Speranza, un filo d'erba

di Nadia Scardeoni Palumbo

 

Da tempo, Speranza, si aggirava come un fantasma dentro le cure quotidiane sapendo benissimo di essere ormai stanziale altrove... eppure moderatamente contenta di vivere una opportunità eccezionale: quella di
sembrare viva.

Speranza aveva capito, infine, che la sua esperienza di "coscienza profonda" l' aveva strappata per sempre dal contesto dei "vivi per forza" e alloggiata in una specie di limbo che ella stessa stentava a definire.

Non era facile.

A volte le sembrava estremamente gradevole questa sua parvenza di "vivaperamore" così intrisa di alterità, di metafisica, di pensiero sostanziale ma, nello sforzo di confondersi con i "viviperforza", esaminando i suoi sentimenti attimo per attimo, percepiva l'assenza assoluta della passione: non avvertiva più il fluttuare del battito cardiaco nei momenti più intensi della vita né quel particolare calore mentale che si scatenava nei momenti particolarmente ricchi di segni vitali e solidali al suo concetto di esistenza.

Si sentiva come una visitatrice - attenta e disincantata - di un "nuovo luogo" dai bordi soffici, dai colori soffusi, non particolarmente accattivante per l'assenza di qualsiasi elemento di mutevolezza... sostanzialmente sereno.

Ecco quindi la condizione, quasi di privilegio che la sottraeva dai ripugnanti ma, in fondo, vitali ricatti delle passioni: una sorta di calmo dispiegarsi di azioni concordi, guidate da sentimenti pacati, di breve gittata. Niente patemi per una grande speranza, niente metafore cangianti di mutevoli spazi ideali, niente prefigurazioni eccitanti od inquietanti ma piccoli agevoli sentieri , dolci declivi, calmi e catturabili orizzonti, gesti gentili e misurati.

Speranza si svegliava alla mattina contenta come una ciclista che affrontasse il suo giro di allenamento quotidiano per registrare la compostezza e la giusta misura del suo equipaggiamento.

Fu in una di queste mattine che , quasi per sbaglio, aprì un cassetto che non visitava da tempo.

Le cose lì radunate, senza particolari criteri di genere, le apparvero strutturate in memorie molto più complesse di quanto la sua mente si capacitasse normalmente, come se fossero collegate da fili misteriosi, trama ed ordito di metafore balucinanti.

Riemerse bruscamente il ricordo degli stati di coscienza profonda, quella particolare condizione psico-fisica che l'aveva strappata, per un paio di mesi, da una perfetta compresenza con i suoi contemporanei.

Ebbe un momento di profonda nostalgia come di improvvisa perdita di paradiso perduto.

Solo chi avesse vissuto un'esperienza analoga poteva comprendere pienamente il mistero di questo affacciarsi improvviso di un " luogo" che nelle sue reiterate riflessioni aveva , almeno per sé, definito di "compimento di perfezione".

Vide dunque il pass del convegno "I giovani, oggi " con scritto il suo nome e alcuni fogli di appunti stesi frettolosamente e fu come aprire le quinte di una complessa macchina teatrale che, messe in azione le sue potenti fantasmagorie, la riportò, con estrema fedeltà, ai moti dell'animo che avevano originato la necessità e l'urgenza di quelle note, quasi febbrili.

Ricordò il lungo applauso, quasi uno scoppio di energia, una benefica pioggia di lavacro comune, un vero battesimo dell'anima e vide i volti amici e meno amici come una corolla di petali di margherita che si sfogliavano in un susseguirsi - ora ludico - di... m'ama, non m'ama.

Una emozione profonda la pervase. Le parole dette in quel convegno non erano una semplice riflessione su un tema di cui aveva competenza, erano e rappresentavano sintesi acutissime della sua vita, erano un crogiuolo di impegno creativo e progetto, insomma erano intessute di fili di anima e di corpo così serrati da essere indistinguibili dalla sua vita stessa.

La memoria di quel volo a scatto della coscienza fu così vivida e vitale che Speranza sentì una specie di timor vacui e, per la prima volta, il desiderio di un qualsiasi sostegno anche limitativo.

La memoria dei fatti successivi venne in suo aiuto. Rivide i franchi tiratori che, attivatisi con prontezza,la attesero fuori del tendone, per atterrarla con una rosetta di pallettoni mirati.Lei aveva perduto quasi immediatamente la tenuta dell'aria che aveva solcato con potentissimi battiti d'ala e - cambiata rotta - si era avvitata dolcemente su se stessa . Era precipitata con levità... quasi danzando rimanendo inerte e - apparentemente intatta - sul suolo della banalità che gli era stata offerta come unica opzione di sopravvivenza.

Speranza ricordò lo squarcio subitaneo dei fili - che l'avevano legata fino a quel momento ai "compagni d'arme" - come l'aprirsi inatteso di un varco dal quale irruppe un torrente ribollente di sentimenti impetuosi che finì per travolgere tutto: sogni, speranze, idee e ideali.

Ne trasalì ancora, a distanza di più di vent'anni; se la modalità di Speranza, di stringere rapporti, era stata infatti così intensa e sensibile da renderla vulnerabile ad ogni variazione di feeling , la gragnuola di colpi a lei riservata, fu in quel preciso momento, una dose così eccessiva da rendere distante e inafferrabile qualsiasi possibilità futura di reintegrazione di rapporto.

Speranza si sedette, si girò fra le mani il pass con la foto scattata all'inizio del convegno, vide il suo sguardo pensoso e insieme ridente, alieno da qualsiasi presagio, ed ebbe un sentimento di compassione.... di tenera compassione per se stessa.

Si guardò con intensità, spiando i sentimenti fissati dalla fototessera e infine, con uno sbotto inatteso disse alla Speranza di carta che serrava fra le dita: "...Ehi tu....ma dove credi di andare!!!".

Sorgendo dal profondo, una risata improvvisa la travolse, lunga, irridente e liberatoria.

Chiuse il cassetto con un gesto secco, quasi un sigillo e, pur involontariamente ma forse per prolungare il compiacimento dell'autoironia, si mise a cantare una vecchia canzone di Morandi: "Andavo a cento all'ora per trovar la bimba mia, ye-ye-ye-ye...ye-ye-ye-ye!"

Scese le scale di casa con ritmo, sentendosi più leggera come se un fardello di cui non aveva avuto coscienza si fosse dissolto nel nulla.

Aprì la finestra per cambiare aria e avvertì la piacevole carezza del sole come un saluto benefico alla sua nuova condizione di sopravvissuta.

Indugiò, chiudendo gli occhi e - lasciandosi cooptare dall'evento naturale - desiderò fortemente che avesse il sopravvento.

Aveva un grande desiderio di confondersi con le piante, i fiori, i fili d'erba;di sentirsi elemento di un'orchestra di tanti piccoli e grandi e teneri e forti "bios" cullati e nutriti da quella fascia tenerissima di luce e calore che avvolgeva in sol destino uomini, piante animali da tempo immemorabile .

Voleva confondersi nei cicli del cielo e della terra, adeguarsi alle leggi naturali e soprannaturali con docile sentimento di attesa e di gratitudine.

Non voleva più essere determinante né... tantomeno determinata.

Palermo 1 gennaio 2000



LE FastCounter