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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Il bullismo

             Un fenomeno che va emergendo, specie nell'ambito della scuola elementare e media, e che rivela nuove situazioni di grave disagio nel mondo preadoscenziale è quello del cosiddetto bullismo (dal termine inglese "bulling" e cioè prevaricare): le prepotenze di un ragazzo7a su un altro compagno/a denotano non solo una difficoltà nella relazione tra pari ma anche disturbi vistosi nel processo maturativi, sia del prevaricatore che della vittima. Il primo, ponendo in essere così precocemente comportamenti aggressivi, dimostra un totale ripiegamento su se stesso e sulla sua esigenza di dominare, una assoluta incapacità di riconoscere le emozioni altrui, una chiusura ad una autentica relazione di scambio, una sostanziale ostilità verso il mondo esterno. La vittima dal canto suo - che presenta aspetti di ansia e di insicurezza e una visione negativa di sé che facilita la sua identificazione come potenziale vittima - può subire, a seguito di ripetuti atti di molestia e di patimento, effetti devastanti nell'itinerario di sviluppo, nella ulteriore perdita di autostima e nella capacità di aprirsi a significative relazioni sociali. Il rischio è che prevaricatori e vittime restino fissati nei ruoli che hanno assunto nella preadolescenza: gli uni diventando adulti antisociali, gli altri portati alla passività, alla depressione, al disimpegno sociale.

            Il fenomeno per troppo tempo sottovalutato - presenta dimensioni inquietanti: da una ricerca svolta in 5 scuole medie (e pubblicata sul numero 2 della rivista Ricerche di psicologia del 1997) emerge che il 30% dei soggetti intervistati denunciava di aver subito prepotenze e soprusi e cioè aggressioni fisiche (percosse, furti di cose proprie), aggressioni verbali (offese, minacce) o aggressioni indirette (emarginazione, diffamazioni).

            Poiché non infrequentemente alla radice dei comportamenti prepotenti dei ragazzi vi è un clima familiare carente o perché troppo permissivo e tollerante o perché troppo coercitivo, una efficace opera di prevenzione potrebbe essere sviluppata attraverso una corresponsabilizzazione corretta dei genitori.

            Ma anche la scuola deve considerare suo un problema che non può far finta di ignorare; certo la scuola non può farcela da sola ed ha bisogno di rilevanti aiuti dalla comunità in cui è inserita per potere attuare quelle strategie di chiarimento e recupero, sia nei confronti dei ragazzi aggressivi, modificandone il comportamento, sia nei confronti dei ragazzi vittime, aiutandoli a fronteggiare i soprusi. E ciò operando sia sul piano individuale sui ragazzi coinvolti, attraverso colloqui con loro e con i genitori, sa operando sul piano collettivo attraverso incontri in classe, un appropriato utilizzo dei filmati ed opere letterarie, rappresentazioni teatrali coinvolgenti sul piano emotivo.

 

 

RAPPORTO INFANZIA 2001

 

Cambiano i volti e le manifestazioni della devianza, cge coinvolge ora anche le bambine e soprattutto non risparmi il cosiddetto “ceto-medio”. Segno questo di un “malessere del benessere” che stravolge il modello tradizionale secondo cui il ragazzo che delinque si trova solo “nei quartieri a rischio, ha una bassa scolarizzazione e una famiglia disgregata”. Il rapporto tra svantaggio socioeconomico e atteggiamento irregolare non è più la regola e gli osservatori si interrogano piuttosto su come sia cambiata l’intera società e se “gli atteggiamenti tanto deprecati dai giovani non siano un perfetto allineamento dei reali codici di comportamento sottesi alla nostra vita sociale, che vengono recepiti e portati alle estreme conseguenze con la radicalità che è tipica dei giovani”. In altre parole giovani egoisti, incuranti degli altri ed intolleranti eredi di atteggiamenti adulti non tanto dissimili.

Tra i fenomeni di devianza che in questi anni sono cresciuti gli osservatori indicano il bullismo scolastico dilagato nelle scuole di ogni ordine e grado: aggressioni fisiche, offese e soprusi, piccole e grandi prepotenze che col crescere dell’età diventano condizionamenti psicologici più sottili. Il gioco, che si ripete in una dolorosa routine, è sempre lo stesso e si consuma tra la vittima ed un carnefice, arrogante, sicuro di se e protetto da un gruppo di coetanei consenzienti. Oggi però cambiano gli attori. Il fenomeno, sostiene il rapporto, è sostenuto dal silenzio delle stesse vittime: i bambini che subiscono hanno difficoltà a raccontare l’abuso ed insegnanti e genitori rimangono spesso ignari della realtà. Condizione questa che probabilmente determina in Italia una registrazione minore di casi rispetto ad altri paesi.

