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Materska Skola "Na Visinach" - Praha

Giancarlo Onger, responsabile Ufficio handicap, provveditorato agli studi di Brescia

Sto per entrare nella classe. Ho voglia di vedere dei bambini all'opera. Ma Jana, la mia guida preziosissima, mi blocca con molta gentilezza sulla soglia. Con altrettanta gentilezza mi spiega che non si può entrare nelle classi con le scarpe. In soccorso arriva un'insegnante che ci porge dei copri scarpe, quelli che ogni tanto si vedono indosso ai medici e agli infermieri delle sale operatorie. Mi sento buffo, ma le regole si rispettano, soprattutto di fronte ai bambini che mi accingo ad incontrare. La Scuola Materna è denominata dalla via, "Na Visinach" appunto, nella Zona 7 di Praga, di fianco allo Stadio di calcio dello Sparta. E' frequentata da 166 bambini; vi lavorano 12 insegnanti e 8 ausiliari. Costa in un anno 32.000 Corone (circa 1066 euro) per ogni bambino. La somma è divisa fra Comune (6.000 Corone), il Ministero dell'Educazione (23.000 Corone, pari allo stipendio per le insegnanti) e le famiglie, a cui spetta il resto più il costo del pasto (25 Corone per pasto, poco meno di 1 euro). Nelle sezioni si arriva ad un massimo di 28 alunni.

Nella scuola materna ceca, non obbligatoria ma frequentata dal 95% dei bambini, le sezioni sono in maggioranza omogenee per età. La Scuola da me visitata, ma in generale molte, apre alle 6,30 del mattino e chiude alle 19.30, per andare incontro alla famiglia dove, quasi sempre, lavorano sia la mamma, sia il papà. E' un retaggio del regime prima del 1989, mi fanno notare. E questa data ricorrerà sovente come linea di demarcazione, netta, tra un prima e un dopo che hanno ancora qualcosa in comune. Per il resto, il dopo ha cercato di liberarsi in fretta del passato.
Eravamo rimasti sulla soglia, ma ora, con un passo molto attutito dalla bardatura, possiamo entrare. Ed ecco finalmente i bambini. Stanno ascoltando la presentazione del programma quotidiano, che comprende anche la mia presenza. Insieme all'insegnante ci sono due tirocinanti, studentesse universitarie della Facoltà di Pedagogia. Viene affidata loro la prima attività: esercizi motori di riscaldamento. La truppa è ridotta: alcuni sono a nuoto, altri a letto con l'influenza.

C'è qualcosa che mi pare strano, ma non riesco a capire. Poi mi rendo conto che lo spazio per la classe è un appartamento: 120 mq circa, naturalmente organizzati per le varie attività. E' un altro retaggio. Come un altro retaggio, a proposito di attività, lo sono i programmi rigidi nazionali che stanno per essere finalmente trasformati in un curricolo con indicazioni generali da integrare a livello locale. Decisione che si accompagna ad una politica di decentralizzazione con nuove competenze affidate alle Regioni e ai Comuni. Nei vecchi Programmi la Materna era vista come una scuola che preparava alla Scuola Elementare. Ora diventerà la scuola che aiuta il bambino a scoprire il mondo attraverso l'esperienza, che prevede la socializzazione legata all'apprendimento. In altre parole, il bambino è posto al centro del processo educativo. Questa Scuola Materna, in relazione al percorso di rinnovamento, è particolarmente fortunata perché lavora in stretto rapporto con l'Università, dove insegna la mia guida, la professoressa Jana Ulhirova. Anche lei è molto convinta che la scuola non può fare a meno del rapporto con l'Università e viceversa.
Mentre i bambini sono impegnati nella colazione, ci accingiamo a visitare altre sezioni. E non posso non stupirmi quando scopro che funziona una sezione per i soli bambini ebrei. Quando entro si vedono evidenti i segni della tradizione ebraica. In un angolo un'insegnante specialista insegna i colori nella lingua madre. Sul muro scorgo i disegni di una festa ebraica: il Purim, mi spiegano. Allo stupore subentrano molte perplessità. Ma Jana scruta nei miei pensieri e mi dice che anche lei pensava fosse una scelta emarginante. Poi le hanno fatto notare che questo è un tentativo di riprendersi un'identità che è stata negata dallo sterminio nazista e dal proibizionismo del regime comunista. I padri di questi bimbi sono una generazione senza identità e hanno pensato che la scuola dei loro figli possa aiutarli a restituirgliela. E poi alla festa, quando la si ricorda in classe, sono invitati tutti i bambini della scuola, come tutti partecipano al Natale. E tante altre attività vengono svolte insieme.
Nel frattempo, i nostri ci attendono nell'atelier di pittura - a fianco c'è anche quello di musica - per farci assistere a una performance creativa. Non posso non notare che in ogni sezione c'è un pianoforte, vecchio ma funzionante, e tra poco ci sarà anche un computer, attrezzato con software per bambini della scuola materna. Non solo. C'è pure il laboratorio di inglese: non è obbligatorio ed è pagato a parte dai genitori. Anche qui il prima e il dopo sono a confronto, ma le attività si integrano.
Non ho tempo di approfondire perché sono subito attirato dal lavoro nell'atelier. Le due tirocinanti hanno motivato il gruppo.


"C'era una volta un figlio di un mago che dopo tanti studi diventò un pittore. Non era un pittore qualunque. Amava usare tecniche diverse. Tra queste aveva scelto di spruzzare il colore con i pennelli dopo averli intinti nella tempera".
E in pochi minuti ecco un bel lavoro che mi ricorda la tecnica di Pollock, grande artista contemporaneo. Inutile dire che vi è tempera in ogni angolo, oltre che nelle mani e sui visi dei bambini. La mattinata termina con la visita, anche se mi resta il tempo di vedere le foto delle attività extra scolastiche. Non male. Oltre a quelle tradizionali si annoverano la settimana bianca, la settimana verde, l'educazione stradale nell'apposito percorso attrezzato a fianco del giardino con veri e propri segnali. Infine, una volta all'anno ci si ferma tutti a dormire a scuola per un'intera notte: una sorta di campeggio interno, in un luogo sicuro per tutti.

La visita ufficiale è terminata, ma la conversazione con Jana non può finire senza aver affrontato il tema dell'integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap. Prima del 1989 l'integrazione non era possibile. Ora invece, almeno nella Scuola Materna, si possono (notare il 'possono' che vuol dire lasciare tutto alla buona volontà) integrare tutti gli alunni in situazione di handicap, compresi quelli con ritardo mentale che sono invece esclusi negli altri gradi scolastici (la scuola è obbligatoria per nove anni). Non è più interdetto, ma molte sono ancora le resistenze: degli insegnanti e dei genitori dei bambini "normali".

C'è molta paura perché l'integrazione potrebbe far perdere tempo.

E poi per il Ministero costa troppo.

Come se le scuole speciali non costassero. Ma questa è un'altra storia.

Giancarlo Onger, Praga, 11 marzo 2003


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