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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

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Un anno di governo sulle politiche sociali

di Don Vinicio Albanesi

Non ci vuole molto per commentare il primo anno dell'attuale governo sulle politiche sociali in Italia.

Sostanzialmente sono stati due gli impegni: l'integrazione al milione della pensione ai vecchi poveri, la legge sull'immigrazione. Il resto è tutto uno slogan; un faremo, un vedremo, infiniti "libri bianchi" che vorrebbero ricominciare dall'anno zero, in realtà prendono tempo in attesa di...


Dagli appelli e dagli annunci comunque si possono trarre linee di orientamento “sociale”.

La prima constatazione è l'assoluta indifferenza governativa alle politiche sociali della popolazione debole. Nessuna risorsa aggiuntiva, nessun interesse ai cittadini e cittadine in difficoltà. Non fanno parte della strategia governativa, tutta incentrata su chi ha già risorse. La stessa legge sull'immigrazione è concepita come occasione di risorse e non come legge sociale: questa legge sembra dire agli immigrati "mi spiace per voi, ma noi non possiamo che guadagnare dalla vostra presenza in Italia; in caso contrario statevene pure a casa: con le buone, altrimenti useremo le cattive". Su questa proposta di legge l'attenzione è stata posta eccessivamente sulla sicurezza e sull'integrazione. In realtà è un mix dal doppio volto, sociale ed economico: il secondo è prevalente.

 Altro elemento di riflessione: il Ministero del Welfare è debolissimo nella compagine governativa. I grandi temi sociali (immigrazione, prostituzione, carcere...) sono appannaggio dei leader massimi; il resto è talmente routine che il lavoro consiste nello stoppare l'esistente e nel prendere tempo per il futuro. Ciò significa che l’attenzione è verso la popolazione “normale” e non verso “i vulnerabili”.  Altro dato ancora è l'assoluta mancanza di risorse: non sono previsti investimenti nel sociale, anzi; si tenta di spolpare quel poco che esiste: la voracità non ha mai limite.

Il terzo elemento è la filosofia che sottostà alla concezione di politiche sociali. Può essere sintetizzata con la regola della doppia g: "guarire, guardare". La politica è attiva se c'è speranza di guarigione. Chi non ce la fa può essere reso solo innocuo (cfr. tossicodipendenza, prostituzione, psichiatria). Per chi è cronico, strutturalmente debole e senza speranze, pazienza. Non si possono investire risorse su chi non ha speranza.

Quarto elemento: immissione del privato profit e non profit nelle politiche sociali. Largo spazio alle imprese profit (a svantaggio di chi utilizza i servizi) in linea con le politiche di sviluppo economico, appello a quelle non profit perchè sostanzialmente a basso costo.

Nel complesso dunque la politica del governo sta esaltando, con estrema chiarezza, la concezione del cittadino produttore di economia. Solo costui ha diritti di parola e di tutela. Da questo punto di vista è lineare l'innalzamento della pensione agli ultrasettantenni poveri, i fondi per gli asili nido, le promesse per le famiglie. Chi, per motivi diversi (di razza, di salute, di territorio, d'età) non ha questi requisiti, non può che essere assistito per bontà da chi lavora e produce. Sintomatici i gesti del Presidente del Consiglio di offrire 10  milioni a due prostitute e di esporre la bambina al rientro dall'Algeria. Questa concezione spazza via d'un colpo ogni politica di welfare occidentale, per ritornare alle politiche di sopravvivenza, caratteristiche dei paesi poveri o emergenti.

Ma se in quei paesi è drammatica la scelta in quanto le risorse sono effettivamente poche, nel nostro paese diventa crudele e colpevole trattare i cittadini in maniera diversa e discriminatoria.

Nel tempo questa politica diventerà più esplicita. Fa tristezza che non se ne renda conto chi dovrebbe. Tutti coloro che dicono di aver rispetto della persona - primi fra tutti gli uomini di Chiesa e i cosiddetti “politici cattolici”- a prescindere da ogni altra considerazione. Un esempio: la recente "grande discussione" tra badanti e lavoratori "in nero" per la sanatoria sull’immigrazione in fondo è solo una piccola discussione di pochi spiccioli.

 

Dal Redattore Sociale:

 

L’attuazione della legge sull’assistenza e il fondo sociale; la povertà e le pensioni minime.

PUBBLICHIAMO un primo bilancio del primo anno dell’esecutivo Berlusconi sulle politiche sociali. Si tratta di una ricostruzione centrata sui temi che la nostra agenzia tratta ogni giorno. Ciò significa che restano volutamente fuori gran parte di quei settori dell’azione governativa che pure hanno conseguenze indirette sulle fasce più deboli della società. Per intendersi, parliamo di sanità solo riguardo la psichiatria, di previdenza solo riguardo gli anziani con pensioni minime, di scuola solo riguardo l’integrazione dei disabili, e così via.

Tra gli altri temi non trattati in questa carrellata, dedicata prevalentemente al disagio sociale in Italia, le annunciate strategie per gli aiuti allo sviluppo dei paesi poveri e un tema che in questi mesi ha fatto molto parlare e mobilitare le associazioni: il ddl di riforma della legge 185 sul commercio delle armi.

Il bilancio è suddiviso in 11 aree. Abbiamo incluso in esso i provvedimenti effettivi e, in mancanza di questi, gli annunci più rilevanti fatti dai ministri e alcune scelte parlamentari della maggioranza.

 

  1. LEGGE ASSISTENZA E FONDO SOCIALE


Il governo è entrato in carica poco dopo l’entrata in vigore della legge quadro sull’assistenza (328/2000), la quale istituisce tra l’altro un Fondo sociale per gli interventi sui vari settori del disagio sociale (anziani, disabili, minori etc.). La legge, che prevede un forte ruolo delle Regioni, deve essere concretizzata attraverso una serie di decreti attuativi, alcuni dei quali non sono stati varati. Secondo l’opposizione, nonostante le rassicurazioni del ministro del welfare, l’esecutivo non intende applicare la 328 e “fino ad oggi non ha ancora emanato alcun provvedimento di quelli previsti” (interrogazione Turco-Violante, 12 maggio 2002).


Diverse Regioni hanno inoltre lamentato il “blocco” del Fondo, e quindi l’indisponibilità dei trasferimenti economici previsti, nonostante alcune di esse abbiano già iniziato ad impegnare parte di quel denaro. Sempre riguardo il Fondo, un episodio ha fatto molto discutere nel marzo 2002: per finanziare un decreto sull’emergenza “mucca pazza” la maggioranza ha votato l’utilizzo di 50 milioni di euro presi dagli accantonamenti per la 328. Il sottosegretario al welfare ha garantito che si tratta di una temporanea “copertura tecnica” e che il Fondo sarà reintegrato.

 

Legge-quadro per l'assistenza

La legge-quadro del '92 ha posto fine a una legislazione che fino ad allora era stata settoriale, e in molti casi arretrata, esprimendo finalmente una nuova concezione culturale che pone al centro la persona nella sua globalità, indipendentemente dallo stato e dal tipo di handicap in cui si trova. Ciò, con un approccio innovativo che considera la persona disabile nel suo sviluppo unitario dalla nascita, alla presenza in famiglia, nella scuola, nel lavoro e nel tempo libero. Per tutti questi ambiti, oltre che per la prevenzione, l'informazione e la comunicazione, la legge individua precisi diritti del disabile, insistendo particolarmente sulla necessità di rimuovere le situazioni invalidanti, di predisporre interventi che evitino processi di emarginazione, di tutelare il rispetto della dignità, la massima autonomia e partecipazione, il recupero funzionale e sociale

Legge 328/00 (Interventi e Servizi Sociali)

Decreti Attuativi Legge 328/00

La legge di riforma dei Servizi Sociali

2. POVERTA’

Il provvedimento più noto riguarda l’innalzamento a 1 milione di lire delle pensioni minime per gli anziani ultrasettantenni a basso reddito. Secondo le previsioni del governo, i beneficiari dovevano essere 2 milioni e 200 mila. Dopo aver ammesso d’ufficio al trattamento i primi 609 mila anziani fin dal gennaio 2001, l’Inps ha invitato quasi 1 milione e 700 mila persone a dichiarare i redditi per la verifica del diritto all’aumento.
Al 30 aprile 2002, aveva risposto all’invito poco più della metà dei destinatari. Ai primi di maggio era stata maggiorata la pensione a circa 1 milione 200 mila anziani.
Per velocizzare le operazioni, il governo aveva nel frattempo comunicato che era sufficiente un’autocertificazione per ottenere gli arretrati, salvo verifica del diritto entro agosto. Al momento è impossibile determinare il numero finale dei destinatari: vi è infatti una parte che rinuncia al tentativo di chiedere l’aumento perché non lo valuta conveniente; un’altra parte, ritengono i sindacati, finirà per perdere il diritto dopo la verifica dell’istituto di previdenza.


La Commissione di indagine sull’esclusione sociale (meglio conosciuta come Commissione povertà) si è dimessa polemicamente il 29 novembre 2001. All’origine della scelta, condivisa da tutti gli 11 componenti, le critiche avanzate dal governo alla lettura dei dati dell’ultimo rapporto sulla povertà fatta dalla presidente Saraceno. In particolare non è stata gradita la critica alla politica di detrazioni fiscali che il nuovo governo intende perseguire al posto degli aiuti economici alle famiglie (attuati dal centrosinistra).
Il 13 marzo è stata intanto la nuova Commissione povertà, con 9 componenti di cui 4 già presenti nella precedente.


Su questo fronte resta in discussione l’opportunità di continuare o meno con “reddito minimo di inserimento”. La sperimentazione è iniziata nel 1998 in una quarantina di comuni, con circa 35.000 persone coinvolte, e dovrebbe terminare alla fine del 2002. In questi mesi è in corso una valutazione dei risultati; il ministro e il sottosegretario al welfare, comunque, hanno più volte manifestato perplessità sulla prosecuzione di questa politica.

Povertà assoluta in Italia

La povertà assoluta: valore monetario di un paniere di beni e servizi indispensabili affinché una famiglia di data ampiezza possa raggiungere un livello di vita “socialmente accettabile” nel paese. Viene calcolato per ciascuna ampiezza familiare aggregando le componenti alimentare, per l’abitazione e residuale. Il suo valore monetario viene annualmente aggiornato tenendo conto della variazione dei prezzi di consumo (1 milione e 55 mila lire per il 2000). Vengono definite povere le famiglie che presentano una spesa media mensile familiare inferiore o uguale al valore del paniere.

La povertà assoluta tocca il 4,3% delle famiglie italiane (954 mila famiglie) per un totale di 2 milioni 937 mila individui. Nel Mezzogiorno l’incidenza è del 9,4% mentre nel Centro e nel Nord è pari rispettivamente al 2,7% e all’1,6%. L’intensità della povertà assoluta a livello nazionale è del 19,3%: nel centro e nel Mezzogiorno i valori sono prossimi al 20% mentre nelle regioni settentrionali l’intensità è pari al 15,4%. Le famiglie di 4 o più componenti sono quelle che presentano l’incidenza di povertà assoluta più alta pari al 7%. Anche le famiglie di altra tipologia con membri aggregati, e gli anziani sono categorie ad alto rischio di povertà assoluta con valori dell’incidenza rispettivamente del 7,6% e del 5,3%. È sempre nelle regioni del Mezzogiorno che si evidenzia una maggiore concentrazione del fenomeno, vi risiede infatti il 70,7% delle famiglie assolutamente povere.

Fonte: ISTAT

 

Reddito minimo di inserimento

Il Reddito minimo di inserimento (RMI), introdotto in via sperimentale nel 1998 con funzioni di contrasto della povertà, fornisce un sostegno economico ai soggetti a rischio di marginalità sociale e impossibilitati a provvedere al mantenimento proprio e dei figli per cause psichiche, fisiche e sociali.

 Il RMI non consiste solamente in un assegno monetario ma prevede anche interventi di integrazione sociale finalizzati alla promozione delle capacità individuali e dell’autonomia economica degli individui. La sperimentazione, la cui conclusione era inizialmente prevista per il 31 dicembre 2000, riguarda 39 comuni: 6 nel Nord, 11 nel Centro e 22 nel Mezzogiorno.
L’assegno è destinato ai cittadini italiani, ai cittadini comunitari residenti da almeno 12 mesi in uno dei comuni ammessi alla sperimentazione e ai cittadini non comunitari residenti in uno dei comuni ammessi alla sperimentazione da almeno 3 anni. Per i soggetti in età lavorativa, non occupati e abili al lavoro è obbligatoria la disponibilità a frequentare corsi di formazione professionale e al lavoro.

L’importo mensile del RMI per un nucleo familiare di un solo componente è pari alla differenza tra una soglia prefissata (520.000 lire nel 2000) e il reddito disponibile della famiglia.
Per il calcolo del RMI spettante a unità familiari di diversa numerosità si applica la scala di equivalenza dell’ISE. Nel caso dei redditi da lavoro, la prova dei mezzi prevede una franchigia del 25% al fine di attenuare eventuali effetti di trappola della povertà

 

Povertà relativa in Italia

L’incidenza della povertà viene calcolata sulla base del numero di famiglie (e relativi componenti) che presentano spese per consumi. Per la misurazione della povertà relativa viene utilizzata la definizione della International Standard of Poverty Line applicata ai dati per la spesa per consumo delle famiglie. Secondo questa definizione si definisce povera una famiglia di due persone la cui spesa mensile per consumi è pari o inferiore al consumo medio pro-capite del paese. In Italia tale valore nel 2000 è pari a 1 milione e 568 mila 791 lire mensili correnti. In Italia la valutazione del fenomeno povertà viene effettuata sulla base di entrambe le soglie (povertà assoluta e relativa) utilizzando i dati dell’indagine sui consumi delle famiglie.

Nel 2000 circa 2 milioni e 707 mila famiglie, pari al 12,3% del totale delle famiglie residenti, vivono in condizione di povertà relativa per un totale di 7 milioni 948 mila individui (il 13,9% dell’intera popolazione). A caratterizzare le famiglie dove è maggiormente diffuso il fenomeno della povertà relativa sono: la presenza di più figli, l’elevata dimensione, i bassi livelli di istruzione, l’esclusione dal mercato del lavoro, la presenza di anziani o anziano solo. A fronte di una sostanziale stabilità a livello nazionale tra il 1999 e il 2000 si osserva un aumento significativo dell’incidenza di povertà nel Nord, dove il valore passa dal 5% nel ’99 al 5,7% nel 2000. Le famiglie povere spendono in media 1 milione 216 mila lire mensili, il 22,5% in meno della soglia.

