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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

FAMIGLIA

 

In Italia ai 2,5 milioni di famiglie povere si aggiungono altri 2,4 milioni di nuclei a rischio. Aumentano divorzi e single, in crescita le nascite. Le stime dell’Eurispes in un convegno a Torino di Federcasalinghe e Provincia.

 

In Italia oltre alle tradizionali 2milioni 500mila famiglie povere (pari a circa 8 milioni di soggetti), contabilizzate dalla statistica ufficiale, occorre aggiungere altri 2milioni 400mila nuclei familiari a rischio povertà (corrispondenti a 7milioni e mezzo di persone). E’ quanto stimato dall’Eurispes, utilizzando i parametri riferiti alle fasce di reddito, in merito al numero di famiglie italiane che sono seriamente a rischio povertà. Non solo: secondo l’istituto di ricerca il quadro si fa ancora più drammatico se si pensa che, tra le famiglie povere, nel 2002, il 33,3% delle famiglie monogenitoriali, il 21,1% delle coppie con due figli, il 33,9% delle coppie con 3 o più figli, non hanno avuto, spesso o qualche volta, i soldi per comprare cibo necessario, per pagare le bollette per l’abitazione (luce, gas, telefono, ecc.) o per sostenere spese per cure mediche.

I dati, preoccupanti, sono contenuti all’interno del dossier dal titolo “Le famiglie italiane tra crisi, bisogni e nuove tendenze demografiche”, illustrato oggi a Torino, in occasione del convegno relativo alla presentazione del primo rapporto sui servizi di informazione alla famiglia e monitoraggio dei bisogni, promosso da Donneuropee-Federcasalinghe e Provincia di Torino.

Nella stessa occasione viene presentata una ricerca sulle nuove richieste di servizi dei nuclei familiari, curata da Fita-Confindustria e un’analisi sui servizi già operativi completata da Sint. Federcasalinghe, che sta organizzando la propria trasformazione verso una Holding di supporto alle donne e anche alla famiglia nelle loro difficoltà quotidiane, intende  con l’analisi di questi studi diversi, ma sinergici, porre le basi di una forte strategia sociale, culturale e politica.

Nell’occasione, presentati anche gli strumenti informativi, dedicati alle famiglie già attivi e operanti su tutto il territorio nazionale. Ma torniamo allo studio sulle famiglie, realizzato dall’Eurispes.

 

La ricerca non tralascia aspetti che evidenziano il cambiamento della famiglia nel corso degli anni. Lo studio rileva che se dovessero risultare corrette le ultime previsioni delle Nazioni Unite, in Italia nel quinquennio 2045-2050 il tasso di fecondità totale dovrà essere di 4,2 figli per donna nell’ipotesi media, e questo per poter assicurare una popolazione costante ossia una popolazione a crescita zero.  Ma, si evidenzia, “una crescita della fecondità che porti in tempi così ridotti a triplicare i livelli di fecondità attuale è da considerare un evento assai improbabile”. E questo anche se la serie storica delle nascite della popolazione residente mostra come, a partire dal 1998, ci sia stata una leggera crescita nelle nascite: da 532.843 unità si è raggiunta la quota di 538.198 secondo i dati del 2002. Il confronto tra il numero di figli per donna all’interno di un più vasto arco temporale, in particolare quello tra gli anni 1960 e 1995, mostra un forte calo delle nascite in tutte le zone di Italia, al Nord, al Centro e al Sud. Le famiglie più numerose continuano a vivere al Sud mentre quelle costituite da padre, madre e figlio si concentrano nel Centro e nel Nord-Italia.

Se si analizza l’andamento del tasso di fecondità totale per regione, si osserva come le regioni più prolifiche risultino essere quelle del Sud: la Campania ha un Tft pari a 1,49; la Sicilia pari a 1,42. Unica regione del Nord che si discosta dall’andamento atteso è il Trentino Alto Adige che ha un tasso di fecondità totale pari a 1,47. In Sardegna, Liguria e Abruzzo si registrano i livelli più bassi: 1,04 nella prima, 1,11 in Liguria e 1,15 in Abruzzo.

