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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

 

Iter
arte per ARTE

di

nadia scardeoni

 

Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore


Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, gia la conosci tutta.......


               Piccolo manifesto estemporaneo sull'arte

               L'arte onora la verità e non ha altra dimora che ...la trasparenza.
               L'arte non si insegna; si può solo insegnare a capire e ad amare il "dono" degli artisti.
               L'arte non si impara.l'arte è semplicemente l'affacciarsi dell'anima .negli occhi, nello sguardo, fra le
               labbra.
               E' un silenzio totale che consente di sentire la musica del creato.
               L'arte è molto di più di una ragione di vita .è la vita stessa.
               L'arte è veicolo di tutte le virtù anche se l'artista non è persona virtuosa.
               L'arte è patrimonio dell'umanità perché l'artista attinge alla memoria collettiva.
               L'arte è una religione senza inopportuna austerità, è una filosofia senza pesanti contorcimenti, è una
               energia libera da dazi e confini
               L'arte è patrimonio peculiare degli innocenti: senza l'innocenza non c'è stupore, senza stupore non c'è
               meraviglia, senza meraviglia non c'è..niente di cui essere partecipi.
               L'arte si dona e non si vende.

               Povero è quel paese che non onora ...compiutamente i suoi artisti.




Sei  Tu
Poesia

Ad ogni alba
Ti alzi splendente.

E scivoli via  leggera
 dai lacci ..
dai metri e dai pesi

Ti slanci  spavalda
 oltre le righe
di  smorte  parole  ingessate

Affondi  improvvisa  le tue tenerezze
 sciabolando
Come  lame nel cuore

Illumini  inesausta
sentieri senza traccia
arruffando la sapienza  dei  profeti

Sputi  ribelle
sulle mani rapaci dei mercanti
che ti mostrano nuda
Nelle piazze

Muori e risorgi ogni giorno
Albasplendente
Nel cuore degli innocenti
 

Sei  tu
Poesia
 

Verona 21 marzo 2001

 

Restauro: l'arte al servizio dell'arte


Palazzo Barbaran da Porto

Non posso fare a meno di comunicare la grande emozione provata oggi, a Vicenza, a Palazzo Barbaran da Porto, quando..... col naso all'insù, ho rivisto , seppure alla luce fioca...consentita dalla mostra del Palladio - in atto - i quadri d'altura che avevo integrato circa dieci anni fa a Verona.

Un lavoro corposo: circa 30 MQ di tele, che hanno segnato l'inizio della mia scelta professionale più qualificata.

Ciò che allora poteva apparire come un "ripiego" rispetto le attività culturali didattico-pedagogiche che solitamente praticavo, ciò che l'opinione superficiale poteva considerare... oscura manovalanza, era in realtà il mio "canto filosofico" che si manifestava nel "dono" della mia sottomessa, plasmata, addomesticata "arte pittorica"... ai "MAESTRI".

E' stata un'avventura esaltante e irrinunciabile: essere "ammessi", a poco a poco, nelle officine segrete dei maestri, nell'intimo degli stilemi, delle soluzioni coloristiche, dei "gesti" pittorici ora lenti e misurati, ora febbrili ... concitati e geniali come. poi, in Tiepolo...

Forse e' difficile da comunicare...ma la pratica del restauro apre una nuova pagina che, oltre la critica d'arte e la storia dell'arte, consente di accedere ad un concetto dell'arte ancora più complesso, che può essere definito solo dall'interno: "L'arte a servizio dell'arte".

Un concetto che potrei tentare di illuminare con il mio contributo alla Mostra del Decumano 97 - Veronamerica: "Avevo 9 anni. Durante la convalescenza di una malattia piuttosto grave ebbi per la prima volta la consapevolezza di oltrepassare i limiti delle mie capacità.

Ricordo l'immobilità assoluta e il grande desiderio di sconfiggere le lunghe ore di solitudine. Fu così che mi applicai ad una specie di esercizio: quello di osservare con un'attenzione potenziata tutto ciò che mi stava davanti, di seguirne tutte le evoluzioni cromatiche nel gioco delle ombre e delle luci che si susseguivano nel trascorrere della giornata.

Mi impossessi così, senza aiuti teorici, di alcune leggi fondamentali della visione e quando ebbi in regalo una scatola di colori di finissima qualità si realizzò, credo, una sintesi di concause fortunate.

Mi ronzava in testa la storia di Cimabue che tentava invano di scacciare una mosca disegnata da Giotto. C'era nella mia stanza una piccola pianta di ciclamini che segnalava con il suo delicatissimo profumo una presenza amica. Conservo una memoria vivissima dell'incanto che mi prese quando mi misi all'opera.

Applicai le sottigliezze apprese dalla natura. E infine la meraviglia, lo stupore per quella "creatura" che stentavo a riconoscere come opera mia:... "un ciclamino posato su un piano con tutte le sue ombre proprie e portate, con le sfumature di colore, ora intenso ora fievole ora lucente, definito nei suoi volumi, nelle sue vibrazioni alla luce, in quell'ora del giorno, stagliato sul fondo da un'ombra netta che lo lanciava in un aggetto che mi faceva quasi. paura" Da quel momento la descrizione a matita, a colori, della realtà , fu per me un esercizio di conoscenza straordinaria che andava edificando strutture aeree e luminose nel mio intimo, dietro le quinte ruvide del mio carattere timido ed ombroso.

Il restauro pittorico è un dono della maturità.

Nei momenti di sospensione del mio procedere artisticamente, non ho altra nostalgia che questa: dialogare, dalla punta finissima del pennello, in profondità e letizia con gli autori.

E' un mettersi in ascolto, in silenzio.

E' un dialogo sommesso e vibrante che si compie nel mistero.

E' varcare la soglia dell'inconosciuto.

E' un rischio d'amore che si fa audacia.

Vicenza, 21 aprile 1999

 

 

 

 

 

Restauro pittorico

....Occorre restituire all'arte, in tutte le sue forme, e il restauro è l'arte sublime per eccellenza, il suo primato: la disciplina che addolcisce il cuore.




 Antonello da Messina, "honorabilis magister"



I luoghi del sacro.

Sollevare un velo sull'appropriazione indebita dell'arte, attraverso la ricognizione immaginaria del pensiero di un "honorabilis magister" ,

 ci porta fatalmente in un comune  itinerario  verso i luoghi del sacro.
Antonello, ha lasciato poche note biografiche per quanto riguarda la sua vita quotidiana  ma tutto di se' e quasi un trattato di estetica,

in quelle sue opere che - ancora oggi - confliggono palpitanti con i supporti materici.
Ecco allora il senso di una possibile interpretazione:"Il sacro nell'arte , così come ci appare in Antonello ...e' la capacita' di "silenzio" dell'autore.

Silenzio dell'anima, silenzio del mondo esterno,  silenzio e pace interiore...... per affinare la materia"....

 

 



Lettera di Antonello a Colantonio

Maestro amato , quanto ancora mi pesa il distacco.

A Messina il lavoro non manca ma ........le vostre parole!!!.....

