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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Mercato del lavoro e disabilità

La riforma del mercato del lavoro e in particolare il decreto legislativo 276/03 ha introdotto norme penalizzanti e discriminanti per l’integrazione nel mondo del lavoro delle persone con disabilità.

Nella penultima legislatura una norma per l’inserimento lavorativo venne approvata all’unanimità e condivisa da tutte le associazioni legate alla disabilità. I sindacati unitariamente espressero dei giudizi positivi su una nuova norma solidale e  moderna, che intrecciava i bisogni  e la professionalità del lavoratore disabile con le esigenze e gli interessi delle aziende. Abbiamo già avuto modo di pubblicare su questo giornale i dati positivi sull’applicazione della legge in riferimento all’anno 2003, sottolineando come la legge avesse prodotto migliori risultati nelle province dove sono presenti i servizi di inserimento lavorativo accompagnato da personale qualificato e adeguato. Tutto bene allora !! Sarebbe stato sufficiente generalizzare o istituire ex novo questi servizi al fine di avere un risultato soddisfacente nell’intero Paese. Il Governo Berlusconi strenuo difensore degli interessi delle imprese e per nulla attento alle categorie sociali deboli ed emarginate, ha invece inserito nel decreto 276/03 (proprio nell’anno europeo della disabilità) norme penalizzanti per la nostra categoria. Ricordo che nel dispositivo dell’articolo 14 del DL. 276 il disabile, a mio modesto parere, viene mercificato e viene visto come elemento di disturbo per l’azienda affermando lo stereotipo del disabile malato incapace e improduttivo che può essere “parcheggiato ma non collocato”. Cgil Cisl e Uil, unitariamente e con grande senso di responsabilità, hanno sottoscritto un accordo per cercare di arginare i danni, ma non posso non esprimere un senso interiore di umiliazione e di disagio per i toni discriminanti che in alcuni momenti, durante la sottoscrizione di alcune convenzioni, ho vissuto con grande malessere. Sempre nel decreto 276 vi è inserita la possibilità di non conteggiare tra il personale   i lavoratori interinali (anche se a tempo indeterminato),  al fine dell’obbligo di assunzione dei disabili, determinando così, la eventuale esclusione  di interi settori dall’obbligo di assunzione dei disabili stessi. Mi pare dunque che, sommando la riduzione dei finanziamenti, la vanificazione della legge 68 i tagli di scuola e formazione, non si può non dedurre che il diritto al lavoro per le persone con disabilità, in questi ultimi anni sia stato fortemente leso nella sostanza e nel principio giuridico. Ora  in questa sede, vorrei formulare alcune richieste di intervento serio rapido ed efficace al futuro Governo, per ripristinare il diritto al lavoro nella sua interezza.  I primi interventi che auspichiamo sono i seguenti:

 

1.      l’abrogazione dell’articolo 14 del 276/03 intervento che deve restituire alla legge 68/99 tutta l’efficienza che il legislatore aveva inteso darle.

2.      Potenziamento degli organi ispettivi del Ministero del Lavoro, al fine di ottenere il rispetto delle norme  che tutelano l’ingresso al lavoro dei disabili.

3.      Obbligatorietà degli Enti Locali per l’istituzione dei servizi di accompagnamento al lavoro dei disabili.

4.      Una più attenta e puntuale verifica, nel caso di concessione di appalti, che l’azienda aggiudicatrice di appalti abbia in organico il numero di disabili previsti dalla legge  (art. 17 L:68/99);

5.      Aumento dei finanziamenti di contributi economici e di  servizio per i datori di lavoro che assumono disabili con   particolari difficoltà, contributi tesi all’abbattimento di    barriere, agli acquisti  di ausilii tecnologicamente avanzati, all’assunzione di servizi necessari per la personalizzazione del posto di lavoro.

 

Questi interventi non richiedono eccessive spese economiche ma solo  adeguate risorse e soprattutto richiedono una reale volontà politica che crede  nell’ integrazione e nella emancipazione della nostra categoria. Formazione, scuola e lavoro sono elementi vitali per ogni individuo e per noi più che mai.