 

Altro aspetto studiato: l’andamento del matrimonio. In Italia il numero dei matrimoni risulta essere in forte diminuzione: a partire dalla fine degli anni Ottanta in cui si è raggiunto il numero più elevato delle celebrazioni – 321.272 nel 1989 – si sono registrati sempre meno eventi tanto che nel 2002 i matrimoni celebrati sono stati pari a 265.635, l’unica eccezione nell’andamento decrescente si è verificata nel 2000 con 280.488 riti celebrati. Il numero dei matrimoni religiosi risulta essere nettamente superiore a quello dei matrimoni civili (con un rapporto di tre a uno), anche se la percentuale di tali celebrazioni è costantemente diminuita dal 1986 ad oggi: nel 1986, infatti, la percentuale di matrimoni religiosi sul totale delle unioni registrate era pari all’85,8% mentre nel 2000 era pari al 75,6%.

Ci si sposa di meno, ma anche più tardi. L’età media delle donne al primo matrimonio risulta avere un andamento non costante anche se, a partire dalla metà degli anni Settanta, risulta essersi alzata: nel 2000 le donne si sposavano, in media, a 26,5 anni ossia quasi tre anni in ritardo rispetto a quanto avveniva mediamente nel corso degli anni Settanta.

Le forti asimmetrie delle coppie in termini di età, di livello di istruzione, di status economico sono decisamente mutate: gli uomini e le donne hanno raggiunto un livello di parità, le scelte dei singoli non dipendono più dal loro sesso. Dal 1969 al 1998 la percentuale delle coppie in cui le donne hanno un livello di istruzione più elevato dei loro partner è cresciuta dal 10% ad oltre il 20%. Nella maggioranza delle coppie, il 65% circa, i due membri della coppia hanno la stessa istruzione.

Inoltre, ogni unione coniugale ha un inizio, una durata ed una fine. Lo scioglimento del legame ha una grandissima rilevanza sociale e sul piano dell’incidenza nella dinamica demografica. Nella nostra legislazione il divorzio è stato reso legittimo solo nel 1970, anno in cui sono state riconosciute le nuove unioni che prima non avevano valore legale. Lo scioglimento del legame matrimoniale consta di due momenti: la separazione seguita dal divorzio. Il numero delle separazioni e dei divorzi è cresciuto molto dall’inizio degli anni Novanta ad oggi: da 44.018 separazioni nel 1990 si è raggiunta la quota di 75.890 nel 2001. Mentre i divorzi, con un andamento non lineare, sono passati da 27.682 a 40.051, aumentando di oltre 12.000 unità.

Infine, la famiglia di ieri e quella di oggi. Dal 1951 ad oggi il numero delle famiglie in Italia è cresciuto di quasi dieci milioni di unità: nel 1951 si avevano, infatti, 11.814.402 famiglie mentre nel 2001 ben 21.810.676; la crescita è costante, circa due milioni di unità ogni dieci anni. L’analisi della distribuzione delle famiglie per ripartizione geografica evidenzia una crescita omogenea nelle diverse aree del Paese. Vi è una prevalenza di nuclei familiari nella zona nord-occidentale dell’Italia dove nel 2001 vi erano 6.217.200 unità. Nell’Italia meridionale, invece, ci sono, nello stesso anno, 4.748.274 unità.

Come era prevedibile, però, le famiglie del Nord sono meno numerose: 2,4-2,5 componenti in media per nucleo, mentre al Sud si è prossimi ai tre componenti in media. In Italia si è passati dai 3,9 componenti nel 1951 ai 2,5 nel 2001. I dati evidenziano una realtà in continuo mutamento: le famiglie crescono in valore assoluto ma diminuiscono per numero dei componenti. Se analizziamo nello specifico la distribuzione percentuale delle famiglie per numero medio di componenti, infatti, possiamo notare come dal 1961 al 2000 si è riscontrato un consistente aumento delle famiglie costituite da persone sole; nel quarantennio considerato, infatti, la loro prevalenza è più che raddoppiata passando dal 10,6% al 24,9%.