Ma se il fenomeno non dipende più tanto dallo svantaggio socio-economico, è invece possibile secondo gli osservatori definire “un clima familiare”, che aiuta l’insorgere del bullismo: mancanza di coesione del gruppo familiare e di una chiara differenziazione dei ruoli e il passaggio del patrimonio di valori trasmessi dai genitori che determinano le strategie in cui i bambini affrontano al vita di tutti i giorni.

 

 

BULLISMO NELLE SCUOLE SUPERIORI:
Luoghi dove avvengono le prepotenze - Valori %

Luoghi

%

Bagni

2,8

Spazi del convitto

3,7

Laboratori

4,5

Mensa interna

4,5

Palestra

5,8

Spogliatoi

7,0

In nessun luogo

12,9

Corridoi

14,4

Cortile

16,8

Aula

27,6

 

 

Rapporto Eurispes.

 

dal Redattore Sociale

 

Bullismo fenomeno sempre più frequente: il 41% dei bambini ha minacciato o picchiato un coetaneo

 

Il bullismo sembra un fenomeno sempre più diffuso: ben il 41% dei bambini e il 46,6% degli adolescenti ha minacciato o picchiato un coetaneo. Lo rileva il III Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, curato dall’Eurispes e da Telefono Azzurro e presentato all’Università La Sapienza. “Spesso le difficoltà a relazionarsi con il gruppo dei pari sfociano in comportamenti di prevaricazione – ha spiegato Ernesto Caffo, presidente di Telefono azzurro -. A causa di un’errata percezione di sé, del rifiuto delle regole e della mancanza di autocontrollo, unitamente ai modelli familiari, agli stereotipi imposti dai media, a una scarsa attenzione da parte della scuola verso le dinamiche relazionali, alcuni minori di età compresa tra i 7-8 anni e i 14-16 anni manifestano la loro aggressività, verbale o fisica, verso coetanei più deboli”. Dai risultati emersi dall’indagine risulta che il 30,7% dei bambini e il 33,5% testimonia di aver assistito a minacce o atti di prepotenza all’interno della propria scuola; il 15,5% dei più piccoli e il 10,8% degli adolescenti afferma che si verificano anche continue violenze fisiche. Quindi circa il 40% degli alunni delle elementari e il 28% degli studenti delle medie afferma di aver subito prepotenze “qualche volta o piuttosto spesso”; rispettivamente il 20% e il 15% dice di aver inflitto prepotenze ad altri compagni con la stessa frequenza. Per quanto concerne gli Stati Uniti, “più della metà dei giovani americani viene malmenato o minacciato nel corso del periodo scolare – ha riferito Gian Maria Fara, presidente dell’Eurispes – e almeno il 10% subisce regolarmente episodi di bullismo”.
Inoltre circa un quarto dei ragazzi nota gesti di discriminazione nei confronti dei compagni di scuola stranieri. Non è trascurabile neppure il dato relativo ai furti: ne è a conoscenza il 23,7% dei bambini e il 56,9% dei ragazzi. E il 23,6% dichiara che nel proprio istituto avviene lo spaccio di droga. “Un altro aspetto del disagio è costituito dall’attrazione verso comportamenti rischiosi per soddisfare il desiderio di vivere ‘sensazioni forti’ – ha rilevato Caffo -: tra questi, rapporti sessuali non protetti, guida pericolosa, gioco d’azzardo. Condotte sostenute da un ingiustificato ottimismo, fondato sulla credenza di essere immuni dal pericolo, e dall’egocentrismo tipico dell’età”. Dalla ricerca condotta nelle scuole, ad esempio, emerge che il 56,% degli intervistati va in motorino senza casco qualche volta (35%), spesso (12%) o sempre (9,5%); i limiti di velocità non vengono mai rispettati dal 17,8% dei ragazzi. E quasi la metà degli adolescenti (45,7%) non usa sempre o spesso le cinture di sicurezza in automobile; circa il 40% dei bambini si comportano allo stesso modo: un comportamento “da imputare maggiormente all’incuria degli adulti”.
L’attrattiva per il rischio torna anche nei rapporti sessuali: se il 29,6% degli adolescenti dichiara di averne avuti (i maschi presentano una percentuale doppia rispetto alle femmine), solo il 58,8% ha sempre usato un anticoncezionale (preservativo nel 53% dei casi), ma il 9,6% non ha preso nessuna precauzione. I dati sulle conoscenze relative alle malattie a trasmissione sessuali evidenziano che il 98,4% inserisce l’Aids in questa forma di malattie; al contrario, risulta molto più bassa la conoscenza della modalità di trasmissione dell’epatite virale. “I costumi sessuali degli adolescenti sembrano essersi modificati nel corso degli ultimi anni – nota la ricerca -. I giovani conoscono più del passato i metodi contraccettivi efficaci, riflettono sulla contraccezione e ne parlano con i coetanei”. Anche se le gravidanze si verificano anche durante la prima adolescenza. Occorre potenziare gli investimenti a favore “di una politica di promozione della salute e del benessere in adolescenza – auspicano Eurispes e Telefono azzurro – sul piano degli interventi di educazione sessuale e prevenzione del rischio di contrarre il virus dell’Aids”.

