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AMICO FRAGILE

Qualche mese addietro raccontando la mia esperienza di tutor nella Comunità Casa Del Giovane di Don Franco Tassone a Pavia, ho tentato di disegnare il mio incontro con Lutrec, giovanissimo ospite della comunità.

Non  so perché, ripensando a questo giovane, mi torna in mente la canzone di Fabrizio De Andrè  “Amico Fragile”, e mi si arrampicano per le spalle  i dolori delle parole, gli affanni dei passi incerti, la vergogna per un vissuto depredato ingiustamente.

Sono trascorsi i mesi, Lutrec è in un'altra comunità, con la sua vita legata ai fianchi, una vita fatta di domani, domani, domani, perché del presente non c’è traccia, non c’è ancora scavo, né risalita, non c’è neppure parvenza di sollievo per l’ingiustizia di una adolescenza negata, di un bene negato, nella tenerezza di una carezza negata anch’essa, o concessa sbrigativamente.

Lutrec con il suo passato di sbieco, i suoi distacchi bruschi, improvvisi, sempre sprovvisti di spiegazioni, con il suo futuro che non è ancora amore nè accettazione, ma nascondiglio errante, trasformato in trincea per ulteriori rese.

Lutrec è una storia sbagliata, o forse è solo una storia non ancora nata.

Rammento quando partì per un’altra comunità, nel rispetto dei ruoli, delle capacità professionali altrui, di quanti gli sono vicini in appoggio famigliare, tutti, insieme, pronti ad accoglierne le carni martoriate e il futuro tutto da costruire.

“Amico Fragile” cantava De Andrè, mentre se ne stava nella sua rimessa inginocchiato al vino bevuto lentamente.

“Amico fragile”, è ciò  che mi è  uscito dalle labbra, quando mi hanno detto che Lutrec era a terra nel bagno di una scuola, con il vomito in gola e la roba nel sangue, per dimenticare le periferie aride delle solitudini imposte e mai cercate.

Lutrec non riesce a volare, noi non riusciamo a farne ali, nemmeno vento, gli concediamo un’ora; ma, diamine, è un’ora importante, c’è solo quella.

Lutrec non lo sa, non vuole saperlo, forse è proprio questo a dare distanza al suo bisogno d’attenzione, quell’attenzione che conta perché empatica.

La canzone di De Andrè non molla la nota e mi sale addosso l’angoscia di essere ubriaco non di vino, ma di termini scientifici, didascaliche conclusioni.

Forse rivedrò Lutrec come un piccolo amico fragile, con quella speranza che mi deriva dall’insegnamento appreso in questa comunità, che non consente ad alcuno di vivere di rendita, nei tanti successi o miracoli accaduti durante la storia trentennale di questa grande casa.

Perché “servire il fratello”  vuol significare che  dai fallimenti occorre ripartire, e occorre farlo, sì,  con la fragilità che ci portiamo dentro, ma con l’amore e la fiducia che ci consegna all’altro a noi vicino.

Novembre 2003

AMICO FRAGILE

Un pensiero dedicato a un minore
della Comunità Casa del Giovane di Pavia,
dove  svolgo attività di tutor
in misura alternativa di semilibertà.

Ho incontrato un ragazzo,

innamorato delle parole,

delle attraversate veloci,

dei sogni che non

lasciano traccia.

Giovane è quel ragazzo,

come il vino d’uva

vendemmiato ieri,

non rimane inginocchiato

a coglierne il profumo,

corre in avanti,

ad afferrare il bicchiere,

dell’ultima staffa.

Giovane è il suo nome,

si nota a fuoco,

al di là delle ombre,

che gli girano intorno,

senza lasciare

nulla d’importante.

E’ giovane il mio amico,

non sa ancora contare

da uno a dieci,

prima del botto

a perdere.

E’ giovane davvero

più della stizza,

per le mani in tasca

a forza.

E’ giovane il suo cuore,

come l’erba

fumata senza lingua

né sapore,

erba fumata

per sostenere gli sguardi

perduti………..

inconcludenti.

Giovane è l’amore

che si porta appresso,

acerbo come noci

appena cadute e

già rubate alla terra.

Il mio amico

non lo sa ancora,

ma per ogni calcio,

per ogni offesa,

ai domani,

saranno le sofferenze

per gli anni gettati,

a cancellarne le gioie,

nascoste,

a venire.

Giovane è il mio amico,

nonostante le pagine aperte

dai rinculi,

dove non è più possibile

passare,

delle promesse

che non sarà possibile

mantenere.

E’ giovane il mio amico,

per capire l’inverso

innanzi,

per conoscerne l’avviso,

ormai minaccia.

Ho incontrato un ragazzo,

amico fragile,

come gli anni

che non saranno mai vecchi

neppure preziosi

come vorremmo

fossero.

L’ho chiamato giovane,

come tutte le donne

che ho incontrato,

giovane come gli amori

che durano,

perché sono quelli

che lacerano

e infine raccolgono

le unghie spezzate.

E’ giovane,

come l’amore

per la mia compagna

che non so spiegarle,

né raccontarle,

ma è amore giovane,

perché dorme

sulla follia,

di ogni carezza

che non so donarle.

Il mio amico è giovane,

più ancora del futuro,

che è già oggi,

ecco perché ho speranza

di incontrarlo ancora.

Domani.

 

Vincenzo Andraous
Carcere di Pavia
e tutor Comunità Casa del Giovane


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