Mi danzano dentro il cuore e la mente come musica ......Altrimenti ...non saprei  governare il mio pennello!!

Quando dicevate.....io lo ricordo: " Sappi Antonello che la  sosta nel tempio della buona coscienza è per taluni autori molto  breve ...

nel senso che sanno mettere insieme e rapidamente oggetti  del tutto riconoscibili..... come "soggetti sacri"....E poi: "Ma cosa ci sara' 

di sacro in una pieta' dipinta in regolari giornate ,a pezzi e bocconi,ben pagata e  inframmezzata di tracannamenti e sbracature di ogni genere???

Se il "maestro" ha pieno possesso della tecnica pittorica ....puo' pingere tutto!!!! Allora Antonello ...credi al tuo maestro.....

vestiti di buona coscienza e ..sosta assai prima di pavoneggiarti per la tua arte."

Questo io ho avuto l'onore di capire e me l'avete  insegnato Voi, mio  honorabilis magister,

Voi che mi dicevate sempre: "....siamo strumenti nelle mani del Creatore e allora perche' tanta ambizione!

Io ho capito che l'arte dei fiamminghi e' una rivoluzione che ci consegna  ai secoli futuri , cosi' bella, intatta e lucente .

E così io, Maestro Colantonio, mi inchino alla loro bravura e....sebbene in eta' con tanto di bottega e di buoni allievi,

accetto di essere, a mia volta, discepolo.

L'arte si serve - Antonello - perche e' uno dei doni piu' alti che Dio ha fatto all'umanita' tutta.....

ricordatelo e non sentirti umiliato per una saccoccia di  tari' in meno .........di un pinturicchio qualsiasi.

Tu ascolta il tuo maestro....aspetta sempre prima di metterti al pennello perche' di Madonne  senza cuore ce ne son gia' assai.

Quando qualcuno ti dira' Antonello ce la pingi una bella Madonna?

Tu ....aspetta, pensa ....cercala la tua Madonna senno' farai la cosa pessima che fan molti pittori di arte sacra: pingono belle statue!!!!"
Maestro amato, ho avuto un incarico che mi sta strappando il cuore.
Per questo Vi scrivo ...per raccontarvi le mie giornate.
Non mi abbandonate

Vostro
Antonello

 



Le giornate immaginarie di Antonello in preparazione del Ritratto della Vergine Annunciata

Madre Vi  prego .....aiutatemi

Maria...ascoltatemi...... mi accingo a fare un'opera che so gia' in partenza sara' per me, pittore sincero, inadeguata..

Io Vi sono troppo devoto per avere l'ardire di dipingere la Vostra incommensurabile bellezza e nonostante cio'
eccomi qui, disposto e obbediente, perche' cosi'  si vuole la' dove  si irride....al mio pudore....

"Deve potersi dire che Mastro Antonello ...ha trascurato di rispondere a chi gli commette una Vergine
.....Annunciata?".

No.

Ma.......Madre Mia  sara' per me un esercizio  di grande penitenza spirituale dover  animare la povertà della
materia e prestare forma .....con l'umilta' del mio pennello .......all'Intangibilita' dei Vostri sentimenti ...in quel
giorno..... in quell'ora.....

Faro' cosi'......

Staro' in silenzio per ore ....... fino a che mi accadra' di udire......il Vostro  invito.

Perche' questo deve accadere Mia Dolcissima Madre....

Dovra' accadere che in un momento di maesta'........ che Voi vorrete comporre, nel mio povero cuore, mi farete capire....

Io...intanto Vi  cerco ovunque ....Ovunque!.

Pur sapendo che nessuna donna al mondo puo'  avere sembianze da accostare alla vostra bellezza.


Madre

Madre !!! Tu ...... ora stai   dicendo che ogni donna ti puo' eguagliare nel  dolore???

Ubbidisco. corro ......

Andro' fra le moribonde e le partorienti, fra le misere e le  scarne e le ignude .........

Andro' e ....vedro'.. ovunque ci sia ........ il dolore..... quel dolore che ti ha....... trapassato il cuore!

Oh mio Dio! Eccola ......e' lei!!! Non posso sbagliare.....ha  la fronte di cera purissima e gli occhi fermi ...dolci e sapienti e .....risoluti!

Non sbaglio... E' "Lei"!!!


Si narra che Antonello , suscitando le proteste dell'Abate Maggiore, abbia preso come modella una giovane donna del popolo , che vide trasognata e  impietrita,  a ricomporre la  tomba  del suo unico figlio,  morto di peste.

Lo scontento fu tale che di quel ritratto si persero, a lungo, le tracce.

 




MATER



Io sono colui che è
io sono il tuo Dio
io sono accanto a te
io sono fiero di te
io sono Gesù Cristo
morto in croce per Amore.

Tu mi hai amato
tu mi hai consolato
tu mi hai ascoltato
tu mi hai spiegato
tu.....sei un piccolo angelo senza ali
in un mondo senza occhi
in un campo senza mani
in un alba senza domani
in un sentiero senza direzioni
in un cammino senza piedi
in un addio senza baci
in un arrivederci senza abbracci
in un attimo senza tempo
in un futuro senza ieri.

Tu sei ...leggera
come una foglia nel vento
candida
come la neve dei crepacci
incauta
come un bambino avventuroso
dolce
come un frutto pieno di sole.

tu sei mia madre:

Maria





La visione teologica di Antonello da Messina nel ritratto dell'Annunciata


Tota pulchra es Maria

Cio' che fa di Antonello da Messina un autore di prima grandezza non e' solo la sua bravura ineccepibile ma la sua grande capacita' innovativa.

Antonello disintegra gli stereotipi per la grande acutezza del suo sguardo, per la profondita' dei suoi sentimenti, e per la sua volonta' di essere anticanonico eppure tutore del sacro anche in materia di soggetti religiosi.

L' Annunciata di Palazzo Abatellis e' il gioello delle virtu' pittoriche , interpretative e comunicative di Antonello, come dimostra una possibile lettura teologica del ritratto.

I sacri canoni del maestri dell'Annunciazione sono sconvolti e trascinati in un abisso.

Il canto di Antonello e' un faro che si accende nella notte ed e' limpido e severo come le invocazioni dei semplici.

L'Annunciata si presenta ai nostri occhi. Sola dentro la teca di un silenzio buio e palpitante .

E' il momento che precede l'Alba e blu siderale e' il lieve riverbero del mantello : immobile e sacro come le tombe dei faraoni.

La mano sinistra si ritrae a comporre le pieghe del manto: Maria e' ferma e risoluta nel dire la sua castità.

Il volto è una sorgente di luce tersissima: svela il passaggio dell'Angelo Annunciante.

Le pagine del libro della Parola di Dio si sono mosse al passaggio del Messaggero : si è perso il segno materiale, temporale e caduco della parola tramandata.

La mano destra e' accogliente oltre le pagine scritte: Maria ha in se' il Prodigio della Rivelazione

Gli occhi chini e dolcissimi dell' Ubbidiente sono assorti nel Mistero piu' Grande : il Segno di Dio e' ora in Maria.

