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Partecipazione alle spese da parte delle famiglie

Marcia indietro del Comune di Ardea!

Verrà modificata una delibera della Giunta Municipale, la n.420 del 28/12/2000 che da Marzo 2001, imponeva alle famiglie, per gli interventi di assistenza domiciliare , la partecipazione alle spese, così, come stabiliva il decreto legislativo n. 109/98 che, per la fruizione di servizi sociali a richiesta individuale, i Comuni possono chiedere la compartecipazione degli utenti ai costi, secondo le  condizioni economiche di ciascuna famiglia ( ISE, Indicatore della situazione economica). Ebbene, il comune di Ardea, con una delibera in approvazione in questi giorni, modificherà l'art.12 del regolamento dei servizi sociali, quello riguardante appunto, il servizio di assistenza domiciliare, inserendo i seguenti commi che stabiliscono la nuova procedura:

Comma 1: Per i servizi socio-assistenziali e domiciliari, diurni e residenziali, rivolti alle persone in situazione di handicap grave (art 3 comma 3, legge 104/92), la contribuzione al costo delle prestazioni è calcolata tenendo conto del solo reddito del richiedente.

Comma 2 : Per i servizi socio-assistenziali domiciliari, diurni e residenziali rivolti alle persone ultrasessantacinquenni non autosufficienti certificati dalla ASL, la contribuzione al costo delle prestazioni è calcolata tenendo conto del solo reddito del richiedente, sulla base degli stanziamenti previsti nei Bilanci annuali.

L' iter di questo odioso provvedimento, che ancora moltissimi comuni applicano:

 

Il decreto legislativo n° 130 del 3 maggio 2000 ha apportato importanti modifiche ai decreti 109/1998 e 221/1999,(il cosidetto "riccometro"). Nel decreto legislativo n. 130/2000 il Governo, su iniziativa del Ministro per la solidarietà sociale, ha stabilito che per le prestazioni sociali "erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave di cui all'articolo 3 comma 3 della legge 104/1992, nonché a soggetti ultra sessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle Aziende Unità Sanitarie locali verrà presa in considerazione la situazione economica del solo assistito.

In sostanza, per le prestazioni sociali riguardanti i soggetti con handicap grave, i malati di Alzheimer e gli anziani cronici non autosufficienti, il trattamento previsto è uguale a quello da anni stabilito dalle leggi per la concessione delle pensioni sociali e di invalidità e per l'integrazione al minimo delle pensioni INPS: in tutti questi casi, infatti non si fa mai riferimento al reddito familiare, ma esclusivamente a quello della persona interessata.

Nel nuovo decreto, è inoltre stabilito che non subiscono alcuna modifica le norme del codice civile sugli alimenti, compreso l'art. 438, che recita quanto segue: "Gli alimenti possono essere chiesti SOLO da chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento".

Resta dunque confermato che SOLO l'interessato ha la piena e assoluta facoltà (ma non è obbligato ad esercitarla) di chiedere gli alimenti ai propri congiunti, mentre restano fermi i doveri di cura e di assistenza attribuiti dalle leggi vigenti agli enti pubblici. Questi ultimi, precisa il decreto, non possono sostituirsi all'interessato nella richiesta degli alimenti.

 

Gli enti pubblici non possono pretendere contributi economici dai parenti tenuti agli alimenti di assistiti maggiorenni.

Si ricorda, fatto importantissimo, che l’articolo 2, comma 6 dello stesso decreto legislativo 130/2000 non solo precisa che le nuove disposizioni "non modificano la disciplina relativa ai soggetti tenuti alla prestazione degli alimenti ai sensi dell’articolo 433 del codice civile" ma stabilisce che le stesse disposizioni "non possono essere interpretate nel senso dell’attribuzione agli enti erogatori della facoltà di cui all’articolo 438, primo comma, del codice civile nei confronti dei componenti il nucleo familiare del richiedente la prestazione sociale agevolata".

Dunque gli alimenti possono essere richiesti solo dall’interessato (o dal suo tutore se é stata pronunciata l’interdizione) e da nessun altro ente o persona. La illegittimità delle richieste di contributo avanzate dagli enti pubblici nei confronti dei parenti tenuti agli alimenti di persone maggiorenni assistite è ancora più grave ove si consideri che l’ente pubblico non solo si arroga un diritto che non ha, ma pretende anche di determinare l’importo che dovrebbe essere versato dai congiunti, arrivando addirittura a sostituirsi al giudice.

Infatti il 3° comma dell’art. 441 del codice civile stabilisce quanto segue: "Se gli obbligati non sono concordi sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di somministrazione degli alimenti, provvede l’autorità giudiziaria secondo le circostanze".

A loro volta i Comuni, per le prestazioni fornite dagli asili nido e dalle scuole materne, nonché per i soggiorni di vacanza di anziani e per le molteplici attività di tempo libero, non si sono mai rivolti ai parenti tenuti agli alimenti, nel caso in cui i genitori dei bambini o gli altri utenti non fossero in possesso dei mezzi economici necessari per il pagamento dell’intera prestazione.

Ciò premesso, nel caso in cui - com’è purtroppo prevedibile - i Comuni, le Province, le Asl e gli altri enti pubblici non approvassero i dovuti provvedimenti per dare applicazione al decreto legislativo 130/2000, è necessario che i soggetti con handicap grave (assistiti a domicilio o frequentanti centri diurni o ricoverati presso comunità alloggio o istituti) o coloro che li rappresentano assumano le occorrenti iniziative al fine di ottenere la dichiarazione di gravità prevista dagli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992 n. 104. Ad avviso di molti Enti pubblici la suddetta dichiarazione deve essere richiesta anche da coloro che percepiscono l’assegno di accompagnamento.

Per quanto riguarda gli ultrasessantacinquenni, occorre che sia stata rilasciata dalle Unità valutative geriatriche la certificazione di non autosufficienza.

Che cosa possono fare i parenti per non continuare a versare contributi economici agli enti pubblici:

 

Per poter ottenere che i Comuni, le Province, le Asl e gli altri enti pubblici, che non applicano il citato decreto legislativo 130/2000, non richiedano più contributi ai congiunti di soggetti con handicap grave o di ultrasessantacinquenni non autosufficienti, occorre che coloro che hanno sottoscritto con i suddetti enti pubblici impegni di pagamento per il ricovero dei loro congiunti inviino all’ente interessato una lettera raccomandata che è prelevabile dal sito:

https://www.edscuola.it/archivio/handicap/contributi.html

 

Rolando Alberto Borzetti


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