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Gli introni non sono DNA spazzatura ma contengono informazioni importanti per i nostri geni

La scoperta, pubblicata su due importanti riviste scientifiche, è frutto del lavoro dei ricercatori dell'IRCCS Medea di Bosisio Parini.

Gli introni, che costituiscono il 25% del nostro genoma e che fino ad ora erano considerati DNA spazzatura, contengono informazioni importanti per il funzionamento dei nostri geni. Questo è il motivo per cui una così grande porzione di genoma non è finita nel cestino evolutivo e, anzi, ha un ruolo nello sviluppo embrionale e nei processi cellulari fondamentali.

La scoperta è frutto del lavoro dei ricercatori del laboratorio di bioinformatica dell'IRCCS Medea, che hanno operato utilizzando metodiche di genomica comparativa e computazionale.

Il completamento del progetto genoma ha indicato che i geni umani sono molti meno di quanto ci si aspettasse; infatti, invece dei 100-150.000 attesi, sono poco più di 30.000: solo 300 più del topo e meno del doppio di un verme. Inoltre, i geni degli organismi superiori (eucarioti) sono spezzettati, in quanto le porzioni che contengono le informazioni per costruire le proteine (esoni) sono interrotte da sequenze (introni) non utilizzate per questo scopo.

Gli esoni costituiscono meno del 2% del nostro genoma, mentre gli introni ne rappresentano circa il 25%. Fin dal momento della loro scoperta (1978) gli introni sono stati considerati DNA spazzatura (insieme alla restante parte di DNA che non contiene geni), alimentando un dibattito sul motivo per cui una cosi grande porzione del genoma non sia finita direttamente nel cestino evolutivo.

Recentemente il completamento delle sequenze genomiche di altri organismi (ad es. cane, scimpanzé, topo, pesce palla, etc) ha consentito di confrontarle con quella umana (genomica comparativa). Le sequenze che hanno una funzione vengono conservate, ovvero si modificano poco tra i diversi organismi durante il processo evolutivo. Le sequenze degli esoni, che servono a codificare proteine, sono risultate infatti molto simili nelle diverse specie.

Il dato sorprendente è che esistono altre sequenze estremamente conservate la cui funzione è però ignota.

I ricercatori del laboratorio di bioinformatica dell' IRCCS E. Medea, utilizzando metodiche di genomica comparativa e computazionale hanno dimostrato che:

- la lunghezza degli introni nel genoma umano è stata determinata dall'accumularsi - durante l'evoluzione - di sequenze che, in quanto funzionali, oggi troviamo conservate

- la localizzazione lungo gli introni di tali sequenze conservate indica che molte di esse hanno un ruolo nella corretta formazione degli RNA messaggeri, cioè delle molecole che funzionano da stampo per la sintesi delle proteine

- alcuni geni contengono un grande numero di sequenze conservate negli introni. Si tratta di geni che hanno un ruolo nello sviluppo embrionale e in processi cellulari fondamentali

- i geni che sono attivi nel cervello hanno più sequenze introniche conservate di tutti gli altri.

Ma qual è l'importanza di questi risultati? Direi che è duplice. - precisa Uberto Pozzoli (bioingegnere) tra gli autori dello studio - Da una parte fanno luce sul paradosso della presenza nel nostro genoma di lunghi introni (non codificanti), dall'altra indicano che tali sequenze non rappresentano spazzatura ma contengono informazioni importanti per il funzionamento dei nostri 30.000 geni. Non è tanto il numero di geni quanto il modo in cui il loro funzionamento è regolato a rendere l'uomo uomo, il topo topo e il verme verme. Questo concetto era già chiaro, ma che gli introni contribuissero a renderci umani, non era affatto scontato.

Si, inoltre studi recenti hanno dimostrato che malattie genetiche (o predisposizione a malattie complesse) possono essere causate anche da variazioni in sequenze introniche conservate - continua Manuela Sironi, (biologa) - Risulta quindi evidente che lo studio di queste ultime rappresenta una delle sfide della genetica moderna; basti pensare che meno dell'1% della differenza del DNA di due persone risiede nelle regioni codificanti".


Studio pubblicato su Human Molecular Genetics, settembre 2005 e su Trends Genetics, settembre 2005
 
Sironi M, Menozzi G, Comi GP, Bresolin N, Cagliani R, Pozzoli U.
"Fixation of conserved sequences shapes human intron size and influences transposon-insertion dynamics."
Trends Genet. 2005 Sep;21(9):484-8.

Sironi M, Menozzi G, Comi GP, Cagliani R, Bresolin N, Pozzoli U.
"Analysis of intronic conserved elements indicates that functional complexity might represent a major source of negative selection on non-coding sequences."
Hum Mol Genet. 2005 Sep 1;14(17):2533-46. Epub 2005 Jul 21.

Per ulteriori informazioni
Cristina Trombetti  - Ufficio Stampa
IRCCS "Eugenio Medea" - Associazione "La Nostra Famiglia"
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