziamo parole addolcite che per lo più tende a celare la gravità della disabilità, sino a indicare tutti col termine /diversamente abili/, che non chiarisce più di tanto ai ragazzi e alla comunità su questa realtà». Pigliacampo ammette: «L'esperienza, senza l'impegno educativo e programmatico specifico dei cosiddetti normali, mi lascia perplesso sulla riuscita dell'integrazione. Gli enti locali, i dirigenti scolastici sono chiamati a compiere il salto culturale, vale a dire andare /oltre /l'integrazione. Oggi si tende ad esorcizzare la disabilità, si indica tutti i problematici sensoriali o fisici col termine "diversamente abili", oppure "handicappati". Perché uno sia indicato, mettiamo, diversamente abile bisogna spiegare ai giovani della scuola e alla comunità adulta la ricchezza di questa differenza linguistica, culturale e anche didattica nell'apprendimento.» Pigliacampo, autore di un recente libricino, firmato con lo pseudonimo Scuola di Silenzio, Lettera ad una ministro (e dintorni), edito dalla Armando di Roma, afferma tra l'altro: «Per quanto riguarda le persone sorde o audiolese incontrano ancora gravi barriere di comunicazione per partecipare all'attività sociopolitica, nei contatti con le istituzioni. Noi vogliamo essere cittadini con strutture efficienti aperte a tutti. Non è facile affrontare questa realtà perché siamo imbevuti di una obsoleta filosofia assistenziale, me ne accorgo come responsabile nazionale della commissione dell'integrazione scolastica della FAND, federazione nazionale delle associazioni dei disabili.» Renato Pigliacampo, che è in prima linea da decenni unendo alla competenza scientifica l'impegno politico, afferma che, nei prossimi anni, sarà possibile compiere il salto perché queste «speciali persone» diventino protagoniste per risolvere i propri problemi dentro le istituzioni.


Down torturato a scuola

Fa freddo questa mattina sulla metro di Ostia.

Sto andando al lavoro.

Ho vicino mio figlio Gabriele, diretto a Roma 3, la sua Università.

"Guarda qui papà", mi dice, porgendomi il giornale.

"E allora?" dico diviso tra il cipiglio della concentrazione e l’anticipazione di un sorriso, nella speranza che si tratti di una notizia allegra.

Sto per leggere quando, di colpo, vedo quello che c’è scritto.

Raggelo, stupefatto.

E’ solo un trafiletto, ma cosi drammatico e sconvolgente che quasi non ci credo: "ragazzo down picchiato, insultato e filmato dai compagni di classe (ragazze comprese). Il tutto condito da scritte e saluti nazisti. Il filmato è stato rimosso da Google dopo la segnalazione del video arrivata sul tavolo del giudice milanese Corrado Carnevali".

Non c’è bisogno di aggiungere che non riesco neppure a immaginare i motivi che hanno spinto questi studenti a compiere un’azione così orribile.

Picchiare un giovane down...che non può difendersi...

Non ha senso: qualcosa non torna.

Mi stringo nelle spalle. Non so se riuscirò a farmene una ragione.

A questo punto mi dichiaro battuto.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)


da La Repubblica

L´INTERVISTA

È un insegnante di religione: non mi stupisce quel che è accaduto, c´è un´ignoranza diffusa

"Mio figlio via dall´aula delle violenze"
Il padre del ragazzo picchiato: questi giovani fanno paura
Non avevo capito che nel video c´era lui. Soffro anche per questo

Nicolà Zancan

TORINO - Eccolo il ragazzino del video, saluta con la mano grossa e entra in casa. Ha i capelli ricci, la faccia buona, gli occhiali da vista, la collezione dei cd di Zucchero in camera. Suo padre, all´ultimo piano di un palazzo moderno, zona residenziale alla periferia della città, porta il dito indice alla bocca. Silenzio: «Mi raccomando, lui non sa niente di tutto quello che sta succedendo, ma avverte le tensioni sulla pelle. Per me in questo momento la cosa più importante è proteggerlo. Aspetti un attimo, poi parliamo». Dopo tre minuti il padre torna alla porta. È un signore pacato, vedovo, si è risposato, ha cinquant´anni e altri due figli grandi. Forse fa il mestiere perfetto - in un gioco terribile di specchi - per guardare in faccia questa storia bruttissima: «Insegno religione in una scuola superiore della prima cintura di Torino. Conosco i ragazzi perché li vedo tutti i giorni. E le dico con profonda amarezza che quello che è successo a mio figlio purtroppo non mi stupisce.

