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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

“Rapporto 1:138”

Lettera inviata dagli Avv.ti Alfonso Amoroso e Anna Cardona, a Superabile, in data 16/02/2004

 

Vorrei fare alcune precisazioni in ordine alle richieste di ampliamento del sostegno:

Preliminarmente vuole brevemente far osservare alcuni aspetti dell’art 40 comma 3 legge 449/1997:

La dotazione organica di insegnanti di sostegno per l'integrazione degli alunni handicappati è fissata nella misura di un insegnante per ogni gruppo di 138 alunni complessivamente frequentanti gli istituti scolastici statali della provincia, assicurando, comunque, il graduale consolidamento, in misura non superiore all'80 per cento, della dotazione di posti di organico e di fatto esistenti nell'anno scolastico 1997-1998, fermo restando il vincolo di cui al primo periodo del comma 1. I criteri di ripartizione degli insegnanti di sostegno tra i diversi gradi di scuole ed, eventualmente, tra le aree disciplinari dell'istruzione secondaria, nonché di assegnazione ai singoli istituti scolastici sono stabiliti con i decreti di cui al comma 1, assicurando la continuità educativa degli insegnanti di sostegno in ciascun grado di scuola. Progetti volti a sperimentare modelli efficaci di integrazione, nelle classi ordinarie, e ad assicurare il successo formativo di alunni con particolari forme di handicap sono approvati dai provveditori agli studi, che possono disporre l'assegnazione delle risorse umane necessarie e dei mezzi finanziari per l'acquisizione di strumenti tecnici e ausili didattici funzionali allo sviluppo delle potenzialità esistenti nei medesimi alunni, nonchè per l'aggiornamento del personale. Le esperienze acquisite sono messe a disposizione di altre scuole. “

Ora con detto articolo si vuole fissare il rapporto di una insegnante di sostegno ogni 138 bambini. È evidente che detta norma nel disciplinare l’assegnazione delle cattedre parte da un unico presupposto: la popolazione scolastica nel suo complesso e non al caso in particolare.

Appare scontato che l’alunno diversamente abile ha un diritto “inviolabile”, garantito dalla Costituzione e da un insieme di norme soprannazionali. Appare pure scontato che detto diritto inviolabile è un diritto ad personam e pertanto non suscettibile di limitazioni di carattere meramente organizzativo degli organi dello Stato.

Ora si deve dire che il mancato sostegno, o il sostegno dato in maniera ridotto o discontinuo crea anche un danno fisico irreversibile.

Pertanto è palese  che la norma sopra richiamata altro non fa che porre di fatto un limite al pieno sviluppo dei diritti di soggetti in difficoltà che si contrappone nettamente ed illegittimamente alle norme Costituzionali richiamate nelle stesse ordinanze ex art. 700 cpc, pubblicate sul sito..

Pertanto detta norma  comprime  di fatto la realizzazione del contenuto essenziale  del diritto fondamentale alla educazione ed alla istruzione  e diviene limitazione  per una adeguata e congrua assegnazione e nomina degli insegnanti di sostegno.

A differenza delle storie, tutte diverse, di questi bambini, uguali  sono invece le considerazioni  che hanno ispirato il legislatore  quando regolava  la nomina ed il criterio delle assegnazioni degli insegnanti di sostegno: infatti la norma, che risale al 1997, fa riferimento al rapporto, citato, di un’insegnante ogni 138 bambini frequentanti nel 1997. Tale rapporto non tiene conto delle variazioni della popolazione scolastica ogni anno successivo, né della incidenza su detta popolazione dei soggetti diversamente abili che, a dispetto dei puri e crudi termini matematici e statistici, hanno diritto, insuscettibile di compressione, ad essere istruiti  ed integrati come la nostra Costituzione sancisce e consacra.

E’ vero  che detta norma consente anche una deroga dando il potere alle autorità scolastiche “di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto docenti-alunni…”.

