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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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MENO RETORICA E PIU’  SERVIZI

 

A partire da Ferragosto i mezzi di comunicazione hanno contrapposto due notizie mondiali, quella dell’inizio dei giochi olimpici e quella del pellegrinaggio  del Papa a Lourdes. La prima notizia vibrava di esaltazione per il trionfo della forza e l’agonismo degli atleti;  la seconda era velata di tristezza per la sofferenza del Papa che, malato tra i malati, ha  ad un certo punto della sua omelia, chiesto sottovoce aiuto. Non vi è dubbio che la concomitanza delle due notizie ne favoriva la contrapposizione , anche spettacolare e possa essersi prestata anche a riflessioni un po’  retoriche  e scontate, tali cioè che assopivano, invece di stimolarlo, l’approfondimento delle stesse notizie.

Sui giochi non ci sono dubbi; essi sono il tripudio della prestanza fisica ed intellettiva dei suoi protagonisti, del loro impegno personale e della gloria conseguente ai risultati delle prestazioni.

La notizia sulla caparbia volontà del Papa di non lasciarsi vincere dal suo male e di svolgere fino in fondo la sua missione di “confermare i suoi fratelli ( tutti gli uomini ) nella   fede, come dice il vangelo di Giovanni, suscita una qualche ulteriore riflessione. Come mai un Uomo così provato dalla malattia riesce a non cedere e prosegue nel suo lavoro pastorale?Ritengo che le forze che lo sorreggono siano due: una strettamente personale, la fede in Dio     padre di tutti gli uomini;  l’altra oggettiva, costituita dall’assistenza organizzativa e spirituale offerta dalla comunità ecclesiale.

Adesso raffronto questa situazione con quella di tante, tantissime persone con disabilità e le loro famiglie e mi chiedo come vivono le loro malattie e le  disabilità. Mi rendo immediatamente conto che molte , anzi moltissime, hanno anch’esse una fede, non necessariamente la stessa fede del Papa, ma  anche quella   stessa in Dio  padre o quella nella dignità dell’essere umano, nel valore della lotta per sopravvivere malgrado tutto, quella per continuarsi ad impegnare per contribuire, come possono, ad una migliore convivenza fra tutti e per una migliore qualità della vita per tutti.

Questa forza , però, da sola non riesce a continuare a farle lottare. Dove c’è una sia pur piccola comunità intorno a loro, la forza soggettiva per lottare non viene sopraffatta. Dove  la società circostante non si sa organizzare con servizi alla persona, non sa profondere il calore umano del volontariato, non si sa o non si vuole   organizzare  per fronteggiare i gravissimi problemi di queste persone e queste famiglie, esse rischiano di soccombere sotto il peso della loro “croce” e talora soccombono.Di fronte alla notizia della forza indomita del Papa, ripenso a Rosanna Benzi  nel polmone di acciaio ed alla sua autobiografia “il vizio di vivere”; ripenso a Terzani, al suo male inguaribile che lo ha recentemente spento  ed alla  sua capacità di continuare   la sua professione di giornalista con spirito completamente rinnovato, ma con la stessa professionalità e grinta.

E rivado col pensiero alle tante, troppe, persone  con disabilità ed   alle loro famiglie, che sono cadute sotto il peso della “croce”, non perché non ce l’avessero messa tutta, ma perché nessun “cireneo” individuale o istituzionale le ha sorrette. Constato anzi che il “cireneo” istituzionale, coi suoi servizi territoriali sta sempre più allontanandosi da loro. Da credente in Gesù risorto e da laico che crede nel valore della fratellanza umana chiedo ai giornalisti di scavare più nelle notizie e far emergere quello che lo stesso Papa continuamente chiede alla società e cioè di destinare risorse finanziarie ed umane alla solidarietà ed alla  giustizia sociale  verso i più deboli perché  essi si sentano sempre più sostenuti ed accolti nella soluzione dei problemi della vita quotidiana. Chiedo a me stesso ed agli altri di non usare le persone con disabilità per esaltarle o commiserarle, ma di condividerne  e contribuire a realizzare il loro diritto ad una migliore qualità della vita.

             Salvatore Nocera


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