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NUMERI SPECIALI DEL M.U.R.S.T.

Alcol

Bisogno compulsivo di bere e
"Principio del Piacere"

tratto da Medicina delle Tossicodipendenze
Anno II n.5, (1994)

 

Dipendenza fisica e psicologica dall'alcol

L'alcolismo è una malattia della volontà che si fonda sugli stessi meccanismi su cui si basano gli istinti più naturali.

L'alcolista e' un individuo che non può fare a meno dell'alcol. Se egli interrompe l'assunzione giornaliera di alcol, svilupperà la sindrome d'astinenza: uno stato cioè di grande malessere, caratterizzato da sintomi fisici e psichici di differente gravità, tra i quali l'ansia, la depressione, i tremori, il delirio e convulsioni anche mortali.

L'alcolista ricorre all'alcol per sopprimere questi sintomi: per lui l'alcol e' un farmaco e contemporaneamente anche un veleno.

Anche il medico dispone di differenti farmaci, meno tossici dell'alcol, capaci di sopprimere in tempi brevi la sindrome d'astinenza. Poiché dopo la disintossicazione i sintomi fisici e soggettivi della sindrome sono scomparsi, alcuni medici sono convinti che l'alcolista disintossicato non costituisca più un problema medico.Per loro il fatto che l'alcolista non rimanga astinente dopo la disintossicazione e' un problema psicologico, sociologico, una scelta volontaria o un vizio.

L'uso del disulfiram (Antabuse) nel trattamento dell'alcolismo riflette un'interpretazione moralistica delle ricadute. Come è noto, infatti, questo farmaco impedisce la degradazione dell'acetaldeide, che si origina nell'organismo dall'alcol ingerito.Qualora il paziente che ha preso il disulfiram assuma anche alcol, l'acetaldeide produrrà una reazione talmente spiacevole che egli si pentirà amaramente di aver disobbedito al medico che gli ha proibito di bere.
Il disulfiram è un trattamento avversivo, né più né meno del serpentello o del ragno che i Romani ponevano nel fondo del bicchiere di vino per terrorizzare il bevitore.
Ma se milioni di alcolisti, in tutto il mondo, si comportano allo stesso modo (nel senso che riprendono ineluttabilmente a bere nonostante i fermi propositi di non farlo) e' pensabile che, al di là delle motivazioni individuali, esista un substrato biologico comune, responsabile di questa malattia della volontà, che rende incapaci di resistere alla tentazione del bere?
L'alcol viene desiderato per gli effetti positivi (euforizzanti, ansiolitici, antidepressivi) e per la sua capacità di sopprimere il malessere che esso stesso ha prodotto, cioè i sintomi dell'astinenza.
Ma la compulsione al bere può essere dissociata dagli effetti desiderati; l'assunzione dell'alcol può avvenire automaticamente senza che l'alcolista ne sia consapevole. Il pensiero ossessivo può non essere il desiderio di bere ma quello di resistere.

 

 

Modelli animali di alcolismo

Le nostre conoscenze sul substrato biologico della dipendenza dall'alcol sono straordinariamente cresciute negli ultimi quindici anni, per merito dei modelli sperimentali di alcolismo.
Come e' ormai noto, tutte le droghe che producono dipendenza nell'uomo, e solo quelle, lo fanno anche negli animali da esperimento. Questo fatto offre allo sperimentatore la possibilità di studiare le modificazioni prodotte nel cervello dalle suddette droghe, ciò che altrimenti non sarebbe possibile. Ad esempio nel ratto, o nel topo, e' relativamente facile produrre la dipendenza fisica dall'alcol mediante la somministrazione forzata di grandi quantità di alcol per diversi giorni consecutivi. La scimmia Rhesus impara rapidamente ad autoiniettarsi in vena grandi quantità di alcol, fino ad intossicarsi.