................

Stella mattutina
Regina angelorum
Turris eburnea
Regina profetarum
Foederis arca
Regina martirum
Ianua coeli

Cefalu', 17 agosto 2000

 

 



 Cefalù, una meta


Sento il mare ruggente, alzato dal vento di maestrale,
 imporsi ai passi e ai pensieri.
Quasi una provvida inaspettata energia
che ristora e deterge l'anima da vaghe incertezze...

Mi accorgo di essere felice e grata
di questo mio abitare a Cefalù ....anche pochi giorni all'anno.

E la rimiro , "Cefalù la bellissima",
dal  balcone  sospeso sulla baia
come un periscopio gigante
teso all' assorbenza di  cangianti delizie marine:
 i movimenti del mare e delle nuvole
affidati ai capricci del vento ,
 le albe terse e  le brezze salutari,
le falde ora argentee e dorate, ora infuocate
dei tramonti sospesi alle quinte del cielo ...
Un cielo che va piano piano tessendo
preziose sembianze
di blù di cian, di lapislazzuli...... di oltremare
fino alla magia  - nella notte alta -
della veste regale  blu inchiostro -  incastonata di  gemme sideree -
a  giusta corona della Maestà del Duomo


Vado spesso sostando
innanzi al cuore sacro di Cefalù
che già si annuncia
dall'alitare leggero delle palme.

La Cattedrale, Armoniosa e Immortale ,
si protende - Alta e Potente -
 oltre il brulichio della piazza.

Si dona  e si spreca ad ogni ora.....
in tutta la sua magnificenza.
per ridurci , comunque, al "silenzio".
Darà un "senso"  anche alle "mete" più incerte.

Cefalù 10 agosto 2002




 


Antonello, Angelo del Trionfo
"Mastro pintor e il suo aiutante"


Appunti per una storia immaginaria

Mentre me ne stavo incantata davanti al Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis, a Palermo, in un dolce pomeriggio di quiete, sentii affiorare un sentimento di pace come se il grande affresco racchiudesse un misterioso benefico prodigio...

Qualcosa di arcano - senza intromissioni o forzature della mente- si impadronì della mia volontà e una sorta di "vademecum" per accedere ai segni più profondi della pittura mi si impose, piano piano, oltre il testo della narrazione.

Lo sguardo si fece penetrante come un radar o uno scandaglio che percepisce la profondità della materia.

Avvertivo la difformità delle orme lasciate dagli stili ...nelle diverse epoche.

Gli stili infatti non hanno una ricetta documentata solo dai semplici ingredienti. Gli stili sono "accadimenti" vasti e complessi che vanno oltre il rappresentato..

E se per una semplice visione non occorre essere tanto informati - l'armonia delle parti è il fine ultimo della rappresentazione iconica e non deve essere sacrificato alla valutazione certosina degli elementi costitutivi dell'immagine stessa - per il restauratore, che debba adoperarsi per ricostruire l' unità filologica dell'immagine, è necessario e doveroso cogliere la complessità del la lingua che ogni stile incarna.pena l'inadeguatezza del suo intervento e accade , talvolta , che qualcosa di apparentemente "neutrale" sveli allo sguardo più sollecito caratteristiche più intime, più originali.

Il "Trionfo di Palazzo Sclafani" mi apparve dunque , per il susseguirsi di palesi incoerenze stilistiche e di trasgressioni provocatorie , uno dei più ammalianti giochi enigmatici della storia dell'arte: un puzzle di isole narrative composto nel corso di almeno un secolo, da vari maestri che si cimentarono a rappresentare un concetto del tutto "personale e privato" della morte, forse al di là delle attese degli stessi committenti.

Come procedere?

Con una pedante e pedissequa descrizione della dissonanza dei concetti che precedono la formazione del corteo delle rispettabili dame, fatuamente sorprese e indispettite dalla sopraffazione dell'evento mortale rispetto il gruppo itinerante degli esclusi, "sciancati, ciechi, storpi ", invocanti invece la morte quale grande liberazione dal loro stato di indigenza? e che dire del mitico cavallo dalle proporzioni dirompenti e deflagranti? e della descrizione iperanalitica degli spellamenti dello scheletro della "Morte",che imbraccia con baldanzosa giovialità le funeste frecce mortali?

Con la mente assediata da questi martellanti assilli mi colse un "sogno", un sogno alato e provvidenziale.

Così bello da sembrare vero. Così vero e realistico da essere , comunque, "magnifico".

L'Autore a me più caro - Antonello - si affacciò come un angelo , da uno squarcio di nubi da "exvoto", così come nel Trionfo si stagliano, belli e rinascimentali , il mastro "pintor" ed il suo aiutante, creando quasi una metafora a se stante per avvertire lo spettatore di.. un evento singolare.

Antonello da Messina dunque - l'Autore da me prediletto per la grande maestria nell'uso simbolico del colore e per l'aurea mistica delle sue immagini, così cariche di acutezza psicologica , mi soccorse dentro i flutti del moto ondoso che la mia debole perspicacia interpretativa andava sollevando e mi raccontò una storia, dolce e avvincente, che riporterò senza soppressione di virgole o pavide censure:

" Il trionfo è stato eseguito da maestranze fiamminghe che .non avevano molto "garbo" ma che andavano di moda a quel tempo. Il loro disegno era sempre uguale ed erano specialisti per i gioielli e tutte le raffinatezze delle corti..compresi gli affreschi. L'affresco di Palazzo Sclafani è stato commissionato dagli Angioini e poi interrotto . Dopo il 1400 viene ripreso e i residui precedenti non riprendono il corpo dell'affresco nel suo impianto centrale.

Il Trionfo ordinato dalla nobiltà catalana deve rappresentare il passaggio a morte certa e non lascia nulla alla immaginazione: le mummie sono segni eloquenti di morte e quindi sono sufficienti quei personaggi ammassati per stabilire che si muore.

Per il gusto dell'epoca è stato rappresentato un corteo di dame vezzose.così che si provasse anche "gradevolezza" e non solo timore della morte.

Il grande cavallo è come il drago degli evangelari: un animale mitico e non scheletrico , tale da suscitare stupore , ma non paura o ribrezzo.

Anche la morte col teschio è così vivace da non incutere timore alcuno... così come piaceva a quel tempo: tempo di canti e madrigali, giochi di corte, vizi e lazzi.. Un messaggio provocatorio, disincantato e niente affatto moralistico.

Allora ecco la grande intuizione: facciamo morire i Potenti, le Dame, i Cavalieri. ma salviamo gli Artisti. perché possano tramandare la storia degli uomini.

È molto bello quello che il pittore ha voluto rappresentare ed io mi inchino alla sua bravura e talento. anche se il disegno è un po'.... carente!

Sono stato chiamato per rabberciare qualche buco e per fare contenti i frati metto... due teste nuove!

Ma tu mi hai "scoperto" e io ti devo obbedienza.

Antonello da Messina."


