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Un mondo diverso è possibile:
lo European Social Forum di Londra 15/17 ottobre 2004

L’incontro che si terrà a Firenze il 23 e 24 ottobre sull’educazione e l’istruzione, nasce proprio in risposta allo European Social Forum di Londra, arrivato alla sua terza edizione dopo Firenze (2002) e Parigi (2003). L’intenzione dell’incontro di Firenze è quello di informare il pubblico italiano su quanto è emerso nel forum internazionale e con la speranza di mettere al più presto in pratica le proposte per la creazione di un mondo e un’educazione migliori formulate a Londra. La capitale inglese, immersa nella sua fitta pioggerella invernale, comunque, non sembra essersi scomposta più di tanto come afferma Susan George, sulla testata giornalistica del The Guardian, nell’edizione di venerdì 15 ottobre, in cui si lamenta la scarsa pubblicità data a questo evento mondiale. Nonostante ciò, il movimento dei no-global di Seattle (1999) è riuscito comunque a garantire la partecipazione di tantissimi delegati e di altrettante persone giunte da tutto il mondo ad ascoltarli, sotto l’insegna di ‘Another World is possible’ (Un mondo diverso – migliore?- è possibile). Le tantissime organizzazioni, i sindacati (per l’Italia CGIL e Cobas in particolare) e i partiti politici che vi hanno partecipato (in due seminari è intervenuto Fausto Bertinotti) hanno cercato di dare voce alla possibilità ‘reale’ di creare un mondo alternativo a quello esistente. L’evento la cui sede principale è stato l’Alexandra Palace, nella zona a Nord della capitale, ha visto anche lo svolgersi di incontri culturali e di workshop nel quartiere centrale di Bloomsbury, caro a Virginia Woolf, con tante altre iniziative che spaziavano dall’economia all’ecologia, dal cinema all’informazione, dall’educazione alla sanità ecc…

Nelle varie sessioni plenarie si è dibattuto principalmente sulla necessità di creare delle reti di alleanze a livello internazionale tra le diverse organizzazioni, sindacati e partiti politici in modo da stabilire delle modalità di resistenza e di azione per combattere la distruzione dello Stato Sociale, per contribuire al rafforzamento della solidarietà tra i popoli, per opporsi al processo di privatizzazione dell’educazione e del servizio sanitario, per sconfiggere la crescente precarietà dei posti di lavoro, per cancellare il debito pubblico ai paesi del terzo mondo, per favorire lo sviluppo di un commercio equo e solidale, per dare voce ai diritti fondamentali delle persone disabili e la lista potrebbe proseguire ancora.

Moltissimi i seminari rivolti al mondo dell’educazione. Per citarne alcuni: ‘Crisi dell’istruzione superiore? Accesso, costi, privatizzazione e democrazia’ , ‘Globalizzazione, educazione ed Unione Europea’, ‘Un’altra educazione è possibile. Opposizione e resistenza al neo-liberalismo’, ‘Combattere il razzismo a scuola’. Per l’Italia rappresentanti della CGIL, CGIL sindacato scuola, Confederazione generale italiana del lavoro.

Si è dibattuta la possibilità di elaborare delle forme di resistenza e di lotta alle sempre più diffuse riforme che sotto l’insegna del neo-liberalismo distruggono la scuola pubblica e trasformano l’educazione in un settore trainato dalle leggi del mercato in cui, in base alla legge della competizione e della meritocrazia, dell’offerta e della domanda, viene sempre più assicurata una migliore istruzione a chi se ‘la merita’ e a chi, aggiungo io, se la ‘può permettere’, tanto in fondo non siamo mica tutti fatti per studiare, e per chi non ‘è portato’ che vada a lavorare e in una scuola di formazione professionale invece di scaldare il banco e togliere il posto a qualche ‘bravo’ (o ricco di famiglia?) ragazzo che invece ha voglia di studiare.  

La costruzione di una scuola migliore, afferma Bob Peterson, americano e autore di ‘Rethinking School’ (Ripensare la scuola), deve avvenire su due piani: a livello sociale-politico e a livello pedagogico. Non si può addossare sugli insegnanti tutto il peso di modificare, dal basso, un sistema sociale che è ben poco tollerante e solidale verso le minoranze (etniche, religiose, disabili ecc…). Per combattere il neoliberalismo, Peterson elabora alcuni punti fondamentali come spunti di riflessione per un sistema educativo e per una pedagogia alternativi: lotta al processo di privatizzazione, lotta allo sviluppo degli standard di valutazione nazionali, utilizzo dei fondi statali per l’educazione piuttosto che per la guerra, incoraggiamento di un associazionismo tra sindacati che si impegnino per il miglioramento della scuola e non soltanto per l’aumento dei salari degli insegnanti, promozione di un’educazione giusta a livello globale in cui gli alunni abbiano un ruolo attivo di partecipanti e non solo di ‘recipienti vuoti e passivi’, ed infine contribuire allo sviluppo di un curricolo alternativo e capace di rielaborare vecchi contenuti e introdurre nuovi concetti. Un curricolo che possa, ad esempio, affrontare la questione della ‘scoperta’ dell’America da parte di Colombo in termini di ‘conquista’ da parte di un popolo con la conseguente distruzione di un altro popolo (suggerisco di leggere lo splendido libro di T. Todorov per chi è interessato a questo concetto). Resistenza e rinascimento dell’educazione e dell’istruzione pubblica e statale deve avvenire sia dentro che fuori della classe.