Ma il punto scandaloso è proprio questo: la tutela di un diritto  costituzionale è sottoposto ad una deroga, e tale deroga viene determinata e svolta dall’autorità scolastica, altrimenti detta direttore scolastico dell’istituto frequentato dal bambino disabile che lo decide sulla base di criteri puramente discrezionali.  Ora il potere di deroga, a nostro modesto parere attribuisce la difesa di un diritto inviolabile costituzionalmente garantito, alla discrezionalità delle autorità scolastiche, che spesso non hanno gli strumenti idonei per valutare la portata e le caratteristiche di problematiche squisitamente mediche e neuropschiatriche.

Non si vuole tediare nessuno se si richiama l’attenzione su aspetti essenziali di alcune patologie. Ma in fase di crescita di un alunno diversamente abile spesso la diagnosi medica nulla dice e nulla chiarisce sulle potenzialità e sui bisogni dell’alunno. In questi casi occorre uno studio dettagliato sulla cd Diagnosi Funzionale.

Per chiarire il concetto si vuole fare un breve esempio. Una persona che ha un raffreddore a volte proprio per le caratteristiche di questa comune patologia ha difficoltà di respirazione, mal di testa, giramenti di testa dolori reumatici, naso completamente chiuso, tosse ecc. altre volte ha solo un malessere leggerissimo ed ininfluente, che gli consente, a differenza del primo caso di svolgere regolarmente, e con la stessa produttività, tutte le sue funzioni.

In questo esempio abbiamo osservato che pertanto una determinata patologia può avere dei diversi gradi di gravità e diverse complicazione poi si deve esaminare che la stessa patologia può essere curata, o sulla patologia possiamo avere dei netti miglioramenti in base alle cure che si applicano. La diagnosi funzionale altro non è che la programmazione che si deve fare su un soggetto che ha una patologia e ci può indicare quale sarà la crescita intellettiva che il soggetto avrà.

 Questo semplice esempio può essere esteso a tutte le patologie mediche, pertanto affermare che un soggetto ha la Sindrome di Down nulla ci dice sulle sue potenzialità e sulle sue capacità. Pertanto due bambini affetti da detta sindrome possono avere bisogno di strumenti e tutele completamente opposte. L’assurdo è che nella realtà spesso il codice assegnato dalla ASL per individuare la patologia  ed in seguito le ore di sostegno fa riferimento alla diagnosi medica e non certo alla diagnosi

Se si è fatta questa breve e noiosa divagazione è solo per rendere evidente la complessità del tipo di intervento di cui necessitano gli alunni diversamente abili e per chiarire che detta complessità non può essere assolutamente affidata alla discrezionalità delle autorità scolastiche.

Né in ogni caso  un diritto inviolabile può essere affidato alla discrezionalità di alcuni soggetti, anche se competenti in materia esclusivamente didattica.

Per concludere si vuole comunque far ulteriormente osservare che il potere di deroga dà la possibilità di assunzioni a tempo determinato, e dette assunzioni non garantiscono la continuità dell’insegnante altro aspetto essenziale.

Alla luce di queste osservazioni si osservano degli aspetti di incostituzionalità della norma sopra richiamata

Si vuole a questo punto fare delle bresi osservazioni sull’intera vicenda:

In ordine alla competenza del Tribunale a discapito del TAR si vuole  affermare:

1. che nei rapporti individuali di utenza tra erogatori di pubblico servizio e soggetti  privati la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, non solo quando si tratta di rapporti obbligatori aventi ad oggetto prestazioni derivanti dalla legge ma anche quando sia richiesto al giudice di eliminare un pregiudizio recato al diritto fondamentale non suscettibile di affievolimento;

2.  che, in particolare, l'articolo 33, comma 2, lett.e del d.lgv. n. 80 del 1998 (come modificato dalla legge n. 205/2000) devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi riguardanti "......le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati e delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona..."

