I ponti di Alex
(prefazione a "Alex Langer: non siate tristi continuate", Edizioni della Battaglia, settembre 1995)

di Nadia Scardeoni

Apparentemente si individuano alcuni filoni essenziali negli scritti e nell’opera di Alexander Langer, i grandi temi in cui ha riversato la sua rigorosa capacità di analisi storica e la fertilissima carica progettuale.

In realtà, Alex, ci preclude con le sue sintesi un’analisi frammentata, svelando radicalmente e compiutamente l’integrità armonica del suo "essere-pensare-agire", in ogni sua parte.

Alex non è un poeta che effonda il suo sentire, non è un pittore che visualizzi scenari, né un profeta chiuso nella sua profezia.

Eppure ha tutta la tenerezza del poeta, la prefigurazione del pittore, la precognizione del profeta, trattenuto però dal vincolo invisibile ma tangibile del pudore, un’autolimitazione che impone a sé stesso prima di fissarla come indefettibile esigenza comune.

La sua alta capacità discrezionale nell’osservare il degrado esistenziale che affatica l’uomo contemporaneo procede dalla sintesi sapiente che emerge ininterrottamente in quel suo coniugare particolare e universale dentro costanti relazioni simbiotiche.

Vive la prassi dell’uomo che ha individuato nella relazione la struttura esistenziale fondamentale, irrinunciabile nesso per interpretare le lacerazioni e le contraddizioni che generano i processi autodistruttivi dell’uomo che rompe l’unità con se stesso, con i suoi vincoli affettivi, con le sue radici storiche, con il prossimo praticato, con i suoi mezzi di sostentamento, con lo spazio vitale, con le istituzioni.

Delinea un ecosistema pacifico, non protocollabile, ma frutto della volontà degli uomini consapevoli di condividere l’avventura umana, capaci di misurarsi con i propri limiti, pronti a morire quando giunge la propria ora.

Alex è soprattutto un uomo di scienza, di una scienza nuova, ardua, necessaria, costosa perché impraticabile se non a partire da se stessi: "l’ingegneria delle risorse umane", l’ultima speranza e l’ultimo baluardo contro l’ingegneria dell’alienazione "virtuale" che divide, dissipandolo, il cuore dell’uomo.

Ed è dalla sua storia – se possiamo intuire la fatica del vivere separati nella casa comune – da quel suo essere una sorta di laboratorio armonico di organi propedeutici la formazione dei cittadini del mondo, che si innalza la sua creatura: il ponte, la più ardita e la più fragile delle costruzioni relazionali.

Il ponte per il superamento delle diversità, degli ostacoli naturali, delle fratture anche le più violente.

Ovunque le storie degli uomini sono divise e cieche di fronte al loro indivisibile destino, Alex lavora, studia, analizza, progetta, propone.

 

Ed era un fiorire di ponti.

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Si tratta ora di sorreggere il "ponte" di Pian dei Giullari, fra Alex e la sua storia.