I dibattiti per la creazione di un legge quadro a livello europeo che difenda i diritti dei disabili hanno visto lo svolgimento di tre seminari, due dei quali presieduti da David Morris (Senior Policy e Project Manager della Greater London Authority), con la partecipazione di organizzazioni quali la Independent Living Alternatives; il sindacato delle persone disabili (Trade Union Disability Alliance); il British Council of Disabled People; l’organizzazione delle persone neuro-diverse (Mad Pride Yorkshire), l’ente sordi di Londra con il presidente Tomato Lichy; e poi ancora uno speaker eccezionale come Richard Reiser, e attori disabili dell’Enabling Theatre di Londra. Per l’Italia è intervenuta la cooperativa sociale ‘La Cruna’ di Genova (www.lacruna.com) che ha presentato il progetto per migliorare e monitorare l’accessibilità nel comune di Genova. Grande assente Stefan Tromal il presidente del Forum Europeo della Disabilità. Ecco gli spunti innovativi di riflessione emersi:

·        Creazione di un quadro normativo europeo che agisca in vari ambiti della vita sociale con particolare attenzione all’educazione e al lavoro, superando la retorica delle raccomandazioni e promuovendo una legislazione comune.

·        Ridefinire il concetto di disabilità secondo il modello sociale che superi la visione della disabilità come tragedia personale e come deficit, e che invece introduca il concetto di disabilità come dipendente dal modo in cui la società è strutturata, distinguendo così finalmente tra disabilità (sociale) e menomazione (individuale).

·        Lavorare per il mantenimento di uno Stato Sociale (Welfare State) che metta a disposizione delle persone una serie di contributi fiscali senza etichettare le persone che ne usufruiscono come ‘incapaci’ e ‘inabili’. Elaborare cioè uno Stato Sociale che metta a disposizione delle persone disabili dei finanziamenti spendibili individualmente, ciascuno a seconda delle proprie esigenze e non sulla base di una categorizzazione medica astratta.

·        Superare l’auto ghettizzazione delle associazioni delle persone disabili e lavorare tutti per uno Stato Sociale che non riguardi soltanto le persone disabili ma tutti. Un mondo migliore è anche un mondo in cui donne, emigrati, poveri e altre minoranze siano rispettate per superare, in questo modo, la logica bipolare che divide la popolazione tra chi è normale e chi non lo è (?).

Il concetto di un movimento sociale che dal basso sia capace di modificare la struttura del sistema capitalistico è stata sicuramente la spinta portante del forum. Ma forse non si è discusso abbastanza sul ruolo dei partiti politici all’interno di questo movimento e di come mai il titolo dell’evento sia stato modificato sui poster apparsi un po’ dappertutto nelle strade di Lontra (‘the Socialist European Forum’ piuttosto che ‘Social’). Si è mormorato dell’esistenza di un contro forum, del fatto che, forse, per l’eccessiva politicizzazione, alcuni abbiano scelto di non parteciparvi e di invece dare vita ad alcune iniziative separate. Mi chiedo infatti come mai molti delegati italiani fossero assenti, di come non fossero presenti delegati del Consiglio nazionale della disabilità, oppure della FISH o della FAND. Le intenzioni sicuramente ottime di creare uno spazio informativo e di protesta sono sicuramente condivisibili, ma quanto riusciranno ad essere efficaci e a incrinare, seppure poco, il sistema esistente se scelgono di agire in ambiti di dialogo fortemente definiti politicamente e dove lo spazio di incontro e di dialogo con chi non la pensa come te sono del tutto assenti? In un certo senso è come proiettare il celebre film di Michael Moore Fahrenheit 9/11 ad un pubblico di elettori democratici, che di Bush certamente ne sanno abbastanza, mentre i repubblicani continuano ad andare a vedere Walt Disney e a votare per il difensore della patria contro la minaccia islamica.

        Con molta probabilità nell’ottobre del 2005, lo European Social Forum si terrà ad Atene. Partecipare e respirare la vibrante atmosfera che si è sentita in questi giorni a Londra è un’esperienza meravigliosa che continua a dare energia a chi combatte con passione per la creazione di un mondo migliore in modo sistematico e da diverse prospettive. Nonostante i tentativi di boicottaggio da parte degli organi di governo inglesi che hanno cercato di controllare lo svolgimento dell’evento attraverso una verticalizzazione della struttura organizzativa e soprattutto non fornendo uno spazio pubblico gratuito, e nonostante la dissociazione di alcune organizzazioni, il forum è riuscito a dare voce ad un movimento sociale che possiede molte delle potenzialità necessarie per una trasformazione del sistema sociale esistente. Ci si augura che ad Atene, tutti gli spazi siano davvero accessibili per tutti (soprattutto dal punto di vista delle barriere architettoniche e sonore) che i costi siano alla portata degli studenti (si pensi che un caffè costava 1 sterlina e 40 centesimi, più di due euro) e che soprattutto che ciò di cui si è discusso in questa sede non sia rimasto soltanto sul piano teorico, ma abbia trovato una sua dimensione pratica perché un mondo diverso è possibile così come è possibile un sistema educativo pubblico e inclusivo che lo supporti attraverso la formazione delle giovani generazioni e della loro partecipazione attiva in questo processo di trasformazione sociale.

Simona D’Alessio
Institute of Education
University of London
20 ottobre 2004


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