Cos' è... se vi pare

Appunti in corso d'opera



L'arte di Antonello da Messina

Un’arte mai sufficientemente apprezzata per la sua invenzione profondamente innovativa.
Antonello cambia , in modo inequivocabile e irrevocabile, il punto di vista dell’autore .
Mentre fra i suoi contemporanei si assiste ad una sequela di ritratti che chiamano l’attenzione
sulle proprie sembianze esteriori, Antonello "inventa" un luogo di incontro fra il fruitore e l’opera
che colloca in un punto assai recondito della persona ritratta, nell’intimo più intimo che si possa
immaginare , aprendo un mondo nuovo: ed è la vita stessa che si delinea attraverso sottili ed
inimitabili tratti di finissimo spessore psicologico, rivelandoci , tramite preziosi equilibri formali
e sostanziali, il mondo dell’ "altro"
L’arte di Antonello ",una sintesi ineguagliabile di arte-verità-vita , parla la lingua dei sapienti ,
domina l’istinto di verità che giace in ciascuno di noi e lo fissa nella materia in caratteri palpitanti..
Antonello, l’Angelo del Trionfo, costruisce con la maestria che gli è connaturata il luogo del sacro,
la meta dovuta per chi si accinge a mettersi in relazione con l’intimo sereno, eloquente, dolce e
severo delle persone da lui ritratte e non può che rapire il nostro sguardo …trattenendolo a lungo
così a lungo che allontanarsi è doloroso e ingiusto come il doversi sottrarre all’abbraccio della
persona amata. ______________

 

 



Il trionfo della morte di Palazzo Sclafani a Palermo

Il trionfo della morte, di autore ignoto, strappato da Palazzo Sclafani nel 44 in seguito alle lesioni belliche, e oggi installato a Palazzo Abatellis, a Palermo, è un interessante e inquietante documento artistico, in parte ascrivibile al gotico internazionale, il periodo dell'arte - tra la fine del trecento e il primo 400 - che segna l'apertura del "laboratorio enciclopedico " attivato , massimamente, da certe maestranze fiamminghe , itineranti , che pur non avendo molto garbo nella rappresentazione, andavano ai tempi, molto di moda per la versatilità nelle più svariate applicazioni dell'immagine artistica a cassoni, tarocchi, arazzi, oreficeria , ad uso quasi esclusivo dell' "arte cortese".

Erano specialisti per i gioielli e tutte quelle raffinatezze che le corti apprezzavano compresi gli affreschi dove a parità di merito con gli arazzi il disegno era sempre uguale , poco "eloquente" oltre il decorativo.

Palazzo Sclafani è stato edificato - esiste una iscrizione - nel 1330 da Matteo Sclafani, Conte di Adernò , potente feudatario, per superare in magnificenza la lussuosa dimora del cognato Manfredi Chiaromonte .

Ma il trionfo eseguito nell'atrio , fu commissionato - si presume- dalla nobiltà aragonese che ebbe possesso del palazzo, in seguito alle sventure economiche della famiglia Sclafani, fino al 1435, anno in cui fu ceduto ad uso ospedaliero. La data di nascita dell'affresco potrebbe essere dunque intorno ai primi anni del quattrocento ma appare abbastanza evidente che il suo tessuto linguistico non è del tutto unitario e quindi ugualmente databile.

Sembra quasi che vari artisti di passaggio in visita al cantiere aperto .del "trionfo", per una ragione od un'altra, abbiano lasciato un loro "obolo" contribuendo alla formazione di una sorta di mirabile patchwork che ha dato filo da torcere agli storici dell'arte , costringendoli ad accostare temi e stili nella dissidenza evidente delle età , posture, tratti, colore, densità psicologica dei personaggi, inducendoli a rincorrere artisti noti e maestranze meno note per le trazzere del gotico internazionale, sudando varie "ipotesi" come si evince da una congrua e vasta bibliografia.



Osservazioni

L'Autore del messaggio della morte che colpisce i potenti della terra prima dei piccoli, degli umili, degli storpi che anzi la invocano esprime una sua peculiare originalità - un pò inopportuna per i tempi - la dove ci induce a pensare che artisti e falconieri si salvino.

Guardando alla "materia dell'opera" nella sua complessità di tratto, colore, impasto, supporto, "ascoltandone il ritmo" , sorprende la serena convivenza di suoni, timbri, toni ... così distanti.

Si impone al primo sguardo la profonda diversità di "risoluzione pittorica", nei personaggi , negli elementi del paesaggio, che non consente di vagheggiare un " cantiere sui generis" diretto da un unico maestro in balìa di allievi indisciplinati. o pazzi, ma piuttosto ad una serie di innesti - ad opera di diverse mani - sull'idea originaria, rimasta per ragioni a noi sconosciute, inevasa.

Dall'alto , squarci di cielo a merletto come nel Salterio di Queen Mary , una miniatura gotica della fine del 200 della Scuola dell'Anglia Orientale, rappresentante la Strage degli innocenti .

Analoga risoluzione nella Natività del Maestro boemo dell'altare di Hoenfurt.

L'analisi dei materiali e delle tecniche di esecuzione (Sellerio) ha identificato un tessuto omogeneo a partire dal groviglio dei corpi ammassati a terra dalle frecce mortali e via via sulla destra nel dispiegarsi del corteo sinuoso di dame e cavalieri : sono stampini, lamine metalliche, incisioni che costituiscono gli elementi concordi di una unica maniera di comporre l'immagine.

Ma ciò che identifica inequivocabilmente la omogeneità " filologica" di questa parte dell'affresco è la caratterizzazione ricorrente, quasi una "morfosi", di almeno due particolari anatomici dei personaggi : le palpebre e gli orecchi che, così concepiti, accentuano una sorta di "parafrasia grafica " che produce l' estraneità di dame e cavalieri dal dramma incipiente, per consegnarli ai moti vezzosi di quei tratti psicologici che sono propri del "genere cortese", celebrato dagli arazzi.. L'orecchio reca una conformazione "metaplasica" un po' curiosa , che si riscontra in altri documenti (1) , e la palpebra è assolutamente inconfortabile nella sua improbabile biconcavità .

Nel gruppo dei negletti, a sinistra, si sente invece, aria di casa: palpebre e padiglioni auricolari ripetono le forme alle quali siamo avvezzi.

Una donna, un cieco, uno storpio, un paralitico : un gruppo simbolico che invoca la liberazione dal proprio stato di dolore e di indigenza ma anche un gruppo "itinerante" che appare con analoghe movenze nell'affresco di Andrea Bonaiuti , "Chiesa militante e trionfante", in Santa Maria Novella a Firenze, Capellone degli Spagnoli.( 1365)



L'arte è un linguaggio

 

L'arte è un linguaggio... un linguaggio particolare: non piano e razionale e quindi costruito, ne' come alcuni vorrebbero "irrazionale" e dirompente  come i materiali onirici, ma bensì impositivo, urgente.

Il linguaggio dell'arte può  essere pensato come una metafora complessa di vocazioni che si addensano storicamente, nello spazio e nel tempo, per confluire in un "unicum" che e' il "corpo singolare e irripetibile" della lingua di ciascun artista.