Alla sospensione del trattamento, sia il ratto che la scimmia presenteranno una sindrome d'astinenza, che ha caratteristiche molto simili a quelle dell'uomo ed e' sensibile agli stessi trattamenti usati nella condizione umana. E' stato dimostrato che alcuni sintomi della sindrome d'astinenza sono sostenuti sia da una diminuita attività GABAergica, che da una contemporanea stimolazione da parte dell'acido glutammico di una particolare categoria di recettori chiamati recettori dell'NMDA.

La presenza di queste modificazioni può spiegare l'efficacia, nella sindrome d'astinenza, delle benzodiazepine (che ripristinano la funzione GABAergica), così pure quella dei bloccanti dei recettori dell'NMDA. Purtroppo quest'ultima categoria di farmaci non e' ancora disponibile in clinica.

 

Modelli animali di dipendenza psicologica

Gli animali di laboratorio possono essere indotti a preferire l'alcol all'acqua attraverso differenti accorgimenti, come quello di sostituire tutta l'acqua da bere con la soluzione alcolica, o quello di correggerne il sapore (il gusto dell'alcol in generale non piace all'animale) miscelandola con soluzioni dolcificate.

L'animale preferirà l'alcol all'acqua quando ne avrà provato gli effetti centrali.
Come si e' detto, la scimmia può essere facilmente indotta ad iniettarsi l'alcol in vena o direttamente nello stomaco attraverso un catetere.

Tra i roditori, una piccola percentuale preferisce spontaneamente l'alcol (al 10%) all'acqua. Facendo accoppiare selettivamente questi animali, è possibile ottenere linee di ratti geneticamente "bevitori".

Nel nostro laboratorio sono state selezionate due linee di ratti, definite rispettivamente Sardinian alcohol-preferring (sP) e -non preferring (sNP). I primi, quando siano messi a scegliere tra l'acqua ed una soluzione di alcol al 10%, preferiscono quest'ultima e assumono più di 6 grammi di alcol per chilogrammo di peso corporeo al giorno.
L'animale che si autoinietta volontariamente l'alcol in vena, quello che se lo somministra direttamente nello stomaco o lo assume per os, superando la naturale avversione per le sue caratteristiche organolettiche, ci hanno offerto importanti informazioni sul substrato biologico della cosiddetta dipendenza psicologica.

 

Il ruolo della dopamina nel craving

Convincenti evidenze sperimentali indicano che il sistema dopaminergico mesolimbico svolge un ruolo determinante sia nella motivazione ad assumere l'alcol che nell'iniziare il comportamento ingestivo o di autosomministrazione.


E' stato infatti osservato che la somministrazione di alcol stimola l'attività elettrica dei neuroni dopaminergici ed il rilascio di dopamina dalle terminazioni nervose nelle aree del sistema limbico. Nel modello di autosomministrazione volontaria, se l'alcol è disponibile solo entro tempi ristretti, il rilascio di dopamina ha inizio nella fase appetitiva, nei momenti cioè che precedono "l'apertura del bar", e continua durante l'intera fase consumatoria.
Ma la dopamina svolge un ruolo piu' generale nel controllo della motivazione (desiderio) e dell'azione orientata al consumo dell'oggetto del desiderio.

Come ho riferito in un precedente articolo su questa rivista, non solo tutte le droghe di abuso attivano il sistema mesolimbico, ma anche due stimoli fisiologici fondamentali, il sesso ed il cibo, si comportano come le droghe d'abuso. Così, la presenza di una femmina in estro o l'offerta di un cibo appettitoso producono nel ratto un rilascio di dopamina nel sistema limbico, né più né meno che l'offerta di alcol, cocaina, eroina nell'animale dipendente da queste sostanze.
Anche nel caso del sesso e del cibo, il rilascio di dopamina continua durante la fase consumatoria, durante il coito e l'ingestione del cibo. E' ragionevole pensare che questi stimoli naturali non imitino l'azione delle droghe, ma viceversa. La dopamina non è lì per aspettare l'alcol o la cocaina, ma per controllare quelle motivazioni e azioni (appetito e consumazione) fondamentali per la conservazione dell'individuo e della specie.