 

Ma torniamo ad un problema senpre più impellente, quello della povertà delle famiglie. Afferma il presidente dell’istituto di ricerca, Gian Maria fara: “La ridefinizione dei meccanismi di protezione e assistenziali in un modello welfaristico che sta divenendo sempre più residuale e selettivo, in una fase di congiuntura negativa, sta assumendo contorni piuttosto complessi e di difficile regolazione. Lo spettro della povertà – così come emerge dai dati - si sta allargando e le cause sono molteplici: lo smantellamento progressivo del Welfare, la caduta verticale della qualità dei servizi – dalla sanità ai trasporti –, la trasformazione del mercato del lavoro che impone un nuovo darwinismo sociale, l’impoverimento dei ceti medi costretti, per la prima volta dopo decenni, a difendersi dal pericolo di una incalzante proletarizzazione”.

Il dossier dell’Eurispes evidenzia che l’Italia dedica appena lo 0,9% della ricchezza nazionale alle politiche familiari. Tutti gli altri Paesi dell’Unione a 15 spendono molto di più per la famiglia, a partire dal Portogallo e dai Paesi Bassi che destinano l’1,2% del loro Pil alle politiche familiari. Seguono (in ordine crescente): Irlanda 1,9%, Grecia 2,1%, Regno Unito 2,4%, Belgio 2,6%, Austria 2,9%, Francia e Germania 3%, Lussemburgo e Finlandia 3,4%, Svezia 3,5%, Danimarca 3,8%. L’Italia, evidenzia l’Eurispes, è pertanto abbondantemente al di sotto della media dell’Unione Europea, che è pari al 2,3%. Solo la Spagna sta peggio con lo 0,4% del Pil.

La difficoltà delle famiglie italiane a concepire figli (il tasso di fecondità medio per la donna italiana è pari a 1,2: il più basso d’Europa) a causa degli scogli economici e della latitanza delle politiche a sostegno della famiglia. La Francia invece spendendo il 3% del Pil della politica familiare, pari a 80 miliardi di euro, può permettersi il più elevato tasso di fecondità, con 1,9 bambini per donna.

 

 

Famiglie e nuclei familiari in Italia per tipologia e 
ripartizione geografica
(Medie negli anni 1998-'99; 2000-'01)

 

ITALIA - valori percentuali

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud

Isole

ANNI

'98-'99

'00-'01

'98-'99

'00-'01

'98-'99

'00-'01

'98-'99

'00-'01

'98-'99

'00-'01

Single (a)

25,5

26,1

22,9

24,8

24,1

25,8

17,3

19,6

19,3

21,6

Famiglie almeno 5 componenti (a)

4,1

3,6

5,7

5,7

6,1

5,8

13,7

13,0

11,3

9,5

Famiglie estese (a) (c)

4,4

3,2

6,6

6,3

7,3

6,7

5,1

5,4

3,6

3,7

Coppie con figli (b)

56,2

55,7

57,6

57,3

58,4

57,3

67,9

67,6

66,3

65,9

Coppie senza figli (b)

32,5

31,7

31,0

30,6

30,1

30,3

21,9

21,2

22,6

22,6

Monogenitore (b)

11,3

12,5

11,5

12,1

11,5

12,4

10,2

11,1

11,1

11,5

Coppie non coniugate (d)

3,0

4,3

3,8

4,7

2,5

3,3

1,0

1,0

1,1

1,7

Famiglie ricostituite (d)

5,2

5,8

4,1

4,9

4,2

4,3

2,9

2,7

2,6

3,1

Figli celibi e nubili di (18-30) anni (e)

70,2

71,5

71,0

70,4

74,6

74,9

73,2

77,4

73,5

71,3

Note:
(a) per 100 famiglie
(b) per 100 nuclei familiari
(c) famiglie composte da 2 o più nuclei o da un nucleo familiare con altre persone aggregate 
(d) per 100 coppie 
(e) per 100 giovani di 18-30 anni