Ancora oggi troppe persone con disabilità vivono negli istituti, troppa è l’indifferenza che accompagna le nostre vite;  una indegna discriminazione accompagna le nostre fatiche per inserirci, le responsabilità culturali del nostro governo sono immani, un  diritto che può sembrare coercitivo educa la società all’accoglienza e al rispetto , sul fronte della disabilità siamo ancora indietro. Chiediamo al prossimo Governo la giusta considerazione delle nostre richieste, una maggiore cura delle fasce deboli, affinché si affermi il senso di una autentica giustizia sociale.

 

Nina Daita Responsabile Nazionale Politiche attive per la disabilità


Europa e politiche attive di integrazione sociale.

Standard minimi alle pari opportunità occupazionali per le persone con disabilità

 

In Europa vivono circa 40 milioni di persone con disabilità, con una crescente emarginazione sia sul mercato del lavoro generale sia negli ambiti quotidiani della vita. Occorre una base giuridica uniforme che attraverso norme nazionali crei un’ obbligo per un’azione europea per l’occupazione ed il mantenimento del posto di lavoro delle persone con disabilità. Gli standard minimi sono perciò presupposto per le pari opportunità occupazionali dato che solo tramite una normativa uniforme si potrà ottenere una seria tutela contro il “damping sociale”, che vivono nell’Unione Europea i cittadini con disabilità.  Finché tali normative non saranno emanate in Europa, le diverse legislazioni sociali e di lavoro per l’occupazione, potranno offrire, in alcuni paesi, una tutela limitata.

Formulare standard minimi per le politiche di integrazione delle persone disabili rappresenta una sfida importante anche sullo sfondo dell’allargamento dell’Unione Europea verso l’est, dato che con l’introduzione dei sistemi dell’economia del mercato negli ex stati di oltrecortina, si delinea un’emarginazione accentuata di persone disabili esclusi dal sistema occupazionale.

 

I regolamenti attualmente vigenti a livello europeo sono insufficienti per poter mettere in atto le esigenze di una politica efficace intesa a combattere la discriminazione ed a promuovere l’occupazione delle persone disabili nonchè a promuovere la loro partecipazione sociale.

 

Gli standard minimi europei devono offrire una garanzia sufficiente affinché possano essere abolite le discriminazioni e i pregiudizi nei confronti dei disabili. Le pari opportunità occupazionali possono però essere sfruttate efficientemente solo nel momento in cui gli standard di una politica integrativa vengono formulati e concatenati per tutti i settori della vita quotidiana (per esempio: istruzione, formazione professionale, traffico, trasporti, telecomunicazioni, occupazione, tempo libero, abitazione, mercato, sanità pubblica).

 

Un altro vantaggio di standard minimi che i cittadini disabili otterranno dalle norme giuridiche, omogenee e rivendicabili nell’Unione sarà la garanzia non solo di pari opportunità ma di “pari trattamento”. Auspichiamo che queste proposte di standard minimi costituiscano  la base di una direttiva europea sulle pari opportunità occupazionali di persone disabili. Così nascerebbe per i paesi membri una regolamentazione uniforme da mettere in atto tramite norme nazionali e si creerebbe inoltre una base vincolante per un’azione conciliata europea per le politiche del mercato del lavoro e dell’occupazione nonché per lo status sociale.

 

Andando per titoli noi chiediamo:

 

-         Diritto alla tutela sociale (creare presupposti per il riconoscimento sociale,  personale e di dignità di cittadinanza);

-         Provvedimenti di controllo (l’efficienza e la coordinazione delle strategie occupazionali  in Europa vanno controllate regolarmente. Il successo dei provvedimenti per le politiche occupazionali dipendono dal controllo mirato dei provvedimenti);

-         Provvedimenti di prevenzione per il mantenimento dell‘occupazione (per evitare l’emarginazione sociale a lungo termine bisogna servirsi di diversi strumenti e provvedimenti di una politica del mercato del lavoro preventiva. Questi vanno sviluppati ulteriormente e accordati tra di loro).

-         Sviluppo di politiche attive per la promozione occupazionale (incentivi, decontribuzione ecc);

-         Miglioramento delle normative giuridiche in tutti i paesi per l’obbligo di assumere persone disabili in tutte le aziende pubbliche e private;

-         Esercizio dei diritti individuali dei rappresentanti dei lavoratori disabili nel mondo del lavoro;

-         Riconoscimento del diritto di proposta delle rappresentanze dei lavoratori disabili;

-         Promozione ed all’allargamento dei servizi di sostegno.