Il segreto della capacità delle droghe di produrre craving (la compulsione ad assumerle) si spiega con la loro capacità di stimolare con meccanismi differenti gli stessi meccanismi neurotrasmettitoriali, che vengono normalmente attivati dal cibo e dal sesso.
L'uomo ha scelto l'alcol, la morfina, la cocaina quando ha scoperto la loro capacità di ingannare i sistemi neuronali del desiderio e del piacere.

 

Al di qua e al di là della dopamina

Il sistema dopaminergico non è il solo implicato nella dipendenza dall'alcol.
L'alcol modifica, a monte, diversi sistemi neuronali che controllano il sistema dopaminergico e, a valle, altri sistemi neuronali con i quali il sistema dopaminergico comunica.

Infatti l'alcol non ha un recettore specifico nel cervello, ma modifica le caratteristiche chimico-fisiche delle membrane neuronali (cfr. B. Tabakoff, pp. 20-25). L'aumentata, o diminuita, "fluidità" della membrana provoca, a sua volta, alterazioni (aumento o diminuzione) della funzione dei recettori legati alle membrane, sopratutto quelli dell'acido glutammico e del GABA.
Le conoscenze di queste interazioni sono ancora incerte ed oggetto di intense ricerche.
Nell'ambito ristretto di questo articolo, potrò soltanto accennare agli effetti dell'alcol sul sistema GABAergico, serotoninergico ed oppioide, poichè la loro conoscenza può essere utile per capire il razionale dei farmaci usati in clinica nel trattamento del craving per l'alcol.

L'alcol non stimola direttamente i neuroni dopaminergici. Lo fa indirettamente sopprimendo l'inibizione su questi neuroni da parte di "neuroni GABAergici": quando questi ultimi sono inibiti, i primi si "disinibiscono". Nell'inibire i "neuroni GABAergici", l'alcol agirebbe, a sua volta, potenziando l'azione inibitoria del GABA o degli oppioidi. Questa seconda ipotesi è sostenuta dal fatto che anche la morfina, come l'alcol, disinibisce i neuroni dopaminergici con meccanismo simile a quello dell'alcol.

Sembra che le endorfine giuochino un ruolo favorente anche nella preferenza per l'alcol. Ciò è sostenuto dall'osservazione che il contenuto di beta-endorfina nel nucleo accumbens (un'area del sistema limbico importante nel controllo del craving) è inferiore in uno stipite di topi "bevitori" rispetto ai topi "astemi", e che nei primi l'ingestione volontaria di alcol fa aumentare la produzione di beta-endorfina.

Per quanto riguarda la serotonina, semplificando con una metafora automobilistica, la serotonina sembra svolgere il ruolo di freno sul craving, al contrario della dopamina che ne è invece l'acceleratore.

Gli animali geneticamente predisposti a diventare "bevitori" hanno una ridotta attività serotoninergica e, viceversa, i farmaci che potenziano la funzione serotoninergica diminuiscono la voglia di bere non solo negli animali, ma anche nell'uomo.

 

I farmaci per l'alcolismo

I farmaci di uso clinico nell'alcolismo sono impiegati allo scopo di controllare quattro principali condizioni:

·  il craving: il desiderio incontrollabile di bere;

·  l'intossicazione alcolica: le conseguenze comportamentali del bere incontrollato;

·  la crisi di astinenza: le conseguenze dello smettere di bere;

·  la psicopatologia concomitante: i disturbi psichici che precedono, accompagnano, e seguono l'alcolismo.

Il craving e' responsabile delle ineluttabili ricadute dell'alcolista, nonostante i suoi fermi propositi di rimanere astinente. Ogni ricaduta, anche se avviene dopo mesi o anni dall'ultima bevuta, rimetterà l'alcolista astinente nella condizione iniziale di dipendenza.
Poiché il craving e' il piu' importante problema nell'alcolismo, qui saranno presi in esame quasi esclusivamente i farmaci usati per ridurre questa condizione.

