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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Carcere e Volontariato

Oggi alla Camera il ddl che trasforma i Centri di servizio sociale adulti in ''Uffici di esecuzione penale esterna''. Paola Rossi scrive ai deputati. ''Alterato il ruolo dell'assistente sociale, soprattutto nell'area delle misure alternative''

      Assistenti sociali preoccupati della discussione alla Camera,  del disegno di legge n.5141 ("Delega al Governo per la disciplina dell'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria", detta anche 'legge Meduri'). Il ddl, già esaminato e approvato dal Senato lo scorso 14 luglio, crea infatti non pochi timori in seno alla categoria e, più in generale, in chi si occupa da vicino di carcere e volontariato.

      A prendere carta e penna è stata Paola Rossi, presidente dell'Ordine nazionale degli assistenti sociali, che ha scritto ai presidenti e ai deputati dei gruppi parlamentari di Montecitorio. Nel ricordare l'audizione concessa agli assistenti sociali lo scorso 25 novembre alla Commissione Affari Costituzionali, la Rossi evidenzia come tale proposta susciti "una viva preoccupazione nel punto (art. 3) in cui prevede la modifica radicale (ma sarebbe meglio dire: lo stravolgimento) dell'art.72 dell'Ordinamento penitenziario, con il quale sono stati a suo tempo costituiti i Centri di servizio sociale per adulti, il cui intervento nell'esecuzione delle misure alternative alla detenzione è di importanza essenziale".



      Per il presidente nazionale degli assistenti sociali, "così come è formulato, il nuovo art.72 sembra diretto a cambiare sostanzialmente  - e non solo formalmente - il carattere operativo delle strutture di servizio sociale attive da trenta anni e puntualmente riconfermate dal legislatore più volte intervenuto in materia dal 1975 ad oggi. Infatti, gli 'Uffici di esecuzione penale esterna', che dovrebbero prendere il posto dei Centri di servizio sociale, appaiono dei contenitori di attività e di operatori di cui manca ogni più precisa definizione in senso tecnico proprio, mentre l'eliminazione sistematica di ogni riferimento al servizio sociale ed agli assistenti sociali fa ritenere - se le cose hanno un senso - che il modello organizzativo-operativo perseguito risulterà di fatto incompatibile con quello attuale. Tale presunzione appare confermata dalla previsione contenuta nella proposta di legge secondo cui i suddetti uffici saranno disciplinati con semplice decreto ministeriale; ciò che può significare l'azzeramento delle attuali norme sull'organizzazione dei Centri di servizio sociale contenute nel vigente Regolamento di Esecuzione dell'Ordinamento penitenziario (DPR 30 giugno 2000, n. 230)".

      

      Per la Rossi, poi, ulteriori preoccupazioni derivano dalla articolazione del nuovo art. 72, "laddove si tenta di ridefinire alcune responsabilità dell'Ufficio, nell'esecuzione delle misure alternative alla detenzione, e dove alcune carenze (come quella che riguarda l'omesso riferimento - nel trattamento degli ammessi alle misure alternative - all'esercizio congiunto di una funzione di aiuto in accompagnamento a quella di controllo) sembrano ignorare la qualità professionale dell'intervento svolto dall'assistente sociale, e gli orientamenti tecnici maturati su tali aspetti in questi numerosi anni di lavoro, in piena sintonia con i principi e le regole del Codice deontologico dell'Ordine.

      In sostanza - continua -, molti elementi che caratterizzano la proposta di legge in oggetto fanno temere che essi possano determinare un'alterazione del ruolo dell'assistente sociale, in particolare nell'area delle misure alternative, al punto da mettere in discussione il significato stesso della presenza di tale operatore nel sistema penitenziario".

      

      Il tutto mentre la scelta effettuata dal legislatore del 1975 ha configurato il Centro di servizio sociale per adulti come una struttura anch'essa alternativa al carcere, radicata sul territorio, pienamente integrata nel contesto comunitario e posta nelle migliori condizioni per attuare i suoi interventi seguendo una logica operativa realmente ispirata ad una cultura alternativa ai modelli istituzionali. "Di conseguenza - precisa la Rossi -, il Centro di servizio sociale è stato costituito come una struttura professionale tipica, in cui assistenti sociali, diretti da personale appartenente alla stessa professione, svolgono interventi di servizio sociale in relazione a soggetti che sono ritenuti idonei dalla magistratura di sorveglianza ad essere trattati con le metodologie professionali proprie del servizio sociale, nella prospettiva di un graduale e ben seguito reinserimento sociale. Perdere o alterare questo modello potrebbe costituire un grave errore - sia sotto il profilo operativo che, più generalmente, culturale - e rappresenterebbe un'incomprensibile svolta negli orientamenti legislativi che hanno coerentemente caratterizzato lo sviluppo del settore negli ultimi trent'anni".
       

      Infine, la presidente richiama l'attenzione su due aspetti "che sembrano testimoniare l'intenzione dei proponenti della legge di arrivare comunque al risultato voluto senza eccessive preoccupazioni di dettaglio: l'art. 3 della proposta di legge in questione non partecipa della natura di legge delega, che caratterizza il resto della proposta, ma costituisce invece un atto normativo diretto, capace di determinare immediatamente le modifiche previste; inoltre, non viene indicato se la sostituzione di cui si parla nel comma primo dell'art. 3 coinvolga - come parrebbe - l'intero Capo III della legge 26 luglio 1975, n° 354 o solo l'art.72. Dato che nel primo caso verrebbe abrogata la previsione dell'utilizzazione del volontariato, il Servizio Sociale - abituato a integrarsi ordinariamente con le preziose forze del volontariato, così come con i servizi territoriali degli Enti locali - dovrebbe accusare un altro serio, quanto assurdo, motivo di preoccupazione". 
    

