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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Strada Facendo - Perugia 28-30 ottobre 2005

 

Sintesi intervento

Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà

 

Disabilità. Quali servizi residenziali e semiresidenziali

 

 

Nell’attuale quadro normativo i servizi diurni e residenziali rivolti a persone disabili (sociali e sociosanitari) presentano diversi aspetti critici.

 

a) Parliamo di servizi che non sono obbligatori. Sono servizi che nascono all’interno delle programmazioni regionali e locali

 

 

b)  alcuni servizi sono a cavallo dei due settori e presentano - a seconda delle normative regionali - diverse titolarità istituzionali (sanità-sociale). Ci sono servizi diurni a titolarità “sociale”  e altri a titolarità sanitaria con utenza pressoché identica.

 

 

c) Le denominazioni. Ad identica denominazione, nei vari territori regionali, corrispondono servizi e strutture assai diverse (per utenza, per capacità recettiva , per dotazione e tipologia di personale, per finanziamento, ecc….)

 

 

d) Non esistendo obbligo di istituzione dei servizi; la loro realizzazione è interna alla programmazione regionale e locale; ciò ovviamente si ripercuote sulla realizzazione degli interventi. L’indefinizione a livello regionale - nei servizi a compartecipazione finanziaria – delle quote tra settore sociale e sanitario (applicazione regionale dei LEA e dell’Atto di indirizzo sull’integrazione sociosanitaria) nei fatti ne paralizza la realizzazione. Le estenuanti negoziazioni locali si risolvono molto spesso in costanti rinvii. Essenziale diventa quindi l’istituzione obbligatoria, non condizionata alle risorse,  di questi servizi.

 

 

e) L’obbligatorietà di gestioni associate dei servizi. In particolare per la realizzazione dei servizi diurni e residenziali è imprescindibile la costituzione di ambiti territoriali di gestione dei servizi.

 

 

I servizi residenziali

- I modelli comunitari a dimensione familiare (piccole dimensioni, in normali contesti abitativi) rischiano di riguardare esclusivamente soggetti con handicap molto lievi e con buone autonomie;

 

- per situazioni di maggiore gravità - quelle che richiedono più spesso e anche con urgenza la risposta residenziale - si tende a riproporre - con le più diverse denominazioni - dimensionamenti (15-20 posti, accorpamento dei moduli) che ripropongono modelli istituzionali (seppur la piccola dimensione è condizione necessaria ma a volte non sufficiente per evitare questo rischio).

 

- nella stragrande maggioranza delle regioni esiste il problema della riorganizzazione delle strutture ex art. 26/833. In alcuni casi si tratta di trovare il coraggio di “riconvertire” alcune grandi istituzioni totali spesso riconvertite come moduli RSA.

 

- E’ importante che la comunità rappresenti la casa per le persone che vi risiedono. E dunque vanno mantenute e incoraggiate le attività svolte precedentemente all’ingresso in comunità. Tra queste la frequenza nei Centri socio educativi diurni.

 

-  E’ molto difficile, ma sarebbe molto utile,  poter avere un monitoraggio della situazione a livello nazionale della risposta residenziale. Possono risultare moduli di piccole dimensioni, ma in realtà si è in presenza di accorpamenti; altri problemi riguardano “L’accompagnamento” alla risposta residenziale dei nuclei familiari che richiedono o necessitano - comunque - dell’inserimento che richiama il delicatissimo aspetto della “presa in carico” da parte dei servizi territoriali.

 

 

 

i Centri diurni,

rivolto a soggetti con grave handicap intellettivo, nelle varie declinazioni regionali presentano analoghi problemi riguardo alla compartecipazione finanziaria degli enti, alla capacità recettiva, ai tempi di apertura, ecc…; in alcuni territori la mancanza di gestioni associate ne rende di fatto impossibile la realizzazione (piccoli comuni non hanno utenza sufficiente per una struttura); in altre situazioni rischiano di diventare servizi contenitore con risposte indifferenziate e con una connotazione prevalentemente assistenziale. Problemi riguardano la qualifica del personale impiegato (animatore, educatore, personale socio assistenziale), la presenza di effettivi Piani educativi personalizzati, un progetto di struttura, ecc… . Anche in questo caso diventa essenziale il riconoscimento del Centro diurno come servizio essenziale da realizzare a livello territoriale (bacino di popolazione).

Perché il C.D. viva il territorio e gli utenti usufruiscano dei servizi del territorio. Il CD deve “avere in carico” la persona, ma le attività devono il più possibile essere fatte fuori.

 

 

Sui servizi più in generale.

a) Il rischio di una delega totale al gestore (generalmente organismo non profit), con un progressivo arretramento della presenza del titolare della funzione (Comune)

b) Perché la residenza sia effettivamente la casa. I problemi connessi all’aggravamento o all’invecchiamento delle persone che vivono in comunità. I trasferimenti.

c) Le figure professionali. Gli educatori. Aumento delle figure socioassistenziali all’aumentare della gravità o dell’età.

 

L’irrinunciabilità di standard minimi obbligatori di servizi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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