Fonte: Istat, 2003  

ISTAT - Rapporto su povertà ed esclusione sociale
Famiglie con bambini da 0 a 5 anni per livello di difficoltà nell'utilizzo di servizi offerti dall'asilo nido o dalla scuola materna per regione  Anno 2002 (v.%)

Area geografica

Molte o qualche difficoltà

Nessuna difficoltà

Non so

TOT. famiglia (=100%)

Piemonte

28,4

45,1

26,5

187.297

Valle d'Aosta

18,5

41,5

40,0

5.629

Lombardia

12,6

56,2

31,2

403.793

Trentino A.A.

18,8

59,8

21,4

48.019

Bolzano

27,1

57,4

15,5

26.037

Trento

-

62,7

28,3

21.982

Veneto

16,7

62,1

21,2

193.566

Friuli V. G.

20,7

47,6

31,7

43.138

Liguria

6,6

62,1

31,3

60.098

Emilia R.

13,4

61,4

25,2

163.631

NORD

16,4

56,2

27,4

1.105.171

 

Toscana

17,7

56,4

25,9

134.325

Umbria

8,7

72,4

18,9

29.395

Marche

13,2

64,3

22,5

62.354

Lazio

13,1

58,8

28,1

208.820

CENTRO

14,2

59,8

26,0

434.893

 

Abruzzo

19,9

55,4

24,7

58.094

Molise

16,2

54,1

29,7

13.387

Campania

17,9

52,3

29,8

284.790

Puglia

13,1

67,0

19,9

184.180

Basilicata

14,9

53,1

32,0

27.368

Calabria

14,6

57,4

28,0

95.116

Sicilia

22,2

34,1

43,7

261.757

Sardegna

11,0

58,2

30,8

69.508

MEZZOGIORNO

17,4

51,3

31,3

994.200

 

ITALIA

16,4

54,9

28,7

2.534.265

Fonte: IstLazioat, 2003  

ISTAT - Rapporto su povertà ed esclusione sociale
Famiglie con bambini da 0 a 5 anni per livello di difficoltà nell'utilizzo di servizi offerti dall'asilo nido o dalla scuola materna per regione  Anno 2002 (v.%)

Area geografica

Molte o qualche difficoltà

Nessuna difficoltà

Non so

TOT. famiglia (=100%)

Piemonte

28,4

45,1

26,5

187.297

Valle d'Aosta

18,5

41,5

40,0

5.629

Lombardia

12,6

56,2

31,2

403.793

Trentino A.A.

18,8

59,8

21,4

48.019

Bolzano

27,1

57,4

15,5

26.037

Trento

-

62,7

28,3

21.982

Veneto

16,7

62,1

21,2

193.566

Friuli V. G.

20,7

47,6

31,7

43.138

Liguria

6,6

62,1

31,3

60.098

Emilia R.

13,4

61,4

25,2

163.631

NORD

16,4

56,2

27,4

1.105.171

 

Toscana

17,7

56,4

25,9

134.325

Umbria

8,7

72,4

18,9

29.395

Marche

13,2

64,3

22,5

62.354

Lazio

13,1

58,8

28,1

208.820

CENTRO

14,2

59,8

26,0

434.893

 

Abruzzo

19,9

55,4

24,7

58.094

Molise

16,2

54,1

29,7

13.387

Campania

17,9

52,3

29,8

284.790

Puglia

13,1

67,0

19,9

184.180

Basilicata

14,9

53,1

32,0

27.368

Calabria

14,6

57,4

28,0

95.116

Sicilia

22,2

34,1

43,7

261.757

Sardegna

11,0

58,2

30,8

69.508

MEZZOGIORNO

17,4

51,3

31,3

994.200

 

ITALIA

16,4

54,9

28,7

2.534.265

Fonte: IstLazioat, 2003  

ISTAT - Rapporto su povertà ed esclusione sociale
Famiglie che hanno dichiarato molte difficoltà nell'utilizzo di servizi offerti dalla ASL o dal Pronto soccorso, per condizione di povertà, regione e ripartizione geografica - ANNO 2002 - v.%

Area geografica

ASL

Pronto soccorso

ASL e/o Pronto soccorso

Famiglie povere

Famiglie non povere

TOT.

