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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Rapporto Caritas-Zancan

Il 13% degli italiani vive con meno di 600 euro al mese

In Italia è povero il 30% delle famiglie con 3 o più figli e il 48,9% di queste famiglie vive nel Mezzogiorno. Cresce al Nord la povertà degli anziani soli o non autosufficienti

Il 13% della popolazione italiana vive con meno di metà del reddito medio italiano, ossia con meno di 500-600 euro al mese. E" uno dei dati contenuto nel rapporto 2008 sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia, "Ripartire dai poveri”, presentato oggi a Roma da Caritas Italiana e Fondazione Zancan di Padova, in vista del prossimo 17 ottobre, Giornata mondiale di lotta alla povertà. In Italia è povero il 30,2% delle famiglie con 3 o più figli, e il 48,9% di queste famiglie vive nel Mezzogiorno (al 2006, ultimi dati disponibili). “Si tratta di percentuali molto elevate: - commentano gli osservatori - avere più figli in Italia comporta un maggiore rischio di povertà, con una penalizzazione non solo per i genitori che si assumono questa responsabilità ma soprattutto per i figli, costretti a una crescita con meno opportunità. Eppure in altri Stati non accade così. Ad esempio, effettuando un confronto con la Norvegia, si evidenzia che in quel Paese non solo vi è un tasso di povertà notevolmente inferiore, ma anche una relazione esattamente opposta, ovvero più bambini si hanno (a meno di non averne più di tre), più basso è il tasso di povertà".

Sempre secondo il rapporto i “quasi poveri”, ossia persone che sono al di sopra della soglia di povertà per una somma esigua, che va dai 10 ai 50 euro al mese, in Italia raggiungono una delle più alte percentuali di popolazione a rischio povertà rispetto all’Europa dei 15. Cresce nel Nord  la povertà degli anziani soli o non autosufficienti; il dato è in controtendenza con il resto del Paese: dal 2005 al 2006 infatti l’incidenza di povertà relativa (percentuale di poveri sul totale dei residenti) in persone sole con 65 anni e più è passata da un valore di 5,8 a un valore di 8,2 (ultimi dati disponibili).

Oltre 366 milioni la spesa per la protezione sociale in Italia (2007), ma oltre il 66% dedicato alle pensioni. Pesa la scelta di puntare sull'erogazione monetaria a scapito dell’investimento in servizi

La spesa per la protezione sociale italiana, sostenuta dalle amministrazioni pubbliche e da istituzioni private, è sotto la media Ue 15 sia in termini di percentuale di prodotto interno lordo, sia in termini di spesa pro capite. Non solo. I trasferimenti sociali non riescono a incidere efficacemente sul fenomeno della povertà: se ad esempio Svezia, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Germania e Irlanda riescono a ridurre del 50% il rischio di povertà, in Italia abbattono la quantità di popolazione povera solo di 4 punti percentuali. Il rapporto 2008 sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia, “Ripartire dai poveri”, presentato oggi a Roma da Caritas Italiana e Fondazione Zancan di Padova, punta il dito sullo squilibrio degli investimenti: nel 2007 (dati del ministero dell’Economia e delle finanze) le istituzioni pubbliche hanno erogato prestazioni a fini sociali pari a 366.878 milioni di euro, di cui il 66,3% (243.139 milioni)  per pensioni (+5,2% rispetto all’anno precedente);  la spesa per la previdenza incide sul Pil per il 15,8% (15,6% nel 2006), quella per la sanità per il 6,2% (6,4% nel 2006), e quella per l’assistenza sociale per l’1,9% (lo stesso valore del 2006). Sempre nel 2007 l’assistenza sociale è stata di 46.988 milioni di euro, pari a un pro capite di 789,23 euro. 

I trasferimenti monetari costituiscono ancora la voce principale di spesa, mentre in termini di servizi l’Italia resta indietro rispetto all’Europa: se infatti l’incidenza in Italia non raggiunge il 5%, in paesi come la Danimarca o la Svezia supera il 20% . Per “servizi”, spiega il rapporto,  si possono intendere le forme di aiuto che vanno dagli interventi domiciliari a interventi intermedi o territoriali, come i centri diurni o i servizi educativi, a interventi residenziali, come le case famiglia, le residenze per persone non autosufficienti . “Come evidenziano i dati – spiega Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan – i paesi che investono di più in servizi piuttosto che in trasferimenti monetari sono gli stessi paesi che riescono a incidere sul fenomeno della povertà del 50%.. Una strada chiara, da percorrere anche nel nostro Paese”. “E’ possibile offrire risposte ai problemi della povertà, senza aumentare la spesa complessiva per la protezione sociale, riallocando una parte delle risorse destinate alla spesa sociale”, spiega il rapporto

