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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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FINITA LA FESTA LA CROCE CI SALVA SEMPRE

 

Pasqua è giorno di festa, di vita che sorride, di rinascita e speranza che non muore.

Pasqua è giorno di Gesù, e, di Cristo, tutti i giorni a venire, non solo quelli trascorsi.

Pasqua è giorno della felicità per questa umana soddisfazione di esistere allontanando ogni cultura di segregazione e esclusione, ogni tentativo di alterare la percezione del tempo, dello spazio, delle relazioni, nella preghiera del silenzio.

Pasqua è giorno in cui ognuno sente gratitudine per ciascuno.

Ma è anche memoria di una  storia personale, è coraggio e dignità per ammettere gli errori commessi, è momento di inizio e conclusione per ogni passato che tenta inutilmente di ricomporre la sua trama.

Pasqua sta tutta in quella croce, in quei legni sgangherati e corrosi,  in quella carne dilaniata e in quelle braccia aperte sopra il capo reclino…….. a soffrire per me, per te, per noi.

Pasqua è osare lo sguardo in alto verso il perdono, sentimento intimo e profondo che denuda il passato di tutte le sue miserie, impresentabilità, nelle sue molteplici ottusità e disattenzioni.

Pasqua è onda piena di tutti i colori della vita, è resurrezione così potente da abbattere ogni prevaricazione a morte.

L’uomo che osserva il Cristo inchiodato ascolta il lamento della sofferenza, lo stridore inaccettabile della condanna terrena, percezioni che scivolano sulla pelle, inabissando la follia umana nella nostra coscienza.

Sospesa a mezz’aria, la croce indica le tante tragedie che colgono impreparati, i decenni di colpa a piegare ogni ragione, le catene improvvisate alle abitudini stanche nelle prigionie dell’anima.

Pasqua è riconciliazione, è riparazione, è offerta di riscatto nello stretto di ogni  più remota possibilità,  è slargo prospettico che non ci fa dimenticare quanto è avvenuto per il nostro delirio di onnipotenza  e per la nostra ipocrita capacità di commiserazione.

Pasqua è spinta forte all’attenzione, è fermata che ci chiede senza riserve di credere in noi stessi, attraverso gli altri, quindi a quella Croce viva che ci parla di una fede che non ha sovrappeso di vecchiezza, né una vita sopravvissuta per farne un tempio di esperienze, arroccate in posizione di difesa.

Una fede  in grado di sconfiggere la morte,  nelle parole di un reietto “ sono inchiodato al mio destino maledetto come a una croce”, come nel Golgota di Gesù,  nel suo corpo piagato e nella sua parola desolata: mio Dio, perché mi hai abbandonato……..

Vincenzo Andraous
Responsabile Centro Servizi Interni Comunità Casa del Giovane Pavia


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