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GIUDIZI SENZA APPELLO

Non c’è niente da fare, siamo italiani in ogni occasione che si presenta, anche in quella meno evidente, ma una volta individuata, non perdiamo tempo a imbracciare il lanciafiamme per bruciarci il deretano, anche quello più nobile, benché travestito di titoli e ruoli al miglior offerente.

Siamo così invisi alla ragione da non riuscire a comprendere il valore di un gesto, ultimo, comunque parte dello scommettersi con la vita, così intensamente da non rammaricarsi dei molteplici divenire svaniti in un sol colpo alla testa.

Perché mai scandalizzarsi se a Quattrocchi è stata concessa la medaglia al valor civile? Sui quotidiani molti interventi mirati a screditare l’uomo, navigando su internet altre riflessioni a ruota libera che ne mettono in discussione la memoria.

Destra e sinistra si scontrano per rivendicarne le stigmate, per ribadirne l’estraneità, per recidere ogni eventuale prossimità.

Il  lettore comune, quello non schierato ideologicamente, fin’anche politicamente, non portatore di valori talmente Alti da apparire inavvicinabili, incespica in non poche difficoltà comprensive per condividerne il giusto messaggio.

Sono i giudizi categorici, quelli senza possibilità di appello, che obbligano a volgere lo sguardo dall’altra parte, e lo si fa sempre e comunque senza conoscere la storia personale di Quattrocchi, o di altri uomini destinati al macero.

C’è un appiattimento e un cortocircuito della coscienza così strisciante  da favorire la nascita di un’emozione che attimo dopo attimo diventa un sospiro banale.

Perché negare all’uomo sul ciglio del baratro, l’onore per il coraggio mostrato, in fin dei conti, non conosco alcuno che in procinto di morire non se la sia fatta addosso.

Agli scettici come agli entusiasti per questo nuovo eroe del terzo millennio, mi viene da chiedere, perchè non sono dapprima stupiti e poi offesi,  per i tanti altri eroi contemporanei rimasti avvolti nel silenzio, incatenati alle proprie storie anonime, eppure immolati per salvare altrui vite altrettanto sconosciute.

Anche queste sono azioni gloriose, dense di significati, al centro e mai di lato, portatrici di spazi altri,  che indicano il senso e il piano di ogni abbandono.

E’ incredibile con quanta facilità e temerarietà innalziamo gli sguardi pieni di vergogna per un dubbio o per un dissenso, invece di chiederci dove sono finite le altre medaglie al valore che non sono mai state affidate ai famigliari dei tanti eroi in solitudine, denudati del ricordo nell’aver donato le proprie vite per  salvarne altre, e questa volta prive di qualsivoglia cassa di risonanza.

In conclusione, per coloro che non sono eroi di ieri, di oggi, né di domani, rimane la necessità di esprimere un pensiero critico, non tanto per l’appropriazione indebita di una sola verità, bensì per la ricerca instancabile di un senso.

Vincenzo Andraous
Responsabile Centro Servizi Interni Comunità Casa del Giovane Pavia


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