Per chiarire il razionale alla base dei trattamenti farmacologici nel controllo del craving sarà utile, da un punto di vista didattico, riferirci alle strategie sul controllo dello stesso insieme di sintomi presenti nella dipendenza da eroina. Anche l'eroinomane sente in modo ricorrente il bisogno irresistibile di assumere eroina, un desiderio che persiste a lungo dopo che i sintomi fisici della crisi d'astinenza sono scomparsi. Per il paziente dipendente dall'eroina una ricaduta significa il ritorno immediato alla condizione iniziale di dipendenza e il vanificare tutte le energie impiegate nel cammino, anche lungo, verso il recupero.

Le due principali classi di farmaci nel trattamento del craving per l'eroina sono:

 

·  gli agonisti dei recettori µ degli oppioidi: l'eroina, il metadone e la buprenorfina;

 

·  l'antagonista degli stessi recettori: il naltrexone.

Queste due categorie di farmaci riflettono due opposte strategie. Con la somministrazione degli agonisti si offre al paziente ciò di cui egli sente il desiderio o il bisogno. Questa strategia nasce da una valutazione pessimistica della dipendenza da eroina: "l'eroinomane ha bisogno di eroina o di un oppioide non diversamente che, mutatis mutandis, il diabetico dell'insulina". Con la somministrazione di naltrexone, invece, si spera, togliendo al soggetto la capacità di provare l'euforia dell'eroina, di ottenere così l'estinzione del riflesso condizionato, quello che associa l'assunzione di eroina alla gratificazione.

Non disponiamo ancora in clinica di un composto che tolga gli effetti centrali dell'alcol. Alla Hoffmann La Roche sono stati sintetizzati due "agonisti parziali-inversi" dei recettori delle benzodiazepine, siglati Ro 15-4513 e Ro 19-4603, i quali si sono rivelati capaci di antagonizzare l'effetto sedativo e quello ipnotico dell'alcol e di diminuire il consumo e la preferenza per l'alcol negli animali "bevitori". Questi composti non possono essere usati in clinica per la loro tossicita', tuttavia la scoperta della loro azione anti-alcol ha stimolato intense ricerche di analoghi meno tossici per uso clinico.

Da molti anni sono usati in clinica i farmaci "avversivi": il disulfiram (Antabuse) e la calciocarbamide (Temposil). Lo scopo dell'uso clinico di questi farmaci non è molto diverso da quello del naltrexone, è quello cioè di produrre un condizionamento negativo.
Per prevenire la frequente disobbedienza (no compliance) del paziente alla prescrizione del medico, il disulfiram può essere somministrato sottocute in formulazioni a rilascio protratto. I farmaci avversivi non tolgono il craving, per cui solo una ristretta popolazione di pazienti può essere aiutata dal farmaco a resistere all'impulso di assumere alcol.

 

Farmaci per diminuire il craving

I principali farmaci di dimostrata efficacia nel diminuire il desiderio di alcol e, quindi, il suo consumo e il numero delle ricadute negli alcolisti sono i neurolettici, il GHB, il naltrexone e la classe dei cosiddetti SSRI (specific serotonin reuptake inhibitors).

I neurolettici
Il GHB
Il naltrexone
Gli SSRI

I Neurolettici

Coerentemente al fatto che l'attivazione del sistema dopaminergico mesolimbico giuoca un ruolo positivo nel craving per l'alcol, questo è soppresso negli animali e nell'uomo dai neurolettici, che bloccano i recettori della dopamina. Tuttavia i neurolettici non sono in genere accettati dagli alcolisti poichè essi non bloccano solo il desiderio di alcol, ma spengono il desiderio toutcourt e le passioni.