 

La Commissione, in verità, ha già recepito alcune nostre proposte, ma credo che sia giunto il momento che il sindacato Europeo con il Forum Europeo disabili riapra su tutto il pacchetto “Standard minimi alle pari opportunità occupazionali per le persone con disabilità” vertenze di rivendicazione e confronto perché vengano opportunamente delineate strategie politiche tese all’affermazione di diritti e di autodeterminazione di scelte e libertà per tutti i cittadini e le cittadine europee con disabilità.

 

 

Nina Daita Responsabile Nazionale Politiche attive per la disabilità


Il mondo della disabilità e 5 anni di Governo Berlusconi e company.

 

Nella legge finanziaria da poco approvata, legge che delinea la politica economica, sociale e finanziaria per 2006, i disabili e le loro famiglie con i loro problemi e le loro necessità sono del tutto “invisibili”. Dopo strenui tentativi, e grandi manifestazioni, (15 mila sordomuti il 13 ottobre 2005, migliaia aderenti della Fish sotto il Parlamento il 15 novembre 2005, e 10 mila aderenti all’Anmil il 13 dicembre 2005) che hanno visto mobilitati in piazza i disabili, nulla è stato recepito, ne consegue: non hanno neanche “ascoltato”. Ascoltare i cittadini ed i loro bisogni, dovrebbe essere il più importante dovere morale di un governante o amministratore.

 

Avevamo richiesto di aumentare gli importi di indennità e di pensioni (oggi gli attuali importi non garantiscono più i livelli di sopravvivenza), di finanziare adeguatamente il fondo per l’occupazione delle persone con disabilità, di incrementare risorse per l’integrazione scolastica, di prevedere fondi per l’abbattimento delle barriere architettoniche, di adeguare il sistema trasporti, ecc…,  nulla è stato recepito, e per la verità, non solo nella programmazione finanziaria 2005 – 2006, ma desidero sottolineare che in 5 anni di governo nulla è stato mai fatto per noi, per le nostre famiglie, mai un  segnale di seria considerazione ad eccezione del contestato articolo 14 del decreto 276/03 che ha permesso all’imprese di stipulare convenzioni con le cooperative per la collocazione dei disabili nelle stesse, anziché nelle imprese come tutti i lavoratori (per Maroni siamo lavoratori di serie B?).  Eppure in questo paese, i disabili tra bambini giovani  donne e anziani  sono oltre 5 milioni, una categoria di cittadini numerosa,  che ha  grandi bisogni ma anche grandi risorse.

 

Una categoria eterogenea che comprende occupati, disoccupati, pensionati, ma anche molti uomini e donne, anche in situazioni di povertà, che non hanno avuto il famoso milione al mese perché troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per il lavoro, uomini e donne  che vivono in una situazione di estrema povertà e bisognosi di aiuti concreti finalizzati al recupero e all’inserimento sociale.

In sintesi non abbiamo notato in questi anni da parte dei nostro governanti nessun cenno politico ed economico per la vera affermazione dei diritti delle persone con disabilità. (Tranne lacrime di coccodrillo quando eventi strazianti aprono le prime pagine dei giornali).

Occorrono provvedimenti seri per abolire la discriminazione ed i pregiudizi  verso la categoria, in questi anni, a mio modesto parere abbiamo subìto un marcato arretramento culturale, occorre una strategia di politica integrativa che intrecci tutti gli aspetti della vita quotidiana, per esempio:  istruzione, formazione professionale, trasporto privato e pubblico, telecomunicazioni, occupazione, tempo libero, abitazione, mercato, sanità pubblica, assistenza domiciliare,  servizi sociali. Vero è che in questi ultimi trascorsi tra scarsa sensibilità, vuoto legislativo, drastica riduzione di finanziamenti, penalizzazioni e discriminazione nel mondo della scuola, (molti alunni ed alunne con disabilità hanno dovuto ricorrere al magistrato per l’ottemperanza del diritto all’istruzione), rifiuti e licenziamenti nel mercato del lavoro, hanno fatto si che diritti acquisiti negli anni con lotte e rivendicazioni, non fossero per noi più così certi e sicuri, timori ed ansie hanno spinto la nostra categoria a manifestazioni di piazza.

 

Non sappiamo come sarà composto politicamente il prossimo governo, ma al futuro Presidente del Consiglio ed ai suoi ministri vorremmo di già rivendicare alcune soluzioni per noi necessarie ed inderogabili, proviamo di elencarle:

 

Scuola:

L’organico dei docenti di sostegno è totalmente  inadeguato rispetto al numero di alunni disabili inseriti nella scuola che aumenta.