Fonte: ISTAT

Osservatorio sulle Povertà - Rapporto 2000

Famiglie e Povertà

IPU - Indice di Povertà Umana

Indice messo a punto dall'UNDP (United Nations Development Programme) per misurare le deprivazioni nello sviluppo umano di base nelle tre dimensioni dell'ISU: longevità, conoscenza e standard di vita dignitoso (IPU-1). L'IPU per i paesi dell'OCSE (IPU-2) aggiunge, a quelle tre dimensioni, l'esclusione sociale

ISU - Indice di Sviluppo Umano

Indice messo a punto dall'UNDP (United Nations Development Programme) a partire dal 1990, con il contributo determinante del Premio Nobel Amartya Sen, per misurare le performance dei vari paesi nel raggiungimento di uno stato di benessere e di sviluppo che vada oltre la sola dimensione economica. Le dimensioni analizzate dall'ISU, attraverso un insieme di variabili (speranza di vita, tasso di alfabetizzazione semplice e congiunto, PIL pro capite), sono quelle della longevità, della conoscenza, e del raggiungimento di uno standard di vita dignitoso.

 

RMI: Reddito minimo di inserimento

È una misura che si rivolge in primo luogo a soggetti adulti in età di lavoro e alle loro famiglie, finalizzata a ridurre il disagio economico integrando il reddito, ed a fornire risorse di diversa natura affinché gli individui e le famiglie riescano a contrastare autonomamente i rischi di riproduzione familiare della povertà. L’ottenimento del RMI è subordinato alla stipula di un contratto di inserimento (sociale e/o lavorativo) tra il beneficiario e l’ente o l’agenzia che lo gestisce. Nel caso di inserimento lavorativo le attività consistono in recuperi o integrazioni formative, tirocini, stage lavorativi ecc.

Piano Nazionale di Inclusione sociale (giugno 2001)

 

ISG - Indice di Sviluppo di Genere

L'ISG, secondo la definizione contenuta nel Rapporto dell'UNDP (United Nations Development Programme), "misura i risultati raggiunti nelle stesse tre dimensioni e variabili dell'ISU, ma sottolinea le ineguaglianze tra uomini e donne (...): maggiore è la disparità nello sviluppo umano di base, minore sarà l'ISG di un paese rispetto al suo ISU ".

 

MEG - Misura dell'empowerment di genere

Messo a punto dall'UNDP (United Nations Development Programme) indica il grado di partecipazione attiva delle donne alla vita politica ed economica. Gli indici a cui fa riferimento sono: partecipazione economica e alle decisioni, partecipazione politica e alle decisioni, potere sulle risorse economiche

  1. IMMIGRAZIONE


L’impegno dell’esecutivo si è incentrato sul cosiddetto ddl Bossi-Fini. Dal momento dell’annuncio e lungo tutto il suo iter in Parlamento, il testo è stato continuamente al centro di un dibattito serrato sia all’interno della maggioranza, sia tra governo e società civile. La stragrande maggioranza delle organizzazioni non profit italiane, laiche e cattoliche, si è schierata contro la sua impostazione.


Il ddl, tutt’ora in discussione, parte dal convincimento che occorre modificare la legge Turco-Napolitano in senso più restrittivo. Tra gli obiettivi vi è quello di agganciare il permesso di soggiorno esclusivamente all’esistenza di un contratto di lavoro (anche con l’abolizione dell’art. 23 del testo unico, che prevede l'istituto dello “sponsor”), quello di porre chiari limiti ai ricongiungimenti familiari, quello di introdurre il reato di immigrazione clandestina. Sui clandestini, in particolare, è stato approvato in aprile un decreto d’urgenza che sostanzialmente introduce il “reato di clandestinità”.
Il governo, poi, ha provveduto a disciplinare alcune situazioni tipo: per le cosiddette “badanti” (straniere impegnate nell’attività di cura e assistenza domestica) e per i lavoratori stagionali. Per questi ultimi, così come espressamente richiesto dalle associazioni di categoria, si è andati ad una modifica del decreto flussi ampliando l’iniziale disposizione.


Molto discusso anche il tema dei richiedenti asilo, o rifugiati. Su di esso si sono mobilitate alcune associazioni e numerosi parlamentari, uniti nel chiedere una normativa ad hoc, ritenendo non sufficienti gli articoli inseriti nel ddl (27 e 28), che in caso contrario andrebbero a loro parere completamente riscritti. Per ora non sembra vi sia l’intenzione di accogliere queste istanze.

 

Per Conso presidente del Consiglio italiano per i rifugiati e Presidente emerito della Corte Costituzionale: “viene prima il diritto o la politica?”: una domanda provocatoria e allo stesso tempo densa di riflessioni. “Quale legge per il diritto di asilo? Dalla Legge Martelli al ddl Bossi-Fini”.

I due articoli riguardanti l’asilo inseriti nel ddl sull’immigrazione si oppongono a principi della Costituzione e ad aspetti del diritto internazionale già esistenti. Sarebbe necessaria “una legge ad hoc” sull’argomento, dato che gli eventuali emendamenti equivalgono al “tallone d’Achille della legge stessa, centrata sugli immigrati”. Quindi lo stralcio degli articoli “dovrebbe essere un corollario obbligato”, per ripartire e ripensare un ddl esclusivamente dedicato ai rifugiati e richiedenti asilo. Certamente “occorre stroncare le irregolarità di chi usa lo slogan della richiesta di asilo per mascherare l’immigrazione clandestina, ma bisogna anche prendere tempo per esaminare i casi dubbi.

 

Nodo della questione resta la “tutela giurisdizionale” per i richiedenti asilo, dando loro la possibilità di fare ricorso e di attenderne l’esito, mentre il ddl prevede l’allontanamento (che per Conso equivale all’espulsione) per chi non abbia i requisiti necessari per essere considerato rifugiato. In caso di errore, però, “verranno violati i diritti fondamentali della persona, rimandandola nel paese di origine dove rischia la tortura – con segni che rimangono addosso per tutta la vita - o anche la pena di morte. Le difficoltà per i richiedenti asilo si moltiplicano anche dei centri di accoglienza dove sono ospitati per 2 o 3 mesi in attesa dell’esame della loro domanda.

In Italia i rifugiati sono appena 0,4 su mille abitanti, mentre in Germania il rapporto è 13 su mille, in Svizzera sale addirittura a 20. Numeri esigui, se si pensa che “in Pakistan i rifugiati sono 3 milioni, 2 milioni in Iran”.

Profugo: Termine generico che indica chi lascia il proprio paese a causa di eventi esterni (guerre, invasioni, rivolte, catastrofi naturali).

Fonte: CIR (Consiglio italiano per i rifugiati)

Rifugiato: Il rifugiato è colui che è costretto a lasciare il proprio paese a causa di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le opinioni politiche (Convenzione di Ginevra, 1951). A differenza del migrante, egli non ha scelta: non può tornare nel proprio paese d’origine se non a scapito della propria sicurezza e incolumità. Dal punto di vista giuridico-amministrativo, un rifugiato è una persona cui è riconosciuto lo status di rifugiato.

Fonte: CIR (Consiglio italiano per i rifugiati)

Richiedente asilo: Colui che fugge dal proprio paese e inoltra, in un altro Stato, una domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato. La sua domanda viene poi esaminata dalle autorità competenti di quel paese (in Italia, la Commissione Centrale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato). Fino al momento della decisione in merito alla domanda, egli è un richiedente asilo.

Fonte: CIR (Consiglio italiano per i rifugiati)

Sfollato: In alcuni contesti, si parla genericamente di sfollato come di chi fugge a causa di catastrofi naturali o guerre e viene accolto temporaneamente sul territorio di un paese estero, con un soggiorno per "protezione umanitaria". Spesso, il termine è usato come traduzione dall’inglese: "Internally Displaced Person" (IDP), colui che abbandona la propria dimora per gli stessi motivi del rifugiato, ma non oltrepassa un confine internazionale, restando dunque all'interno del proprio paese.


Fonte: CIR (Consiglio italiano per i rifugiati)

Raccolta di fonti internazionali: Leggi e convenzione di Ginevra 28 luglio 1951

 


Immigrazione:Cosa prevede l''emendamento sulla regolarizzazione delle colf al ddl Bossi-Fini

L’intesa raggiunta sulla presentazione di un emendamento da parte del governo al disegno di legge sull''immigrazione, attualmente all''esame di Palazzo Madama, riguarda la regolarizzazione delle colf e di tutti i lavoratori extracomunitari che svolgono lavoro a domicilio (i cosiddetti badanti). All’indomani della presentazione del ddl, infatti, le associazioni di categoria avevano avanzato molte critiche al provvedimento, sottolineando come la legge andasse a danneggiare non solo le lavoratrici domestiche straniere in attesa di essere regolarizzate, ma soprattutto le famiglie, impossibilitate a metterle in regola, stando all’applicazione della nuova normativa.

L’emendamento ora proposto dovrebbe andare a sanare questa specifica situazione attraverso una serie di garanzie a cui lavoratori e famiglie interessate dovranno attenersi. Le colf per ottenere la regolarizzazione dovranno dimostrare di avere un lavoro solido, un alloggio e di non avere carichi pendenti. Sarà inoltre tenuto in considerazione da quanto tempo esse risiedono nel nostro paese.

 Per quanto riguarda invece gli obblighi del datore di lavoro, l’emendamento dovrebbe ipotizzare il pagamento di una quota dei contributi pregressi non versati, così come il pagamento da parte del lavoratore da regolarizzare di una parte delle tasse non pagate per il periodo in nero.


Sembra invece più difficile che l’emendamento possa incidere su un fenomeno consolidato che vede arrivare, con pullman organizzati, in Italia donne munite di visti turistici della durata massima di tre mesi, pagati anche milioni, che, una volta scaduto il permesso, tornano al paese d’origine, lasciandosi sostituire da un’amica o una familiare.

 

Ddl Immigrazione: cosa cambierà rispetto all'attuale Testo Unico

Lavoro e contrasto all'immigrazione clandestina.

Sono questi i capisaldi del nuovo disegno di legge (S.795), approvato dal Consiglio dei ministri, che definisce le modifiche al Testo Unico contenente le disposizioni sulla disciplina dell'immigrazione.
Questi i punti salienti del ddl:

 

Contratto di soggiorno

La nuova normativa introduce il principio del “contratto di soggiorno”, condizione che permette allo straniero di ottenere il permesso per motivi di lavoro, la cui durata è quella prevista dal contratto stesso. Questo, se riferito ad un impiego stagionale, ha una durata massima di nove mesi; se riferito ad un lavoro subordinato a tempo determinato, non può essere superiore ad un anno; se, infine, è in relazione ad un lavoro subordinato a tempo indeterminato, deve concludersi entro due anni. Stesso limite viene imposto anche per il lavoro autonomo. Al datore di lavoro rimane l’obbligo di garantire un’adeguata sistemazione alloggiativa per il lavoratore, di garantire la copertura delle spese di un eventuale rimpatrio del lavoratore e del preventivo accertamento di indisponibilità di manodopera nazionale e comunitaria. Proposta l’abolizione dell’art. 23 del Testo Unico, che prevedeva l'istituto dello "sponsor”, cioè la garanzia per l’accesso regolare al lavoro, determinata dalla possibilità di chiamate nominative di lavoratori residenti all’estero. Questo sistema faceva leva sulla cosiddetta “catena migratoria” o in altre parole sul legame tra gli stranieri che vivono all’estero e quelli integrati nel nostro paese. In sostituzione allo sponsor, si introduce il nuovo istituto dei titoli di prelazione: corsi di formazione professionale nei paesi di origine degli stranieri, con assunzioni preferenziali per chi li superi.

 

Permesso di soggiorno

Rispetto alla normativa vigente, che stabilisce che la durata del permesso di soggiorno deve essere quella prevista dal visto d'ingresso, nel nuovo disegno di legge il tempo viene dimezzato e viene portata da 5 a 6 anni la durata di permanenza regolare, necessaria al conseguimento della carta di soggiorno. Il nuovo disegno di legge richiede un tempo di novanta giorni prima della scadenza, mentre la durata non può superare quella richiesta inizialmente. Il rilascio della carta di soggiorno, secondo le disposizioni del nuovo disegno di legge, può essere richiesto dallo straniero regolarmente soggiornante in Italia da almeno otto anni, contro i cinque richiesti dal Testo Unico.


Matrimoni simulati

Il disegno di legge introduce all’art. 30 del Testo Unico un comma 1 bis che prende in considerazione il caso dei matrimoni simulati. Si prevede che il permesso di soggiorno sia immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non è seguita l’effettiva convivenza. Unica eccezione che dal matrimonio sia nati dei figli.


Immigrazione clandestina

Il disegno di legge propone una ri-scrittura completa della disciplina degli allontanamenti ed introduce inoltre l’accompagnamento coatto alla frontiera come forma ordinaria di esecuzione dell’espulsione amministrativa. L'arresto effettivo e "immediato" per l'immigrato clandestino scatta al terzo tentativo di rientro in Italia senza permesso. Il clandestino, processato per direttissima, rischia il carcere da uno a quattro anni. Ma già al primo tentativo di rientro senza permesso, lo straniero irregolare può finire in carcere con una pena che va da sei mesi a un anno, commutabile in espulsione. Poiché la maggiore difficoltà nel contrasto alla clandestinità riguarda l'identificazione dell'immigrato e la definizione dello Stato di provenienza, il disegno di legge prevede l'allungamento del soggiorno nei Centri di permanenza temporanea: 30 giorni, prorogabili a 60 (contro i 20 prorogabili a 30 del Testo Unico).


Ricongiungimenti familiari

Il nuovo disegno di legge restringe l’area del ricongiungimento familiare, prevedendo l'abrogazione di due norme del Testo Unico. Vengono esclusi dal ricongiungimento i parenti entro il terzo grado e subordinato l’ingresso nel paese dei genitori alla condizione che essi non abbiano altri figli.


Quote di ingresso annuali

Le quote saranno fissate con uno o più decreti l'anno sulla base delle esigenze e delle richieste di manodopera da parte del mondo produttivo.


Disposizioni in materia di asilo politico

Due gli elementi di novità: il decentramento a livello provinciale della Commissione deputata all’esame delle domande di asilo e la previsione di un trattamento obbligatorio degli stranieri che chiedano il diritto di asilo, essendo già destinatari di un procedimento di espulsione o dopo essere stati intercettati in situazioni di ingresso o soggiorno illegale. Lo scopo è di "garantire la tutela di colui che richiede asilo, ma di evitare che questo istituto sia impropriamente utilizzato per aggirare le disposizioni sull'immigrazione”.


Attività sportive

Vengono limitati gli ingressi degli sportivi extracomunitari. Il limite massimo annuale d’ingresso degli stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita, viene stabilito ogni anno dal ministero dei Beni culturali su proposta del Coni e ripartito tra le società sportive da ripartire tra le federazioni sportive nazionali.

 Le altre novità contenute nel disegno di legge, che prima di essere discusso in Parlamento deve passare al vaglio della Conferenza Stato-Regioni, riguardano i lavoratori di origine italiana residenti in paesi non comunitari (per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado di parentela) che avranno una corsia preferenziale nel mercato del lavoro Il disegno di legge, inoltre, prevede aiuti e cooperazione solo agli Stati che si impegneranno a contrastare l'immigrazione clandestina e la tratta di donne e minori. Infine, uno Sportello unico per l'immigrazione, istituito presso le prefetture, avrà il compito di monitorare il fenomeno e di coordinare le politiche territoriali.

Delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) riguardante l'assistenza sanitaria agli stranieri presenti nel territorio nazionale. (Art. 33, legge 6 marzo 1998, n. 40). Deliberazione n. 117/2001 che fissa gli stanziamenti complessivi e la ripartizione tra le Regioni dei finanziamenti destinati alla copertura delle spese destinate agli stranieri non in regola con la normativa sul soggiorno presenti sul territorio italiano.
(Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.67 del 20 marzo 2002)

La sanità per i cittadini immigrati (Ministero della Sanità)

Italiano - Inglese - Francese - Spagnolo

ASSISTENZA SANITARIA AGLI STRANIERI IMMIGRATI

SECONDO RAPPORTO SUL RAZZISMO IN ITALIA a cura del'ECRI (Commissione Europea contro il razzismo e l'intolleranza) IN ITALIANO

 

DECRETO MINISTERIALE LAVORO STAGIONALE DEL 04.02.02 >> [leggi]


CIRCOLARE N.7/2002 SUL LAVORO STAGIONALE >>
[leggi]

 

22/05/2002 Immigrati: Maroni aumenta flussi per il 2002
Il decreto è stato appena firmato

IMMIGRATI SPREMI E GETTA NELLA NUOVA LEGGE DI BOSSI

di Giovanni Palombarini >> [leggi]

Origine delle 10 principali popolazioni di rifugiati

Origine*

Principali paesi d'asilo**

TOTALE

Afghanistan

Pakistan/Iran

3.580.000

Burundi

Tanzania

568.000

Iraq

Iran

512.800

Sudan

Uganda/Rep. dem. Congo/Ciad/Etiopia/Kenya/Rep. Centrafricana

490.400

Bosnia-Erzegovina

Rep. Fed. Jugoslavia/Croazia/USA

478.300

Somalia

Kenya/Etiopia/Yemen/Gibuti

447.800

Angola

Zambia/R.d. Congo/Namibia

432.700

Sierra Leone

Guinea/Liberia

400.800

Eritrea

Sudan

376.400

VietNam

Cina/USA

370.300

Note:
(*) Circa 3,8 milioni di palestinesi rientrano nel mandato dell'Agenzia di soccorso e lavori delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi nel vicino oriente e non vengono considerati in questa tabella.

(**) Per un numero significativo di rifugiati, soprattutto nei paesi più sviluppati, non disponibile una ripartizione per paese d'origine. Inoltre, molti rifugiati come ad esempio i vietnamiti negli Stati Uniti - hanno acquisito la cittadinanza del paese di asilo, pertanto non sono inclusi nelle statistiche dei rifugiati.

Fonte: UNHCR - 2001

ITALIA
Stranieri soggiornanti al 31/12/2000

Regione

Anno 2000

Stime
Dossier 

Diff. % 1999/2000

Valle d'Aosta

2.494

3.030

-0,2

Piemonte

83.811

101.830

6,0

Lombardia

308.408

374.716

16,0

Liguria

38.784

47.123

11,7

Trentino Alto Adige

31.799

38.636

8,3

Veneto

139.522

169.519

15,8

Friuli Venezia Giulia

43.432

52.770

14,6

Emilia Romagna

113.048

137.353

12,1

 Nord

761.298

924.977

13,5

Toscana

114.972

139.691

24,1

Umbria

26.068

31.673

6,3

Marche

35.777

43.469

 18,1

Lazio

245.666

298.484

11,1

 

 

 

 

 Centro

422.483

513.317

14,6

Abruzzo 

18.933

23.004

10,5

Campania

68.159

82.813

7,6

Molise

2.039

2.477

9,1

Basilicata

3.110

3.779

-2,1

Puglia

35.565

43.211

-17,4

Calabria

15.315

18.608

0,1

Sud

143.121

173.892

-0,5

Sicilia

49.808

60.517

-12,2

Sardegna

11.443

13.903

-4,3

Isole

61.251

74.420

-10,8

Tot. Nazionale

1.388.153

1.686.606

10,9

Fonte:  Caritas Roma su dati Ministero dell'Interno

 

Sintesi Dossier Statistico Immigrazione 2001

Dossier Statistico 2001  -  Roma e Lazio

Relazione di mons. Guerino Di Tora alla Presentazione del Dossier Immigrazione 2001

Relazione di Franco Pittau alla Presentazione del Dossier Immigrazione 2001

Considerazioni della Caritas al DDL sull'immigrazione del Governo



 

Percentuale di parti di donne immigrate 
sul numero totale dei parti

Struttura ospedaliera

1999
%

2000
%

al 31/03/2001
%

S. Paolo

14

17

17

S. Carlo

14,5

18,5

22,6

 

 

 

 

 

Percentuale interruzioni volontarie di gravidanza su donne immigrate sul numero totale di IVG

Struttura ospedaliera

1999
%

2000
%

al 31/03/2001
%

S. Paolo

28

35

41

S. Carlo

28

38

46

Fonte:  RS

Le cinque regioni italiane con la più alta crescita % di stranieri soggiornanti
(Confronto presenze Anni '99-2000)

 

Stranieri soggiornanti*

Stime
Dossier 

Diff. % 1999/2000

Toscana

114.972

139.691

24,1

Marche

35.777

43.469

18,1

Lombardia

308.408

374.716

16,0

Veneto

139.522

169.519

15,8

Friuli V. Giulia

43.432

52.770

14,6

Tot. Nazionale

1.388.153

1.686.606

10,9

*dati Ministero dell'Interno
Fonte:  RS su dati Caritas Roma  (Dossier immigrazione 2001) 

Le province italiane con il più alto numero di cittadinanze rappresentate, in base alle religioni professate e alle lingue parlate. Anno scolastico 1999-2000

Province

Cittadin. rappres.

Relig. prof.

Lingue parlate

Stato + rappresent.

% alunni Stato + rapp. su tot. alun. non it.

Milano

144

18

65

Cina

11,98

Roma

142

17

64

Albania

9,57

Firenze

118

17

56

Cina

23,55

Torino

114

18

56

Marocco

26,62

Brescia

108

15

51

Marocco

18,64

Verona

100

15

47

Marocco

26,24

Perugia

99

17

48

Albania

26,41

Bergamo

98

17

51

Marocco

34,16

Bologna

98

17

53

Marocco

33,29

Vicenza

97

16

48

Jugoslavia (Serbia, Montenegro)

24,70

Genova

93

17

45

Ecuador

31,16

Treviso

90

16

46

Marocco

22,99

Modena

89

17

46

Marocco

38,04

Varese

89

14

43

Marocco

25,06

Como

86

16

43

Marocco

15,85

Reggio Emilia

84

15

45

Marocco

27,76

Padova

83

15

43

Marocco

21,48

Parma

83

16

44

Marocco

22,61

Venezia

81

14

43

Jugoslavia (Serbia, Montenegro)

19,41

Lecco

77

14

39

Marocco

19,83

Siena

76

14

42

Albania

36,29

Ancona

75

14

37

Albania

20,10

Arezzo

73

13

40

Albania

28,47

Cremona

73

15

41

India

21,38

Pavia

73

15

37

Albania

28,36

Ravenna

72

13

43

Albania

25,92

Udine

72

15

36

Albania

18,03

Italia

182

18

78

Albania

17,43

Fonte: Caritas/Dossier statistico immigrazione 2001

4. DROGA


Radicale cambiamento delle politiche finora attuate, ritenute troppo lassiste. Questo l’impegno del governo sul tema droga

Annunciato dal vice-premier Fini il 26 ottobre 2001 ad un convegno presso la Comunità San Patrignano (presenti vari esponenti del governo), è stato istituito con un decreto del novembre 2001 il Dipartimento nazionale per le politiche contro la droga. Formalmente è una struttura di “missione” del governo: è operativo dai primi mesi del 2002, anche se non è stato ancora nominato un capo dipartimento.

Di fatto, a dirigerlo è stato invece nominato per la durata di due anni il Commissario straordinario per le politiche contro la droga, nella persona dell’ex-prefetto Pietro Soggiu, già a capo della direzione centrale antidroga del ministero dell’interno.
Uno dei principali obiettivi del Dipartimento è la predisposizione di una proposta di cambiamento della legge sulle tossicodipendenze (dpr 309/90).

Tra le modifiche annunciate, la riforma dei Ser.T. (servizi pubblici per le tossicodipendenze). Una bozza di decreto in tal senso ha circolato per qualche tempo, ma è stata in seguito accantonata per una discussione più ampia. Punti centrali della bozza erano: la creazione presso le Asl di un dipartimento unico per droghe, alcolismo, minori a rischio, salute mentale; l’eliminazione del “filtro” obbligatorio dei Ser.T. per accedere alle comunità terapeutiche; l’affermazione di una forte centralità di queste ultime e della loro pari dignità con il servizio pubblico.


Suggerito anche il ritorno alla punibilità per il solo consumo di droghe, con la reintroduzione della “dose media giornaliera” cancellata dal referendum del 1993: un ddl in tal senso è stato presentato da alcuni parlamentari di Alleanza nazionale. In varie dichiarazioni, è stata sostenuta l’equiparazione concettuale delle sostanze leggere a quelle pesanti.


Il 30 gennaio 2001 il Parlamento ha anche approvato una risoluzione proposta dalla maggioranza in cui il governo viene esortato a porre limiti e controlli rigorosi alle strategie di “riduzione del danno” e all’uso del metadone nei Ser.T.


Molto discusso anche l’annunciato affidamento a San Patrignano della gestione di una struttura carceraria a “custodia attenuata” per tossicodipendenti (a Castelfranco Emilia, Modena). L’ipotesi è stata poi estesa informalmente ad altre due strutture con altrettanti gestori del privato sociale non individuati. Fonte di dure polemiche, il tema è stato per ora accantonato, anche a causa delle profonde modifiche legislative necessarie per l’ingresso di privati nella gestione di un carcere.


Il ministero del welfare ha intanto rinnovato i componenti del comitato scientifico dell’Osservatorio sulle tossicodipendenze e quelli della commissione di valutazione dei progetti ministeriali sul Fondo nazionale antidroga. L’esercizio 2002 di quest’ultimo non è stato però ancora ripartito tra ministeri (25%) e regioni (75%).
Mai riunita, né rinnovata, la Consulta degli esperti operante con il precedente governo, oggi pertanto decaduta.


L’annuale campagna informativa per la prevenzione non è ancora partita: un primo bando per le agenzie di comunicazione, in scadenza nell’ottobre 2001, è stato bloccato: il 20 maggio 2002 è scaduto il nuovo bando, emanato dal Dipartimento per l’editoria della Presidenza del consiglio e non più dal dipartimento per le politiche sociali del ministero del welfare.

DROGA

Distribuzione regionale e per anno delle tipologie di trattamento nei Ser.T. dei soggetti presi in carico

Regioni

Anno 
1998

Anno
1999

Anno 
2000

 

PS e/o Riab.

Met.

Altri 
Farm.

PS e/o Riab.

Met.

Altri 
Farm.

PS e/o Riab.

Met.

Altri 
Farm.

Piemonte

5906

7522

2033

5603

7335

1459

5465

8594

1132

Valle D'Aosta

110

202

41

171

221

51

107

221

67

Lombardia 

8974

10271

3467

9008

10262

2640

7168

10396

2370

Trentino A.A.

518

849

105

5995

1020

136

387

782

161

Veneto

5251

3867

2528

5495

4736

2571

5098

3789

2254

Friuli V.G.

1409

1352

1433

1227

1523

1129

864

2081

1063

Liguria

1990

1337

1616

2469

2462

1579

2118

2831

1680

Emilia R.

7994

3700

2561

8122

4166

2352

7815

4328

2042

Toscana

4819

6764

722

6517

5885

725

6077

6339

692

Umbria

863

1251

107

1148

2025

308

1221

2102

286

Marche

1750

1282

645

2726

1392

469

2603

1558

306

Lazio

639

7206

755

417

7831

830

422

8130

852

Abruzzo

1733

1628

438

1284

1504

256

1747

1798

246

Molise

306

510

102

243

257

52

188

150

25

Campania

7729

11121

2077

4617

8427

1368

4487

8196

1229

Puglia

8724

3747

1207

12906

6111

1714

11103

5749

1157

Basilicata

717

914

210

591

463

132

401

417

59

Calabria

2402

1974

940

2383

1882

411

3075

2385

300

Sicilia

5832

5897

2695

5254

4297

2775

6223

4403

1749

Sardegna

696

710

86

1776

3294

668

1.786

3324

611

Italia

68.362

72104

23.768

72.857

75.093

21.625

68.355

77.573

18.281

Legenda
PS e/o Riab. = PSICO-SOCIALE E RIABILITATIVO (Sostegno psicologico, Psicoterapia e Interventi di servizio sociale) 
Met. = METADONE (a breve termine <30gg. - a medio termine 30 gg. 6 mesi e a lungo termine >6mesi)
Altri Farm. = ALTRI FARMACI (Naltrexone, Clonidina, altri farmaci non sostitutivi)

Fonte:  Ministero della Sanità

Maschi e femmine in trattamento nei Ser.T. 
Distribuzione regionale - anno 2000

Regioni

 

Soggetti

 

MASCHI

FEMMINE

Piemonte

11.329

2.233

Valle D'Aosta

267

64

Lombardia

18.529

3.384

Trentino A. Adige

864

203

Veneto

9.186

1.485

Friuli V. Giulia

2.170

583

Liguria

4.757

987

Emilia Romagna

8.018

1.720

Toscana

8.702

1.919

Umbria

2.562

595

Marche

3.284

586

Lazio

10.205

1.519

Abruzzo

2.922

402

Molise

354

43

Campania

12.370

1.226

Puglia

12.083

956

Basilicata

783

61

Calabria

4.105

296

Sicilia

9.112

847

Sardegna

4.667

519

Italia

126.269

19.628

Fonte:  Ministero della Sanità

Distribuzione regionale delle tipologie di trattamento nei Ser.T dei soggetti in carico ai Ser.T - Anno 2000

Regioni

Psico-sociale e/o riabilitativo

Metadone

Altri farmaci non sostitutivi

S.P.

P.

I. S.Soc.

b. term.

med. term.

lungo term.

N.

C.

Altri farm.

