ACQUA ARIA TERRA FUOCO

Progetto di Ricerca educativa ed ambientale

Breve sintesi storica della origine cognitiva dei "Quattro Elementi"

di Paolo Manzelli

Laboratorio di Ricerca Educativa - Università Firenze

(LRE@chim1.unifi.it)

 

La storia della "Scienza Europea" nasce a Mileto nell’antica Grecia dove Talete un ingegnoso mercante, (Mileto 624 546 a.C.) ossevando le trasformazioni di stato tra Solido, Liquido ed Aereiforme, in particolare il ghiaccio, ma anche la fusione dei metalli, iniziò a ragionare su quella problematizzazione dei fenomeni naturali che chiamiamo "scienza".

A Mileto nacque la riflessione scientifica, un ragionare distinto da influenze mistiche e religiose che inizialmente si fondò sulla ricerca del principio primitivo ed universale ( ARCHÈ) di tutte le cose che presentavano in natura differenti forme.

Talete ritenne che il primo principio da cui deriva ogni altra cosa, fosse l’ACQUA che, tramite processi di rarefazione e condensazione, si trasforma in aria (vapore) Fuoco (inteso come gas rarefatto) e Terra (residuo).

Un suo contemporaneo Anassimandro (Mileto 610-546 a.C), nel suo libro intitolato "Confutazione di tutte le eresie", influenzato da concetti derivati dalla cultura orientale e dalle teorizzazioni note come filosofia "YIN//YANG" concepì che il principio esplicativo unitario fosse qualcosa di inconoscibile dai nostri sensi e chiamò tale unità APEIRON (infinito, indeterminato o vuoto di forma), una sostanza, essenza universale ed eterna di tutte le cose, che imprime la forma agli oggetti tramite le sue proprietà del Freddo/Umido (Femminile) e del Caldo/ Secco (Maschile), che agiscono attuando condensazioni e rarefazioni, dando luogo al divenire dei fenomeni visibili di cambiamento.

Un discepolo di Talete, Anassimene (Mileto 586-528) ritenendo che l’Acqua non potesse generare il suo contrario il Fuoco, propose che l’ARIA fosse l’Archetipo primordiale che per successive condensazioni e rarefazioni si trasformava in Fuoco, Acqua e Terra.

Si nota come già dalle origini della scienza il fatto che i modelli concettuali si distinguono dalla concezione di verità assoluta, della quale bisogna fidarsi con atto religioso o mistico; nella scienza infatti più che di verità rivelata, si sente il bisogno di verifiche e di dialogo.

Questa modalità di fare scienza condusse Eraclito di Efeso (550-470 a.C) a contrastare l’idea dell’ APEIRON, non percepibile ne definibile, e di sostituirlo con il LOGOS inteso come legge ragionevole dell’Universo a cui l’uomo stesso appartiene. È dal LOGOS o "intelligenza della natura", possiamo dedurre che tutti gli stati elementari della materia, che si attuano per fenomeni di condensazione e rarefazione sono generati dal calore pertanto Eraclito considerò che l’elemento primitivo e primordiale fosse il FUOCO. Logos e Fuoco stavano tra loro come pensiero ed azione della attività di formazione creativa della natura intelligente.

A Mileto si formò anche un’altra opinione scientifica quella dell’Atomismo.

Leucippo (vissuto a Mileto nella metà del V° secolo a.C) contrariamente ad Anassimandro, cercò di descrivere l’ esistenza immutabile dell’Apeiron, postulando la presenza di una pluralità di oggetti imponderabili ed invisibili, perché troppo piccoli per cadere sotto l’osservazione dei nostri sensi. Queste particelle si muovano nel "vuoto" e sono tutte differenti ed in numero infinito, ma danno un numero finito di combinazioni ed il loro combinarsi e ricombinarsi spiega il fenomeno del divenire percepibile come modificazioni di forme che noi osserviamo in natura.

Democrito di Abdera (460 a.C) riprese e sviluppò la concezione di Leucippo considerando gli atomi come entità non soggette al cambiamento e demominò tali particelle ATOMI da ( A - privativo e Tomo - dividere ), cioè entità "indivisibili". "Nulla è creato e nulla si distrugge", in quanto per Democrito la materia si conserva. Le proprietà sensibili che indicano il divenire delle trasformazioni, come il calore ed il colore o il dolce e l’amaro ecc. non sono attribuibili alla materia atomica, ma al movimento della materia e alle sue aggregazioni che si effettuano nel tempo in modo predeterminato dalle possibilità del moto.