Riconvertire le risorse destinate a indennità di accompagnamento (10.175 milioni nel 2007) e assegni familiari (6.427 milioni) ripartendo dalla persona. Vecchiato (Zancan): ''Applicare il principio di equità sociale''

Indennità di accompagnamento e assegni familiari: deve ripartire da qui la lotta all'esclusione sociale secondo il rapporto Caritas-Zancan 2008, che pone entrambe queste voci di spesa tra le aree di azione specifica per un piano di lotta alla povertà. Nello specifico la spesa per indennità di accompagnamento è una provvidenza in favore degli invalidi civili totalmente inabili a causa di minorazioni fisiche o psichiche. All'1 gennaio 2007 essa ammontava a 7.128 milioni di euro, a cui vanno aggiunti 3.047 milioni in cui coesistono indennità e pensioni di invalidità, per un totale di 10.175 milioni di euro. La spesa per assegni familiari, invece, comprende gli assegni al nucleo familiare, rivolti alle famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente i cui nuclei familiari siano composti da più persone e i cui redditi siano al di sotto delle fasce reddituali stabilite di anno in anno, e gli assegni familiari, spettanti ad alcune categorie di lavoratori escluse dalla normativa dell’assegno per il nucleo familiare. E’ stata nel 2007 di 6.427 milioni di euro.

Il rapporto prevede forme parziali di riconversione delle risorse  che rispettivamente compongono la spesa per indennità e per assegni, "passando da un approccio per categoria a un approccio basato sulla persona, la sua effettiva condizione, i suoi bisogni di protezione e promozione sociale”. In quest’ottica una parte del trasferimento monetario deve essere “fruita in termini di servizi accessibili, come prestazioni di sostegno alla domiciliarità, attività di socializzazione, servizi per l’inserimento lavorativo, di accoglienza familiare part-time ecc”. “Occorre applicare seriamente il principio di equità sociale e di universalismo selettivo - sottolinea Tiziano Vecchiato, presidente della Fondazione Zancan  –, ponendo fine alle rendite di posizione, agli interventi a pioggia, mettendo al centro le persone”. “La politica – quella vera e non serva del dio denaro – deve fare la sua parte. – Ribadisce mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana - Riaffermando il bene comune e il primato della persona umana sui mercati".

Alla Basilicata la maglia nera. Si conferma la forbice tra Nord e Sud: condizioni abitativa più difficili in Sicilia, Calabria e Campania. Povertà minorile: nel Friuli i valori più bassi

A Veneto (82,4%), Emilia Romagna (80,8%) e Liguria (77,8%) il primato dei trasferimenti monetari; alla Basilicata la maglia nera con la percentuale più bassa (16,7%). Il dato emerge da un campione d'interviste a segretari generali e assessori con delega al welfare di 415 comuni italiani (ricerca commissionata dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei diritti della pubblica amministrazione  locale – Sspal) sulle strategie di welfare adottate, ripreso nel rapporto 2008 di Caritas Italian e Fondazione Zancan, presentato oggi. Ne emerge ancora che le regioni del Nord, negli ultimi anni, hanno dedicato alla personalizzazione degli  interventi un'attenzione doppia rispetto a quella  dei comuni meridionali. Gli intervistati esprimono valutazioni negative rispetto "all’adeguatezza delle risorse finanziarie disponibili rispetto ai bisogni presenti”: i giudizi affermativi rappresentano la maggioranza delle risposte del Nord Ovest (50,8%) mentre diminuiscono man mano che si scende verso le regioni del sud dove il giudizio è più severo.  Il sostegno a famiglie e minori in condizione di povertà, l’assistenza agli anziani e l’intervento destinato a persone in condizioni di disagio abitativo sono gli ambiti percepiti dagli intervistati come emergenze sui territori di riferimento.

La forbice Nord-Sud  resta una costante nel Paese. Il rapporto ha messo a confronto le prestazioni regionali  tra due periodi (biennio 2000-2001 e 2005-2006) in ordine ad alcuni ambiti: modernizzazione dei sistemi di protezione sociale, eliminazione della povertà infantile e garanzia di un alloggio dignitoso. Ne è emerso, tra l’altro, che in Sicilia, Calabria e Campania la condizione abitativa è al di sotto della media nazionale, mentre Lombardia e Liguria migliorano la loro posizione nel 2006: - rispetto al 2000-2001 - diminuiscono infatti  coloro che affermano di risiedere in abitazioni in cattive condizioni. Rispetto invece alla povertà infantile si conferma la polarizzazione Nord-Sud: sono i dati relativi alla disoccupazione femminile di lunga durata e alla mortalità infantile a fare la differenza tra le regioni meridionali e quelle settentrionali.  Migliora la situazione solo nel Lazio; valori molto bassi sull’indice della povertà infantile per il Friuli, su cui incide soprattutto la bassa mortalità infantile.

 


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