E gli  artisti - coloro che sanno dare forma alle proprie vocazioni- sono medium di aspetti più o meno complessi della realtà che essi hanno la necessita', l'urgenza, di comunicare.

Da che cosa e' data questa "urgenza"? L''urgenza del comunicare e' sempre una risposta a qualcosa.
L'urgenza del comunicare  producendo "cose "- e quindi il  dare forma alla propria visione della realtà,  sia essa  interiore  che esteriore - nasce spesso da una necessita' personale di  autoidentificazione, o di definizione di se',  in termini  immateriali e materiali.
Altre volte , l'urgenza del comunicare e' una urgenza di " splendore di verità "  oggettiva.

Gli oggetti dell'arte partecipano allora - a seconda delle intenzioni dell'artista- alla formazione, alla edificazione dei due templi: Il tempio dell' IMMATERIALE  e  il tempio dellla MATERIA.
Ma ne' le leggi dello Spirito ne' le leggi del Mercato  possono definire l'essenza  profonda dell' opera artistica.. Come un sole irraggiante , sfugge per la sua complessità vocazionale alla banalità  delle  categorie formali.
 

 

Gabriella Goffi



Il mio primo incontro con le opere di Gabriella Goffi resterà così, come l'ho vissuto, una gemma incastonata nel tessuto delle esperienze che, per il senso di meraviglia, per l'improvviso stupore che incanta la mente e per la felicità del cuore dentro la gioiosa scoperta, ci costringono ad un abbraccio immediato quasi che la separazione , il distacco, ci possano comportare una grave perdita di noi stessi.

Non si tratta di un groviglio di emozioni.

Credo che Gabriella Goffi abbia costruito per sè e per noi, un percorso straordinario dentro la più dolorosa metafora dell'esistenza: il vuoto d'amore.

Dalla mutilazione degli affetti familiari alla perdita della sua identità e capacità di identificarsi.

Una perdita di sè come un precipizio dentro la storia dell'umano e degli uomini, fino alla sorgente delle incisioni rupestri per ricominciare a sillabare una lingua superbamente essenziale, evocata e ritrovata, ci è concesso di capire, dentro una nuova relazione d'amore.

Corpi di una sacralità nuda ed ostentata, impossibili da corrompere per la loro totale estraneità al dettaglio del quotidiano e del contemporaneo, cuciti dagli archetipi dell'esistenza, si guardano e ci guardano, muti ed eloquenti, e ci narrano con il sillabario povero dei legni recuperati, dei nastri, dei chiodi, una incredibile , preziosissima storia che , ancora una volta, inarca il limite della nostra speranza.

Gabriella Goffi ci può far credere, infine, che l'amore ci basta

Per incontrarla dobbiamo sostare.

E poi intraprendere con fede un cammino.
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L'ultima scultura che ho fatto é il "guerriero" legato a questo mio pensiero della morte.

Il guerriero non ha un'identità precisa. Forse registra attraverso i delicatissimi sensori di Gabriella Goffi il momento che stiamo vivendo, il passaggio dei ruoli, la transizione storico filosofica dalle identità volutamente definite dalle costruzioni ideologiche che ci hanno allontanato dalla vita, ad una materia vivente ed incandescente che reclama , senza appello, di riprendere la propria forma.

E' la vita che invoca la liberazione del suo progetto originario. Attraverso la sofferenza, il sacrificio , i contrasti, le contraddizioni che soli, ne trattengono il movimento, ne potenziano la grandezza e lo splendore.

La sua opera vanifica le categorie rigide di chi ha voluto irridere il primato dei sentimenti con fantasmagoriche costruzioni concettuali.

Tutte le sue sculture registrano questo dinamismo interiore: partono da un luogo della memoria, della vita per approdare ad un'altro, solo apparentemente, opposto.

E' una ricerca intessuta di fibre di anima e corpo, espressa con una autenticità che elude qualsiasi sosta cerebrale nell'autodefinizione o nell' autocompiacimento.

Gabriella Goffi vive la sua scultura nel suo farsi e la sua scultura ci restituisce intatti i segreti della sua pudica esistenza.

Le morti, da abbandono, che hanno accompagnato la sua infanzia, sublimate dentro l'energia di un grande abbraccio, infrangono le pietre dei sepolcri che la vita le ha imposto, le ordinano di alzarsi.

E Lei si appresta al volo, verso una meta che già si delinea oltre il confine e la cifra della banalità, oltre la grande follia della superbia contemporanea.



Matilde Sartorari: Il felice rigore del quotidiano

Mi sono accostata all'opera di Matilde Sartorari solo di recente.

E' stato un incontro fortuito che mi ha procurato una grande gioia come se la sua "forma pittorica" , quel suo sommesso e insieme potente equilibrio fra connotazione e soggetti, contagiasse di una luce di perfettibilita' i sedimenti incompleti e recisi della mia piu' remota vocazione artistica .

Ogni quadro ha la sua "misura" dentro una ricerca sapiente di armonie di colori di tratti di guizzi di luci, di scavi di ombre vitali.

Non un gioco .........piuttosto uno sguardo capiente , inesausto che si adagia sui fatti e mai sulle cose.

Sostando ....oltre i fiori, i paesi, le figure ...restando un poco in silenzio, si sente leggero leggero il ticchettio dell'ora che si consuma nella felicita' del suo sguardo..

Alcuni stralci critici , qui di seguito, a partire dal 1919 , ci consentonio di rivisitare il contesto culturale che ha affiancato la sua ricerca pittorica. E se talvolta , Matilde Sartorari, è stata omaggiata da una critica densa di dubitante benevolenza il peso non e' stato poi così determinante..

Infatti , Matilde procede in perfetta assonanza con sé stessa : "dice e ..non si lascia dire".


NADIA SCARDEONI (Catalogo Mostra , Società Belle Arti, 1998)



Matilde Sartorari, qualcosa di fresco.



Chiedersi come mai l'opera di Matilde Sartorari non appaia fra le pagine istituzionali della storia dell'arte del 900 porta ad una riflessione ormai banale e datata: la creativita' femminile non ha incontrato nel corso dei secoli un favore paritario alla "genialità" maschile.

Quando Artemisia Gentileschi, artista barocca di inequivocabile levatura , e' stata resuscitata dal pensiero femminista negli anni settanta dalla bara di ghiaccio che ha impedito per quattrocento anni di accostare le meraviglie della sua titanica forza innovatrice , anche un critico raffinato e preparato come Roberto Longhi non esitò a citarla come: " l'unica donna della storia dell'arte che avesse capito qualcosa della pittura"....Ecco che mentre veniva riparato un mostruoso torto storico se ne apriva un altro altrettanto mostruoso nei confronti delle "mille donne artiste" relegate... succintamente, ad un rango .senza cittadinanza.

Madilde Sartorari irruppe giovanissima nel mondo della pittura del 900.

Al primo apparire delle sue sessanta impressioni "macchiaiole" nelle sale del "Lyceum" a Firenze, nel luglio del 1919, i critici colti alla sprovvista - subito -... urlarono al prodigio.