Anche Legautonomie e Caritas Italiana contro il ddl in discussione  alla Camera. ''Una proposta che stravolge l'attuale ordinamento penitenziario''

Anche Legautonomie e Caritas Italiana intervengono sulla cosiddetta legge Meduri, concernente una nuova disciplina dell'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria. Un provvedimento che, secondo assistenti sociali e volontariato carcerario, rischia di stravolgere l'attuale ordinamento penitenziario.

Afferma infatti Legautonomie: "La proposta di legge stravolge l'attuale ordinamento penitenziario, che consente l'applicazione di misure alternative alla detenzione (c.d. legge "Gozzini"), e in base al quale dal '75 ad oggi hanno operato i Centri di servizio sociale per adulti della giustizia, il cui intervento è essenziale nell'esecuzione delle misure alternative della detenzione. Il provvedimento inoltre rischia di annullare l'utilizzo del volontariato, con il quale si integrano abitualmente i professionisti del sociale nell'adempimento dei propri compiti. Gli Uffici, denominati di esecuzione penale esterna, saranno disciplinati con semplice decreto ministeriale, ciò che può significare l'azzeramento delle attuali norme, e di una lunga, proficua esperienza di lavoro che va difesa ed anzi potenziata".

Per Legautonomie, "i compiti operativi attualmente affidati al servizio sociale vengono ridefiniti, appiattendoli sulla mera funzione del controllo e ignorando quella funzione di aiuto che qualifica l'intervento dei professionisti assistenti sociali".

Eppure, secondo l'organizzazione, "i Centri di servizio sociale per adulti previsti dalla legge Gozzini costituiscono una struttura alternativa al carcere, radicata sul territorio, pienamente integrata nel contesto comunitario in collaborazione con i servizi sociali dei comuni e delle Asl e di cui semmai va sostenuta una ulteriore qualificazione".

Per tutto questo Legautonomie, ricordando la recente costituzione del "Forum nazionale per la salute dei detenuti",  esprime le proprie preoccupazioni "perché le norme in discussione rischiano di cassare un pezzo di stato sociale, mettere in discussione una linea di recupero sociale del reo, sancita dalla Costituzione e perseguita da decenni con indubbi risultati da assistenti sociali, in stretta relazione con il volontariato e gli enti locali".

 
Da Legautonomie alla Caritas Italiana. Afferma quest'ultima in una nota: "Sotto un titolo piuttosto generale, il provvedimento contiene un vero e proprio colpo di mano che elimina i servizi sociali della giustizia trasformando gli uffici degli attuali assistenti sociali in meri uffici amministrativi e di controllo. L'articolo 3 della proposta di legge già approvata dal Senato il 14 luglio scorso, sotto il titolo "Esecuzione penale esterna" modifica il titolo del capo III del titolo II della legge sull'Ordinamento penitenziario, e riformula interamente l'articolo 72 che riguardava i centri di servizio sociale per adulti. 

Non si può non rimanere sconcertati per gli effetti devastanti che questa nuova legge delega comporterebbe (.). La cura e il rispetto per la dignità della persona che è intangibile, quale che sia la sua condizione di vita, impone un'attenta riflessione quando si elaborano delle norme che silenziosamente tentano di restringere gli spazi per un'assunzione di responsabilità di tutta la comunità nell'aiuto ai fratelli più deboli nel percorso di recupero e di reinserimento sociale".

 
La Caritas Italiana, che nel recente sussidio "Liberare la pena" ha delineato i bisogni che emergono nel mondo del carcere e alcune possibili risposte, condividendo le preoccupazioni già espresse dal Coordinamento Assistenti Sociali Giustizia e dall'Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali, rivolge dunque un appello "al Parlamento e a tutti coloro che hanno a cuore i valori della giustizia e del volontariato perché ci sia un ripensamento su una norma che costituirebbe un notevole passo indietro rispetto al faticoso cammino compiuto per restituire dignità all'esecuzione della pena in Italia e che rischierebbe di smantellare un altro importante pezzo del già martoriato welfare italiano".

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La  proposta di legge (5141) già passata al senato che, nonostante abbia un nome che sembra limitarsi a garantire dirigenze (Delega al Governo per la disciplina dell'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria), prevede tre cose gravissime: l'abolizione del volontariato penitenziario; l'abolizione dei servizi sociali per le misure alternative alla detenzione (CSSA) che verranno sostituiti da Uffici di esecuzione penale esterna (che non saranno più servizi sociali, ma penali); l'abolizione della Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto". La denuncia è della Caritas Ambrosiana che oltre all'appello a raggiungere tutti i deputati nel tentativo di bloccare l'iniziativa, evidenzia come "tutto è fatto di nascosto: sostituiscono con il solo art. 72 tutto il capo terzo del titolo secondo dell'Ordinamento Penitenziario e aboliscono così il volontariato in carcere (articolo 78) che di quel capo fa parte".


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