Piemonte

7,8

8,1

22,4

9,8

10,7

V. d'Aosta

3,6

10,0

22,1

10,7

11,5

Lombardia

5,2

7,4

15,4

8,5

8,7

Trentino A.A.

2,8

10,4

15,2

10,2

10,7

Bolzano

2,8

14,5

-

15,0

15,0

Trento

2,7

6,7

-

5,9

6,9

Veneto

6,4

6,8

14,7

8,5

8,7

Friuli V.G.

3,0

3,1

-

3,8

3,9

Liguria

7,0

10,3

22,5

11,1

11,6

Emilia R.

4,6

7,1

-

7,9

7,7

NORD

5,7

7,5

15,0

8,6

9,0

 

Toscana

3,8

6,1

-

6,7

6,5

Umbria

5,7

7,7

-

8,1

8,4

Marche

3,8

4,5

-

5,6

6,0

Lazio

6,9

12,4

13,7

13,4

13,4

CENTRO

5,4

9,0

10,9

9,8

9,8

 

Abruzzo

4,5

6,1

-

7,3

6,8

Molise

6,5

9,1

13,3

9,4

10,4

Campania

13,2

13,3

19,3

15,5

16,4

Puglia

9,0

10,1

18,6

10,6

12,3

Basilicata

10,1

11,9

17,2

11,3

12,9

Calabria

10,8

16,2

20,8

15,6

17,1

Sicilia

8,8

11,5

18,9

12,5

13,8

Sardegna

9,9

22,7

29,6

23,9

24,9

MEZZOGIORNO

10,0

12,7

18,9

13,7

14,9

Note: (-) Il dato non risulta significativo a motivo della scarsa numerosità campionaria 

Fonte: Istat, 2003  

Le famiglie italiane secondo l'Eurispes. Sussidi inadeguati e ''rilevante carenza'' dei servizi per la prima infanzia: asili privati coprono un quinto della domanda; un terzo dei bambini italiani in lista di attesa

 

Ancora dati estrapolati dalla ricerca Eurispes su “Le famiglie italiane tra crisi, bisogni e nuove tendenze demografiche”, presentato a Torino nel corso del convegno promosso da Donneuropee-Federcasalinghe e Provincia.

Uno dei principali strumenti a sostegno della famiglia, viene ricordato, è di natura fiscale. Il sistema fiscale italiano prevede infatti diverse misure di detrazioni Irpef per familiari a carico, in relazione al reddito del contribuente e al numero dei figli. I familiari sono considerati a carico se il loro reddito complessivo è inferiore ai 2.850,41 euro. “I sussidi monetari, attualmente in vigore a sostegno delle famiglie, appaiono del tutto inadeguati al mantenimento dei figli – precisa l’Eurispes -: l’arrivo del primo figlio comporta mediamente una diminuzione del reddito a disposizione tra il 18% e il 45% ed una spesa aggiuntiva compresa tra i 500 e gli 800 euro mensili, variabili in relazione all’età e alla collocazione geografica.

È plausibile pensare – continua - che laddove le condizioni legate alla collocazione geografica, allo stato occupazionale e alla dimensione familiare si sommano negativamente, la probabilità di trovarsi in una situazione di indigenza economica assuma contorni drammatici: basti osservare che mentre nelle regioni settentrionali la povertà interessa l’11,6% delle famiglie con cinque o più componenti, nel Mezzogiorno, a parità di dimensione familiare, la percentuale sale vertiginosamente, raggiungendo il 32,4%”.