Piemonte

1.556

830

3.079

1.935

2.173

4.486

392

244

496

Valle D'Aosta

50

22

35

79

100

42

17

15

35

Lombardia

2.113

630

4.425

417

1.122

8.857

392

452

1.526

Trentino A. Adige

138

43

206

132

250

400

12

5

144

Veneto

2.083

964

2.051

316

789

2.684

717

484

1.053

Friuli V. Giulia

382

100

382

308

696

1.077

198

79

786

Liguria

538

309

1.271

214

1.574

1.403

287

330

1.063

Emilia Romagna

2.732

930

4.153

405

1.226

2.697

522

285

1.235

Toscana

1.681

939

3.457

761

1.050

4.528

334

48

310

Umbria

822

113

286

653

573

876

113

35

138

Marche

912

399

1.292

434

331

793

109

15

182

Lazio

174

116

132

1.521

1.757

4.852

369

21

462

Abruzzo

432

112

1.203

240

568

990

80

2

164

Molise

43

26

119

14

18

118

15

1

9

Campania

1.347

691

2.449

1.599

2.927

3.670

401

170

658

Puglia

3.367

1.664

6.072

1.331

1.354

3.067

307

202

648

Basilicata

103

45

253

18

69

330

7

26

26

Calabria

688

325

2.062

645

583

1.157

127

40

133

Sicilia

2.343

840

3.040

659

788

2.956

608

424

717

Sardegna

930

254

602

396

636

2.289

235

6

370

Italia

22.434

9.352

36.569

12.077

18.584

46.912

5.242

2.884

10.155

Note:
S.P. = Sostegno Psicologico
P. = PsicoterapiaI
I. S.Soc. = Interventi di servizio sociale

b. term. = Metadone a breve termine(< 30gg.)
med. term. = Metadone a medio termine (30 gg.-6 mesi)
lungo term. = Metadone a lungo termine (> 6 mesi)

N. = Naltrexone
C. = Clonidina
Altri farm. = Altri farmaci non sostitutivi

Fonte: Ministero della Sanità  

Morti in Italia per abuso di sostanze stupefacenti
Distinzione per sesso e nazionalità - Anni 1987/2000

 

Italiani

Stranieri

 

M

F

Totale

M

F

Totale

1987

480

57

537

6

 

6

1988

694

95

789

16

4

20

1989

861

92

953

21

 

21

1990

1.016

117

1.133

25

3

28

1991

1.209

130

1.339

38

6

44

1992

1.096

98

1.194

21

2

23

1993

767

107

874

21

 

21

1994

785

59

844

14

2

16

1995

1.041

110

1.151

41

3

44

1996

1.386

134

1.520

42

4

46

1997

1.028

84

1.112

44

4

48

1998

947

92

1.039

37

 

37

1999

871

103

974

26

2

28

2000

859

164

1.023

28

 

28

Totale

14.482

Totale

410

Fonte: Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza

SEQUESTRI NUOVE DROGHE
Quantitativi delle sostanze sequestrate a seguito delle operazioni antidroga in Italia
- Anni 1987/2001

Anno

Amfetaminici

di cui Ecstasy

 

Kg.

Nr.

Nr.

1987

2.955

1.208

 

1988

1.092

5.223

 

1989

0.624

2.343

 

1990

0.758

1.844

 

1991

0.659

5.913

 

1992

15.411

75.307

 

1993

0.506

75.568

 

1994

3.349

96.155

73.354

1995

1.099

169.780

155.591

1996

2.023

154.394

148.395

1997

0.370

178.445

161.216

1998

0.506

132.478

129.277

1999

4.632

292.882

272.211

2000

0.774

579.285

501.986

2001

 

309.174

 

Fonte:  Ministero dell'Interno 

 

Ecstasy, Anfetamine, LSD 
Esperienza una tantum tra gli studenti* 

 

Ecstasy

Anfetamine

LSD

Paesi

1995

1999

1995

1999

1995

1999

Bulgaria

-

1

-

1

-

1

Rep. Ceca

0

4

2

5

2

7

Estonia

0

3

0

7

1

3

Ex Jugoslavia

-

1

-

0

-

1

Ungheria

1

3

0

2

1

4

Lettonia

0

6

0

4

0

4

Lituania

0

4

0

2

0

2

Polonia

0

3

2

7

1

5

Romania

-

0

-

0

-

0

Rep. Slovacca

-

2

0

1

0

4

Slovenia

1

4

0

1

1

3

* Dati raccolti da un progetto europeo di indagine scolastica sull'alcol e altre droghe (Studio ESPAD)

Fonte:  O.E.D.T. (Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze)


5. FAMIGLIA


La famiglia è stata posta in più dichiarazioni al centro delle politiche sociali del governo. Il ministro del welfare ha promesso grandi cambiamenti nella direzione di un rafforzamento del valore sociale della famiglia “fondata sul matrimonio”, richiamando a sostegno di questa impostazione l’art. 29 della carta costituzionale (l'uso strumentale, in cui la famiglia viene fondata sul matrimonio
). Nell’idea del ministro, che ha anche annunciato un Libro bianco sul welfare da predisporsi entro l’autunno, vi sono sostegni economici e finanziari alle giovani coppie, aiuti alla natalità e per l’acquisto della prima casa, misure da inserire tutte nella Finanziaria 2003.


Nella Finanziaria 2002 invece è già stato previsto, sul fronte degli sgravi fiscali, l’innalzamento a un milione della detrazione per ogni figlio a carico, per tutti i redditi sino a 70 milioni.


Il ministro ha promesso inoltre un potenziamento dell’Osservatorio sulle famiglie nel Comune di Bologna, che opera in convenzione con il ministero del Welfare, creando un network nazionale che comprenda esperienze di diversi Comuni - almeno uno per regione - per monitorare a livello nazionale i bisogni delle famiglie.


La Camera ha approvato un emendamento alla Legge Finanziaria 2002, presentato dalla Lega, che anticipando un ddl di maggioranza ancora in discussione, istituisce un fondo specifico presso il Ministero del Lavoro e destina 600 miliardi per il potenziamento degli asili nido. I soldi saranno ripartiti tra le regioni entro il 30 settembre di ogni anno. Inoltre sono previsti 51 milioni di euro per i prossimi tre anni per la realizzazione da parte delle amministrazioni statali ed enti pubblici di micro-nidi per i figli dei dipendenti.

Il Governo ha presentato un Piano nazionale degli asili nido che vuole essere una disciplina quadro in materia, in sostituzione alla legge vigente che risale al 1971. L'elemento essenziale del disegno di legge è rappresentato dalla previsione del doppio binario "pubblico-privato" nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà nella gestione dei servizi. In quest’ottica lo Stato definisce con le regioni e gli enti locali i criteri generali per la realizzazione e lo sviluppo degli asili nido, i requisiti minimi per autorizzare il funzionamento degli asili nido e dei micro-nidi, gli orientamenti nazionali in materia e la ripartizione delle risorse, le regioni stesse programmano lo sviluppo degli asili nido, definiscono i criteri per l'autorizzazione, stabiliscono i profili professionali e promuovono interventi per la creazione di micro-nidi nei luoghi di lavoro. Inoltre determinano le modalità per il controllo di gestione, e ripartiscono i fondi attribuiti sulla base delle richieste trasmesse dai comuni. La proposta prevede che anche i privati, comprese le famiglie, in forma individuale o associata, possano presentare ai comuni progetti per la organizzazione e la gestione di servizi inerenti gli asili nido, anche sostitutivi integralmente di quelli pubblici, chiedendone il finanziamento totale o parziale.


La Conferenza degli assessori regionali, riunitasi il 10 maggio 2002, ha chiesto l’estensione delle deducibilità a tutte le famiglie e alle organizzazioni non profit che gestiscono e realizzano strutture di questo tipo. La proposta è ora al vaglio della Conferenza Stato-Regioni.

Numero medio di figli per donna per regione 
 Anni 1999-2000-2001

Regione

Numero medio di figli x donna

1999*

2000**

2001**

Piemonte (***)

1,10

1,15

1,16

Valle D'Aosta (***)

1,17

1,26

1,22

Lombardia

1,15

1,20

1,22

Trentino A. A.

1,44

1,45

1,46

Bolzano 

1,50

1,47

1,52

Trento

1,38

1,42

1,45

Veneto

1,16

1,21

1,21

Friuli V.G. 

1,04

1,09

1,11

Liguria

0,96

1,00

1,04

Emilia R.

1,09

1,16

1,17

Toscana

1,05

1,10

1,14

Umbria

1,11

1,14

1,14

Marche

1,15

1,18

1,17

Lazio

1,21 

1,17

1,17

Abruzzo(****)

1,13

1,15

1,14

Molise (****)

1,17

1,14

1,09

Campania

1,49

1,47

1,49

Puglia

1,32

1,34

1,34

Basilicata

1,22

1,24

1,22

Calabria

1,25

1,25

1,28

Sicilia

1,44

1,41

1,42

Sardegna

1,03

1,06

1,05

ITALIA

1,22

1,24

1,25

Note:
(*) Dati osservati
(**) Stime
(***) Il valore della speranza di vita è relativo all'insieme di Piemonte e Valle d'Aosta
(****) Il valore della speranza di vita è relativo all'insieme di Abruzzo e Molise

Fonte: Istat, 2002  

 

In Italia i figli coinvolti nella separazione dei genitori sono circa un milione e vivono un’esperienza che, anche quando è gestita civilmente, rimane uno dei momenti più difficili e delicati della loro vita. Per l'attuale Governo, le famiglie da aiutare sono soltanto quelle basate sul matrimonio.

Asili nido in Italia: alcuni dati:

Secondo l’indagine “I Servizi per le famiglie” condotta dall’Eurispes ed inclusa nel 'Rapporto Italia 2002' su 100 bambini di età compresa tra 0 e 2 anni, solo 6 sono iscritti al nido: 10% sono del Nord , 7,5% del Centro e 2% del Sud.

L’asilo nido non sarebbe più considerato dagli italiani come un ‘parcheggio’ obbligato per motivi di lavoro, anzi, ne verrebbe sempre più apprezzata la funzione educativa, un 40,3% di genitori infatti ha affermato che l’asilo ‘è importante per l’educazione’, un 26% ‘per stare con altri bambini’ e solo un 23,1% ha dichiarato che ‘nessun familiare può tenerlo’.
I tassi di frequenza arrivano oggi a toccare il 99% per i bambini di 5 anni, la rete di scuole materne è capillarmente diffusa in tutta Italia ed è in grado di offrire 26mila strutture di cui un 52% statali frequentate dal 57,6% di bambini e la restante parte gestita per un terzo da privati e per due terzi da enti pubblici.

Secondo dati dell’osservatorio regionale del Lazio sull’infanzia e l’adolescenza la quasi totalità dei bambini disabili o con problemi nella fascia 3-5 anni frequenta le scuole pubbliche.

 

Asili nido. L''articolo 70 della Legge finanziaria 2002

Disposizioni in materia di asili nido:


1. È istituito un Fondo per gli asili nido nell’ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. Gli asili nido, quali strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi ed i tre anni ed a sostenere le famiglie ed i genitori, rientrano tra le competenze fondamentali dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
3. Entro il 30 settembre di ogni anno il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, provvede con proprio decreto a ripartire tra le regioni le risorse del Fondo, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

4. Le regioni, nei limiti delle proprie risorse ordinarie di bilancio e di quelle aggiuntive di cui al comma 3, provvedono a ripartire le risorse finanziarie tra i comuni, singoli o associati, che ne fanno richiesta per la costruzione e la gestione degli asili nido nonché di micro-nidi nei luoghi di lavoro.
5. Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici nazionali, allo scopo di favorire la conciliazione tra esigenze professionali e familiari dei genitori lavoratori, possono, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio, istituire nell’ambito dei propri uffici i micro-nidi di cui al comma 4, quali strutture destinate alla cura e all’accoglienza dei figli dei dipendenti, aventi una particolare flessibilità organizzativa adeguata alle esigenze dei lavoratori stessi, i cui standard minimi organizzativi sono definiti in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

6. Le spese di partecipazione alla gestione dei micro-nidi e dei nidi nei luoghi di lavoro sono deducibili dall’imposta sul reddito dei genitori e dei datori di lavoro nella misura che verrà determinata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. L’onere complessivo non potrà superare rispettivamente 6, 20 e 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004.
7. Anche in deroga al limite di indebitamento previsto dall’articolo 204 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la Cassa depositi e prestiti concede ai comuni i mutui necessari ai fini del finanziamento delle opere relative alla costruzione di asili nido, anche in relazione all’eventuale acquisto dell’area da parte del comune, corredata dalla certificazione della regione circa la regolarità degli atti dovuti.

8. La dotazione del Fondo di cui al comma 1 è fissata in 50 milioni di euro per l’anno 2002, 100 milioni di euro per l’anno 2003 e 150 milioni di euro per l’anno 2004. A decorrere dal 2005 alla determinazione del Fondo si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

Gli asili nido presenti nelle regioni italiane 
Anni 1992 - 2000

Regione

Asili nido - valori assoluti

1992

2000

Altro

Piemonte

210

248

62

Valle D'Aosta

7

11

5

Lombardia

475

567

108

Trentino A. Adige

30

63

104

Veneto

136

322

89

Friuli V. Giulia

37

57

9

Liguria

71

98

34

Emilia Romagna

356

403

137

Toscana

166

253

63

Umbria

45

66

21

Marche

90

138

31

Lazio

190

255

31

Abruzzo

43

42

5

Molise

4

5

0

Campania

31

102

13

Puglia

111

73

5

Basilicata

19

28

0

Calabria

16

40

3

Sicilia

106

172

0

Sardegna

37

65

12

Totale

2.180

3.008

732

Fonte: Centro analisi e studi sull'infanzia e l'adolescenza di Firenze

6. MINORI


Il 1° marzo 2002 il Consiglio dei ministri ha approvato una proposta di legge del ministro della giustizia per la riforma della giustizia minorile.

Sul fronte penale, il ddl prevede un inasprimento delle pene a carico dei minori che delinquono attraverso l'innalzamento delle pene (la riduzione passa da 1/3 ad 1/4), l’ampliamento delle ipotesi di custodia cautelare per i minori (modalità che investe anche l’istituto della “messa in prova”) e la possibilità che il minore, compiuti 18 anni, sconti la pena in istituti carcerari per maggiorenni.


Sul fronte civile la proposta di riordino prevede la riunificazione delle competenze su famiglia e minori in sezioni specializzate e l’eliminazione dei giudici onorari (esperti non togati) dalle corti giudicanti.


La proposta ha generato critiche molto forti da quasi tutte le associazioni impegnate nella tutela dell’infanzia, dei magistrati minorili, dei cappellani delle carceri minorili. L’iter in Parlamento è comunque appena iniziato.

 

 

Il 15 maggio 2002 il ministro per le pari opportunità ha annunciato la nascita di “Ciclope”, il Comitato di coordinamento anti-pedofilia, che sarà composto dai rappresentanti dei ministeri interessati al contrasto del fenomeno: Interno, Giustizia, Esteri, attività Produttive, Comunicazione, Innovazione Tecnologica, Istruzione, Welfare e Politiche comunitarie, oltre ad esperti, rappresentanti del mondo dell’associazionismo e il presidente della Rai.