Il GHB

Il GHB (gamma-hydroxybutyric acid) è un normale metabolita del cervello dei mammiferi. E' presente soprattutto in aree cerebrali quali corteccia, ippocampo e striato, dove il GHB sembra svolgere il ruolo di neurotrasmettitore o neuromodulatore. Ricerche condotte nel nostro laboratorio hanno dimostrato che la somministrazione di GHB sopprime la preferenza per l'alcol nei ratti Sardinian alcohol- preferring (ratti "bevitori") ed elimina la crisi di astinenza nei ratti fisicamente dipendenti da alcol.

Questi risultati sperimentali sono stati confermati in clinica. Infatti il GHB si è rivelato capace di sopprimere rapidamente i sintomi della crisi di astinenza e di ridurre il craving, il consumo di alcol e le ricadute nell'alcolista.
Al di là del loro evidente interesse pratico, gli effetti del GHB hanno un interesse teorico anche maggiore. Infatti le ricerche sul meccanismo d'azione del GHB hanno suggerito che il farmaco riproduce nel cervello quegli stessi effetti per cui l'alcol è desiderato dall'alcolista: l'effetto euforizzante, ansiolitico, antidepressivo.

Questi studi suggeriscono che il GHB costituisce per l'alcolista ciò che il metadone rappresenta per l'eroinomane. Poiché il GHB e' un fisiologico costituente del cervello, esiste la possibilità che alterazioni di questo metabolita, o dei suoi recettori, giochino un ruolo importante negli effetti centrali dell'alcol e nell'alcolismo.

 

Il Naltrexone

Recentemente diversi gruppi di ricerca hanno dimostrato che il naltrexone riduce nell'alcolista il craving, il consumo e le ricadute. Anche in questo caso, come per il GHB, l'interesse teorico dei risultati è superiore al loro indiscutibile interesse pratico. Infatti essi sono una conferma nell'uomo dei risultati sperimentali che indicano come gli effetti gratificanti dell'alcol sono in parte mediati dall'azione degli oppioidi endogeni in specifiche aree del sistema limbico. Nell'animale di laboratorio (ratto e scimmia) e' stato osservato che, mentre basse dosi di morfina aumentano il consumo di alcol, dosi più alte lo inibiscono, probabilmente perché producono sazietà al piacere dell'alcol. Inoltre il naloxone e il naltrexone riducono il consumo di alcol nei ratti bevitori e nelle scimmie "bevitrici".

Gli SSRI

Gli SSRI (specific serotonin reuptake inhibitors). I bloccanti specifici della ricattura della serotonina, come la fluoxetina, la fluvoxamina o la paroxetina, fanno aumentare la concentrazione di serotonina nelle sinapsi. Essi diminuiscono il consumo di alcol e le ricadute negli alcolisti. Non è ancora stato chiarito se si tratta di una specifica inibizione del craving o se il loro effetto sia secondario all'effetto antidepressivo in pazienti nei quali l'assunzione di alcol è secondaria ad un disturbo dell'umore.

Lo stesso problema si pone per l'effetto del litio sul consumo di alcol e sulle ricadute negli alcolisti.

 

 

Il craving dei disturbi compulsivi

 

Chiarire i meccanismi biologici del craving per l'alcol e le altre droghe ci aiuterà a comprendere il perchè della patologia dei disturbi compulsivi: una patologia più vasta che include la bulimia, la cleptomania, il giuoco d'azzardo, l'autolesionismo e la piromania.Come per l'alcolista, anche per questi pazienti l'esecuzione dell'atto impulsivo riduce la tensione insopportabile che lo presiede e l'atto impulsivo da piacere. Si instaura così un circolo vizioso.
Alcuni farmaci come il naltrexone o la categoria degli SSRI si sono rivelati utili anche nel trattamento dei disturbi compulsivi.

In conclusione, le ricerche sui substrati biologici delle dipendenze da droghe offrono la possibilità di chiarire i meccanismi che sono alla base del desiderio e del piacere e delle loro patologie.


Gian Luigi GESSA

Neuropsicofarmacologo
Dipartimento di Neuroscienze "Bernard B. Brodie"
Università di Cagliari


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