 

Anche sul fronte del sostegno al costo dei figli e alle madri lavoratrici, la ricerca evidenzia come l’talia si caratterizzi per una “rilevante carenza” dei servizi per la prima infanzia. È possibile osservare, infatti, come i servizi privati coprano, a livello nazionale, oltre un quinto dell’offerta complessiva: 604 asili su 3.008 sono infatti di tipo privato. In alcune regioni e province autonome, l’incidenza del privato sul complesso degli asili nido è particolarmente rilevante, come nella provincia autonoma di Bolzano (43,7%), e in Veneto (52,2%), Campania (52,9%), e Calabria (45%).

“L’insufficienza di strutture sostenute da risorse pubbliche – si rileva nello studio - può essere solo parzialmente compensata dalla presenza di asili nido privati. L’elevato costo dei servizi di tipo privato impedisce infatti di considerarli una valida alternativa. Inoltre, la percentuale di domande d’iscrizione agli asili nido, pubblici e privati, rimaste inaccolte è molto elevata, anche nei territori caratterizzati da una maggiore presenza di servizi privati”. Infatti, un terzo dei bambini italiani è in lista di attesa per entrare in un asilo nido: si tratta del 32% delle domande di iscrizione che risultano in stand-bay. Le maggiori carenze si riscontrano in Trentino Alto Adige, dove la percentuale sfiora il 60%, in Liguria (55,8%), e in Valle d’Aosta che, con il 51,7% di domande inaccolte, chiude il gruppo di regioni in cui la percentuale di bambini che attendono di andare all’asilo supera quella delle domande accolte. Il tasso di copertura degli asili nido è inferiore alla media anche in Veneto (dove la percentuale di domande accolte è pari al 58,5%), Friuli Venezia Giulia 62,2%, Lazio 63,5%, Toscana 65,1% e Sardegna 66,3%.

“L’incertezza e la precarietà dell’odierno mercato del lavoro, l’individualizzazione spinta delle traiettorie lavorative, il valore attribuito al successo professionale, l’impossibilità quasi di ottenere un flusso di reddito da lavoro costante in grado di progettare un futuro pensionistico solido, l’innalzamento del numero delle separazioni e dei divorzi, - afferma il presidente Fara - hanno generato un fortissimo sentimento di insicurezza materiale, che sta investendo anche donne e madri di famiglia che hanno sinora goduto di uno status socioeconomico elevato”.

 

La multidimensionalità dei bisogni familiari è anche di tipo culturale. Non esistono soltanto i bisogni primari; la necessità di mantenere uno status sociale e di fruire di quote crescenti di consumi culturali in una società basata sulla conoscenza e sull’informazione rappresentano elementi centrali ai fini della comprensione della complessità dei bisogni della famiglia di oggi.

In questo senso, marginalità è oggi, anche  l'impossibilità di soddisfare quei bisogni umani indotti dal sistema socio-culturale e dall'organizzazione consumistica. Per questo, tra i vari criteri di valutazione del benessere economico delle famiglie, l’Eurispes comprende quelli che riescono a misurare meglio la maggiore o minore inclusione/esclusione dei nuclei familiari nel sistema sociale complessivo. “Questo significa – evidenzia l’istituto di ricerca - anche rimarcare con forza il carattere processuale, multiplo e complesso della povertà oggi in Italia, il suo consistere non sempre in situazioni di mera carenza materiale ed economica. Un fenomeno, quello della povertà, che necessita, quindi, di una nuova definizione, perché si origina e si sostanzia sempre più in percorsi di esclusione/emarginazione rispetto a opportunità decisive nel contesto odierno, come la fruizione di servizi educativi, socio-sanitari, scolastici e universitari”.

Conclude Fara: “Il bisogno di continuare ad assicurare una dignità di esistenza e una tutela a chi non è più autosufficiente all’interno del nucleo familiare, la necessità di assicurare elevati standard formativi ai propri figli in un mercato del lavoro sempre più selettivo e competitivo, l’obiettivo di proteggere la sicurezza e l’equilibrio psicologico dei bambini e degli adolescenti a fronte dei rischi dovuti all’uso delle nuove tecnologie dell’informazione, devono entrare obbligatoriamente all’interno di una nuova mappa dei diritti e dei doveri della famiglia”.