Questa concezione Atomistica di Leucippo e Democrito, che ha poi dato origine alla scienza moderna, non ebbe grandi sostenitori all’epoca della Magna Grecia e neppure nelle epoche successive Romana e Medievale, ma fu ripresa in parte dagli Arabi ancor prima della Scienza attuale.

Nel momento che la Grecia e le sue isole vennero investite da molteplici guerre lo sviluppo scientifico si spostò verso le coste Italiche.

Pitagora nato a Samo, fondò la scuola Ionica a Crotone (570-497 a.C).

Per lui l’ Apeiron di Anassimandro, così come il Logos razionale di Eraclito, erano espressi da NUMERI. Egli studiò le armonie del suono e si accorse che anche le onde musicali potevano esprimersi come rapporti di successioni numeriche e quindi concluse che la successione dei numeri interi è l’archetipo informatore delle cose. La matematica per i Pitagorici non si distingue dalla fisica in quanto i numeri sono la base della forma di ogni evento. Con ciò la scuola di Pitagora promosse un notevole passo avanti della scienza, rispetto alla concezioni filosofiche dei Milesi, in quanto permise una efficace razionalizzazione scientifica. L’opera di Pitagora fu grandiosa e si ricorda che previde, per simmetria geometrica, che la terra fosse composta di 4 continenti, uno in più di quelli conosciuti allora cioè Europa , Asia e Africa.

Le idee e la Scuola razionalistica Pitagorica subirono un declino, dal momento che la scoperta della radice quadrata di due dà come risultato un numero "irrazionale".

Parmenide di Elea (città che sorgeva vicino all’attuale Napoli) (visse attorno al 520 a.C.), fu influenzato da concezioni razionalistiche del LOGOS di Eraclito e le estrapolò dicendo che i sensi sono soltanto impressioni che falsificano la realtà razionale: scrive infatti di non utilizzare per conoscere gli occhi che non vedono o gli orecchi che rimbombano di suoni illusori, mentre non sentono le armonie degli astri, in quanto ne sono stupidamente assuefatti, né il tatto che indica solo impressioni corporee. Parmenide suggerisce di usare solo dell’intelligenza razionale della natura e di esercitare l’ "occhio" della mente. Il Divenire non esiste, esiste solo l’Essere eterno razionale ed immutabile, proprio perché il tempo stesso non esiste.

Zenone, anche egli di Elea (visse attorno al 480 a.C.), fece riferimento a tali convinzioni discutendo vari paradossi fondati sullo sviluppo della matematica dei limiti, e descritti allo scopo di dimostrare la inesistenza del tempo nella logica razionale della scienza. Tra essi famoso è quello "del piè veloce Achille che non raggiunge la tartaruga" proprio in quanto dovrebbe prima raggiungere e superare la infinita serie delle metà della distanza decrescente tra Achille e la Tartaruga; oppure quello della Freccia che non raggiunge mai l’obiettivo perché se il tempo è suddivisibile in infiniti tempuscoli di durata elementare, nei quali il tempo è costante, allora dovremmo riconoscere che la serie di tempuscoli corrisponde ad istanti senza tempo in cui la freccia è in quiete, la cui somma non può essere movimentto se non illusorio.

Empedocle di Agrigento (490-430 a.C.) cercò di coordinare ed integrare le precedenti concezioni in modo da evitare sofisticate razionalizzazioni delle relazioni tra l’essere ed il divenire che conducono la ragione all’irrazionalità. Concluse quindi che erano sufficienti solo "quattro elementi" base e non infiniti atomi per comprendere la pluralità della materia ed il suo reale divenire.

Così furono concepiti da Empedocle i quattro Elementi (due leggeri) Fuoco ed Aria, corrispondenti alle sensazioni di Caldo e Freddo, e (due pesanti) Acqua e Terra , corrispondenti rispettivamente alle sensazioni di secco ed umido. In tal modo Empedocle trattò i quattro stati fisici delle forme della materia come reali ELEMENTI stabili, dalla cui miscela, in differenti proporzioni, si ottenevano tutte le realtà conosciute.