Entro giugno 2002 è stato annunciato un “Piano Nazionale Anti-pedofilia” con queste priorità: costituzione di uno specifico osservatorio per monitorare i dati sul fenomeno, verifica dello stato di attuazione della normativa vigente, nuove misure per fronteggiare il dilagare dei crimini su internet, istituzione di un numero telefonico di pronto soccorso anti-pedofilia, misure di sostegno psicologico per le vittime degli abusi; attivare campagne di sensibilizzazione per la prevenzione anche attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo.



Sarà attivo dall’estate 2002, secondo l’annuncio del ministro delle telecomunicazioni, il 114 un numero verde di emergenza al quale bambini, genitori ed educatori potranno rivolgersi per migliorare la qualità della tv e degli altri mezzi di comunicazione rivolti ai minori.
La proposta include anche pene più severe (che possono arrivare alla revoca delle concessioni televisive) per le emittenti che non rispettano i codici di autoregolamentazione e l’applicazione definitiva di una direttiva Ue che vieta le televendite che sfruttano l'inesperienza e credulità dei più giovani.
Grazie alla collaborazione con “Telefono Azzurro” il 114 sarà anche un call-center anti-violenza dove i più piccoli ma anche gli adolescenti e gli adulti potranno segnalare situazioni di violenze o gravi situazioni di disagio fisico o psichico, causati dalla visione di programmi televisivi e non solo.

Il governo ha inoltre dichiarato di volersi impegnare nel contrasto al lavoro minorile, annunciando per il 12 giugno 2002 la presentazione della prima ricerca Istat realizzata in Italia su questo tema.

MINORI

Lavoro minorile nel Mondo: le cifre dello sfruttamento 
Dati all'anno 2000

PAESE

Totale

Maschi*

Femmine*

v.%**

Afghanistan

601.000

332.000

269.000

24,18

Albania

35.000 - 50.000

-

-

-

Bangladesh

4.846.000

2.547.000

2.300.000

27.74

Brasile

2.450.000

1.563.000

886.000

14,43

Cina

9.224.000

4.755.000

4.469.000

7,86

India

13.157.000

7.165.000

5.992.000

12,07

Indonesia

1.685.000

955.000

729.000

7,82

Madagascar

791.000

408.000

383.000

34,07

Mali

820.000

427.000

393.000

51,13

Nepal

1.277.000

724.000

553.000

42,07

Pakistan

2.993.000

1.835.000

1.158.000

15,39

Rwanda

416.000

188.000

227.000

41,35

Somalia

455.000

242.000

213.000

31,30

Sudan

944.000

610.000

334.000

27,41

Tailandia

687.000

337.000

351.000

12,21

Turchia

452.000

262.000

190.000

7,78

Uganda

1.273.000

660.000

614.000

43,78

Note:
(*) L'età sia dei maschi che delle femmine è considerata è compresa tra i 10 e i 14 anni 
(**) La percentuale sul totale della popolazione minorile tra i 10 e i 14 anni

Fonte: ILO  


7. PROSTITUZIONE


L’atteggiamento del governo su questo problema è stato prima annunciato dal presidente del Consiglio, che in un’intervista a un quotidiano ha avallato la regolazione del fenomeno e la “ripulitura delle strade” attraverso una sorta di riapertura delle “case chiuse”; quindi concretizzato dal ministro per le riforme, che ha auspicato la realizzazione - esclusivamente in città grandi - di “eros center” in cui la prostituzione possa essere esercitata sotto il controllo istituzionale (garanzie sanitarie, obblighi fiscali); la prostituzione in luogo pubblico dovrebbe diventare illegale. Un ddl in questo senso è in fase di preparazione al ministero del welfare.


All’esame della commissione giustizia della Camera sono molte le proposte di legge della maggioranza. Tra queste i ddl dell’on. Maria Burani Procaccini di Forza Italia che considera l'acquisto di servizi sessuali una violenza contro la persona umana e dell’on. Alessandra Mussolini di An, di segno opposto, finalizzata a “dettare norme che regolamentino la prostituzione”.


Intanto, il ministero per le pari opportunità ha rifinanziato, per una decina di miliardi di lire, i progetti di protezione sociale di prostitute che denunciano la propria condizione di schiavitù, in base all’art. 18 del testo unico vigente sull’immigrazione (legge 286/1998).

 

Associazione Papa Giovanni XXIII:

 

"La proposta di riaprire le case chiuse o di creare zone riservate alla prostituzione (zoning) ed istituire le cooperative per esercitare la prostituzione, sono il regalo più bello fatto dallo Stato ai criminali, perché così potranno sfruttare legalmente, anzi con l’approvazione istituzionale, le donne ridotte a merce”

 

Anche il ministro del Welfare Roberto Maroni sostiene il progetto degli “Eros center”, le zone a luci rosse, lanciato nei giorni scorsi dal leghista Umberto Bossi

Case chiuse: Il termine indica i luoghi dove si esercitava legittimamente la prostituzione, chiusi dopo l'approvazione della legge Merlin (nome della prima firmataria della Legge 20 febbraio 1958, n.75, che ha chiuso i luoghi in cui la prostituzione veniva esercitata con il beneplacito dello Stato).


FONTE: Quaderni Caritas Tarvisina

 

Case squillo: Case e/o appartamenti dove viene esercitata illegalmente la prostituzione, attraverso chiamate telefoniche o annunci (da cui il nome "squillo").


FONTE: Quaderni Caritas Tarvisina

Prostituzione Italia: anni 1998/2001 
Stima delle prostitute straniere e situazione generale 

Regione

Prostitute Immigrate anno 1998

Stima minima

Stima massima

Piemonte

1.200

1.600

Lombardia

3.250

4.150

Veneto 

600

800

Emilia Romagna

1.450

1.950

Resto del Nord

1.200

1.630

NORD

7.700

10.130

Toscana

900

1.100

Umbria

300

400

Marche

387

489

Lazio 

4.000

5.000

CENTRO

5.587

6.989

Abruzzo

210

300

Campania

1.000

1.500

Basilicata

30

50

Molise

-

-

Puglia

80

100

Calabria

30

50

Sicilia

90

120

Sardegna

30

50

SUD/ISOLE

1.470

2.170

ITALIA

14.757

19.289

 

Anno 2001 - Dipartimento per le Pari Opportunità 

Stime 

80.000
persone (di cui 50.000 donne straniere) occupate nel mercato della prostituzione con un giro d’affari annuo pari a oltre 25.822 milioni di euro (50.000 miliardi di lire); solo in Italia si calcolano circa 93 milioni di euro (180 miliardi) al mese: praticamente lo sfruttamento di una sola prostituta frutta circa 5.164,57 euro (10 milioni di lire) al mese. 

Sguardo d’insieme sul mondo delle lucciole:
- il 94% di chi pratica la prostituzione è donna
-
il 5% transessuale
- lo 0,8% è composto da travestiti.

Provenienza delle circa 50.000 donne straniere:
- il 48% Europa dell’Est (l’età media si aggira intorno ai 25 anni)
- il 22% dall’Africa (età media 23 anni)
- il 10% dal Sud America (30 anni)
-
il 4% da altri Paesi. 
Nel complesso il 35% delle prostitute straniere ha tra i 14 e i 18 anni! Sul totale di 80.000 persone prostitute solo nel 16% dei casi si tratta di donne Italiane
con un’età media di 33 anni.

Luoghi di consumo del sesso a pagamento sono:
- le strade circa il 65% 
- gli alberghi il 29,9%
- le abitazioni private l’1,3%
 

Fonte:  Elaborazione RS su dati PARSEC 2000 e Dipartimento per le Pari Opportunità 2001 

La prostituzione in Europa
Normative 2000

Nazione

 

Austria

Consentita nei bordelli, obbligatori:
controllo sanitario e registrazione dell'esercizio

Belgio

Bordelli proibiti, è reato il favoreggiamento e l'adescamento

Danimarca

Consentita la prostituzione, vengono perseguiti gli sfruttatori

Francia 

Bordelli proibiti, non esiste controllo sanitario e registrazione dell'esercizio

Germania

Prostituzione legale, obbligo di pagare le tasse

Irlanda

Proibita qualsiasi forma di prostituzione, perseguite prostitute e clienti

Italia

Prostituirsi non è reato ma è  reato il favoreggiamento e l'adescamento

Olanda

Consentita nei bordelli, obbligo di pagare le tasse

Regno Unito

Prostituirsi non è reato, ma è reato il favoreggiamento e l'adescamento

Spagna

Prostituirsi non è reato, ma è reato il favoreggiamento e l'adescamento

Svezia

Bordelli proibito, clienti puniti con ammende o carcerazione.

Fonte:  Centro documentazione dell'Eurispes, 2000 

Prostituzione: numero dei reati denunciati in Italia
Anni 1990-2000 (30 giugno)

Anno

N°. Reati

% sul totale

Anni

Diff. % su anno precedente

1990

1.192

4,3

 

 

1991

2.123

7,6

1990/1991

78,1

1992

2.158

7,7

1991/1992

1,6

1993

2.724

9,8

1992/1993

26,2

1994

2.761

9,9

1993/1994

1,4

1995

2.756

9,9

1994/1995

-0,2

1996

3.566

12,8

1995/1996

29,4

1997

2.714

9,7

1996/1997

-23,9

1998

2.893

10,4

1997/1998

6,6

1999

2.519

9,0

1998/1999

-12,9

2000

2.497

8,9

 

 

Totale

27.903

100,0

 

 

Fonte:  "Relazione sul traffico degli esseri umani " Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari su dati Ministero dell'Interno

I Progetti di Protezione Sociale 
Suddivisi per Regione

          Progetti approvati 
          
(gestiti da Enti e organizzazioni non profit)

7

Lombardia

2

Emilia R.

6

Veneto

2

Marche

6

Puglia

2

Umbria

5

Piemonte

2

Sicilia

5

Lazio

1

Friuli V. Giulia

4

Toscana

1

Abruzzo

3

Campania

1

Molise

2

Liguria

49

Totale

                           e un progetto Multiregionale  
                                 (Friuli, Campania, Puglia)

           Dati sui Progetti

      10/15 operatori impegnati per progetto (500/700 unità totali) 
      200 organizzazioni impegnate tra progetti e partner   collegati tra loro in una rete

Azioni previste

informazione -  mediazione interculturale 
intervento di strada - reintegrazione sociale 
 accoglienza protetta- percorsi di formazione - 
consulenza giuridica - inserimento lavorativo

      Risultati - Primi 3 mesi di attività (1/04-30/06/2000)
Soggetti contattati  7.427 

accompagnati ai servizi

1.338

in accoglienza

604

inseriti nel programma di protezione

354

avviati alla formazione professionale

192

avviati al lavoro

161

hanno ottenuto il permesso di soggiorno

156

Fonte:  Ministero delle Pari Opportunità 

Il Ddl “Norme relative allo sfruttamento della prostituzione straniera”, a firma del senatore di Forza Italia Giampaolo Bettamio, mira a:


     -    tutelare anche il minore di età compresa tra i 16 e i 18 anni;

-          sancire la punibilità per il cliente che compie atti sessuali con il minore.
Il Ddl prende spunto dalla legge 269/98 e intende “coprire” la fascia lasciata scoperta. La stessa 269 del 1998, infatti, introduce l’art. 600 bis c.p. che punisce (pene da 6 a 12 anni) chi induce, favorisce o sfrutta la prostituzione minorile e punisce il cliente che compie atti sessuali con una persona di età tra i 14 e i 16 anni.

-          Il disegno di legge in questione propone allora di sancire che chiunque compie atti sessuali con una donna straniera che esercita la prostituzione venga punito con la reclusione fino a 6 mesi e con la multa da 2 a 10 milioni di lire. Oltre a ciò, si stabilisce che qualora la prostituta risultasse minorenne, sarà applicata la disciplina sancita dagli artt. 600 bis e 609 quater (intangibilità del minore di 14 anni, con cui è non è possibile compiere atti sessuali) del Codice penale. La pena per il cliente può essere sostituita, in caso di prima condanna e a richiesta di parte, dalla frequentazione del condannato di un corso di recupero sociale (per almeno tre mesi). A tal proposito Il Ministero dell’Interno è autorizzato a stipulare convenzioni con le Comunità e le Associazioni no-profit impegnate nelle attività di contrasto della prostituzione, al fine di istituire i corsi per i condannati. Sono anche istituiti fondi per l’attività di risocializzazione delle vittime dei reati, mediante l’utilizzazione dei beni e delle risorse sottoposte a sequestro e appartenenti alle organizzazioni criminali e alle persone coinvolte nelle attività illecite

Prostituzione: i Ddl in discussione (2001-2002)

Sostenitori dell'abolizione e della legalizzazione della prostituzione si stanno confrontando fuori e dentro l’Aula parlamentare. Sono 8 le proposte in discussione. Vediamole.
Il ddl dell’on. Maria Burani Procaccini di Forza Italia (C.176) si ispira alla legislazione svedese che considera l'acquisto di servizi sessuali una violenza contro la persona umana. Il concetto è quello di considerare non vendibile il corpo umano, ridando valore alla libertà dei rapporti sessuali ed evitando che le prostitute comprate e vendute, più o meno consenzienti, più o meno in stato di bisogno fisico e psichico, siano relegate in quartieri ghetto. Di conseguenza non serve che un solo articolo per definire la lotta alla prostituzione che va a colpire direttamente i 9 milioni di clienti che annualmente, in Italia, comprano prestazioni sessuali.


In discussione anche la proposta dell’On. Alessandra Mussolini di AN (C.407), di segno opposto, finalizzata a “dettare norme che regolamentino la prostituzione”. Infatti se questa proposta punisce chi esercita la prostituzione in luogo pubblico o aperto, consente di svolgere tale attività ai “soggetti maggiorenni che in piena libertà ed autonomia decidono di esercitarla” ed inoltre non ne punisce l'esercizio in una dimora privata, “in comune con non più di due soggetti dediti alla medesima attività”. Viene inoltre previsto l’annullamento del reato di favoreggiamento (attività, in qualsiasi forma prestata, e senza fini di lucro, di reciproca assistenza fra soggetti che esercitano la prostituzione).


