L’origine di Goito risale presumibilmente ad un’epoca antecedente il dominio dei Romani (196 a.c.), sotto la cui guida Mantova divenne una fiorente colonia. Seppur innominata, si ha notizia che i Romani, avendo riconosciuto questa terra come posto strategico, avessero costruito, a poca distanza dalla Via Postumia proveniente da Cremona, un Castello il cui accesso era dalla valle del fiume Mincio, dove poi sorse il paese. Scavi importanti praticati alla fine del secolo scorso e all’inizio dell’attuale portarono alla scoperta di validi elementi di archeologia che danno conferma della sua esistenza in quell’epoca. Per il battesimo, la fortificazione e una forma di rinnovamento Goito dovette attendere il secolo quinto: prende il nome di origine barbarica dai Goti, i quali, per ragioni a noi sconosciute, innalzano una fortezza di forma rettangolare (Castrum Godii I castello, fortezza, rocca), di cui sussistono ancora le rovine.

L’eccellente posizione strategica fece di Goito un centro vitale di agganciamento tra la sinistra e la destra del Mincio e un punto obbligato di passaggio. Dopo il dominio dei Goti, le incursioni barbariche continuarono incessantemente fino all’inizio del Medio Evo (470 d.c.) e al positivo regno dei bizantini seguirono due secoli di governo longobardo (recenti i ritrovamenti delle tombe longobarde nella frazione di Sacca). Col passare dei secoli, dopo il dominio dei Franchi, la tradizione vuole per Goito un periodo buio, denso di macchinazioni e di avvenimenti sanguinosi fino all’arrivo dei Canossa (1027) che governarono, a nome dell’Impero, per un secolo e mezzo (di questo periodo è il diritto feudale che portava al pagamento del pedaggio sul ponte). Vissuta la diatriba tra Guelfi e Ghibellini (famoso tiranno ghibellino fu Ezzelino da Romano, combattuto e sconfitto dai mantovani capeggiati, secondo la leggenda, da Sordello), nel periodo comunale (1115-1274) gli Arimanni divennero Signori di Goito e, da nobili campagnoli, fissarono la loro dimora presso il Castello (oggi cinema comunale). Dal Comune alla Signoria Gonzaghesca, dopo alcuni secoli di alleanze e guerre con le città e i territori vicini, matrimoni d’interesse, congiure, intrighi e ascetismo religioso, misto a sadica voluttà di piacere, prerogativa del periodo rinascimentale, Goito si trova indissolubilmente legata ai Gonzaga del marchese Lodovico (1450). Sotto questa Signoria Goito acquistò splendore, progredì nell’agricoltura, nel commercio e accrebbe in benessere materiale e in popolazione. Anche in campo culturale si sentì un positivo influsso, in quest’epoca in cui Mantova era uno dei più insigni centri umanistici (risale al 1492 l’arte della stampa che giovò alla diffusione delle opere tecniche ed artistiche). Molte le opere architettoniche del periodo, una villa con un vastissimo parco, il restauro del Torrione e la fortificazione del Castello, la grande opera idraulica del Naviglio (Giovanni da Padova - Vittorino da Feltre) e il ponte in cotto sul Mincio sono solo parte del patrimonio lasciato dai Gonzaga. Seguì un periodo florido fino alla fine del 1500, sotto la guida dei duchi Gonzaga (Federico II, Francesco III e Guglielmo Gonzaga, uomo sempre prodigo di favori, intelligente e colto, molto amato dai goitesi del tempo). Il governo di Vincenzo, quarto duca di Mantova, segnò l’inizio della decadenza dei Gonzaga (di quel periodo la costruzione del convento dei Cappuccini ora villa "La Giraffa") rimpiazzati, per eredità, dal ramo Nevers che pose fine al lungo periodo artistico dell’epoca gonzaghesca. Goito, per circa un secolo, fu trasformato in brandello negli artigli dell’aquila bicipite, l’Austria, che già dal 1500 iniziò a porre il suo dominio su vari staterelli dell’Italia: è il preludio ad un momento storico importantissimo per Goito, strategico scenario entro cui incominciarono a muoversi i protagonisti che operarono il Risorgimento. Arrivò il dominio francese (1793) e proclamata la Repubblica Cisalpina, Goito divenne distretto con Pretura. Il miraggio della libertà lasciò l’amaro in bocca: imposizioni di contributi, taglie, prepotenze, confische nelle chiese, soppressione di conventi facevano parte della politica di Napoleone Bonaparte, che per realizzare il suo superbo sogno di conquista ("dalle Alpi alle Piramidi") perse l’infelice borgata goitese, di nuovo sotto tiro degli austriaci. Unità, libertà e indipendenza: i moti rendevano i desideri più bruciati. Nel 1848 scoppiò la prima guerra d'indipendenza e nella giornata dell'8 aprile avvenne sul ponte di Goito, da allora denominato "Ponte della Gloria", il primo, grande scontro con le truppe austriache. Fu il "Battesimo del Fuoco" e il primo tributo di sangue dato dal Corpo dei Bersaglieri, guidati dall’intrepido generale Alessandro Lamarmora.

Gli austriaci, costretti ad oltrepassare il Mincio, fecero saltare un’arcata del ponte ma, sullo sfondo della battaglia, trovarono i Bersaglieri che, a passo di corsa, si lanciarono all’assalto delle truppe nemiche con foga impetuosa: azione rapida, violenta, che si risolse con il loro passaggio, ad uno ad uno sotto le raffiche austriache, per il breve parapetto destro non rovinato dal crollo, la brigata nemica era sbaragliata. Un monumento (Aquilone) ricorda un’altra gloriosa giornata: il combattimento del 30 maggio 1848, nel quale rimase ferito Vittorio Emanuele Il. Goito ebbe notevole importanza anche per il coinvolgimento nella guerra d’indipendenza (famosa per il quadrilatero) e nella terza; pertanto, oltre che l’entusiasmo per la liberazione e la sua restituzione all’Italia (4 luglio 1866), poteva dirsi orgoglioso d’aver compiuto la sua missione storica per il destino dell’Italia Unita, meritandosi l’appellativo di "piccola città del Risorgimento". Della storia contemporanea è d’obbligo ricordare la Grande Guerra, la I guerra mondiale (1915-18) conclusasi vittoriosa il 4 novembre, data ricordata ogni anno con una solenne cerimonia e la deposizione di una corona d’alloro al monumento ai Caduti. La seconda ed ultima guerra universale scoppiò nell’anno 1940; Goito vive e paga duramente il conflitto che vede la fine all’alba del 26 Aprile 1945, tra il delirio della popolazione.



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