Il numero di  docenti di sostegno a tempo indeterminato, resta sostanzialmente fisso nel tempo, se nell’anno scolastico 2000-01 erano poco più di 37.000 nel 2004-2005 sono ancora poco più di  41.000. Il loro numero, definito su un principio statistico ormai vecchio,  si dimostra del tutto inadeguato ai  156.639 alunni dello stesso anno, tanto che il personale precario copre ormai quasi la metà dei posti necessari, come si vede dalle tabelle che seguono relative alla evoluzione “storica” ed all’ultimo anno scolastico censito.

Il numero complessivo dei docenti di sostegno necessari nella scuola ammonta a 79.513 e non risponde ancora alle esigenze di integrazione, come dimostrano i sempre più numerosi ricorsi dei genitori. Il dato più significativo e preoccupante sulla qualità dell’integrazione è rappresentato dal 48% dei posti coperti dai precari.

Le spese per l’acquisto di attrezzature per l’integrazione degli alunni diversamente abili, per le segreterie e per i laboratori didattici diminuiscono del 38,28%.

Chiediamo che vengano previste congrue risorse economiche per una reale integrazione scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità attraverso una sinergia di forze tra il Ministero ed enti locali, un passaggio stretto di competenze e risorse e programmare opportuni organici di insegnanti di sostegno, per garantire il trasporto nelle scuole, lavorare per l’abbattimento delle barriere architettoniche e relativa assistenza di accompagnamento e di aiuto alla persona (E.L), per tutte le scuole di ogni ordine e grado. La cornice in cui si può inserire questo contesto è l’accordo  tra Regione, ufficio scolastico regionale, Provincia e Comuni per il coordinamento e per il governo integrato, dell’istruzione, della formazione professionale e della transizione al lavoro, tale sinergia dovrebbe essere tesa all’individuazione di strumenti di indirizzo e di programmazione e relative stipule per promuovere collaborazioni, convenzioni per una reale efficienza del sistema scolastico.

Si chiede un impegno serio dei futuri governanti per un’applicazione piena dello spirito solidaristico e di dignità della legge 104/92 articolo 12 “sostenere lo sviluppo delle potenzialità della persona con disabilità, nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione”.

Il diritto all’istruzione è per noi inderogabile e fondamentale più di sanità o assistenza, l’istruzione rende ogni cittadino e cittadina consapevole della propria dignità e garantisce in ogni paese del mondo un futuro democratico, una società tollerante e rispettosa della diversità e della storia individuale e collettiva.

 

Welfare:

E’ noto a tutti il grave atto del Governo attuale che ha ridotto del 50% il fondo per le politiche sociali, chiediamo che il prossimo Governo non solo ripristini le dovute risorse finanziarie, ma sia anche in grado di delineare e adottare linee concrete di aiuto alle famiglie (non una-tantum e tantomeno atti demagogici).

Famiglia: Ricominciamo dalla 328/00; il sostegno di un servizio che aiuti il nucleo famigliare e  che garantisca il principio della continuità tra bisogni sanitari e bisogni assistenziali negli ambiti quotidiani;

Rete di servizi: a livello regionale e locale sussistono differenze notevoli tra aree di qualità e aree di totale disservizio. E’ necessario che standard minimi di servizi e prestazioni siano garantiti obbligatoriamente su tutto il territorio nazionale, aiuto alle persone, aiuto alle famiglie è un dovere dello Stato e della collettività. La vita indipendente è un tema molto importante (ed anche un sogno) per giovani disabili, la possibilità di fruire di ausili di alta tecnologia e di adeguati servizi alla persona hanno fatto si che alcune persone con gravi disabilità potessero occuparsi personalmente  della propria vita, realizzando il massimo dell’ autonomia nell’agire e nelle scelte.

Generalizzare queste sperimentazioni investendo sulle possibilità di persone con gravi difficoltà che da assistiti potrebbero divenire contribuenti sia in termini culturali che in termini economici al benessere collettivo non è male, per una società volta al progresso scientifico, ma anche alle libertà individuali.

 

 

Nina Daita Responsabile Nazionale Politiche attive per la disabilità

 


da “Rassegna Sindacale” n. 7 del 23 febbraio 2006


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