La proposta dell’On. Tommaso Foti, sempre di An, (C.1355) sottolinea come “le proposte volte a riaprire le case chiuse non possono essere prese in considerazione, restando validi i presupposti che nel lontano 1958 indussero il legislatore alla loro chiusura”. “Si tratta, oggi, - si legge nella relazione introduttiva - di promuovere una iniziativa legislativa che combatta seriamente la prostituzione attraverso norme di tipo repressivo. Repressione che, oltre a perseguire e punire veramente lo sfruttamento, impedisca non solo a chi pratica la prostituzione, ma anche ai clienti che la alimentano, il perpetuarsi dello spettacolo degradante "della strada" con tutte le problematiche ad esso connesse. E' necessario non solo punire l'adescamento, ma anche chi utilizza a propri fini sessuali il dramma morale e sociale di chi si prostituisce”.
Si occupa di prostituzione coatta e riduzione in schiavitù la proposta di legge firmato dai deputati Volonté, Buttiglione, Riccardo Conti, D'agrò, Degennaro, Delfino, Di Giandomenico, Giuseppe Drago, Giuseppe Gianni, Grillo, Anna Maria Leone, Mongiello, Ranieli, Romano, Rotondi, Tanzilli, Tassone dei CCD_CDU Biancofiore (C.386) costituita da soli cinque articoli. Viene proposto all’art.1 l’introduzione del secondo comma dell'articolo 600 del codice penale, prevedendo “una pena detentiva per chiunque contribuisca, in qualsiasi modo, al mantenimento dello stato di schiavitù”, mentre i rimanti articoli “riguardano i tempi e i modi di applicazione della legge stessa, la valorizzazione delle strutture no profit che si occupano del reinserimento delle vittime, nonché la promozione di una campagna informativa per tutti i cittadini sulle nuove norme in materia di lotta alla prostituzione coatta e alla riduzione in schiavitù”.
Ancora in discussione le proposte dell’On. Antonio Soda dei DS-Ulivo (C.1614) la cui proposta prevede la non punibilità dell'esercizio della prostituzione in dimora comune, per l'ospitalità senza fini di lucro e l’esclusione del reato di favoreggiamento, e dell’On Johann Georg Widmann (Minoranze Linguistiche) che è favorevole alla riapertura delle case chiuse e che sposa il principio che “la prostituzione è la professione più antica del mondo, che è nata assieme all'umanità”. Trattandosi “di un semplice meccanismo di mercato, ovvero domanda-offerta” sottolinea il deputato “ha dunque solo bisogni di regole” (C.65).


Infine le proposte del senatore Giampaolo Bettamio (Fi) e degli ex ministri Livia Turco e Anna Finocchiaro. Il primo (S.1065), nato da una proposta di don Benzi, mira a punire chiunque vada con una prostituta straniera, disponendo la reclusione fino a 6 mesi e la multa da 2 a 10 milioni di lire. La seconda proposta, invece (C.2150), va in direzione opposta, collocandosi nell’area della depenalizzazione dell’esercizio della prostituzione. Viene pertanto chiesto di depenalizzare i reati di adescamento e dell’utilizzo di immobili nei quali viene esercitata la prostituzione, nonché di disincentivare l’esercizio della prostituzione in luogo pubblico, individuando aree appositamente riservate a tale scopo.


9. PSICHIATRIA


Si è riaperto il dibattito sulla necessità di modificare la legge Basaglia (180/78). Uno dei centri nodali della discussione è l’obbligo della cura (anche con il famoso Tso, trattamento sanitario obbligatorio). In Parlamento giacciono più progetti di riforma della legge ed in particolare dal fronte della maggioranza sono due le proposte: quella dell’on. Maria Burani Procaccini (FI) che chiede il superamento della legge (si propongono tra l’altro strutture di ricovero da 50-100 posti, elemento che ha fatto temere la “riapertura dei manicomi”) e quella del leghista Alessandro Ce’ che auspica addirittura l’abrogazione della Basaglia.


Il 10 maggio 2002 si è riunito per la prima volta presso il ministero della sanità l’Osservatorio per la salute mentale. Include esperti di problematiche infantili, adolescenziali e della terza età. L’organo è composto da 38 tra rappresentanti ministeriali, del mondo dell’associazionismo e delle famiglie ed esperti del settore ed ha funzioni di studio, consultazione, vigilanza ed impulso, in rapporto anche con le realtà regionali e locali.


Dal 23 febbraio 2002 sono entrati in vigore i Livelli essenziali di assistenza (LEA), che stabiliscono le prestazioni a carico del Ssn e quelle escluse dall’assistenza pubblica. Secondo il ministro della salute, per la prima volta si rende omogenea la quantità e la qualità delle prestazioni e più uniforme ed equo sul territorio l’accesso alle prestazioni sanitarie. Tra le novità, il tentativo di eliminare attraverso prestazioni ambulatoriali, cure e ricoveri inappropriati; il ministero ne ha individuati 43 tipologie che sono racchiuse in un elenco.

 

Alcune associazioni di familiari hanno però denunciato che con l'applicazione dei Lea la situazione dei malati mentali diventerà insostenibile. Il 60% dei costi finirà per gravare sulle famiglie che in caso di difficoltà economiche e nei casi di malattia più gravi potrebbero essere impossibilitate a curare i propri familiari. Rilievi simili sono stati mossi da organizzazioni di tutela di malati di Aids.

 

Psichiatria – Il processo storico e culturale che ha portato alla Legge 180

L’istituzione manicomiale vede negli anni ’50 oltre 100mila cittadini internati. I manicomi svolgono una funzione prevalente di contenitore sociale di una serie di problemi diversificati, la popolazione è costituita non soltanto da persone con disturbi mentali, ma anche da disabili gravi e gravissimi, disadattati sociali, emarginati, alcoolisti. C’è perfino chi nasce in manicomio e vi trascorre tutta la vita. Il ricovero, quasi sempre deciso da altri, è obbligatorio e spesso dura fino alla morte, in quanto non esistono stimoli o soluzioni alternative. Il criterio per l’internamento non è la malattia mentale ma la pericolosità o il "pubblico scandalo" ed è quindi evidente che la funzione del manicomio è solo in minima parte di "cura”.


A partire dalla seconda metà degli anni ’50 le attività di assistenza psichiatrica in tutto l’Occidente sono attraversate dal movimento di de-istituzionalizzazione, che pone in discussione il manicomio e apre il dibattito rispetto a nuove modalità di presa in carico dei pazienti psichiatrici. In Italia il movimento anti-istituzionale nasce soprattutto a Gorizia e Trieste, grazie all’iniziativa di Franco Basaglia. Ciò che egli teorizza ed attua negli anni 60/70 diventa patrimonio della psichiatria internazionale La nuova cultura antimanicomiale introduce concetti quali il decentramento, la territorialità, la continuità terapeutica tra ospedale psichiatrico e territorio, il lavoro in équipe, la formazione per la creazione di nuove competenze professionali che mettano in grado gli operatori di lavorare sia nella struttura ospedaliera, che in ambulatorio, che al domicilio e nelle strutture di accoglienza intermedia fra l’ospedale e la famiglia. Si fa strada anche l’idea della prevenzione, con il lavoro nella comunità, nell’ambiente di vita e di lavoro dei cittadini, un lavoro rivolto non soltanto ai malati mentali ma anche alle cause che minacciano al salute mentale di tutti.


Emerge un’altra linea fondamentale, quella di partire dall’organizzazione sanitaria di base, e non dall’Ospedale Psichiatrico, fornendo alternative al ricovero in ospedale e collegando la lotta contro il manicomio con quella per il servizio sanitario nazionale e la riforma dell’organizzazione sanitaria. I protagonisti dell’esperienza italiana furono principalmente gli psichiatri; l’associazionismo dei familiari in Italia, contrariamente a quanto avviene in altri Paesi, nasce parecchi anni più tardi, al varo della 180. Nel 1968 la Casa Editrice Einaudi pubblica "L’Istituzione negata", vero e proprio manifesto del movimento antiistituzionale italiano.

 

Fonte: Ornella Bortolotti, Fogli di informazione e di coordinamento, n. 2 marzo-aprile 2000, Movi

 

Salute mentale: i Ddl di modifica della legge 180/78

I disegni di legge (C.174 e C.152) tutt’ora in discussione presso la Commissione Affari Sociali e concernente rispettivamente “Norme per la prevenzione e la cura delle malattie mentali” e “Norme per la riorganizzazione dell'assistenza psichiatrica e per la tutela dei malati di mente” intendono modificare la legge 180/78, e in particolare gli articoli 33 e seguenti della legge 833/78, in cui i contenuti della legge n.180 sono incorporati.


In particolare vengono messi in discussione prevalentemente tre aspetti dell’attuale organizzazione dell’assistenza psichiatrica: il numero e le caratteristiche delle strutture residenziali, il ruolo del pubblico e del privato nell’assistenza e le modalità del Tso (Trattamento sanitario obbligatorio). Il disegno di legge prevede una capienza (tendenza all’aumento) delle strutture residenziali fino a 50 posti, accentuando secondo alcuni la natura custodialistica a spese della connotazione socio-riabilitativa. In secondo luogo si tende ad incentivare il coinvolgimento del privato sociale e imprenditoriale nell’assistenza psichiatrica. Aspetto importante è quello relativo al Tso, che può essere richiesto da chiunque ne abbia interesse, previa conferma da parte di uno specialista.


Per ciò che concerne l’inserimento lavorativo, i disegni di legge prevedono che il 25% degli emolumenti rimanga al malato, con il 75% che va a coprire le spese. Sul piano sociale, si concedono quattro ore giornaliere di libera uscita alle persone sofferenti.

 

Psichiatria: i componenti dell''Osservatorio per la salute mentale

I nomi dei componenti dell'Osservatorio e del Comitato di presidenza sono indicati nel decreto firmato il 10 aprile dal ministro della Salute, Girolamo Sirchia. Sono 38 in tutto, di cui 15 esperti tra psichiatri, pediatri, geriatri e neuropsichiatri infantili. Ad essi si affiancano i vari rappresentanti regionali, delle associazioni di volontariato e dei ministeri.


Componenti istituzionalmente previsti

 

Antonio Guidi, sottosegretario alla Salute
Fabrizio Oleari, direttore della direzione generale della Prevenzione, vicepresidente
Claudio Mastrocola, direttore della direzione generale delle Risorse umane e delle professioni sanitarie
Claudio De Giuli, direttore della direzione generale della Programmazione sanitaria
Enrico Garaci, presidente dell'Istituto superiore della Sanità
Laura Pellegrini, direttore dell''Agenzia per i servizi sanitari regionali
Guido Ditta, dirigente medico della direzione generale della Prevenzione

Componenti designati dai ministeri
Rosanna Visocchi, ministero del Lavoro e delle politiche sociali
Anna Maria Cutaia, viceprefetto, ministero dell'Interno
Sebastiano Ardita, magistrato, ministero della Giustizia
Paolo Lolli, ministero dell'Economia e delle finanze
Piermaria Furlan, consigliere, ministero dell'Istruzione, università e ricerca

Componenti designati dalla conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome
Dolores Pisapia, Regione Lombardia
Giacomo Di Marco, Provincia autonoma di Trento
Sergio Schiaffino, Regione Liguria
Pierangelo Scatena, Regione Toscana
Antonio Tuorto, Regione Campania

Componenti esperti nominati dal Ministero della Salute
Giovanni Bollea, professore emerito di neuropsichiatria infantile, università La Sapienza
Ernesto Caffo, professore associato di neuropsichiatria infantile, università di Modena e Reggio Emilia
Tonino Cantelmi, presidente Associazione italiana psichiatri e psicologi cattolici
Renzo Carli, professore ordinario di psicologia clinica all'università La Sapienza
Claudio Mencacci, dirigente del Dipartimento di Salute mentale all'ospedale Fatebenefratelli di Milano
Massimo Cozza, psichiatra, dipartimento di Salute mentale Azienda Usl Roma C
Giuseppe Dell'Acqua, direttore dipartimento di Salute mentale Azienda Usl di Trieste
Mario Maj, professore ordinario di psichiatria all'università di Napoli
Carmine Munizza, direttore del dipartimento di Salute mentale azienda Usl Torino 4
Nicola Ranieri, pediatra azienda Usl 7 Catanzaro
Fabrizio Starace, direttore servizi di Psichiatria di consulenza ed epidemiologia comportamentale Azienda ospedaliera ''Cotugno'', Napoli
Marco Trabucchi, docente di neuropsicofarmacologia all'università Tor Vergata di Roma
Luisa Spisni, rappresentante Ordine nazionale assistenti sociali
Pietro Angelo Sardi, rappresentante Ordine nazionale psicologi
Duilio Loi, rappresentante per la Federazione collegi Ipasvi

Componenti rappresentanti associazioni di volontariato e dei familiari nominati dal Ministero della Salute
Anna Rosa Andretta, presidente Diapsigra (difesa ammalati psichici gravi)
Ernesto Muggia, presidente Unasam (unione nazionale delle associazioni per la salute mentale)
Maria Luisa Zardini, presidente Arap (associazione riforma assistenza psichiatrica)
Francesca Zuccari, Comunità S. Egidio di Roma
Renato Frisanco, Fondazione italiana per il volontariato.


Il Segretario dell'Osservatorio è Giuliana Moriconi, collaboratore amministrativo presso la direzione generale della Prevenzione.

Il Comitato di Presidenza è composto, oltre che dal sottosegretario Guidi nella funzione di coordinatore, da Fabrizio Oleari, Sergio Schiaffino, Fabrizio Starace, Giovanni Bollea, Mario Maj, Ernesto Muggia, Anna Rosa Andretta, Guido Ditta.

Ospedali psichiatrici giudiziari in Italia: gli internati per Regione

Regione

N. di internati

Lombardia

155

Sicilia

148

Campania

134

Veneto

73

Sardegna

73

Lazio

71

Piemonte

59

Emilia Romagna

57

Calabria

56

Puglia

47

Toscana

46

Liguria

46

Trentino A. Adige

25

Abruzzo

20

Marche

13

Friuli V. Giulia

13

Basilicata

12

Molise

4

Val D'Aosta

3

Umbria

3

Totale

1.058

Fonte: Ministero di Grazia e Giustizia - 1998

Ospedali Psichiatrici Giudiziari in Italia

OPG

Numero di ricoverati

Durata media 
di permanenza in OPG

Barcellona Pozzo di Gotto

219 uomini

4 anni

Napoli

160 uomini

3 anni

Aversa (Napoli)

164 uomini

 

Montelupo Fiorentino (Firenze)

228 uomini

6 anni e 2 mesi

Castiglione delle Stiviere (Mantova)

133 uomini
76 donne

3,08 anni

Reggio Emilia

210 uomini

 

 

 

 

Il gran numero dei rinchiusi negli OPG è composto da persone che hanno commesso reati contro il patrimonio; molti sono tossicodipendenti, sieropositivi, alcooldipendenti, persone sole, anziani.

Fonte: RS

10. DISABILITA’


Il documento per la nuova riforma della scuola predisposto dalla Commissione Bertagna introduce il concetto di “scuole speciali” per allievi con disabilità. Tuttavia questo riferimento non trova seguito nella Legge-delega del ministro all’istruzione Letizia Moratti, che invece riafferma il principio dell’integrazione scolastica, dando continuità alle norme emanate dai governi precedenti sul numero massimo di alunni nelle classi con ragazzi disabili (massimo 20 con 2 allievi con handicap lieve e massimo 25 con 1 allievo disabile grave) e sulle deroghe nelle nomine degli insegnanti di sostegno qualora non siano sufficienti.

 

Il Governo ha bloccato il decreto, varato nella precedente legislatura, che prevedeva il finanziamento di 600 miliardi per il “Dopo di noi”, perché “centralista” ovvero perché prevedeva che la gestione fosse affidata al Dipartimento Affari Sociali e non alle regioni. Il Governo si è impegnato a riformulare il testo del decreto.
Dall’insediamento del nuovo governo non è mai stata riunita la Consulta permanente di associazioni di disabili e delle loro famiglie, che è composta da trenta componenti, in rappresentanza delle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale o che operano su specifiche tematiche della disabilità. La Consulta si riunisce su convocazione del ministro.