C´è troppa violenza, c´è un´ignoranza diffusa. Non capiscono neanche quello che fanno: ridere, umiliare, giocare o picchiare. Per loro è indifferente, sullo stesso piano».

Quando ha saputo che il ragazzino nel video era suo figlio?

«Ieri pomeriggio mi ha chiamato la vicepreside dell´istituto Albe Steiner. Mi ha convocato per un questione delicata. Ci sono andato del tutto inconsapevole».

Aveva mai visto prima il video del pestaggio?

«Molte volte in televisione. Mai su internet, però. Guardavo il telegiornale con aria esterrefatta, ma non ho mai pensato di poterlo collegare a mio figlio. Ora soffro anche di questo, di non averlo riconosciuto. Ma c´è un particolare che mi ha messo fuori pista».

Qual è?

«Hanno sempre parlato di sindrome di Down, ma lui non è down. Il suo è un problema prenatale, legato al parto. Ha una forma di autismo».

Ci sono testimoni nella scuola che raccontano di pestaggi ripetuti, altri episodi con vittima suo figlio. Quel video era su internet dall´estate scorsa. Da giorni la notizia era su tutti i giornali. Nessuno le ha mai detto niente?

«No, un silenzio assoluto. Ed è proprio questo che voglio capire. Spero che l´inchiesta mi dia le risposte che cerco. Per quel che posso fare io, ho chiesto di parlare con il preside, per prima cosa. Ho chiesto anche di convocare un consiglio di classe. Sono un professore, so cosa succede nella mia scuola, ma di quello che succedeva a mio figlio non ho mai saputo nulla».

Quanto è arrabbiato?

«Se dicessi cosa si agita dentro di me adesso, farei parlare la mia parte peggiore. Non voglio che accada. Ho bisogno di vedere tutto con più calma. Devo dedicarmi a mio figlio, devo proteggerlo».

Con chi ci si arrabbia di fronte a una storia così desolante?

«Con la scuola, innanzitutto. Con la scuola credo che dovrò arrabbiarmi per forza di cose. Credo che ci rivolgeremo ad un avvocato. Con calma, fra qualche giorno».

Come immagina i genitori dei ragazzi che hanno picchiato suo figlio?

«È un problema enorme. Di ignoranza, innanzitutto. Ma anche di modelli culturali. Sotto questo aspetto, la televisione come i giornali credo che abbiano grandi responsabilità. Oggi i ragazzi sono senza cuore. Non capiscono il peso delle loro azioni. Forse non tutti, ma molti sono così».

Ha ancora senso chiamarlo bullismo?

«Secondo me no, la parola non rende l´idea. A scuola oggi c´è violenza. Una violenza che fa paura».

Come sta suo figlio?

«Per fortuna non ha capito che stanno parlando tutti di lui. So che adesso dovrò difenderlo anche dall´attacco mediatico».

Tornerà nella sua classe?

«Per un po´ credo di no. Questa mattina non l´ho portato, sapevo che sarebbe andata la polizia. Per il futuro ci voglio pensare. Devo capire qual è la cosa meno traumatica per lui».


da Repubblica.it

Milano, il magistrato ha bloccato la diffusione su Google.
Caccia ai protagonisti dell'aggressione

Botte al down nel video su Internet
sequestrato il film della vergogna

Insulti e saluti nazi a scuola. Le immagini erano tra le più cliccate
di FERRUCCIO SANSA

<B>Botte al down nel video su Internet<br>sequestrato il film della vergogna</B>MILANO - "Video divertenti". Bastava cliccare su questo link per vedere un filmato di 3 minuti e 11 secondi che testimonia la tortura di un ragazzo down da parte dei compagni di classe. Chissà come sono finiti proprio nella sezione "video divertenti" quei 191 secondi in cui i ragazzi sbeffeggiano il compagno, lo prendono a sberle e calci, gli lanciano addosso dei libri. Il tutto condito da scritte e saluti nazisti. Immagini che evidentemente interessavano a molti, se il video è arrivato al ventinovesimo posto tra i più scaricati su Google.