Aveva solo 17 anni e con il suo "birichino" vestito alla marinara lasciò di sasso le "ornate dame" del Lyceum mortificando l'attesa di una romantica e magari più vezzosa "giulietta".

Educatasi all'arte quasi da sé, Matilde disegnava magnificamente e non per pedissequa cura del particolare ma per uno straordinario intuito che le concedeva di rappresentare con piglio impressionistico , grazie a preziose sintesi formali e coloristiche , le inesauste suggestioni del mondo naturale che la circondava.

Il critico d'arte Mario Tinti, de II NUOVO DELLA SERA, a questo suo ingresso repentino e informale nel panorama dell'arte italiana , reagi' un po' scompostamente, dedicandole una colonna ineguagliabile per la densita' delle osservazioni pregiudiziali :

"Benchè sapessi che non tutte le pittrici sono "delle signore o signorine che dipingono", pure non tanto spesso mi era capitato di dover ammettere alla regola del dilettantismo e della superficialità della pittura donnesca una eccezione così distinta come dinnanzi ai dipinti e ai disegni che la Signorina Matilde Sartorari - una pittrice non ancora diciottenne - ha esposto in una sala del Lyceum."

Prosegue lodando cautamente le doti di spontaneità, d'istintivita', di percezione immediata del colore e della forma della giovane pittrice e, paternalisticamente, le aggiudica.. "una buona gustazione del colore", ma, ahimè, ecco la conclusione:

"La sig.na Sartorari, che e' stata allieva di Francesco Gioli e studia ora con Cesare Ciani ha assimilato, specialmente dal primo di questi due ottimi maestri, non solo l'accento del colore, ma alcune caratteristiche formali, e li ha assimilati con tanta aderenza da potere indurre a qualcuno il dubbio che le sue qualita' siano più la conseguenza di eccezionali facolta' mimetiche e imitative che l'espressione di una individualità.

E' questo il dubbio che ogni discepolo deve cercare di dissipare nella propria convinzione oltre che in quella degli altri. Ed io vedo nei primi esperimenti di questa giovane, fuori della suggestione dei maestri, qualcosa di fresco, di candido, di nativo da cui potra' uscire in seguito - con la disciplina e la volontà - un definitivo carattere di artista.

M.T."

Il testo critico che ha salutato l'alba di Matilde , credo debba essere commentato e "gustato", esemplarmente, "Lettera dopo Lettera", per avere conferma del clima culturale che ha inibito l'ingresso di un'artista di squisito, fluente talento pittorico, fra i "grandi" della storia dell'arte italiana del 900.

Viene da pensare che il nodo fondamentale della puntigliosa rimozione dell'arte e dell'artisticita' femminile , che solo il pensiero di genere poteva sciogliere , abbia consistito dunque in questa lapidea incapacità del "genio maschile" di recedere dal suo dominio piu' fertile e redditizio: la donna , tutt'al più.."musa ispiratrice".

E' immaginabile allora come il "nostro", trincerato nelle sue stanze messe a soqquadro dalla rivoluzione femminista , abbia faticato a riprendersi dallo sbalordimento di fronte ad un "oggettino" che si alza e dice :

"Sono soggetto, penso, creo: sono musa a me stessa"


Mostra del Centenario
di MATILDE SARTORARI


 
Dal 15 al 29 giugno, a Verona, presso la Società Belle Arti, in Piazza dei Signori a cura dell'"Associazione degli artisti"
 
"Ogni quadro ha la sua "misura" dentro una ricerca sapiente di armonie,
 di colori, di tratti,  di guizzi , di luci, di scavi di ombre vitali.

Non un gioco di " macchie" .........piuttosto uno sguardo capiente ,
 inesausto che si adagia sui fatti e mai sulle cose.

Sostando ....oltre i fiori, i paesi, le figure ...restando un poco in silenzio,
 si sente leggero leggero il ticchettio dell'ora che si consuma nella felicita' del suo sguardo .



Matilde Sartorari a cento anni dalla nascita.


Cento anni. Cento anni di "storia e di arte".
E  oggi, la fatica - senza ansia od orgoglio - di appartenere alla "Storia dell 'Arte".

Ma l'arte di Matilde non è......

Non è espressionista .....eppure  esprime con dettagli di vibrante vitalità ,
con guizzi improvvisi  i moti dell'anima .
Le sue figure , i ritratti  aprono " emozioni" con intatto pudore.
A volte c'è un silenzio teso che... urla.

Non è cinetica  ..eppure si muove e ci muove .
Muove e conduce gli sguardi con angoli acuti e penetranti ,
rigenera emozioni  semplici e terse sulle tracce della memoria.
Insegue - guarda e riguarda - i passi delle stagioni  sui giardini ,
sui tetti , sui boccioli , sulle cose quotidiane , sulla terra coltivata ....

Non è informale ........ eppure è l'esilio della  "forma bella" - ostaggio dei canoni -
Vola verso sintesi  sempre nuove : gli oggetti, i fiori, gli animali , alieni da ghirigori  accademici,
appartengono alle forme-informali della vita vissuta.

Non è  concettuale .......eppure innalza con limpidi aggetti , il  concetto quasi ovunque oscurato di ecumene ,
 la buona  terra abitata , vissuta e  rivisitata,  dai profondi legami di schietta aderenza,  delle creature al creato.

L'arte di Matilde appartiene infine  al "genere" di  cui  i "maestri del consacrare e del dissacrare",  non si occupano mai.
Ma è , tuttavia , universalmente citata altrove.
Là dove la ricerca dell'artista  è solidamente intessuta alle fibre naturali di mente-anima-corpo ,
dentro la tela sincera della vita che si protende in slanci di armoniose verità.

L'arte di Matilde  non è.
Maieuticamente  ricrea.
 


Jane Toby

JANE TOBY è nata a Brooklyn da una famiglia  russa, di religione ebraica.

Ha trascorso la sua infanzia a Merrick a pochi minuti dall'Oceano, nel Long Island,  quando Merrick  era ancora  un piccolo paese circondato da  campi e boschi naturali .

Un infanzia  felice , piena di incantamenti  e l'immagine della sua figura esile con  i  capelli biondi argento... in simbiosi con i campi di grano  ne  e' forse una adeguata  metafora .

La  sinfonia della natura incontaminata  ha  accompagnato la sua crescita di bambina sensibile e ricca di emozioni a volte... fin troppo profonde.

L'esperienza  poetica  ha  dunque  la sua origine  in questo radicarsi di un  dialogo  privilegiato  con la natura, ricercato come il luogo  in cui vivere armoniosamente,  con fecondità,  fertilità e libertà.

La natura è lo "spazio del  silenzio dovuto " ... per sentire  il respiro, i palpiti , i tremolii , le ferite  del  mondo  in tutte le sue manifestazioni..

I suoi sogni , da bambina,  erano vivere nel  bosco ,  scrivere  poesie e.... fare  teatro  per poter dare espressione alla moltitudine di emozioni che sentiva raccogliersi  precipitosamente dentro la sua anima.