 

Sono 370mila gli under 18 italiani in condizioni di disagio.

Le cifre diffuse dal Progetto Jump del Censis

 

dal Redattore sociale

 

Circa 370mila minori vivono situazioni di disagio acuto in Italia, avendo come denominatore comune “l’impossibilità di far vivere a questi giovani un’esistenza normale simile a quella dei propri coetanei”. È quanto ha evidenziato Anna Italia, responsabile del progetto Jump (Juveniles and Models of crime Prevention), promosso dal Censis e dal Programma europeo Oisin II, finanziato dall’Ue e conclusosi oggi al Cnel con il seminario “Meglio prima che mai. Amministrazioni locali e prevenzione della criminalità”.


Un universo minorile in cui spiccano per consistenza – secondo le stime del Censis - 147.200 disabili e 147.000 ragazzi tra i 7 e i 14 anni che svolgono un’attività lavorativa; 19 i decessi correlati all’uso di sostanze stupefacenti, mentre sono 5.803 i ragazzi fino a 18 anni segnalati alle autorità giudiziarie per uso di stupefacenti e 4.310 in trattamento presso i Sert; 34 i suicidi accertati dalle forze dell’ordine, 110 i tentativi di suicidio. Si contano 409 le vittime di violenze sessuali; le interruzioni volontarie di gravidanza tra le minorenni arrivano a quota 11.018. I minori in stato di adottabilità sono 1.172, ma balzano a 28.148 quelli assistiti nei presidi residenziali socio-assistenziali. Per quanto riguarda la dispersione scolastica, sono 2.027 gli alunni delle elementari e 5.625 quelli delle medie non valutati agli scrutini finali perché mai frequentanti, anche se iscritti, oppure che hanno interrotto la frequenza alle lezioni durante l’anno senza dare motivazioni del loro comportamento.


Una fetta consistente del disagio giovanile è rappresentata dai giovani che delinquono e che vengono denunciati all’autorità giudiziaria: 17.076 nel 2001, pari al 2,5% del totale dei denunciati, in leggera flessione rispetto al 2000; invece “sono in crescita, anche se non vi è traccia nelle statistiche ufficiali, i minori che si rendono protagonisti di episodi di bullismo e di vandalismo, soprattutto all’interno delle scuole”, ha notato Anna Italia, precisando che i dati relativi all’Italia “sono comunque più confortanti rispetto a quelli di altri paesi europei: nel Regno Unito i minori sono il 23,9% del totale dei denunciati, in Francia il 21%, in Germania il 12,9%; ed è proprio nei primi due paesi che l’età della responsabilità penale è stata abbassata a 10 anni”.


Di fronte a una criminalità minorile in aumento i paesi europei hanno sviluppato politiche di sicurezza e di prevenzione sociale che hanno come protagoniste le amministrazioni locali. In Italia sembra necessario un coordinamento tra Stato ed enti locali: “La situazione attuale rivela come il nostro Paese sia piuttosto in ritardo rispetto agli altri stati Europei – ha notato la responsabile del progetto Jump -: in particolare, pur non mancando alcuni significativi programmi di prevenzione e di sostegno dei giovani, a livello centrale manca un soggetto cui sia stata assegnata esplicitamente la titolarità ed il coordinamento delle politiche e delle azioni di prevenzione sociale della criminalità, cosicché i programmi esistenti vengono programmati e gestiti, di volta in volta, dai Ministeri dell’Interno, della Giustizia, del Welfare”.