Il Segretario dell'Osservatorio è Giuliana Moriconi, collaboratore amministrativo presso la direzione generale della Prevenzione.

Il Comitato di Presidenza è composto, oltre che dal sottosegretario Guidi nella funzione di coordinatore, da Fabrizio Oleari, Sergio Schiaffino, Fabrizio Starace, Giovanni Bollea, Mario Maj, Ernesto Muggia, Anna Rosa Andretta, Guido Ditta.

 

 

'Dopo di noi': come saranno assegnati i soldi

L’iniziativa del “Dopo di noi”, che prevede interventi a favore di soggetti con handicap grave privi dell’assistenza dei familiari, è disciplinata da un regolamento adottato dal Ministro per la Solidarietà sociale, concernente i criteri e le modalità per la concessione e l’erogazione dei finanziamenti agli organismi che ne faranno richiesta.

Tali finanziamenti dovranno essere finalizzati alla realizzazione di nuove strutture destinate al mantenimento e all’assistenza di soggetti con handicap grave e privi dei familiari che ad essi provvedevano. Il regolamento stabilisce le modalità di verifica delle attività svolte e disciplina anche le ipotesi di revoca dei finanziamenti già concessi.

I soggetti abilitati a presentare la domanda sono le organizzazioni di volontariato, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) che dimostrino una comprovata e diretta esperienza nel settore dell’assistenza a soggetti con handicap grave.

I progetti finanziabili, come detto, sono quelli che prevedono l’apertura di nuove strutture di accoglienza. In questo ambito sono finanziabili l’acquisto, la ristrutturazione, la locazione di immobili necessari per l’apertura di tali strutture; l’acquisto e la messa in opera degli impianti e delle attrezzature, compreso l’arredamento; l’avvio e la prosecuzione per l’anno 2001 delle attività assistenziali, di tutela e di sostegno da realizzare nelle strutture di accoglienza. Strutture che, ovviamente, devono avere dei requisiti minimi necessari, come ad esempio una dimensione tale da assicurare l’accoglienza di non meno di otto e di non più di sedici soggetti con handicap grave.

Garanzie sono richieste circa l’impiego di personale qualificato e gli standard delle prestazioni. Le domande, in generale, dovranno offrire la maggiori garanzie sia in tema di qualità che dei tempi di realizzazione.

L’istruttoria sui progetti sarà effettuata dalla specifica Commissione. E i controlli continueranno anche dopo l’erogazione dei finanziamenti. Il rappresentante legale dell’organizzazione dovrà presentare ogni due anni una relazione che illustra le attività svolte mentre il Dipartimento per gli affari sociali potrà effettuare verifiche e ispezioni. In caso di irregolarità (mancato rispetto delle prescrizioni, non veridicità della documentazione) i finanziamenti concessi potranno essere revocati.

Alunni in situazione di handicap per tipologia di handicap e regione. Scuole materne, elementari e secondarie di I grado, statali e non statali. Anno scolastico 1999/2000 

Regione

Alunni in situazione di handicap
Valori Ass.

Alunni in situazione di handicap
Valori %

psicofisico

visivo

uditivo

Piemonte

6.993

93,35

1,30

3,35

Lombardia

14.198

95,05

1,39

3,56

Trentino A.A.

1.118

96,51

0,81

2,68

Veneto

7.206

95,78

1,05

3,17

Friuli V. G. 

1.789

94,58

2,40

3,02

Liguria

2.631

94,26

2,02

3,72

Emilia Romagna

6.119

94,77

1,68

3,55

Toscana

4.345

93,97

1,80

4,23

Umbria

1.071

94,12

1,49

4,39

Marche

2.131

93,29

2,39

4,32

Lazio

11.693

94,45

1,80

3,75

Abruzzo

2.727

95,75

1,10

3,15

Molise

528

92,80

1,14

6,06

Campania

15.091

93,81

1,80

4,39

Puglia

9.135

93,18

1,74

5,08

Basilicata

1.051

93,44

1,33

5,23

Calabria

4.880

92,91

2,11

4,98

Sicilia

12.529

91,64

1,84

6,52

Sardegna

3.581

95,36

1,29

3,35

Totale Nazionale

108.816

94,12

1,64

4,24

Note: 
(*) Non sono compresi gli studenti delle scuole superiori e delle Università

Fonte: MInistero della Pubblica Istruzione - 2000  

La disabilità in Italia
in Valori assoluti

Con difficoltà motorie

1.100.000

Con problemi dell'udito più o meno gravi

800.000
49.000 sono sordi prelinguali (sordomuti)

Con disagio mentale

700.000

Ciechi totali  o parziali

350.000

totale

                                                  2.950.000

Fonte: Istat  1999 - 2000

 

Norme per il diritto al lavoro dei disabili - Legge sul lavoro per i disabili

 

La legge n.68 ha come finalità la promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro, attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato.

Essa si applica alle persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, accertata da competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile. La legge si applica anche alle persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%, accertata dall’Inail, nonché alle persone non vedenti o sordomute e agli invalidi di guerra, invalidi civili di guerra e invalidi per servizio.

 

testo completo

 

Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate - Legge quadro per l'handicap

 

La legge-quadro del '92 ha posto fine a una legislazione che fino ad allora era stata settoriale, e in molti casi arretrata, esprimendo finalmente una nuova concezione culturale che pone al centro la persona nella sua globalità, indipendentemente dallo stato e dal tipo di handicap in cui si trova. Ciò, con un approccio innovativo che considera la persona disabile nel suo sviluppo unitario dalla nascita, alla presenza in famiglia, nella scuola, nel lavoro e nel tempo libero. Per tutti questi ambiti, oltre che per la prevenzione, l'informazione e la comunicazione, la legge individua precisi diritti del disabile, insistendo particolarmente sulla necessità di rimuovere le situazioni invalidanti, di predisporre interventi che evitino processi di emarginazione, di tutelare il rispetto della dignità, la massima autonomia e partecipazione, il recupero funzionale e sociale

 

testo completo


11. VOLONTARIATO/TERZO SETTORE


Nel febbraio 2002 è stato approvato dal Consiglio dei ministri il decreto sul nuovo servizio civile. Atteso fin dall’approvazione della legge n. 64/2001, il decreto ha fissato le linee guida del nuovo servizio volontario, che andrà a sostituire, con la fine della leva obbligatoria nel dicembre 2006, l’obiezione di coscienza. Dopo le iniziali ipotesi di allargamento del servizio anche agli stranieri e agli extracomunitari regolarmente residenti in Italia da almeno tre anni, il decreto ha mutato orientamento e non ha più concesso tale possibilità, nonostante il dispiacere di alcuni enti.
Viene delineata la figura di un volontario tra i 18 e i 26 anni, in ferma di 12 mesi, con una retribuzione di circa 460 euro al mese, per un lavoro di almeno 30 ore settimanali. Ai ragazzi saranno riconosciuti crediti formativi e agevolazioni per l’accesso ai concorsi in alcuni corpi dello Stato. Le difficoltà permangono tuttavia nel campo delle competenze. Le Regioni, infatti, continuano a rivendicare il proprio ruolo e chiedono che il servizio civile sia ricondotto alla programmazione regionale e che sia assicurato un trasferimento non solo di competenze ma anche di risorse finanziarie.

Il governo è inoltre intenzionato a mettere mano alla riforma della legge 266 del 1991 (legge quadro sul volontariato), una legge “importantissima, ma che mostra i segni del tempo”, come ha affermato il sottosegretario al welfare.


Anche le associazioni propendono per una revisione della norma, ma con qualche timore. Il loro indirizzo è: la legge sul volontariato va cambiata ma nella continuità, e il suo impianto non va stravolto; le modifiche, inoltre, non devono preludere a un “testo unico” sul Terzo Settore – come vari esponenti del governo hanno suggerito – il quale porterebbe a un appiattimento del settore e alla negazione delle differenze nell’impegno sociale, vera ricchezza di questo fenomeno in Italia.
Intanto è stata convocata per l’11-13 ottobre ad Arezza la Conferenza nazionale sul volontariato.

Dopo un lungo confronto con le associazioni, il governo ha anche varato il ddl delega sull’impresa sociale. Il testo prevede tra l’altro l’esclusione della possibilità per i soggetti pubblici o per le imprese private profit di detenere il controllo dell’impresa sociale e la previsione di organismi di partecipazione all’impresa di lavoratori e beneficiari. Bisogna ora aspettare di vedere che legge uscirà dalla discussione in parlamento: il Forum ha infatti espresso preoccupazione per il problema delle politiche di incentivazione e delle facilitazioni fiscali, insieme alla introduzione di un sistema esplicito di regole sul lavoro. Il sottosegretario Sestini ha invece mostrato disaccordo soprattutto sulla parte relativa agli assetti proprietari e agli organismi di partecipazione.

La “riforma Tremonti” della legge Ciampi sulle fondazioni bancarie (461/98) potrebbe incidere anche sulle risorse per il volontariato e il terzo settore oggi provenienti da questa fonte. In seguito alle pressioni venute dal mondo economico e associativo, dal primo testo è stata stralciata la norma che prevedeva una presenza massiccia per gli enti locali (il 75%) all’interno degli organi di indirizzo delle fondazioni. Il non profit resta però preoccupato per la possibilità, prevista dalla bozza di riforma, di utilizzare parte degli ingenti fondi per il finanziamento di infrastrutture pubbliche, togliendone inevitabilmente ai settori tradizionalmente finanziati (ricerca scientifica, istruzione, assistenza, conservazione e valorizzazione dei beni artistici, culturali e ambientali etc.).

Impresa sociale: la proposta del Forum Terzo Settore

 

Ecco il testo di legge sull’impresa sociale elaborato dal Forum del Terzo Settore di concerto con il Governo.


Articolo 1

Definizione dell''impresa sociale


1. Si definiscono imprese sociali quelle organizzazioni di natura privata che, in coerenza con la specificità propria degli organismi di promozione sociale e di cooperazione sociale nonché degli assetti giuridici di associazioni, fondazioni, società e altri enti privati, perseguono, in assenza di scopo di lucro, finalità di interesse generale, attraverso lo stabile esercizio di produzione e di scambio di beni e servizi, nell''ambito dei settori di utilità sociale normativamente definiti.


Articolo 2

Disciplina dell''impresa sociale


1. Il Governo è delegato a emanare, entro un anno dall''entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti una disciplina organica delle diverse forme di imprenditorialità sociale informata ai seguenti principi:

a)          determinare i settori di utilità sociale in cui opera l''impresa sociale;

b)          definire caratteristiche e vincoli della struttura proprietaria o di controllo, escludendo la possibilità che soggetti pubblici o imprese private con finalità lucrative possano detenere il controllo, anche attraverso la facoltà di nomina maggioritaria degli organi di amministrazionE,

Definire le caratteristiche e i vincolo organizzativi e di funzionamento in relazione a:


1) elettività delle cariche sociali;


2) limiti alla remunerazione dei fattori di produzione, ivi compreso il capitale conferito e l''attività di amministratori, prestatori d''opera e collaboratori in genere, tali da garantire in ogni caso il carattere non speculativo della partecipazione all''attività dell''impresa;


3) costituzione di organismi che assicurino forme di partecipazione nell''impresa anche ai diversi prestatori d''opera e ai destinatari delle attività;


4) regime della responsabilità limitata dell''impresa sociale, regime della responsabilità degli amministratori nei confronti dei soci e dei terzi e rappresentanza in giudizio da parte degli amministratori;


5) ammissione ed esclusione dei soci;


6) obblighi e modalità di tenuta della contabilità economica e sociale e di redazione e pubblicità del bilancio, tali da garantire la trasparenza, la pubblicità e la diffusione dei risultati sociali ed economici dell''attività;


7) destinazione a riserve indivisibili delle eccedenze attive di bilancio con l''obbligo di devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento o di liquidazione ad altra impresa sociale o ad enti senza finalità di lucro, fatto salvo quanto previsto dalla legge 31 gennaio 1992, n. 59;


8) obbligo di iscrizione nel registro delle imprese;


9) previsione di organi di controllo interni ed esterni;


10) definizione delle procedure concorsuali applicabili in caso di insolvenza;


11) limiti alla detenzione di partecipazioni in imprese diverse dalle imprese sociali;


12) disciplina dei gruppo di imprese sociali secondo principi di trasparenza e tutela delle minoranze, regolando i conflitti di interesse e le forme di abuso da parte dell''impresa dominante;


13) regime della trasformazione, fusione, scioglimento e cessione di azienda tale da garantire il rispetto del principio della tutela e della irreversibilità della qualificazione di impresa sociale;


14) ipotesi di perdita della qualifica di impresa sociale e relative conseguenze.

d) attivare presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali funzioni e servizi permanenti di monitoraggio e ricerca necessari alla definizione dei livelli essenziali di qualità delle imprese che intrattengono rapporti con la pubblica amministrazione;


e) prevedere che nel rispetto dei principi generali previsti dal presente articolo le regioni e le province autonome emanino proprie norme sul riconoscimento e la valorizzazione dell''impresa sociale;


f) stabilire che, in relazione alla particolare qualità del servizio svolto, l''impresa sociale possa essere riconosciuta quale centro di eccellenza di interesse nazionale, sulla base del possesso di requisiti individuali con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e che i progetti relativi ai centri di eccellenza siano considerati quali progetti di pubblica utilità.


1. Il Governo è delegato, altresì, a coordinare le disposizioni dettate in attuazione della delega di cui al comma 1 con le disposizioni vigenti nelle stesse materie e nelle materie connesse, appor-tandovi le integrazioni e le modifiche necessarie

 

SERVIZIO CIVILE

 Come cambiano le regole dell’esercito dei volontari

 

L’approvazione della legge di riforma del servizio civile era molto attesa. La norma apporta alcune significative novità, stabilendo soprattutto la sopravvivenza del servizio civile nonostante la cessazione del servizio militare obbligatorio e aprendosi stabilmente anche alle donne, fatto questo già previsto dalle norme in vigore. Ulteriore aspetto importante, e non solo formale, è la definizione di “servizio civile nazionale” apportata dal provvedimento, quasi a conferire una dignità di struttura stabile ad un ambito spesso sottovalutato.
Fulcro del provvedimento è la delega al Governo per l’emanazione di decreti legislativi che disciplinino alcuni aspetti economici, quali il trattamento giuridico ed economico. Un piano d’azione e di confronto altrettanto importante e strategico.

Cambiano inoltre le finalità del servizio civile volontario che opereranno per favorire i principi costituzionali di solidarietà e per la salvaguardia del patrimonio storico-artistico e ambientale.
Cori di approvazione si sono alternati a pareri tutt’altro che positivi sul nuovo disposto normativo. E mentre dagli esponenti politici sembra arrivare un giudizio decisamente lusinghiero sul testo approvato, diverse sono le perplessità tra gli operatori del sociale e tra i responsabili nazionali degli stessi obiettori.