3. che, come ha recentemente precisato la suprema Corte (sez. un. n. 558/2000) sono devolute al giudice ordinario tutte le controversie tra utenti fruitori e soggetti erogatori del pubblico servizio pubblici o privati, nel qual caso "....l'individuazione del giudice fornito di giurisdizione deve dunque avvenire non in base al criterio della materia, ma in base a quello della consistenza della situazione giuridica di cui si domanda la tutela, vale a dire riconoscendosi la sussistenza della giurisdizione ordinaria relativamente ai diritti soggettivi ovvero quella generale di legittimità del giudice amministrativo relativamente agli interessi legittimi";

4.  che, anche sotto il profilo della natura risarcitoria della controversia, la legge rimette al giudice naturale dei diritti le cause che hanno ad oggetto il risarcimento del danno alla persona, che va inteso nel senso estensivo che comprende non solo il danno all'integrità psico-fisica del soggetto ma anche il danno arrecato all'individuo dalla lesione di un fondamentale ed inalienabile diritto dell'uomo;

5.  che il diritto all'educazione e all'istruzione della persona handicappata è garantito innanzitutto dalla Carta Costituzionale (art. 38: "Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione ed all'avviamento professionale. (Ai compiti previsti da questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato") - art. 34: "La scuola è aperta a tutti."; articolo 2: "La Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell'uomo......nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità");

Che, inoltre, il diritto all'inserimento sociale dei disabili è garantito dall'art 26 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea approvata il 7 dicembre 2000 e dall'art 26 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo  approvata nel 1948;

6. che il diritto discende, inoltre, dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) che, all'articolo 12, garantisce"....il diritto all'istruzione e all'educazione della persona handicappata.....nelle classi comuni delle istituzione scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie" e stabilisce che "L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione" e che "L'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento nè da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all'handicap";

7. che la natura assoluta ed inviolabile del diritto è confermata dalla l. 449 del 27 dicembre 1997 che, dopo aver fissato la dotazione organica di insegnanti di sostegno per l'integrazione degli alunni handicappati nella misura di un insegnante per ogni gruppo di 138 alunni complessivamente frequentanti gli istituti scolastici statali della provincia, consente espressamente, in attuazione dei principi della citata legge n. 104 del 1992 ai fini della integrazione scolastica degli alunni handicappati, "con......il ricorso all'ampia flessibilità organizzativa e funzionale delle classi prevista dall'art 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59.... la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto docenti - alunni ....in presenza di handicap particolarmente gravi"

8. che pertanto l'attribuzione al minore handicappato di un numero non adeguato di ore di sostegno didattico si risolve nella ingiustificata compromissione di un fondamentale diritto dell'individuo portatore di handicap alla educazione ed all'inserimento scolastico (diritto non suscettibile di affievolimento);

Che- in ogni caso- nel silenzio dell'Amministrazione resistente e in assenza di un provvedimento autoritativo motivato, il giudice è chiamato non già ad ordinare all'Amministrazione uno specifico comportamento (ciò che potrebbe violare il noto divieto derivante dall'art 4 della l.n. 2248/1865 all. E) bensì, come ha rilevato la suprema Corte anche recentemente, a rimuovere "...situazioni materiali riconducibili all'attività della p.a. che si presentino in contrasto con i precetti posti....a salvaguardia dei diritti soggettivi altrui....in cui non viene in discussione l'esercizio del potere normalmente discrezionale, della stessa p.a.ma la necessità del ripristino delle condizioni di legalità per il che non può configurarsi la possibilità di una scelta diversa rispetto a quella costituita da tale ripristino"(Cass. sez. III, 25/02/1999, n.1636)

Che, pertanto, la sottrazione del supporto educativo dell'insegnante di sostegno (o la attribuzione di un numero di ore di sostegno non adeguate alla realizzazione del diritto garantito dalla legge e dalla Costituzione al minore handicappato) si risolve nella compromissione di un diritto fondamentale della persona, sicchè, sussistono tutte le condizioni di legge non solo per l'accoglimento del ricorso, ma anche per l’accoglimento della domanda nel presente giudizio.

Scusatemi se mi sono divulgato ma queste considerazioni, strettamente giuridiche mi inducono a difendere il diritto al sostegno, e soprattutto mi indicano che oggi non esistono diversi strumenti idonei.