Negli ultimi anni si è verificata “la crescita di protagonismo degli enti locali in materia di sicurezza”, ha riferito Italia. Diversi sono gli strumenti individuati per far da raccordo tra centro e periferia, tra cui spiccano i “Protocolli di intesa sulla sicurezza”, siglati sino ad oggi da 62 comuni capoluogo: il primo fu siglato nel febbraio 1998 a Modena, città in cui è stato firmato anche il primo protocollo di seconda generazione. In questo quadro si inserisce il recente “Documento di indirizzo approvato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome e dal Consiglio Nazionale Anci” nel giugno 2002, che fissa i principi di base di una proposta di legge nazionale di coordinamento in tema di ordine pubblico, sicurezza pubblica e polizia amministrativa locale. Accanto alle iniziative promosse dagli enti locali, sono da considerare le iniziative per realizzare la cosiddetta “polizia di prossimità”. In questo ambito vanno ricondotte alcune iniziative già realizzate e altre che verranno attuate in futuro, tra cui l’istituzione a partire dal 1996 dell’Ufficio Minori presso tutte le Questure italiane; il sistema di raccolta delle denunce a domicilio, già in atto per anziani e portatori di handicap; il progetto Parchi Sicuri che ha visto il potenziamento della sorveglianza a cavallo all’interno delle aree verdi urbane; il progetto “Il poliziotto, un amico in più”, che ha coinvolto 6.500 bambini delle classi IV e V elementare di 17 città italiane; le prime sperimentazioni del poliziotto, del carabiniere e del vigile di quartiere, la cui diffusione è prevista per il prossimo anno.

 

 

Età minima della responsabilità 
penale in Europa e nei Paesi candidati

Paesi

Età della 
responsabilità penale

Età di ingresso nelle strutture di detenzione degli adulti

Austria

14

19

Belgio

16(*)/18

16/18

Repubblica Ceca

15

18

Cipro

10/12

n.d.

Danimarca (**)

15

15/18/21

Estonia

13(***)/15

18

Finlandia

15

15/18

Francia

10

13

Germania

14

18/21

Grecia

13

18/21

Ungheria

14

18

Irlanda

7/15(**)

18

Italia

14

18

Lettonia

14(***)/16

14/16

Lituania

14(***)/16

14/16

Malta

9-12/12-16/16-18(****)

 

Norvegia

15

18

Paesi Bassi

12

16/18/21

Polonia

13

15/17/18

Regno Unito

10/17

n.d.

Romania

14/16

n.d.

Russia

14(***)/16

14/16

Slovacchia

15

18

Slovenia

14

n.d.

Spagna

14/16

18/21

Svezia

15

15/18/21

Svizzera

7/15(**)

15/18

Turchia

11

15

(*) solo per violazioni di norme relative al codice della strada
(**) la prima età è quella della responsabilità penale, la seconda è quella della prevenzione della libertà
(***) solo per alcuni reati particolarmente gravi
(****) l'età della piena responsabilità penale è 18 anni

Fonte: Elaborazione Censis

 

 

 

Link esteri sul bullismo:

 

In lingua inglese:

 

www.gold.ac.uk/euconf/index.html
www.gold.ac.uk/tmr

http://weinholds.org/bullyindex.htm
http://weinholds.org

www.apa.org/

www.safechild.org
www.scre.ac.uk/bully

www.successunlimited.co.uk
www.bullying.co.uk

www.nobullt.org.nz

www.bbc.co.uk/education/bully/

www.bullybeware.com

http://members.tripod.com/-srcmp/programs/brave.html

 

In lingua francese


www.education.gouv.fr/actu/prevention.htm

www.urbansecurity.org

www.sgc.gc.ca/fpub/pol/f199404/f199404.htm

www.cfwb.be/smm/pgo12.htm

www.grenoble.iufm.fr/formateur/treve.htm

http://users.skynet.be/providence/frame1.html

www.altern.org/mediation/

 

In lingua spagnola

www.revie.org/proince/violencia.htm

www.pangea.org/edualter/material/dona/violencia.htm

http://centros5.pntic.mec.es/cpr.de.la.latina.carabanchel/convivir/

 


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