Amava molto la scuola e  fra i  ricordi  più intensi dell'infanzia  c'è una lettura importante :  ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE, il profumo delle pagine , il viaggio affascinante  nel mistero e nel "rischiodella  fantasia ".

Scrive poesie da sempre... e subito fuori dei canoni, senza rime .

La  poesia e non solo scritta,   tende senza pause il filo della sua solare e vivida esistenza .

Jane, laureata in Letteratura  Inglese e Italiana , ha trascorso alcuni i periodi della sua vita  in Italia , a Firenze, a Verona,  a Genova  e alcuni mesi a Palermo in occasione della sua ricerca sulla vita e le opere di Maria Messina , scrittrice siciliana, culminata in una tesi pubblicata  dall'Università dell'Illinois.

E' amica di artiste d'avanguardia ed ha curato la loro presenza nella mostra veronese VERONAMERICA.

Attualmente scrive anche articoli sulla devastazione delle terre  e dei popoli nigeriani a causa delle pratiche  brutali di sfruttamento del suolo da parte delle aziende petrolifere.

E' molto attenta alle tematiche femministe. E' attiva nelle associazioni di donne che lottano per la giustizia e la pace.

Jane  e' - soprattutto - fra i privilegiati  che hanno ricevuto   dalla madre-terra  gli   insegnamenti  che  aprono il cuore e la mente alla "sacralità  dell'abitare"  e il suo sostare a lungo  nelle   "arboree stanze"  ha liberato il suo canto .

E  il suo grido.

Verona 28 ottobre 2000



La fuga titanica di Ingrid Madera

"La mia storia  personale e' quella di essere una donna che e' partita da un paese del terzo mondo dopo aver lottato  tanto a lungo contro l'oppressione.
Mi identifico molto con le donne vittime della violenza .
Ho lottato contro molti demoni per dare a me stessa la libertà di essere l'artista che sono oggi."*
"Per anni ho avuto dubbi e confusione su come tradurre in un lavoro finito le immagini della mia fantasia e della mia osservazione.
A lungo mi sono rifiutata di dare un assetto accomodante alla mia esistenza. Sono stata in costante movimento, cambiando ed inseguendo le mie fantasie, reinventando continuamente me stessa.
Sono arrivata a credere che il cambiamento dinamico sia uno dei fattori positivi dell'esistenza contemporanea." *
"La mia missione di artista e' di continuare a sviluppare la mia visione e di trovare un equilibrio  quando una maggiore potenza e quella visione si incontrano." ( ingrid madera )

Scultrice ed artista multimediale , INGRID MADERA  è nata  nella Repubblica Domenicana.

Appena ventenne, Ingrid, lascia il suo paese e fugge ..
Lascia il Sud America,  con lo zaino in spalle ed un  «fagotto» sotto il braccio: suo  figlio di poco più di un anno.
Va a New York  per  «guadagnare» ad entrambi   un grande  sogno di libertà' .
Frequenta i corsi di " Spettacolo ed Arti Visive" alternandosi all'educazione del figlio e ad un lavoro che le permetta  di vivere.
Completa  i suoi studi presso gli istituti: Academia de Bellas Artes , Art Students League, School of Visual Arts, Southampton College.

Oggi, Ingrid Madera,  quando è stanziale vive a Calverton  in una casa  isolata a 150 kilometri da New York, dove dalle finestre  si vedono  scorazzare ... liberamente i  bufali.

Ci siamo incontrate  a Verona,  nel   97, in occasione della  Mostra "Veronamerica" .
Ricordo che sopraggiunse a notte inoltrata ,dopo un viaggio travagliatissimo, generando un vivace scompiglio.
Volitiva oltre il  ragionevole, si era  trascinata da New York  una delle sue installazioni in un bagaglio a  rotelle, a forma di "armadio"..molto più pesante e ingombrante delle sua esile  persona.
Una "follia"  sopportata con grande allegria : il minino dovuto..."per l'arte".

Nei giorni di permanenza a Verona la vedevo e la perdevo continuamente.
Ingrid  è come il vento ....ti cattura, ti  avvolge di un grande dinamismo ....e  poi, improvvisamente, scompare.
Ci riunivamo spesso alla sera nei pranzi conviviali.
In quelle occasioni, nei momenti della  confidenza, Ingrid  all'improvviso  si "potenziava" , gli occhi nerissimi  mandavano bagliori ; quasi .. tizzoni  ardenti  anticipavano le memorie di una  vita  tutta  all'insegna della "lucha" ..la lotta.
 Quando infine la vidi al lavoro,  nei video portati dall'America , con  maschera e fiamma ossidrica  .non ebbi  più dubbi :
 "un angelo era disceso nella  tana di Vulcano per una sfida titanica"

Ingrid Madera è una  rivoluzionaria pura.

Le sue sculture  sono corpi trasparenti fatti di resina intrecciata a fili strutturanti.

Corpi librati, distesi, accoccolati, aggrovigliati.., divaricati ..
Sono corpi e anima.
Intensi, sofferenti, placati.. racchiusi in se stessi.
Sono Vite.
Intrecci  di dialoghi , urli, intese.abbandoni.
Sopportano  macigni:  il  peso spirituale di un  martoriato percorso esistenziale.
Allora .Ingrid provoca, disturba , «martella» - con potenza  sorgiva- tutto e tutti .
Ha assunto le buone  regole ma  disconosce la «misura» dei prudenti.
Spezza con tocchi magistrali pregiudizi,  stereotipi , banalità,  conformismi..
Ingrid sfida ogni giorno , ogni ora ... la «buena suerte»
I suoi «media» sono  tossici
Forse Ingrid ...e' ancora  in guerra.
Una guerra  iniziata lontano nel tempo , nella prima giovinezza.. contro le sopraffazioni ..pubbliche e private.

La «cifra» dell' opera di Ingrid Madera  è allora dolorosamente semplice:
" fuga  titanica  di energia vitale"
Ingrid Madera non va interpretata oltre.
Sa parlare  della sua opera  con  largo respiro  ed una  preziosa capacità di autoanalisi , così  come  si è presentata alla Mostra  Veronamerica  Decumano  97.





 

 

Grazie, America


Veronamerica. Un approdo festoso, volti sorridenti e aperti: questa è la prima impressione che danno le artiste americane presenti

con le loro opere a Verona, per la mostra del Decumano Secondo 97, organizzata dal Circolo della Rosa.
Una occasione vasta di confronto e verifiche dentro un luogo privilegiato della ricerca quale è e può essere il pianeta dell'arte.
I racconti di viaggio, meriterebbero annotazioni a parte così da dare il giusto accento alle motivazioni che devono averle condotte fino a noi, anche con pesanti fardelli e superando ostacoli e imprevisti di ogni genere.