Anzi ritengo che soprattutto per molti casi la stessa scuola, in concerto con le ASL e le cooperative che operano sul territorio devono in concerto prevedere ed attuare nella stessa scuola anche dei lavori logopedici e pscicomotorei.

Questa soluzione potrebbe essere utile anche alla famiglia che in questo modo non sarebbe costretta all’uscita dalla scuola dei propri figli a portarli, vagabondando per il territorio, in nuove strutture per detti interventi.

Inoltre in questo modo sia la scuola che gli operatori riabilitativi potrebbero lavoro all’unisono creando un programma più stimolante.

Le altre idee a mio modesto avviso sono solo utopiche e prive di ogni reale riscontro nella realtà. Realtà che vede protagonisti bambini che senza sostegno, e senza ulteriori interventi passano le ore fuori dall’aula in compagnia di personale senza non dotati di alcuna formazione professionale. Es allora queste ore potrebbero essere sfruttate con interventi mirati e concreti.

Proprio per questo ritengo che sia inutile e dannoso indicare vie inesistenti ma si ha il dovere di insistere su fatti concreti realizzabili. Proprio per questa ragione ritengo che ad oggi la strada giudiziaria apre una strada percorribile e soprattutto dà la possibilità ad alcuna famiglia di realizzare concretamente un piano di sviluppo vero e non meramente burocratico.

 

Sostegno, dov'è il piano educativo?

 

I ministeri devono far rispettare le norme che prevedono i progetti individualizzati in base ai quali si chiedono poi le risorse necessarie. Altrimenti i genitori di ragazzi con disabilità dovranno continuare a rivolgersi ai tribunali

di Salvatore Nocera

 

Sto osservando con piacere che le recenti ordinanze emesse in via d’urgenza da parte di un numero crescente di tribunali per aumentare le ore di sostegno,  stanno accendendo l’interesse e la discussione, in cui, finalmente anche il Ministero dell’Istruzione prende la parola.

 

Desidero quindi reintervenire, stimolato da alcune affermazioni  dei documenti fin qui pubblicati.

E’ bene puntualizzare che le nomine per il sostegno, a  seguito dell’art 35 comma 7 della legge finanziaria n. 289/02, non è più di competenza dei Dirigenti scolastici, ma dei Direttori regionali. I Dirigenti si limitano a trasmettere a questi i le richieste formulate nei progetti didattici, che dovrebbero essere  formulati , caso per caso, dai consigli di classe (art 41 D M n. 331/98),  sulla base dei piani educativi individualizzati, che dovrebbero essere  predisposti dai GLH operativi, composti , oltre che dagli insegnanti, anche dagli operatori sociosanitari e dalle famiglie (art 12 comma 5 L.n. 104/92).

 

Purtroppo, nella maggioranza dei casi, i piani educativi individualizzati vengono formulati senza la presenza degli operatori di territorio e quindi, in quella sede, non si può svolgere la normale dialettica con la scuola, dalla quale dovrebbe risultare l’effettiva necessità delle risorse che non debbono consistere solo in ore di sostegno.Inoltre i progetti didattici personalizzati quasi mai vengono preparati da tutto il consiglio di classe, stante l’endemica impreparazione sull’integrazione solastica di quasi tutti i docenti curriculari, cui il Ministero non ha ancora provveduto. Infine i Direttori scolastici regionali, che hanno ormai il potere di decidere sulle singole richieste, più che basarsi sulle proposte che pervenogono dalle singole scuole , suffragate dai pareri degli esperti presenti in ogni CSA (ex Provveditorati agli studi), decidono secondo criteri rigidi  ed astratti di riduzione della  spesa, ignorando quindi i singoli bisogni personali degli alunni.

