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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Presidenza del Consiglio dei Ministri
Dipartimento della Funzione Pubblica

Circolare Funzione Pubblica 21 gennaio 1998, n. 1
(in GU 3 febbraio 1998, n. 27)

Oggetto: Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 257. Elementi di valutazione

Facendo seguito alla circolare di questo Dipartimento n. 4/97 del 15 marzo 1997, prot. n. 12816, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17 marzo 1997 e ad integrazione di quanto ivi rappresentato, si trasmette, in allegato, il parere del Consiglio di Stato di cui alla adunanza della Sezione prima del 17 settembre 1997 (n. 1429/97).

Il capo ufficio legislativo
PATRONI GRIFFI


Adunanza della Sezione prima del 17 settembre 1997.

Richiesta di parere per l'applicazione della legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 257

LA SEZIONE

Vista la relazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento della funzione pubblica) - Ispettorato - Prot. n. 4226/3INV del 31 luglio 1997;

Esaminati gli atti ed udito il relatore;

Premesso in fatto quanto dall'amministrazione;

Considerato:

Per quanto riguarda il quesito di cui al punto 1) della relazione dell'Amministrazione, la sezione osserva che essendo diverse le finalità perseguite dal legislatore con la disciplina dettata nei commi 248 e 257 dell'art. 1 della legge n. 662/1996, evidentemente in modo diverso deve essere interpretato il riferimento alla scadenza temporale del 31 marzo ivi prevista.

Nel primo caso trattasi infatti di verificare periodicamente la permanenza dei presupposti necessari per godere del beneficio accordato alla categoria di destinatari ivi indicati, nel secondo caso trattasi invece di accertare una tantum la sussistenza dei requisiti che hanno legittimato l'assunzione. Pertanto, in questo secondo caso la verifica, con il conseguente onere della dichiarazione entro l'indicato termine da parte dell'interessato, va fatta una sola volta e non deve essere ripetuta negli anni a venire.

II - Relativamente al secondo quesito di cui alla relazione, va precisato che il contenuto della dichiarazione chiesta al beneficiario della assunzione ha una portata meramente ricognitiva, nel senso che deve prescindere da valutazioni soggettive del dichiarante, il quale deve limitarsi ad indicare in modo circostanziato e sotto la sua personale responsabilità quali fossero le condizioni di fatto e di diritto che hanno reso possibile l'assunzione stessa.

La disposizione legislativa fa riferimento alla "sussistenza" dei requisiti e non, come è detti nella circolare, alla loro "permanenza". Il che significa che possono risultare ininfluenti a questo fine fatti sopravvenuti che hanno modificato in meglio la situazione soggettiva del dipendente.

La norma prevede l'automatica risoluzione del rapporto solo allorché risulta che il beneficiario al momento della assunzione non aveva i requisiti all'uopo richiesti. Ciò significa che ad esempio se una persona all'epoca dell'assunzione era non vedente e ha riacquistato successivamente la vista per effetto di un trapianto, di cui si dia prova certa e documentata, è evidente che dovrà escludersi che per tale persona possa farsi luogo all'automatica risoluzione del rapporto. Le modificazioni dello stato invalidante possono influire solo allorché la legge espressamente condiziona la permanenza del rapporto al persistere di tali situazioni. In tutti gli altri casi ove sia certo che all'epoca la menomazione sussistesse non può farsi luogo alla risoluzione.

Motivi di correttezza inducono tuttavia a ritenere che, ove l'amministrazione riscontri che la menomazione allo stato permane, nel senso che allo stato è certo che sussiste, ciò costituisce presumibile indice della sua esistenza anche al momento della assunzione, così da rendere normalmente superflui ulteriori riscontri.

Ciò che va evidenziato è che la norma pone a carico del dichiarante l'onere di provare la sussistenza all'epoca della menomazione.

L'espressione "dichiarazione" contenuta nella legge va intesa perciò non come una generica quanto astratta indicazione proveniente dall'interessato, dei requisiti richiesti, bensì come una puntuale precisazione da parte sua degli elementi concreti in grado di dare ad essa effettiva consistenza in conformità alle finalità perseguite dalla legge.

Quanto al requisito da provare esso è soltanto quello relativo allo stato invalidante, come è detto nella circolare.

III - Con riferimento al terzo quesito, motivi di conformità ai principi costituzioni inducono a ritenere che il riferimento alla legge n. 482/1968 abbia una portata meramente esemplificativa, in quanto la ratio della disposizione è di pretendere la dichiarazione di cui al comma 257 da parte di tutti coloro che siano stati assunti con disposizioni di favore evitando in tal modo disparità di trattamento tra i veri beneficiari.

IV - Con riferimento al quarto quesito va detto che le formalità da osservare sono correttamente riassunte al punto 4) della relazione dell'amministrazione riferente.

V - Con riferimento a quesito posti al punto 5) della relazione, la sezione rileva che il primo di essi si è già data risposta con le considerazioni in precedenza svolte.

Per quanto riguarda, invece, l'altro quesito deve tenersi conto del fatto, in precedenza evidenziato, che l'autodichiarazione è esaustiva solo allorché è in grado di assolvere alle finalità perseguite dalla norma, sia cioè in grado di per sé di provare la sussistenza della menomazione all'epoca della assunzione.

La dichiarazione falsa o mendace equivale a mancanza assoluta di dichiarazione, così da giustificare gli accertamenti necessari per la corretta ricostruzione della realtà con tutte le conseguenze di legge.

P.Q.M.

Nelle esposte dichiarazioni è il parere della sezione.


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