Il sunto sembra essere: l’approvazione deve rappresentare solo un primo passo, adesso serve far crescere in forza e dignità l’intero settore.

Impresa sociale

 

 Ddl di riforma

Articolo 1 - Impresa Sociale


1. Il Governo è delegato a emanare, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro della Giustizia uno o più decreti legislativi recanti una disciplina organica a modifica delle norme dell’ordinamento civile, relativa alle diverse forme d’imprenditorialità sociale, informata ai seguenti principi:


a) definire nel rispetto della specificità propria degli organismi di promozione sociale e di cooperazione sociale nonché della disciplina generale delle associazioni, delle fondazioni, delle società e delle cooperative, il carattere sociale dell’impresa sulla base:
- dalle materie di particolare rilievo sociale in cui essa opera la prestazione di beni e servizi in favore di tutti i potenziali fruitori, senza limitazione ai soli soci, associati o partecipi;
- del divieto di ridistribuire gli utili o quote di patrimonio sotto qualsiasi forma ad amministratori e persone fisiche o giuridiche partecipanti, collaboratori o dipendenti;
- del contestuale obbligo di reivenstire gli incrementi di carattere patrimoniale nello svolgimento dell’attività istituzionale:

- delle caratteristiche e dei vincoli della struttura proprietaria e di controllo, escludendo la possibilità che soggetti pubblici o imprese private con finalità lucrative possono detenere il controllo, anche attraverso la facoltà di nomina maggioritaria degli organi di amministrazione;

b) prevedere, in coerenza con il carattere sociale dell’impresa, omogenee disposizioni in ordine a:


- elettività delle cariche sociali, compatibilmente con la struttura dell’ente;
- responsabilità degli amministratori nei confronti dei soci e dei terzi;
- ammissione ed esclusione dei soci;
- obbligo di redazione e di pubblicità del bilancio e di previsione del collegio sindacale, con funzioni, in particolare, di monitoraggio dell’osservanza delle finalità sociali da parte dell’impresa;
- obbligo di devoluzione dei beni ad altra impresa sociale in caso di cessazione dell’impresa, fatto salvo per le cooperative sociali quanto previsto dalla L. 31/1/92 n. 39;
- obbligo di iscrizione nel registro delle imprese;
- definizione delle procedure concorsuali applicabili in caso di insolvenza;
- rappresentanza in giudizio da parte degli amministratori e responsabilità limitata al patrimonio dell’impresa per le obbligazioni da questa assunte;
- previsione di organi di controllo;
- costituzione di organismi che assicurino forme di partecipazione nell’impresa sociale anche ai diversi prestatori d’opera e ai destinatari delle attività;

c) attivare, presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, funzioni e servizi permanenti di monitoraggio e ricerca necessari alla verifica della qualità delle prestazioni rese dalle imprese sociali;

d) stabilire che, in relazione alla particolare qualità del servizio svolto, l’impresa sociale possa essere riconosciuta quale centro di eccellenza di interesse nazionale, sulla base del possesso di requisiti individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d’intesa con il Ministero delle attività produttive, e che i progetti relativi ai centri di eccellenza siano considerati quali progetti di pubblica utilità.

2. Il Governo è delegato, altresì a coordinare le disposizioni dettate in attuazione della delega di cui al comma 1, con le disposizioni vigenti nelle stesse materie e nelle materie connesse, apportandovi le integrazioni e le modifiche necessarie.
(Approvato dal Consiglio dei ministri il 12 aprile 2002)


Fondazioni bancarie: Distribuzione % delle erogazioni per finalizzazione degli interventi

 

Distribuzione percentuale delle erogazioni per finalizzazione degli interventi - Anni 1999/2000

Finalizzazione

1999

2000

Importo (%)

Numero (%)

Importo (%)

Numero (%)

Realizzazione e recupero strutture stabili

15,5

20,5

16,4

23,7

Conservazione e restauro patrimonio artistico

14,0

16,3

14,1

16,0

Manifestazioni culturali

14,6

11,9

16,1

15,5

Acquisto beni e attrezzature

15,0

13,1

15,0

12,7

Contributi di gestione

9,9

14,5

8,0

10,5

Progetti di ricerca

5,4

5,8

6,0

5,8

Servizi socio-assistenziali

5,9

4,2

5,6

3,0

Congressi, convegni, seminari e corsi di formaz.

5,5

3,1

5,2

2,9

Pubblicazioni

4,5

2,5

4,5

2,4

Borse studio, premi e riconoscimenti vari

3,7

2,5

3,5

2,1

Acquisizione di opere artistiche

0,4

0,5

0,5

0,4

Altri interventi

5,6

5,3

5,2

4,9

TOT. Complessivo

100,0

100,0

100,0

100,0

Fonte: ACRI, Sesto rapporto sulle fondazioni bancarie  

 

Fondazioni bancarie: distribuzione geografica in Italia
Dati al 31/12/2000 

Aree geografiche

N. Fondazioni

% Patrimonio

NORD OVEST

17

41,5

NORD EST

30

22,0

CENTRO

31

32,4

SUD e ISOLE

11

4,1

TOTALE

89

100,0

Fonte: ACRI, Sesto rapporto sulle fondazioni bancarie  

Fondazioni bancarie: Enti designanti gli Organi di indirizzo

 

Fondazioni bancarie: Enti designanti gli Organi di indirizzo

 

Valori percentuali

Tutte le Fond.

NORD OVEST

NORD EST

CENTRO

SUD 
e ISOLE

Soggetti con forte radicamento nel territorio

50,2

60,6

51,1

41,6

54,8

- Enti Territoriali

30,15

39,41

29,00

24,90

33,33

- Camere di Commercio

9,36

10,10

10,50

6,13

14,29

- Organismi di diretta espressione del territorio

10,65

11,07

11,57

10,54

7,14

Altra Società civile

49,8

39,4

48,9

58,4

45,2

- Organismi culturali

7,70

3,26

10,85

5,94

10,71

- Enti imprenditoriali

3,08

3,26

3,38

3,45

0,60

- Cooptazioni Org. indirizzo

10,52

20,85

11,92

0,00

19,64

- Enti professionali

1,54

0,33

1,78

1,72

2,38

- Organizz. sindacali

0,13

0,33

0,18

0,00

0,00

- Assemblee dei Soci

25,27

7,49

20,11

45,98

10,71

- Organizz. di volontariato

1,03

1,63

0,71

1,34

0,00

- Altri

0,58

2,28

0,00

0,00

1,19

TOTALE

100

100

100

100

100

Fonte: ACRI, Sesto rapporto sulle fondazioni bancarie  

 

Fondazioni bancarie: Distribuzione del patrimonio per gruppi dimensionali e aree geografiche

 

Distribuzione del patrimonio delle Fondazioni per gruppi dimensionali e aree geografiche - Situazione al 31/12/2000

Gruppi

Valori in migliaia di Euro

 

Aree geog.

Fond. piccole

Fond. medio-picc.

Fond. medie

Fond. medio-grandi

Fond. grandi

TOTALE

N. Fond.

Nord-ovest

136.489

74.301

212.467

698.747

13.575.621

14.697.625

17

Nord-est

98.367

194.892

1.143.632

2.224.388

4.112.995

7.774.274

30

Centro

247.790

634.916

617.310

1.147.489

8.812.019

11.459.524

31

Sud

70.209

326.888

203.889

290.307

576.038

1.467.329

11

TOTALE

552.855

1.230.995

2.177.298

4.360.931

27.076.673

35.398.752

89

Fonte: ACRI, Sesto rapporto sulle fondazioni bancarie  

Legge-quadro sul volontariato

 

La normativa in questione, oltre a dare una definizione ben precisa dell'attività di volontariato (intesa come attività prestata in modo personale e gratuito, incompatibile con qualsiasi forma di lavoro subordinato), stabilisce soprattutto i criteri a cui devono uniformarsi i rapporti tra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato e i principi che devono essere presenti nella ragolamentazione di tali rapporti, di competenza delle Regioni e delle Province autonome.

 

testo completo

 

Legge sul servizio civile

 

La norma apporta alcune significative novità, stabilendo soprattutto la sopravvivenza del servizio civile nonostante la cessazione del servizio militare obbligatorio e aprendosi stabilmente anche alle donne, fatto questo già previsto dalle norme in vigore. Ulteriore aspetto importante, e non solo formale, è la definizione di “servizio civile nazionale” apportata dal provvedimento, quasi a conferire una dignità di struttura stabile ad un ambito spesso sottovalutato.
Fulcro del provvedimento è la delega al Governo per l’emanazione di decreti legislativi che disciplinino alcuni aspetti economici, quali il trattamento giuridico ed economico. Un piano d’azione e di confronto altrettanto importante e strategico.

Cambiano inoltre le finalità del servizio civile volontario che opereranno per favorire i principi costituzionali di solidarietà e per la salvaguardia del patrimonio storico-artistico e ambientale.

 

testo completo

 Commenti di Vecchiato  e  Ianes

 

WELFARE – Un anno di governo sulle politiche sociali. Vecchiato (Zancan): ''Verso un sistema che tutela i diritti dei consumatori''

 

PADOVA – Un bilancio del primo anno di attività in materia di politiche sociali dell'esecutivo Berlusconi lo abbiamo chiesto a Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione “Zancan” di Padova.


"E’ difficile dare un giudizio perché non c’è un disegno di politica sociale. Ci sono degli interventi settoriali che hanno dei legami tra loro abbastanza generali, ma è come se persone diverse su tavoli diversi abbiamo affrontato dei problemi, senza sentire cosa stesse facendo l’altro. Nel suo primo anno il governo si è occupato di tossicodipendenza ma per problemi di salute pubblica e di controlli di polizia, si è occupato di riforma sanitaria ma senza produrre niente di rilevante sul versante del sistema sanitario. Dopo un anno è in discussione la prima bozza di piano sanitario nazionale che però non tiene conto della riforma costituzionale del decentramento di competenze dallo Stato alle regioni e quindi è come se fosse stata prodotta nel secolo scorso, prima della modifica costituzionale. L’ultimo piano sanitario, il cosiddetto piano Bindi, ha introdotto una rivoluzione nel modo di gestire le politiche sanitarie perché finalmente ha posto il problema degli obiettivi di salute. L'attuale governo ha preso di quella lezione il nome e ha fatto un Ministero della Salute, ma questo piano di obiettivi di salute non ne ha. Infine sull’immigrazione è in discussione il disegno di legge Bossi-Fini con contrasti sul modo di considerare il problema anche all’interno della stessa maggioranza. Ci sono quindi cose separate che non escono con una valutazione positiva anche giudicandole uno per uno.”


E’ possibile riscontrare un atteggiamento, una tendenza, del governo in questo ambito?


"Il Ministero del Welfare ha finora trattato le politiche sociali come un figlio illegittimo e pur avendo una competenza specifica su questo argomento è come se non l’avesse esercitata. Quello che è chiaro è che c’è una tendenza a passare da un sistema di diritti di cittadinanza, garantiti su base solidaristica come è stato finora, a un sistema di tutela dei diritti dei consumatori. Però a questo punto i consumatori veri, con capacità di acquisto di servizi e persone, avranno più diritti, mentre i consumatori fragili o non in grado di essere consumatori perché con bassa capacità di acquisto si ritroveranno con una potatura dei loro diritti di cittadinanza”.


Quali sono a suo avviso i provvedimenti del governo che potrebbero avere conseguenze più gravi?


Sono due. Quello sull’immigrazione e il provvedimento - che non è ancora ben chiaro - di riforma sanitaria che, reintroducendo la libera professione, ricrea il conflitto d’interessi dentro il servizio sanitario nazionale e quindi andrà a penalizzare fortemente i soggetti deboli, quelli con meno capacità di scegliere e di decidere rispetto ai loro diritti.”


Come giudica invece la situazione che si è creata rispetto alla legge 328/2000?


Essendoci stato un trasferimento di competenza dallo Stato alle regioni e ai comuni, e quindi una titolarità propria di questi enti, ed essendosi riservato il governo centrale solo la materia dei livelli essenziali con un finanziamento di 3mila miliardi, affrontare questo problema vuol dire accettare il rischio di finanziare più dignitosamente il livelli essenziali. E’ per questo che le Regioni hanno attivato un gruppo di lavoro che ha molte difficoltà nel procedere, mentre il governo non ha nessun interesse a spingere su questa materia. Quindi la 328 non è stata abrogata, ma sotto questo profilo di disimpegno centrale nell’affrontare meglio il problema dei livelli essenziali è come se fosse abrogata.”

 

Un anno di governo sulle politiche sociali. Ianes (Centro studi Erickson):

''Bilancio negativo. Spaventano il ritorno all’assistenzialismo e la devoluzione''

 

TRENTO – "L’attività del primo anno del governo Berlusconi sulle politiche sociali? La valuto in modo negativo, è stata priva di qualsiasi iniziativa positiva e costruttiva". E’ netto il commento del professore Dario Ianes, responsabile del Centro studi Erickson di Trento, sul lavoro del Governo Berlusconi riguardo alle politiche sociali e, in particolare, alle questioni più legate al disagio.


“Le leggi e le proposte di legge di questo Governo si basano tutte sull’assistenzialismo, sulla monetizzazione dei problema, anche delle questioni più delicate – prosegue Dario Ianes -. Si parte sempre dal presupposto che dando più soldi si risolvano i problemi, senza invece andare a scavare e ad agire sulle origini del disagio”.


Difficile quindi pensare positivamente per i prossimi anni: “Da un lato – spiega Ianes - vedo un ritorno a un assistenzialismo un pò compassionevole. Riassume tutto uno slogan della campagna elettorale di Silvio Berlusconi, ‘Aiutiamo chi è rimasto indietro’. Parole di compassione e nessuna proposta capace di creare le condizioni concrete per aiutare davvero chi è in difficoltà”. “Dall’altro lato – continua - il Governo ha deciso di fare tagli su cose che già funzionavano. Mi riferisco ai Sert e alla gestione delle politiche sulla tossicodipendenza. E’ in atto, in questo caso, un ritorno completo al modello delle comunità terapeutiche”.


Ma quali dei provvedimenti spaventano di più e avranno maggiori conseguenze sulle politiche sociali?

 

“Sicuramente la devoluzione – conclude Ianes -. La politica della regionalizzazione porta con sé il rischio che le Regioni si occupino sempre meno di sociale e di sanità. La devoluzione crea differenze, tra Regioni e Regioni prima di tutto, e poi tra Nord e Sud. Con la perdita del centro c’è il concreto pericolo che aumentino le differenze, e già si è visto con la questione dei ticket. Ma anche la legge Bossi-Fini sull’immigrazione e in genere le proposte ‘targate Bossi’, compresa quella sulla prostituzione, non lasciano intravedere buone prospettive per il futuro”.


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