 

I criteri consistono nella fissazione per la formulazione degli organici di diritto dei posti di sostegno di un rapporto di un posto ogni 138 alunni con e senza disabilità. Tale rapporto, che era abbastanza realistico nel ’97, quando fu approvato l’art 40 della L.n. 449/97, è oggi divenuto irrealistico, a causa dell’aumento effettivo di alunni con disabilità frequentanti soprattutto le scuole dell’infanzia e quelle superiori e, come sostiene il Ministro, anche a causa di certificazioni improprie riguardanti alunni con difficoltà di apprendimento non derivanti da minorazioni “stabilizzate o progressive”. Se ai casi di incremento effettivo si sono aggiunti casi di certificazioni improprie, ciò non è dovuto alla perversità delle ASL, ma al fatto che le stesse scuole, in mancanza di risorse per fronteggiare questi altri casi problematici, hanno insistito per ottenere certificazioni in più, l’unico mezzo  per ottenere risorse aggiuntive.

Di qui la necessità, prevista dallo stesso art 40 della L.n. 449/97 che poneva criteri restrittivi per l’organico di diritto,  e dalle successive leggi finanziarie, di  consentire "le deroghe per l’assegnazione di ore in più negli organici di fatto", prima rimesse ai Dirigenti scolastici ed ora ai soli Direttori scolastici regionali. Soprattutto, in quest’ultimo anno, i Direttori scolastici regionali, pur potendo chiedere al Ministero l’autorizzazione a sforare i limiti degli organici assegnati, hanno invece preferito, ridurre (e talora dimezzare)  le ore concesse in deroga. Pertanto si sono avuti molti di quei casi che le famiglie stanno cercando di ribaltare con il ricorso ai tribunali.

 

Che fare in una situazione che rischia di divenire perennemente conflittuale e in  fase di espansione?

E’ indispensabile che venga imposto dai Ministeri dell’Istruzione, della Salute e dell’Interno (che mantengono ancora il potere di indirizzo sulle realtà autonome costituite, rispettivamente dalle scuole, dalle ASL e dagli Enti locali), d’intesa con la Conferenza unificata Stato regioni, l’obbligo del rispetto dell’art 12 comma 5 della L.n. 104/92, di formulazione del piano educativo individualizzato stilato in contraddittorio da tutti i soggetti che, per legge, sono tenuti ad erogare risorse. Questo è stato ribadito nel testo  dell’emanando decreto  sulle certificazioni, ma è norma di legge disapplicata dal 1992.

 

E’ indispensabile, inoltre, che il progetto didattico personalizzato per chiedere le deroghe venga formulato da tutto il consiglio di classe, per brevi corsi di ricerca-azione e formazione  di tutti i docenti curriculari sulla formulazione dei singoli progetti; tale norma anch’essa già presente nell’art 5 del DPR del 24/2/94 non è stata quasi mai applicata; ne alcuno si è preoccupato di pretenderne il rispetto, pur essendo previsto dall’art 7 dello stesso DPR l’obbligo delle regioni di vigilare sulla sua attuazione e la permanenza in capo al MIUR del  potere  di vigilanza ispettiva sulle scuole autonome.

 

E’ indispensabile che i Direttori scolastici regionali si fidino di più dei pareri deli esperti dei CSA sulle richieste delle singole scuole e ottengano dal MIUR l’autorizzazione a sforare i limiti degli organici, che il Ministero ha concesso, quando motivatamente richiesto.

 

E’, infine, indispensabile che si pongano in essere gli accordi di programma sull’integrazione scolastica a livello regionale e subregionale, anche, ove possibile nell’ambito dei piani di zona di cui alla L.n. 328/00,come previsto dall’art 13 comma 1 lett “a”  della L.n. 104/92.

           

Come si vede la normativa per rendere razionale il sistema esiste e da tempo. Quello che manca è il suo rispetto da parte di moltissime pubbliche istituzioni e il mancato controllo ed intervento coattivo da parte di chi dovrebbe pretenderne l’attuazione.

Non ci si può lamentare poi se, in mancanza di una corretta amministrazione, abbandonata alla discrezionalità più selvaggia, le famiglie si rivolgono ai giudici e questi impongono alle amministrazioni il rispetto dei diritti violati.

Quando i Ministeri e la Conferenza Stato-regioni prenderanno l’iniziativa per trovare soluzione a questi annosi disservizi che inficiano la bontà delle norme che ci siamo dati in questi trent’anni per migliorare la qualità dell’integrazione?