Questa impostazione non fu condivisa del tutto da Platone (fondatore della "ACCADEMIA" di Atene 427-347 a.C) che attuò una dicotomia tra il mondo sub-lunare imperfetto e il cielo perfetto, contenente un quinto elemento L’ETERE. Per Platone l’uomo è il frutto di tale dicotomia che si riproduce nei sensi imperfetti, mentre le idee razionali hanno una propria esistenza e la geometria e la matematica rappresentano la realtà più avanzata che l’uomo possa sviluppare per conoscere la natura. Nella evidente difficoltà di conciliare razionalismo ed esperienza Platone considerò che la Scienza dovesse scegliere tra essere e divenire occupandosi principalmente dell’essere ideale immutabile e perfettamente numerabile.

Aristotele (384-321 a.C.) fu il discepolo prediletto di Platone, ma dissentendo sul fatto che la dicotomia tra cielo e terra dominasse l’uomo, considerò che l’universale delle forme fosse già contenuto nella percezione, in quanto ogni cosa può essere soltanto conosciuta per mezzo della percezione sensoriale e non isolatamente dal raziocinio.

Con questa idea egli fondò una nuova scuola il "LICEO" nel quale, come egli scrive nel suo trattato il "Menone", Arte e Scienza dovevano integrarsi in quanto la scienza era da considerarsi spiegazione del particolare, mentre l’arte comunicazione dell’universale.

È importante considerare come Aristotele fosse contrario alla concezione atomistica in quanto considerò impossibile l’esistenza del "vuoto". Infatti il vuoto significa inesistenza di alcuna sostanza. Il vuoto come non-esistenza di alcuna entità spaziale sarebbe privo anche di tempo. Pertanto le particelle non avrebbero potuto muoversi nel vuoto in alcun tempo definibile.

Aristotele quindi accettò la concezione di Empedocle dei quattro elementi e l’importanza dell’opera Aristotelica offuscò per lungo tempo la concezione atomistica della materia, dando luogo nel periodo della cultura Araba e poi Medievale allo sviluppo della ALCHIMIA.

Un ultimo colpo alla teoria atomistica lo inferse Epicuro di Samo (341-270 a.C), fondatore ad Atene di una Scuola chiamata "GIARDINO" (da: "GEA" la terra considerata come una entità biologica), che pur ritenendo valida la esistenza degli atomi non li considerò né immutabili né indivisibili, ma li ritenne dotati di affinità intrinseche capaci di combinarsi attivamente per scelte selettive e quindi non solo meccaniche, in dipendenza dalle leggi del moto. Epicuro sostenne che la fonte di tutte le conoscenze sono le "sensazioni" e dato che il Macrocosmo deve avere una composizione simile al microcosmo, anche gli atomi dovevano essere considerati sensibili in quanto, come semi in un campo, si sarebbero sviluppati ed evoluti nel tempo. Con tale interpretazione "vitalistica" degli atomi Epicuro riaprì tutte le difficoltà di comprensione fino ad allora dibattute tra l’essere ed il divenire, tra la percezione sensoriale e la ragione che in vero restano in gran parte aperte anche nella scienza contemporanea.

In contrapposizione alla concezione Atomistica si sviluppò la filosofia "Stoica" della quale furono significativi rappresentanti Zenone di Cinzia (332-262 a.C.), Crisippo di Soli (280-207 a.C.) e Posidonio di Apamea (135-51 a.C). Il pensiero degli "stoici" fu caratterizzato da la concezione Aristotelica del "Continuum" degli elementi ed essi concepirono che il collante che genera continuità nello spazio universale fosse una reazione che avviene tra l’Aria ed il Fuoco che, similmente a quanto avviene nel respiro, genera il PNEUMA, un composto che trasforma tutta la materia da passiva in attiva e vitale. Gli stoici infatti considerarono che Terra ed Acqua non avessero una forza di coesione propria, perché "freddi", ed osservando che in assenza di Aria, il Fuoco si spegne, reputarono che il calore del Pneuma fosse l’unità capace di forgiare la forma di tutte le cose esistenti tenendole unite in un "vitalismo" universale.

Anche le concezioni di Epicuro rimasero attuali e vennero divulgate nell’ epoca dell’Impero Romano, in particolare da Lucrezio (99-55 d.C), nel suo celebre poema "De Rerum Natura" nel quale gli atomi vennero interpretati come "germi" generatori dell’universo. Dobbiamo constatare come nell’epoca Romana andò perduto quell’amore per la scienza e per la filosofia che pervase l’era della "Magna Grecia", proprio in quanto i Romani fondarono la loro cultura scientifica su concezioni meno astratte, utili per il loro impiego tecnologico, medico e militare.