 

 

POLITICHE SULLA FAMIGLIA: L'ITALIA IN GRANDE RITARDO
Politiche in favore delle famiglie per l'acquisto della prima casa e per il sostegno alla natalità. Risorse destinate 
alle Regioni e Province autonome 
Indagine Eurispes - Anno 2003 - valori assoluti e %

Regioni e Province autonome

Risorse per l'acquisto della prima casa e per il sostegno alla natalità

v.a. (milioni di Euro)

v.%

Abruzzo

3.946.385

2,5

Basilicata

1.981.005

1,2

Calabria

6.620.823

4,1

Campania

16.072.491

10,0

Emilia Romagna

11.356.618

7,0

Friuli Venezia Giulia

3.531.455

2,2

Lazio

13.846.682

8,6

Liguria

4.860.902

3,0

Lombardia

22.781.036

14,1

Marche

4.307.423

2,7

Molise

1.284.240

0,8

P.A. di Bolzano

1.326.068

0,8

P.A. di Trento

1.359.127

0,8

Piemonte

11.561.668

7,2

Puglia

11.232.828

7,0

Sardegna

4.766.253

3,0

Sicilia

14.788.556

9,2

Toscana

10.552.899

6,6

Umbria

2.643.154

1,6

Valle d'Aosta

464.667

0,3

Veneto

11.715.717

7,3

TOTALE

160.999.997

100,0

Fonte:Eurispes Settembre 2003 su dati Istat  

POLITICHE SULLA FAMIGLIA: L'ITALIA IN GRANDE RITARDO
Fecondità e aiuti familiari nell'Unione Europea 
Indagine Eurispes - Anno 2003 - valori %

Paesi

N. bambini per donna

Politica familiare 
(in % sul Pil)

Spagna

1,2

0,4

ITALIA

1,2

0,9

Portogallo

1,5

1,2

Paesi Bassi

1,6

1,2

Irlanda

1,9

1,9

Grecia

1,3

2,1

Unione Europea

1,5

2,3

Regno Unito

1,7

2,4

Belgio

1,6

2,6

Austria

1,3

2,9

Francia

1,9

3,0

Germania

1,3

3,0

Lussemburgo

1,7

3,4

Finlandia

1,7

3,4

Svezia

1,5

3,5

Danimarca

1,8

3,8

Fonte: Eurispes, Settembre 2003  

Povertà Italia (Istat03) - Le famiglie con un capofamiglia anziano: i segnali di disagio per le famiglie di anziani; il divario dalla famiglia media anziana (numeri indici con base famiglia media = 100)*

 

Indice dipendenza

Reddito equivalente

Consumo alimentare equivalente

Consumo totale equivalente

Attività finanziarie

Valore abitazione

> 70 anni

106

95

96

95

105

87

A basso reddito

83

30

65

50

8

26

Con i conti in rosso

84

55

99

110

23

67

Monoparentali

101

114

105

97

138

79

Con un solo reddito da pensione

85

90

99

97

83

81

Con figli e reddito da pensione

54

64

95

91

52

88

Con sola pensione assistenziale

103

57

68

57

97

35

Con almeno un reddito da pensione assistenziale

109

78

85

77

82

73

Tutte le famiglie anziane

100 (=0,87)

100 (=50,1 mil.di lire)

100 (=8,7 mil. di lire)

100 (=31,4 mil. di lire)

100 (=187 mil. di lire)

100 (=237,4 mil. di lire)

(*)Nella presente tabella viene definita "una famiglia anziana" quella con il capofamiglia che ha un'età superiore ai 60 anni 
Fonte:  Ministero del Welfare "Rapporto sulle politiche contro la povertà e l'esclusione sociale 2002/2003"  su dati Istat, Indagine sui consumi delle famiglie 2001 e 2002

 

 


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