 

Quando il Ministero dell’Istruzione, che comunque ha la maggiore responsabilità politica sulle politiche d’integrazione, vorrà prendere l’iniziativa non con semplici convegni di studio, ma con atti amministrativi  puntuali, che sono atti di governo?

 

Fino a quando le famiglie e le loro associazioni rimarranno  ad assistere pazienti al mancato rispetto della normativa  ed all’inerzia della politica?

 

(16 febbraio 2004)

 

 

 

‘La nostra vittoria è segno che le regole sono sbagliate’

 

Alfonso Amoroso, il legale che ha seguito la causa intrapresa dai genitori di un bambino disabile di Roma per ottenere più ore di sostegno scolastico, spiega il valore della decisione presa dal tribunale.

 

di Piera Matteucci

 

Un’esigenza personale e la consapevolezza che le regole in vigore non funzionano: Alfonso Amoroso, il legale che ha seguito la causa intrapresa dai genitori di un bambino disabile di Roma, che chiedevano maggiore sostegno a scuola per il loro piccolo e che hanno ottenuto dal tribunale civile della Capitale parere favorevole, ha già avviato un’altra decina di controversie simili.

 

Cosa significa la decisione presa dal tribunale?

 

Si tratta di una questione abbastanza complessa. In sostanza il giudice ordinario, in alcuni casi, può intervenire sulle regole stabilite dallo Stato e obbligarlo a cambiarle. In questa occasione abbiamo chiesto al tribunale di emettere non una sentenza – che avrebbe certamente richiesto tempi molto più lunghi-, ma un’ordinanza, la cui attuazione è immediata per motivi di necessità e urgenza. Il fatto che il tribunale abbia espresso un parere favorevole alle nostre richieste e abbia stabilito che le ore di sostegno devono essere aumentate, ci porta a pensare che i motivi che hanno spinto i genitori dell’alunno ad agire siano fondati: le norme stabilite dal ministero e dalle varie autonomie scolastiche, evidentemente, sono carenti.

 

Qual è, secondo lei, il problema maggiore?

 

Di errori ce ne sono tanti: il modo in cui vengono nominati gli insegnanti e i criteri che vengono seguiti per stabilire il numero di docenti in ogni scuola, ma quello più grave, a mio parere, è che non esiste una linea di programma e tutto viene deciso in base meri criteri economici. In questo modo, però, non si tiene conto del diritto dei bambini disabili ad avere un sostegno adeguato a seconda delle proprie necessità.

 

Ma le amministrazioni scolastiche non hanno l’autonomia di nominare, in caso di necessità, gli insegnanti di sostegno in base agli alunni disabili?

 

Si, il dirigente scolastico può nominare in deroga insegnanti di sostegno ogni volta che questo si renda necessario, ma poi questa decisione viene analizzata, insieme alle atre, dalla Corte dei Conti e se la commissione valuta che ci sono stati errori e che sono state fatte nomine superflue, il dirigente ci rimette di tasca propria. E’ un rischio molto alto che non tutti sono disposti a correre.

 

Il problema, dunque, non è solo quello di regole troppo generiche?

 

Le norme esistenti, restrittive per quanto riguarda il rapporto insegnante-alunni e generiche per quanto concerne le fasce di ‘categorie’ che comprendono, non fanno che appiattire i diritti dei singoli bambini, che non vengono considerati in base alle personali necessità, ma come soggetti appartenenti al medesimo ‘universo disabilità’. Il fatto che il tribunale di Roma ci abbia dato ragione per la seconda volta e che anche quello di Napoli abbia accolto positivamente le nostre richieste è una palese dimostrazione che se venissero fatte migliaia di cause, probabilmente, sarebbero tutte vittoriose.

 

Ma ci saranno migliaia di cause?

