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I giudici onorari e la magistratura minorile
di fronte alle proposte del Governo Berlusconi

di Dario Missaglia
giudice onorario Tribunale per i Minorenni di Roma

 

L’onda lunga dei provvedimenti del Governo arriva ora alla giustizia minorile. Ci arriva con la virulenza cui ci hanno abituato gli interventi sull’art.18 dello statuto dei lavoratori, sulla scuola, sulla previdenza, sul fisco.

Qui l’argomento è doppiamente delicato. Si tratta di giustizia cioè di un terreno sul quale è aperto uno scontro molto duro , in Parlamento e fuori dal Parlamento, che ha per obiettivo la limitazione dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura. Ha fatto bene il Congresso di Salerno dell’Associazione Nazionale Magistrati a rispondere unitariamente a quell’offensiva fino ad assumere di recente, e le scelte sono davvero rilevanti, la decisione di forme di lotta nelle diverse Corti D’Appello, sino al possibile sciopero dei magistrati.

La magistratura con questo non nega né rimuove i problemi che assillano la giustizia e i cittadini: la lunghezza dei processi, l’accumulo dei procedimenti, la riforma del sistema giudiziario. Ma non è su questo che il Governo vuole intervenire. In realtà esso mira a cambiare volto alla magistratura e tenta di recuperare un rapporto con l’opinione pubblica, fin troppo a fianco dei magistrati come si è visto nelle tante iniziative della società civile di questi giorni, anche aprendo un nuovo fronte con la magistratura minorile.

Qui il nodo scoperto sono le famiglie, l’incubo, agitato di fronte a milioni di persone, di vedersi sottrarre il proprio figlio da giudici togati e onorari incompetenti e temerari. Basta qualche eclatante caso di cronaca in cui esibire lo strazio di un genitore che si vede sottratto il figlio e la cosa è fatta. Sì, perché pochi, dietro quelle immagini, arriveranno a chiedersi per quali ragioni un giudice possa essere pervenuto a una decisione così difficile e drammatica. Di questo non parleranno i media e , per ragioni fortunatamente apprezzabili, non ne parleranno i giudici, salvo discutibili eccezioni.

E’ pertanto facile catturare consensi e fare di questo il trampolino per aggredire la magistratura minorile. Intendiamoci, i problemi ci sono. In primo luogo, la frammentazione delle competenze. Oggi, nell’ambito degli interventi civili, interviene il Tribunale per i minorenni, il giudice unico in prima istanza ( monocratico o collegiale), il giudice tutelare istituito presso lo stesso giudice unico.

Questa frammentazione non solo crea una dannosa dispersione ma nuoce soprattutto alla qualità dell’intervento. Il sistema va pertanto riformato e razionalizzato ed è grave che il centrosinistra non si sia fatto carico di questa che è una esigenza avvertita da molti anni.

In secondo luogo la struttura dei Tribunali per i minorenni è troppo accentrata. Basti dire, per fare un esempio, che il Tribunale per i minorenni di Roma copre l’intera area della Regione Lazio. Ciò determina non solo affollamento e possibili lentezze ma soprattutto mina alla radice la possibilità di rapporti significativi con il territorio, con le scuole, con i servizi sociali territoriali, con le comunità e il volontariato che esprimono un potenziale molto alto nell’opera di prevenzione e contrasto del disagio minorile.

Questa separatezza ed isolamento del Tribunale non è solo fisica ed alimenta quella separatezza che è il rischio sempre aperto delle professioni ad alto contenuto di autonomia e specializzazione.

Più il Tribunale è separato dalla società e più la sua giustizia rischia di essere distante dalla società.

In terzo luogo, certo, c’è anche la questione dei giudici onorari, ovvero di quelle competenze specialistiche che si sono misurate per anni nella loro attività ( psicologi, pedagogisti, assistenti sociali, insegnanti, ) e che portano nella magistratura un punto di vista importante, diverso da quello giudiziario.

Certo, sono figure deboli, "precarie" si direbbe in termini sindacali .La loro carica triennale, rinnovabile fino a nove, ne fa figure di passaggio. Di conseguenza debole è l’attività di tirocinio, di formazione, di specializzazione, malgrado i pregevoli sforzi che pure sono da apprezzare.

Anche qui dunque c’è un problema di riforma, di nuove proposte; ma eliminare i giudici onorari dal civile trasportando altrove la competenza sui minori e ridurre la loro presenza nel penale come è previsto nella proposta del governo, è una scelta profondamente sbagliata.

E’ una scelta che mina la cultura della giustizia minorile in cui, è bene che il governo lo ricordi, al centro non c’è il reato commesso dal minore o il conflitto parentale che vede protagonista il minore.

Al centro c’è il minore, la persona colta nella sua interezza, inseparabile dall’insieme delle relazioni sociali che formano la sua storia, il suo vissuto. Una storia e un vissuto che hanno sempre un diritto al futuro anche se le condizioni date sono le più difficili. Quando siamo in camera di consiglio ci chiediamo: che cosa è meglio decidere per questo ragazzo e poi cerchiamo la norma utile allo scopo.

Per questo nella giustizia minorile non ci può essere solo il punto di vista giudiziario; per questo la separazione di competenze tra civile e penale è un rischio grave soprattutto per i minori e apre le porte a una curvatura punitiva e repressiva della giustizia minorile che è inaccettabile.

Una curvatura che non è un sospetto ma elemento concreto che si legge nella valenza punitiva e repressiva introdotta dalle proposte di modifica del codice di procedura penale per i minorenni che meriteranno una discussione specifica.

Certo, periti d’ufficio e di parte potranno offrire a richiesta consulenze e diagnosi di alto profilo. Ma il perito non è soggetto giudicante, la perizia e il suo contenuto non sono il vissuto ordinario del collegio e tutto ciò non può sostituire quello che oggi è il profilo del procedimento civile e penale per i minori.

Vedo in questa proposta del governo non solo la furbizia di coagulare interessi di cui qualcuno pagherà la parcella e altri riscuoteranno la rendita , ma anche una visione privatistica delle relazioni familiari e delle sue dinamiche. Ognuno si pagherà le perizie e le consulenze che può, se può. Ognuno gestirà nel suo privato il problema e il conflitto. Così la retorica sulla famiglia potrà continuare ad andare di pari passo con spinta al privatismo della famiglia che invece mai come oggi avrebbe bisogno di aprire le pareti blindate della sua separatezza e ritrovare legami di senso e di solidarietà con il territorio e le sue risorse più vitali.


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