La storia giunge tre giorni fa sul tavolo del pm milanese Corrado Carnevali e la procura decide di intervenire subito. È scritto nella querela presentata dall'associazione Vividown: "In pochi secondi e con estrema facilità ho rintracciato e scaricato il filmato. Per risalire all'indirizzo internet basta entrare nel sito www. video. google. it e cliccare "video divertenti", le prime immagini della schermata sono quelle in questione". Ora le indagini sono cominciate. Obiettivo: identificare il ragazzo che picchia il giovane down e il regista del film. Ma l'associazione Vividown ha denunciato anche Google: "Vista la capacità di diffusione - scrive l'avvocato Guido Camera - è evidente che attento e consapevole deve essere il controllo dei video che possono essere scaricati dal sito".

Il video, però, è rimasto pochi giorni a disposizione degli amatori, perché ieri cliccando all'indirizzo si scopriva che "è stato rimosso", per iniziativa della Procura che ha disposto il sequestro o per decisione autonoma di Google. Ma le immagini erano già state scaricate da centinaia di persone (e sono state acquisite agli atti).

Play", basta schiacciare il pulsante del computer e comincia lo strazio. Scena: una classe di una scuola superiore italiana, gli studenti avranno diciassette, diciotto anni. Il professore, ovviamente, non c'è. Ed ecco che entra lui, il povero protagonista, un ragazzone robusto (lo chiameremo Mario), lo sguardo spaesato dietro occhiali spessi. Una compagna lo introduce nell'aula come si fa con un toro nell'arena: "Fallo entrare", urlano tutti.

Mario viene condotto al centro della classe, messo di spalle per mostrare il sedere, i pantaloni sporchi: "Dio p..., come è sporco, si è cag... addosso". Mario ascolta, sorride perfino, forse per abitudine o perché gli fa piacere ricevere un minimo di attenzione. Ma presto dalle parole si passa ai fatti: arriva l'altro protagonista del video, il cattivo. È un ragazzo magrolino, gel nei capelli, occhi perennemente sgranati. Parte la prima sberla sulla pancia di Mario, poi una spinta, un colpo in faccia e Mario fa per reagire. "Come ti permetti?", gli urlano, sembra impossibile che abbia il diritto di reagire. E giù un calcio per rimetterlo in riga.

Il regista con la telecamera intanto riprende la classe. C'è una ragazza che continua a scrivere, sulla faccia ha un'espressione che sembra più una smorfia che un sorriso. In fondo un altro compagno tiene gli occhi puntati sul libro, come per non vedere la scena, per non vedere nemmeno se stesso in quella classe. Ma gli altri, tutti, partecipano. C'è chi si avvicina alla lavagna e scrive: "Sensibilizziamo culi diversi", poi aggiunge un "SS" tanto per chiarire. C'è una ragazzina, la belloccia della classe, che si sventola un giornale davanti al naso: "Se l'è fatta addosso". Ecco di nuovo il "cattivo" che si lancia in un saluto nazista, poi finge di telefonare: "Salve, siamo di Vividown, un nostro mongolo si è cag... addosso e mo' non sappiamo che fare perché l'odore ci è entrato nelle narici".

Ma è il momento del numero clou: il lancio. Mario è solo davanti alla lavagna, solo contro tutti con la sua maglietta di un arancione eccessivo, con gli occhialoni. E i compagni cominciano: "Vai con il lancio". Parte un libro e colpisce in pieno Mario. E il regista: "Aspetta, rifatelo, non è venuto". E allora si ripete, finché Mario perde gli occhiali e d'un tratto capisce, fa per piangere, cerca di difendersi. Ma lui non può: "Cretino, buuhhh", urla la classe.

Possibile che si tratti di una finzione, di uno scherzo? Difficile, e comunque non cambierebbe molto. Chi ha cliccato centinaia di volte non lo sapeva.

(12 novembre 2006)


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