 

Purtroppo non credo. Pochi sanno che si può fare qualcosa perché questa situazione cambi. Molte persone, soprattutto quelle che vivono in piccole realtà, non hanno idea che si possa chiedere l’intervento del giudice e, quindi, non lo fanno. Così, come spesso accade, chi ha abbastanza denaro per fare fronte alle carenze dello Stato, lo fa di tasca propria, gli altri si arrangiano come possono, ma a rimetterci sono sempre loro, i bambini.

(13 febbraio 2004)

 

 

 

Ore di sostegno: alla scuola il diritto/dovere di decidere

 

Spetta agli istituti scolastici valutare la necessità di nominare insegnanti e stabilire le ore di sostegno per ciascun alunno, spiega Luigi Le Rose, capo della segreteria dell’onorevole Valentina Aprea, sottosegretario all’Istruzione. Le ordinanze dei tribunali, che obbligano il ministero a intervenire per aumentare le ore, possono essere lette come un invito rivolto alle commissioni scolastiche a valutare i singoli casi con maggiore attenzione.

 

di Piera Matteucci

 

Le ore di sostegno a scuola continuano a far discutere: e se da parte di insegnanti e genitori non si placano le lamentele e le proteste per la loro riduzione, il ministero dell’Istruzione difende le proprie scelte, continuando a sostenere che è stata attuata solo una riorganizzazione dei finanziamenti e dei criteri per la nomina di insegnanti di sostegno.

Intanto, però, negli ultimi giorni alcuni giudici hanno accolto le richieste dei genitori di bambini disabili che chiedevano di avere ore di sostegno in più nell’orario scolastico e hanno pronunciato ordinanze che obbligano il ministero a provvedere immediatamente.

 

La decisione del tribunale fa riflettere e porta a pensare che le regole, così come sono state fatte, non garantiscono i diritti di tutti i bambini con disabilità.

“Il sostegno scolastico, purtroppo, finora è stato ‘vittima’ di abusi e di comportamenti errati – commenta Luigi Le Rose, capo della segreteria dell’onorevole Aprea -. Proprio per mettere fine a questo atteggiamento e per garantire i diritti degli studenti con disabilità che realmente hanno bisogno di essere affiancati da un insegnante specializzato, si è deciso, attraverso un decreto del presidente del consiglio, di restituire alle scuole il diritto/dovere di stabilire quanti insegnanti nominare e quante debbano essere le ore di sostegno. Questo – aggiunge – vuol dire che gli istituti scolastici devono analizzare le diverse situazioni e decidere in base alla loro esperienza e alla valutazione dei singoli casi cosa fare, senza dover dipendere dal parere di medici e specialisti”.

 

Le Rose ritiene che l’impegno comune da parte del ministero, della scuola, degli insegnanti e dei genitori debba essere quello di mirare a un’integrazione concreta dei bambini disabili e questa, sostiene, non può avvenire senza un programma ben definito e un’adeguata preparazione dei docenti.

“A scuola – dice Le Rose- un bambino disabile deve avere l’appoggio necessario per potenziare le capacità che ha e per inserirsi il più possibile nella comunità dei compagni. Dunque è necessaria la collaborazione degli insegnanti curriculari con quelli di sostegno, in modo da evitare l’isolamento nel quale spesso si ritrovano gli alunni con disabilità. Per questo ritengo che sarebbe il caso, e il ministero sta già pensando a come realizzare questo progetto il prima possibile, istituire dei corsi di formazione da rivolgere a tutti i docenti. In questo modo gli insegnanti non solo acquisterebbero le competenze necessarie per capire le differenti disabilità e rapportarsi ai loro alunni, ma sarebbero anche in grado di intervenire per compensare, qualora ci fossero, le carenze negli orari di sostegno”. 

 

Ma allora, le ordinanze dei tribunali come devono essere valutate? “Non entro in merito alle decisioni dei giudici – conclude Le rose –, ma penso che una chiave di lettura potrebbe essere quella di uno stimolo, per le scuole, a valutare con maggiore attenzione i casi dei bambini disabili, per ponderare adeguatamente le necessità di ogni alunno e per decidere, di conseguenza, quale tipo di assistenza sia la migliore”.   

 

(14 febbraio 2004)

 

 

 

 

 


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