Ora sono qui e si aggirano intorno ai centri espositivi e ai luoghi degli incontri con una affabilità e disponibilità davvero eccezionali.
Dietro le loro spalle c'è un sodo e duro lavoro e soprattutto sanno parlare, della loro arte, in prima persona.
L'opera di Henrietta Mantooth ci squieta per la potenza della sua testimonianza politica.
Sono connotazioni interiori che tradotte da un gesto pittorico immediato e a tutto tondo, quasi un graffio, trasfigurano i fatti della cronaca umana per consegnarli all'arte-denuncia, mantenentosi tuttavia espressioni impeccabili dell'arte, senza nulla indulgere alla facilità della denuncia.

" I miei dipinti sono stati recentemente definiti "testimonianze".
Un lavoro che si basa spesso su storie e immagini prese dalla cronaca, gente che ci guarda ogni giorno dalla carta stampata e dallo schermo televisivo ma che di solito rimane senza nome: rifugiati, ribelli, contadini, uomini e donne che tentano di difendere la propria terra, la casa, i bambini, gli animali e le idee. Io voglio che possano gridare dai miei quadri. " SIAMO QUI".

Ingrid Madera è una rivoluzionaria pura , non catturabile.

Le sue osservazioni dei "fluidi" delle donne ci costringono a fare un viaggio dentro la natura umana, femminile, senza fraintendimenti.
"Per anni ho avuto dubbi e confusione su come tradurre in un lavoro finito le immagini della mia fantasia e della mia osservazione. A lungo mi sono rifiutata di dare un assetto accomodante alla mia esistenza. Sono stata in costante movimento, cambiando ed inseguendo le mie fantasie, reinventando continuamente me stessa. Sono arrivata a credere che il cambiamento dinamico sia uno dei fattori positivi dell'esistenza contemporanea."

I suoi corpi - sculture trasparenti fatte di resina intrecciata a fili strutturanti - sopportano un peso spirituale e svelano il pensiero dominante dell'artista: "Il corpo esprime sempre lo spirito di cui è l'involucro. Sono interessata ad esprimere l'emozionante mistero, la meraviglia della forma umana."

Oggi Ingrid è a Carrara ad annusare il marmo .
Il marmo non è una materia translucida . "Dove sta andando Ingrid?"
E' bello pensare che questa mostra le sta consentendo anche questo... viaggio.

Theresa Maresca è tutt'uno con la sua arte e il suo pensiero artistico.

E' leggera e incantata come quelle foglie che dondolano cullate da lievi respiri di vento e non si staccano mai.
Lavora con gli acquerelli, i pastelli, i colori ad olio, e guarda con occhi inesausti il mondo naturale in cui essa stessa vive e si immerge.
" L'arte è un'espressione che deve venire da qualche luogo nell'anima dell'artista.
Poesia, musica e pittura sono tutte manifestazioni diverse di questa connessione dell'anima con la penna o la carta.
La terra mostra in molti modi il volto di Dio.
Con il mio lavoro cerco di esprimere questa bellezza.
Mediante il mio lavoro io sto continuamente dipingendo il ritratto del mio amato.
Non sono una persona religiosa e non credo alla chiesa ufficiale come forma di culto.
Io penso veramente che siamo tutti una cosa sola e spero che i miei dipinti siano messaggeri dell'amore che io ho per il meraviglioso mistero di cui tutti facciamo parte."

Stiamo aspettando Elva Stewart e Charlotte Brady e Susan Lecky e nell'attesa dobbiamo ringraziare Jane Toby che, con un paziente e onerosissimo impegno ha organizzato tutto questo dall' America.
Grazie a Jane per questo bellissimo regalo.
Grazie America.

educare

C’è un’affermazione di TEILHARD DE CHARDIN che vorrei porre come premessa in questa breve riflessione sul fondamento dell’educare:

"Il peggior nemico che possa temere l’umanità non è una catastrofe che venga dal di fuori, non è né la fame né la peste, è invece quella malattia spirituale, la più terribile, perché il più direttamente umano dei flagelli, che è la perdita del gusto di vivere".

La mia esperienza di educatrice, a contatto dell’età dell’infanzia e dell’adolescenza, le stagioni della vita che più dovrebbero incarnare la gioia di vivere, è segnata da una forte inquietudine che qui voglio esprimere.

In questi anni ho colto sempre più frequentemente l’emergere di una situazione diffusa di "sofferenza" in queste età, cui non corrisponde, da parte della scuola, e non solo della scuola, la capacità di dare risposte adeguate sul piano educativo e formativo.

"Giustificati" dalle necessità di un modello esistenziale che, via via, ha emarginato la relazione umana alterandone i tempi e gli spazi vitali, stiamo sottraendo all’infanzia di oggi, i luoghi e i tempi del silenzio, dell’ascolto, del desiderio, dell’attesa, del sogno, della fantasia e offriamo in cambio, una tavola perennemente imbandita di surrogati e di protesi accattivanti, inesauribili proprio per la loro intima inidoneità ad essere costruttivi e gratificanti.

Quanti semi di questa incuria educativa hanno prodotto inerzia, fragilità, solitudine….. frutti del malessere e della devianza?

Io credo che solo un progetto pedagogico che sia già terapeutico possa oggi produrre un’inversione radicale di tendenza dentro il sistema educativo, un progetto che accolga finalità che non siano decapitate in un funzionalismo cieco e deprivante ma siano risposta sensibile ai bisogni reali della popolazione scolastica.

Dice Pascal:

" L’uomo non è che un giunco, il più debole della natura, ma è un giunco che pensa. Non è necessario che l’universo intero si armi per distruggerlo, un vapore, una goccia d’acqua basta ad ucciderlo, ma anche quando l’universo lo distrugge egli è ancora più nobile di chi lo uccide perché è consapevole di morire. L’universo non sa niente."

Questa immagine di immensa bellezza a me pare ci indichi, con una sintesi di vertiginosa trasparenza, la forma e il fondamento dell’educare.La forma?

Di quanta tenerezza e cura ci dobbiamo attrezzare per tutelare il fragile "giunco" che anche una sola goccia di rugiada può annientare’ Il fondamento?

Quanta "intelligenza" per creare i percorsi e gli strumenti idonei a colmare di consapevolezza questa "fragilità", per renderle la dignità e la nobiltà di cui è capace?

ATTI DEL CONVEGNO: "Scuola e democrazia"

Firenze, 13 marzo 1994

 

 

Così ti insegno la creatività
"Voglio che i bambini disegnino le proprie emozioni"

Le sorprendenti lezioni di educazione all'immagine di Nadia Scardeoni Palumbo
"Fin dalle elementari è la televisione che modella la fantasia dei ragazzi tutto questo va ripulito per far riemergere il loro desiderio di libertà…"..........

 

"InterLinea con..."

 

……E se orientarsi significa, fondamentalmente,  poter fissare un punto amabile dell'orizzonte, mettiamoci in  cerchio affinché ognuno di noi possa scrutare un frammento dell'orizzonte che posto accanto ad un altro frammento ci consenta di delinearlo con maggiore chiarezza.

Con "InterLinea con..." proveremo a  collegare questi frammenti, a  comunicarli e a renderli attivi per tutti coloro che, con 'zaino leggero' amano unirsi nell'avventura della ricerca.

 

Verona 26 febbraio 2003

 


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